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D'Ascanio


Dave97

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La fantastica e ancora in parte poco,conosciuta "galoppata" di Corradino D'Ascanio ha inizio nel 1915 quando, inviato al fronte, si guadagna presto un encomio solenne per essere riuscito a creare un dispositivo che permetteva il riscaldamento dell'olio nei motori di una cinquantina di aerei Caudron per osservazione d'artiglieria,altrimenti inutilizzabili nel periodo invernale.

In quello stesso periodo realizza e brevetta il primo inclinometro aeronautico, esegue la prima installazione radio su un velivolo italiano, esegue e collauda la prima installazione dell'autopilota Sperry, sempre su un velivolo italiano.

Posto nel '17, in congedo provvisorio, D'Ascanio è destinato all'Ufficio progetti della,Società Costruzioni Aeronautiche Ing.O. Pomilio & C. di Torino.

Qui partecipa alla realizzazione del prototipo del caccìa biplano monoposto Castoldi C1, che nelle prove raggiunge la velocità di ben 240 km/h.

Dalla Pomilio è inviato negli USA (siamo sempre in periodo bellico) Presso la Pomilio Brothers dove partecipa alla progettazione e realizzazione degli aerei da combattimento Victory, VL8 e Liberty per le forze armate americane.

Dalla lettura di alcuni documenti tuttavia, si intende chiaramente che scopo non del tutto secondario della sua missione oltreoceano era quello di creare contatti per future joint-venture Italia-USA.

 

La sua attenzione e il suo estro creativo sono attratti da una macchina la cui idea al momento era appena abbozzata: l'elicottero.

Gli studi e le realizzazioni nel campo dell'ala rotante, pur facendogli raccogliere fama e onori, in particolare all'estero ,(nemo profeta, in patria), costituirono la sua croce.

Nessuna delle sue creature superò la fase di prototipo, e non certo perché non valide, ma solo per una assurda concatenazione di eventi che ha del romanzesco.

A dargli fama e ricchezza fu, vent'anni dopo , l'invenzione di un piccolo veicolo terrestre: lo scooter Vespa.

Entriamo ora nella parte più affascinante della storia di D’Ascanio.

In molti s'erano già cimentati nello studio di una macchina a decollo verticale; l'interesse di varie forze armate,e in particolare delle marine militari, rendeva estremamente appetibile la ricerca in questo settore.

La stessa Regia Marina Italiana il 12 marzo 1920 faceva pervenire alle industrie aeronautiche nazionali un bando avente per oggetto un "Concorso elicotteri".

 

Forte delle sue esperienze in campo aeronautico, D'Ascanio si impegna a fondo negli studi progettuali.

Abbandona presto le concezioni del Forlanini e dello stesso Oemichen che a Orly nel 1924 conquista il primo record di categoria volando per 525 metri a una quota di circa 10m.

Anzi al riguardo esiste uno studio critico di D'Ascanio su questo apparecchio che egli definisce, non si sa quanto dispregiativamente, "elicostato", e profetizzando improbabile un suo futuro non fosse altro che per l'impossibilità del sistema di planare o paracadutare in caso di piantata del motore.

Nel 1925 il progetto del primo elicottero è pronto, occorrono solo i mezzi per realizzarlo:

È di quei giorni l'incontro, che per entrambi ,si rileverà negativo nel lungo termine, con il Barone Pietro Trojani, facoltoso conterraneo di D'Ascànio col quale il nostro costituisce una società per la produzione e la futura commercializzazione dell'elicottero. - . ¬

Prende così corpo il D'A.T.1, realizzato presso le fonderie Campione di Pescara.

Il Trojani provvede a supportare i costi di produzione e D'Ascanio a dirigere i lavori.

Il 19 maggio 1926 il prototipo è pronto al volo di collaudo nel cortile della fonderia.

Ai comandi dello stesso progettista si solleva di fronte a testimoni "di almeno trenta centimetri, prima con la ruota di sinistra e poi con l'altra e col pattino di coda".

Dopo pochi istanti, però, uno schianto secco all'altezza del rotore suggerisce al pilota di arrestare il motore.

Il mezzo si riappoggia a terra senza altri danni.

Una saldatura mal eseguita all'attacco dell'ammortizzatore di una pala:

questa la causa dell'inconveniente.

Riparato il danno e apportate alcune piccole migliorie non sostanziali, il D'A.T.2 (spacciato per secondo esemplare, mentre in realtà era il primo riparato) viene collaudato il 12 ottobre di quello stesso anno, questa volta sull'aeroporto di Pescara.

Dopo pochi secondi di volo le pale entrano in collisione tra di loro provocando la caduta e la distruzione del prototipo.

Stesso genere di problema avevano avuto tutti gli altri progettisti.

D'Ascanio per primo ne comprese il motivo e corse ai ripari.

L'errore consisteva nell'aver realizzato i rotori rigidi con i relativi alberi e senza aver provveduto a dotare le pale di opportuni sistemi di articolazione.

Afferrato il problema, fu relativamente semplice porvi rimedio.

Ciò che invece iniziava a essere problematica era la parte economica.

Fino a quel momento erano stati spesi dal Trojani circa due milioni dell'epoca e un altro, secondo un preventivo dello stesso D'Ascanio, sarebbe occorso per realizzare il terzo esemplare, quello cioè che doveva essere il compendio e il coronamento di tutte le esperienze e gli sforzi precedenti.

Ad ogni buon conto in quello stesso anno i due soci avevano presentato la richiesta per il brevetto industriale del loro apparecchio.

Non essendo le risorse del finanziatore ,sufficienti alla bisogna, Trojani si vide costretto a ricorrere al credito bancario.

Sempre il barone pescarese si adoperò presso la Regia Aeronautica per riuscire a ottenere un ordinativo di acquisto per il costruendo D'A.T. 3.

E qui ci sono da fare delle considerazioni di ordine più politico che tecnico.

L'elicottero interessava più alla Marina che all’Aeronautica.

Al comando di quest'ultima c'era Italo Balbo, ed è ben nota la sua personale guerra contro le "aviazioni ausiliarie".

lncoraggiare la costruzione di un velivolo che sarebbe servito proprio a un"'aviaziòne ausiliaria" non rientrava nei suoi piani.

Questo atto di miopia fu il primo di una lunga serie di circostanze sfavorevoli çhe fecero perdere all'Italia il primato nell'ala rotante.

Ma torniamo a D'Ascanio.

Trojani riuscì effettivamente a ottenere una bozza di contratto di acquisto dall'Aeronautica e a condizioni eccellenti.

Oltre agli ordinativi successivi, se l’apparecchio avesse soddisfatto le aspettative, erano previsti premi per un ammontare complessivo di tre milioni di lire ma, probabilmente, per via dei nuovi assetti politici al vertice dell'Arma, il capo della Direzione Generale delle Costruzioni e degli Approvvigionamenti, generale Guidoni, cancellò la parte dello schema di contratto relativa ai premi.

Ad onor del vero c'è da dire che il D'A.T.3 difficilmente sarebbe stato in grado di soddisfare le specifiche che l'Aeronautica richiedeva.

Si trattava comunque del migliore elicottero in quel momento realizzabile al mondo!

I requisiti eccessivi dell' Aeronautica molto probabilmente avevano proprio lo scopo di mortificare il progetto.

Comunque sia, fu definito il contratto per la fornitura di un elicottero per il prezzo di 600.000 lire.

Basti, pensare che a tutto il 1930 gli USA avevano investito, a livello governativo, l'equivalente di 20 milioni di lire nella ricerca per l’elicottero e, la Francia più di 6 milloni.

E non approdarono che anni dopo ai risultati cui arrivò il D'A.T.3, in parte copiandolo.

Questo mezzo venne realizzato, dopo successive proroghe ai termini del contratto,tra il marzo del '28 e la fine d'agosto del '29 con capitali privati ottenuti in prestito dalle banche.

La fabbricazione avvenne all'interno di strutture dell'Aeronautica.

Le prove di volo iniziarono a settembre .

All'interno dell'hangar dirigibili dell'aeroporto di Ciampino nord, e proseguirono dopo un incidente che consigliò di sostituire i pattini con ruote direzionabili.

Fu anche sostituito il motore con il più potente FIAT A50S.

Un altro problema, non da poco, era costituito dall' addestramento del pilota collaudatore che procedeva di pari passo con le prove, non essendoci stato in ltalia un precedente di un elicottero costruito e provato.

Comunque il maggiore Marinello Nelli designato per i collaudi se la cavò in maniera encomiabile.

Terminate in maniera soddifacenfe anche i test a terra, nell'ottobre del 1930 il D'A.T.3, sempre ai comandi del maggiore Nelli, si presentò in pubblico conquistando in tre prove distinte i record mondiali, - i primi omologati dalla FAI - di distanza, altezza e durata rispettivamente con 1078,60 metri, 18 metri e 8 minuti e 45 secondi.

Per quanto fossero i migliori risultati fino allora ottenuti da un elicottero, si era ben lontani dall'ipotizzarne impieghi operativi.

La strada era comunque quella giusta, ed era necessario continuare le ricerche e gli studi: un prototipo del genere poteva essere un punto di punto di partenza e non un mezzo da commercializzare.

La logica si scontrava con la dura realtà.

Il Barone Trojani aveva, giustamente, fretta di rientrare dalla sua esposizione finanziaria; D'Ascanio intendeva invece, anche lui giustamente,continuare nello sviluppo del progetto prima di proporlo al mercato.

L'Aeronautica, dal canto suo, non ritenne di dover proseguire negli studi sull’ elicottero.

Si fecero allora.,avanti gruppi privati americani e inglesi che si offrirono di continuare nelle ricerche.

Ma Trojani chiese, per sua necessità, cifre ritenute troppo elevate per cedere,anche in parte, i brevetti.

La stessa FIAT, nella persona del presidente Giovanni Agnelli , si propose per continuare la ricerca, ma, leggiamo su un documento, sembra che Trojani quando gli fu riferito di questo interessamento esclamasse: "Furbo Agnelli, prima di parlare deve depositare almeno cinque milioni..."

A ogni buon conto D'Ascanio sull'esperienza del D'A.T.3 inizio la progettazione del D'A.T. 1931A, che avrebbe dovuto avere prestazioni di tutto riguardo.

Ma mentre la Marina continuava a pressare per portare avanti il programma elicotteri, l'Aeronautica faceva del suo meglio per affossarlo,affermando che era opportuno attendere gli esiti di altri esperimenti, in particolare quelli dell’ ing. Scatizzi.

Il progetto di quest’ ultimo venne tuttavia bocciato.

La collaborazione con Piaggio

Ci fu, sempre in quel periodo, un interessante progetto a opera dell'ing.Ferdinando Bordoni, che depositò un brevetto per un "Elicottero con eliche a passo variabile automaticamente e a comando".

Questo studio in Italia non ebbe seguito, il progettista però lo brevettò neqli USA, dove, allo scoppiare della seconda guerra ,fu requisito dal governo americano e ampiamente utilizzato sugli elicotteri costruiti dalla Sikorsky e dalla Bell.

Lo stesso Igor Sikorsky all'epoca in cui era studente di ingegneria all'Università di Firenze, attinse a piene mani dagli studi di D'Ascanio, di cui divenne buon amico per sua stessa ammissione.

Il sistema di stabilizzazione e di traslazione dell'elicottero con cui Sikorsky conquistò dei primati nel 1938 erano una grossolana evoluzione di quelli del D'A.T. 3.

Esauritasi in un rivolo di polemiche questa fase, anche con la rottura dei rapporti societari con Trojani, al quale D'Ascanio dovette rilasciare una obbligazione firmata,il discorso elicottero fu rinviato sine die.

Rimasto a Roma, e resosi conto della possibile utilità di eliche a passo variabile, D' Ascanio ne progettò una ché propose all'attenzione del Ministero dell' Aeronautica, dove nessuno le dedicò la dovuta attenzione.

Anche perché non era ancora sentita la necessità di tale ritrovato.

Ma poco tempo dopo il Ministero dette incarico all'ingegner Pegna della Piaggio di progettare un aereo da bombardamento di superiori caratteristiche rispetto a quelli esistenti.

Pegna obiettò che sarebbe stato utile, per sfruttare tutta la potenza dei motori, avere la possibilità di utilizzare un'elica a passo variabile.

Fu così che il Generale Fiore, allora Direttore delle Costruzioni Aeronautiche, chiamò D'Ascanio pregandolo di mettersi in contatto con

Pegna al fine di sottoporgli il progetto della sua elica.

Questa venne ritenuta valida e prodotta senza aggiustamenti rispetto al progetto.

Il successo della sua sperimentazione segnò l’avvio della produzione di eliche a passo variabile che equipaggiarono il bombaraiere P.16.

Ma segnò anche l'ingresso di D'Ascanio nella Piaggio.

Altre eliche da lui progettate, equipaggiarono circa l’ 80% dei velivoli italiani dell'epoca:

Macchi, Caproni, Cantieri di Monfalcone, Ambrosini, Reggiane.

Sempre per la Piaggio , D'Ascanio riuscì a risolvere una controvesia tra questa e la SANA, società che gestiva la linea Roma-Genova-Barcellona con dei Dornier Wall equipaggiati di motori Piaggio, correggendo un errore di installazione dei propulsori, che aveva causato dei grippaggi.

Installazione che era stata curata personalmente da "Herr Dornier".

Quasi contemporaneamente risolse il problema di trimmanaggio di un apparecchio scuola consegnato a Guidonia alla "Regia" e mai pagato perché considerato insicuro proprio a causa del sistema di trim.

Questi due interventi fecero risparmiare o recuperare alla Piaggio svariati milioni, ma a detta di D'Ascanio egli non richiese ne ebbe alcun compenso.

Venne comunque assunto dall'azienda per collaborare con Pegna alla realizzazione del P 16, ma non si limitò a questo.

Progettò e realizzò un tunnel del vento di nuova concezione i cui risultati si rivelarono equivalenti a quelli del più famoso tunnel Eiffel di Parigi.

E ancora una vasca per le prove idrodinamiche dell'idrovolante S 55; un sistema Froude aerodinamico per la prova al banco di motori, che gli valse un premio speciale in danaro da parte del Ministero Aeronautica; studi particolareggiati su un motore sovralimentato a due velocità che, grazie all'impiego, da lui concepito, di ossigeno liquido, consenti al generale Mario Pezzi di conquistare il record mondiale di altezza.

Progettò anche una centralina ausiliaria per il tiro della contraerea che dette eccellenti risultati, un computer elettromeccanico per gestioni d'archivio, un sistema per frenare l'impatto di cose o persone paracadutate, un motore ad' aria calda, un impianto per provare i motori alla depressione corrispondente ai 5.000 metri.

Tutto questo nello stabilimento di Finale Ligure.

Ma il suo sogno restava l'elicottero.

Nel 1935, dopo essersi trasferito allo stabilimento di Pontedera, riuscì a convincere il dottor Rinaldo Piaggio a realizzame uno e, praticamente nei ritagli di tempo, progettò e realizzò un plurirotore tripala: il P.D. che era comunque uno sviluppo del sistema del D'A.T.3.

Successivamente, visto anche un rinato interesse, del Ministero, realizzò il P.D. 2,in cui compariva l'elica anticoppia (il motore era un FIAT A54 da 140 HP).

Le prime prove dell'apparecchio coincisero, purtroppo, con i primi bombardamenti.

Durante uno di questi venne colpito l'hangar in cui si trovava l'elicottero, che ne rimase seriamente danneggiato.

Le distruzioni portate agli impianti dagli eventi bellici fermarono tutta l'attività della fabbrica.

A guerra ormai quasi finita Piaggio chiamò D'Ascanio presso lo stabilimento di Biella per collaborare alla messa a punto del progetto di una piccola moto.

D'Ascanio ebbe carta bianca e questi, abbandonato il progetto iniziale, realizzò una moto monoscocca, quella che lo avrebbe consacrato, per il futuro, come creatore geniale: la Vespa.

Nel 1948 fu invitato negli USA a Filadelfia, per partecipare a un congresso sull'elicottero.

Li, contrariamente che in patria; fu accolto con gli onori che è giùsto tributare a chi per primo era riuscito a risolvere il problema della stabilizzazione del volo verticale.

E proprio in quella sede, progettisti e costruttori affermati come Sikorsky, Jvanovich e Bell, ammisero candidamente di essersi rifatti ai suoi studi per sviluppare le loro creazioni.

Negli Usa ebbe anche modo di rendersi conto dei progressi fatti dall'ala rotante, soprattutto a livello industriale.

Tanto che tornato in Italia e relazionatone al dottor Piaggio, lo convinse a tornare sul discorso elicottero.

Forte anche del fatto che il governo aveva destinato dei fondi (finalmente) agli studi in materia.

Fu recupera parte del P.D. 2, il rotore fu ricostruito e trasformato in bipala e il tutto ribattezzato P.D. 3.

I primi voli della nuova macchina furono effettuati nel 1950 con ai comandi,su semplici indicazioni del progettista, Mario D'Este che non era un pilota, ma solo il disegnatore e che in molti di questi voli ebbe come passeggero l'ing. Dini.

Incoraggiato dalla riuscita di questo mezzo, che certo altro non era che un prototipo sperimertale ,l'azienda decise di affidargli la progettazione di un mezzo di maggiori dimensioni e potenza.

L'Alfa Romeo aveva annunciato la costruzione di un motore da 450 HP e in base a questo motore fu progettato il P.D.4, un birotore in tandem.

L'Alfa, però non portò più a termine il motore annunciato e per le prove si dovette ripiegare su di un meno potente Franklin da 250 HP.

Proprio questa fu una delle cause che potaroro alla distruzione del mezzo durante una prova.

Ai comandi di Dall' Acqua il P.D. 4 effettuò tutta una serie di voli con risultati soddisfacenti.

Durante una di queste prove, a bassissima quota, mentre era in volo stazionario una raffica di vento laterale faceva rollare il mezzo, la bassa potenza fece sì che la richiamata non risultasse sufficiente a sollevarlo prima che una delle ruote, toccando il suolo, facesse inclinare ulteriormente la macchina con conseguente urto delle pale a terra.

Questo avveniva alla metà del 1952.

La Piaggio decise allora di abbandonare le ricerche sull’ elicottero, anche perché aveva necessità di convogliare tutte le risorse produttive sulla Vespa, la cui richiesta cresceva giorno per giorno.

Per una curiosa coincidenza proprio in quell' anno, in cui si decise di chiudere il capitolo elicotteri D'Ascanio alla Piaggio, la Società Costruzioni Aeronautiche Giovanni Agusta firmava un accordo con la Bell Aircraft Corporation per la costruzione in serie in Italia degli elicotteri di questa casa.

Per i dieci anni succesivi, cioè fino alla pensione, D'Ascanio di elicotteri ufficialmente non parla più.

Non per questo demorde dal suo sogno.

Rieccolo nel 1963 con il progetto di un “eliante" da addestramento primario il cui rotore è azionato da aria compressa e collegato mediante un raccordo flessibile a un compressore.

L'idea piace al Ministero della Difesa Aeronautica, ma ancor più desta l'interesse del conte Domenico Agusta, che dopo contatti sottopone nel febbraio del '64 all'ormai settantatreenne ma sempre brillantissimo D'Ascanio una bozza di contratto di collaborazione e consulenza per lo sviluppo dell' eliante addestratore ed "eventuali altri ritrovati nel campo del volo verticale".

Sottoscritto con entusiasmo il contratto che prevede un compenso mensile di 300.000 lire oltre a eventuali future cointeressenze, il nostro si mette alacremente all'opera.

Dapprima nella sua residenza pisana e poi presso gli stabilimenti Agusta di Frosinone viene prodotto, seppure con le lungaggini burocratiche relative alle ispezioni e certificazioni del RAI, il primo elicottero ULM della storia! Pensate che con due persone a bordo il peso al decollo previsto era di 450 kg.

Il motore era un MV AG 70N da 80 HP, lo stesso che equipaggiava già dal 1961 l'addestratore So 103 della Bolkow.

Alcuni esemplari furono realizzati in attesa di perfezioriare il contratto di fornitura all'Aeronautica.

Dai documenti esaminati risulta che la pratica fu affossata nell'ufficio di Gabinetto prima di essere sottoposta all'attenzione e alla firma dell'allora Ministro della Difesa.

La scomparsa di Domenico Agusta e altri motivi di natura più politica che tecnica portarono la nuova dirigenza dall'azienda ad abbandonare il discorso dell'addestratore D'Ascanio.

Questi, dal canto suo (già ottuagenario), cercò di portare avanti quest' ultimo progetto proponendolo anche per l'uso in agricoltura, ma i tempi non erano maturi.

Addirittura tornò, a quarant'anni di distanza, ad interessare la FIAT.

Questa però non poteva,dopo la nascita di Aeritalia, occuparsi di aeronautica

 

Volare Ottobre 1996

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