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Libelle G-suit? Nulla di veramente nuovo


Smersh

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Discutendo di recente con un conoscente appassionato di cose aeronautiche, l'ho stupito e forse un pò deluso dandogli qualche delucidazione ben precisa sulla tuta 'Anti-G' di fabbricazione tedesca denominata 'Libelle' (libellula) da cui si dichiara affascinato e 'tifoso' (?), e quasi-incredulo per il fatto che funziona con acqua invece che con aria compressa.

Per la verità non ne sapeva in pratica quasi niente, quindi io devo averlo contrariato - e neanche poco, a vedere - rivelandogli che:

1) non si può considerarlo il migliore indumento 'anti-G' esistente al mondo,

2) è una cosa autonoma, a sè stante (non è neppure collegata all'aereo in alcun modo),

3) infine, non è nulla di nuovo sotto il sole.

 

Infatti nell'autunno 1935 i soliti tedeschi avevano già fabbricato un prototipo di indumento a funzionamento idrostatico, e ai primi del 1940 un Canadese, il dottor Wilbur Franks - che però non sapeva niente di tutto questo - è arrivato da solo alla stessa soluzione.. in più, portando avanti il suo personale progetto fino a convincere i responsabili della alte sfere ad aiutarlo almeno un pò con sovvenzioni.

In effetti se non era per la donazione personale di un eccentrico uomo d'affari di Toronto noto per azioni filantropiche, forse W. Franks neppure ci sarebbe riuscito inizialmente. Ma in seguito la sua tuta anti-G conosciuta come la 'Franks water suit' è diventata la primissima in assoluto ad essere impiegata in missioni operative e in combattimento: questo nientemeno che nel Novembre 1942, da piloti da caccia della Fleet Air Arm britannica impegnati nella copertura degli sbarchi alleati in Algeria (Orano e dintorni).

 

Quindi, ben prima di quanto si legge sovente su pubblicazioni che citano le tute David Clark G-2 e G-3 dell'USAAF (funzionamento pneumatico, queste) come le primissime anti-G

a vedere il combattimento contro la Luftwaffe, dall'estate 1944 in poi.

La 'Libelle' è un prodotto della Autoflug Libelle GmbH - una joint venture tra la tedesca Autoflug GmbH e la svizzera Life Support Systems AG. Questa tuta è entrata in servizio ufficialmente (nome completo, Libelle G- Multiplus) il 31 Gennaio 2005 nella Luftwaffe, coi piloti di Eurofighter Typhoons del JG 73 basati a Laage - non so se da allora equipaggia altre unità tedesche. Di certo è che ancora nel 2013 nessun pilota di Typhoon di altre nazionalità usava la Libelle.

Una storia interessante che è probabilmente pochissimo conosciuta, quella della Anti-G a funzionamento idrostatico. Bisogna dire comunque che anche intorno alle prime tute che pure funzionavano ad aria compressa c'è tuttora non poca confusione, data anche da articoli tratti da libri che si contraddicono spesso e volentieri.

 

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Nel 1939 Wilbur 'Bill' Franks lavorava alla Royal Canadian Air Force (RCAF) Institute of Aviation Medicine, a Toronto. Tra le priorità che assillavano i responsabili della medicina aeronautica del periodo, c'era quella di dare ai piloti da caccia una protezione contro gli effetti nefasti del 'blackout' derivante da estreme accelerazioni che essi subivano durante le manovre più violente.

 

Utilizzando una piccola ma potentissima centrifuga Franks sperimentò su alcuni topi da laboratorio una teoria basata sulla protezione idrostatica: stando ai suoi rapporti, gli animali immersi in acqua fino al collo all'interno di profilattici (!!) resistevano senza gravi conseguenze ad accelerazioni spaventose, qualcosa di incredibile fino a 240 G, per periodi molto brevi. La cosa che più si avvicinava al concetto ma che doveva anche essere PRATICA, poteva soltanto essere una tuta integrale che rivestisse completamente il pilota e che avesse all'interno una parete con intercapedine da riempire con acqua.

Franks procedette (per forza) in modo artigianale, e contattò sia la Dunlop Rubber Company Ltd. che la Dominion Textiles Ltd. affinchè gli mettessero a punto un tessuto robusto ma nel contempo pratico e soprattutto non-estendibile; non occorreva che fosse anche impermeabile, visto che l'intercapedine interna (che doveva adattarsi il più possibile alla sagoma del corpo) sarebbe stata fatta in gomma morbida.

Il primissimo prototipo fu assemblato con una macchina da cucire nell'ufficio stesso di Franks, da un sarto che utilizzò il tessuto per formare una tuta sulle misure dello stesso inventore; la tuta copriva dal collo fino a sotto le caviglie e l'intercapedine in gomma conteneva acqua che sotto forti accelerazioni veniva spinta così, automaticamente, verso il basso e l'interno senza alcun collegamento con l'aereo.

 

L'accelerazione stessa che il pilota subiva, era la medesima che spingeva fortemente l'acqua contro il corpo: il liquido non era comprimibile e obbligava il sangue a non raccogliersi

e non stagnare verso lo stomaco e le estremità inferiori, mentre il cuore riusciva a pompare con più facilità verso il cervello. Sia il 'blackout' che la comparsa della fatica fisica erano grandemente posticipati.

Franks collaudò personalmente la sua tuta nel Maggio 1940 a Camp Borden volando come passeggero su un trainer biplano (a quanto pare, un Fleet 16 Finch) che fu spinto fino a 7,7 G per diversi secondi; il pilota ebbe un inizio di blackout, Franks invece andò benone - quindi la tuta funzionava come sperato. Questa era la MK I.

Rimaneva però pesante, molto scomoda, e maledettamente calda - e ovviamente, non era traspirante. Un secondo prototipo (MK II) fu collaudato il 2 Giugno 1940 a Malton, Ontario, dal pilota della RAF D'Arcy Greig su un Supermarine Spitfire canadese (matr. #L 1090) con alcune modifiche, dopodichè un terzo prototipo (Franks Flight Suit MK III)

era pronto nell'Aprile 1941 per le prove - ma stavolta a Farnborough, in Inghilterra. Piloti inglesi la indossarono volando su Hurricanes e spingendoli fino a 8,8 G e ne furono sbalorditi dal punto di vista dell'utilità, furono invece meno esultanti per ciò che concerneva l'utilizzo pratico.

 

Comunque l'idea basica era valida, anche se rimaneva un indumento pesante e scomodissimo da tenere addosso per un tempo prolungato; in più risultava troppo difficile voltarsi velocemente all'indietro, per esempio, nell'abitacolo di un caccia. Era anche soffocante, e sgradevole da sopportare mentre si era a terra in attesa dello 'scramble'.

In effetti l'intercapedine andava riempita con circa 5,4 litri d'acqua; ovviamente 5,4 litri = 5,4 Kg, e il tutto finiva col pesare quasi 13,8 Kg.

Alcuni ordinativi giunsero alla Dunlop Ltd. per una quantità minima di 800 tute MK III (il numero esatto non si conosce con certezza) a cominciare dal Settembre 1941, e nel Novenbre 1942 i piloti della Royal Navy diventarono i primissimi a usare indumenti 'anti-G' in combattimento, fornendo copertura durante gli sbarchi delle truppe alleate nella zona di Orano in Algeria.

 

L'8 Novembre i piloti di Supermarine Seafires dello Squadron No. 807, portaerei 'HMS Furious', diventarono i primissimi aviatori ad effettuare missioni di combattimento indossando indumenti 'anti-G'.

 

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Modificato da vorthex
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btw, anche il bombardiere leggero Fairey 'Battle' monomotore oltre all'Hurricane fu usato dai piloti nell'Aprile-Maggio 1941 al centro sperimentale di Farnborough per provare la tuta nella variante MK III.

 

Gli entusiastici reports che parecchi aviatori britannici della Fleet Air Arm davano dell'impiego in combattimento della F.F.S. MK III erano ovviamente genuini, e alle operazioni del Novembre 1942 in ambito Operazione Torch seguirono non poche altre circostanze nel 1943 dove la rivoluzionaria tuta Anti-G mostrava bene la sua parte positiva; se il tempo di missione non era prolungato e si volava in clima non caldo (o meglio ancora, freddo) l'altra faccia della medaglia rimaneva relativamente sopportabile.

La cosa interessante e forse strana è che, in effetti, non viene mai citata questa Anti-G nella storiografia aeronautica che prende in esame quel periodo e queste cose prettamente tecniche. Tuttavia i piloti Britannici e Canadesi che la impiegavano erano unanimi circa la suddetta altra faccia della medaglia: grandissima scomodità, eccessivo peso, inevitabile e insopportabile bagno di sudore se si volava in clima caldo/temperato - per non menzionare cosa attendeva l'aviatore in caso di prolungato 'at the ready' prima del decollo.

La cosa più fastidiosa per un pilota da caccia era la grande difficoltà nel voltarsi velocemente all'indietro onde sorvegliare il settore di cielo posteriore.

 

Ma alla fine la sentenza definitiva.. ironia del caso, arrivò proprio da un paese amico e Alleato: gli USA. Anche lì ovviamente i ricercatori portavano avanti una marea di lavoro,

ma favorivano il funzionamento pneumatico: modelli con copertura integrale, modelli 'skeletonizzati', modelli ad aria con pressione singola, modelli ad aria con pressione multipla (un prototipo funzionava inviando contemporaneamente 3 differenti livelli di pressione dentro un totale di 17 'bladders' pneumatiche), modelli che comprimevano soltanto

le grosse arterie delle coscie e non il resto, etc. Negli USA una Franks MK III fu modificata per l'impiego ad aria: rimaneva invariata in tutto tranne che nell'aggiunta di un tubo per l'alimentazione, tramite il quale l'aria finiva nella medesima intercapedine.

 

Provata verso la fine del 1943 nella nuova e potente centrifuga umana della famosa Mayo Clinic (e anche in quella del centro sperimentale a Wright Field, Ohio) mostrò una protezione effettiva di ben 2,2 G contro 1,5 G della Franks Suit MK III ad acqua. I risultati vennero ufficialmente mostrati ai responsabili dell' OSRD Committee on Aviation Medicine, il 19 Gennaio 1944, e la conseguenza fu che quasi tutto il lavoro sulle tute anti-G idrostatiche fu sospeso, in favore di un'ancor maggiore spinta verso quelle pneumatiche.

 

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una cosa ancor meno conosciuta di questo già semi-misterioso argomento,

è che un numero limitatissimo di reparti da caccia USAAF in Europa provarono la F.F.S. MK III ad acqua in missioni di combattimento, Luglio - Agosto 1944, anche se per allora

la statunitense G-2 (funzionamento pneumatico) della ditta David Clark Co. era già in distribuzione e usata operativamente. Tra questi il 357th Fighter Group dell'8th Air Force basato a Leiston, Inghilterra, ed è grazie a 'Chuck' Yeager - all'epoca pilota giovanissimo in quello stormo - che abbiamo un raro esempio di report sulla Franks MK III.

 

p.s. all'epoca la MK III era già passata attraverso non pochi tentativi di miglioramento, tra i quali una riduzione della superficie totale. Nel 1944 la Franks Water Suit somigliava molto ad un tipico pantalone integrale da pescatore, alto fin sotto le costole; lasciava quindi libero l'intero torace, e due bretelle davano il giro sulle spalle.

C'è da dire che il parere soltanto negativo sulla tuta canadese ad acqua, dato generalmente dai piloti USA ,viene anche dalla comparazione diretta com l'americana G-2 ad aria (usata operativamente nello stesso periodo) che se non era ancora una cosa perfetta in termini di comfort era però molto più sopportabile, e soprattutto garantiva una grande protezione. Effettivamente, in questo senso non aveva da invidiare alle future tute Anti-G addirittura degli anni '60 - '70.

 

Yeager: ".. la si indossava e si chiudevano le due zip presenti sui fianchi, quindi la stringevamo per regolarla ben attillata; un sistema di lacci incrociati permetteva di averla ben aderente sul corpo. Sopra a quella mettevamo la normale tuta di volo monopezzo, giubbotto di volo, salvagente, paracadute etc. Poi una volta seduti nel caccia, il tuo assistente immetteva l'acqua aprendo il tappo di un piccolo bocchettone sulla parte superiore, e il liquido gorgogliando in modo bizzarro andava lentamente a riempire le intercapedini.

"... non trattandosi di decolli su allarme potevamo permetterci un tempo non eccessivo con la 'Franks' addosso mentre ancora si era a terra, e il caldo non era un gran problema pur trovandoci a fine Luglio oppure Agosto - si trattava di missioni che cominciavano al mattino, ancora presto, e la temperatura era sopportabile.

Scomoda e piuttosto pesante da portare per 6 - 7 ore, questo sì, ma un pò di divertimento arrivava dopo l'atterraggio (ci accontentavamo anche di poco, per la verità)..

"... l'assistente aiutava a sganciare le varie cinture di sicurezza, e ti aiutava ad uscire dalla cabina; eri stanco morto e quasi insensibile in mezzo corpo, per via di sette ore immobile (tranne le poche volte che tiravi manovre violente o violentissime) e del freddo patito lassù.

 

"... dondolando goffamente andavi verso il bordo anteriore dell'ala del P-51, e lì l'assistente apriva i tappi di scarico (uno per ogni caviglia) e l'acqua defluiva giù in due fiotti... dopo sei-sette ore senza poter urinare, quella poteva anche sembrare una certa (e ovvia) cosa... peccato che il quantitativo NON quadrava, ah ah..

... e preferisco non immaginare ciò che forse pensavano le ragazze Inglesi che abitualmente curiosavano intorno al perimetro del campo.. (!!!).

 

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Più avanti durante la guerra i Canadesi svilupparono ulteriori varianti della Franks Flying Suit, che però condividevano con la MK III soltanto l'apparenza esteriore.

Dopo una MK IV e una MK V, ancora a funzionamento idrostatico ma che non potevano offrire chissà quanto in più rispetto alla MK III, si andò decisamente verso il concetto del funzionamento pneumatico grazie a ciò che accadeva negli USA dove si era già molto avanti in questo settore - e infatti gli ultimissimi modelli F.F.S. MK VI e F.F.S. MK VII, funzionavano ad aria e ormai somigliavano tantissimo alle americane G-1 (fabbricata dalla Berger Brothers Inc. di New Haven) e G-2 (della David Clark Co. di Worcester).

 

Erano quindi pneumatiche, e molto più leggere e comode. Nella MK VI la 'bladder' impermeabile era un pezzo unico e continuativo, anche se comunque andava a premere soltanto su addome, cosce e polpacci; nella MK VII vi erano invece cinque separate bladders che interessavano rispettivamente le medesime zone.

Anche se denominate ancora 'Franks Flying Suits', il progetto di queste due ultime tute fu portato avanti da tre piloti da caccia Canadesi alla Acceleration Section (Toronto) e il risultato condivideva molto di più con le similari Anti-G made in USA, che non con le vere 'Franks Suits'.

 

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* ormai la tuta Anti-G pneumatica era la carta vincente. Già nel Settembre 1943 la pur non perfetta G-1 commissionata dall'US Navy e prodotta dalla Berger Bros. era stata usata in combattimento dallo Squadron VF-8 della portaerei 'Bunker Hill', e poi nuovamente nel Marzo 1944 in occasione degli attacchi americani contro le installazioni giapponesi a Palau.

Parecchi reports entusiasti da parte dei piloti di 'Hellcats' mettevano l'accento sulle manovre definite variamente come.. 'hellish', o 'unbelievable' che riuscivano a far compiere ai loro F6F contro gli A6M Zero, senza doversi preoccupare troppo degli effetti nefasti prodotto dalle accelerazioni sul loro organismo; semmai una certa dose di prudenza, addirittura paradossalmente, era richiesta per non andare troppo giù con 'mano pesante' (o pesantissima, anche) sulla struttura degli Hellcat.

 

La G-1 della Berger Bros. lasciò poi velocemente il posto alla G-2 della David Clark Co., e quesa a sua volta fu rimpiazzata dalla G-3 (sempre della David Clark) cominciando dall'Ottobre - Novembre 1944 in Europa. Quest'ultima era davvero l'apice delle tute 'anti-G' della 2°G.M: leggerissima, avveniristica, e ritagliata in configurazione 'cutaway' - cioè inguine, ginocchi, e sedere erano lasciati scoperti.

Ancora 50 anni più tardi, se si confrontava una G-3 (oppure una G-3A del 1945) con una classica 'anti-G' CSU-15/P usata nel 1995 sugli F-14 Tomcat, le differenze erano minime e assolutamente non rilevanti.

Modificato da vorthex
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Infine per tornare al titolo del topic, la Libelle svizzero/tedesca è un recente esempio di tuta anti-G idrostatica che non dipende da alcuna fonte esterna e non è collegata in alcun modo all'aereo - in questo senso è come la vecchia Franks Flying Suit dei primi anni '40..

Una differenza sta nel fatto che invece di intercapedini - 'bladders' - che vanno a premere direttamente sul corpo, la Libelle ha una quantità davvero ridotta di liquido (a quanto sembra, non più di 1,3 litri) contenuto in tubi flosci che sotto le brutali spinte di accelerazione si riempiono alla massima dilatazione. Il principio è quello delle vecchie tute stratosferiche (di origine americana) 'Capstan Type', dove una serie di tubi strettamente collegati al tessuto della tuta si dilatavano quando riempiti di aria oppure ossigeno e tiravano senza pietà la tuta, in pratica rimpicciolendola sull'aviatore - tuta che già di per sè veniva indossata attillatissima. Questa vera e propria 'chiusura' meccanica del tessuto sul corpo del pilota impediva, di fatto, l'espansione dei tessuti e dei vasi sanguigni verso l'esterno dovuta alla bassissima pressione atmosferica di quelle quote stratosferiche.

 

In quel caso, quindi, si trattava di sopravvivere a quelle altezze che non perdonano. Qui con la 'Libelle' siamo invece nel campo degli indumenti anti-G, e i tubi riempiti di liquido vanno a tendere poderosamente il tessuto della tuta che è indossata il più attillata possibile - più di un normale pantalone 'anti-G' classico, a funzionamento pneumatico, il quale contiene le bladders dell'aria incaricate di premere sul corpo.

Il principio alla base del tutto è il medesimo che aveva ispirato Wilbur Franks nel 1939-40: le accelerazioni che spingono il sangue a ristagnare nelle zone basse del corpo sono le medesime che spingono l'acqua nella stessa direzione, forzando i tubi (volta per volta interessati a quella precisa zona da proteggere) a dilatarsi completamente e tirando così la tuta a cui sono assicurati. L'indumento già attillato sul corpo, va a stringere ancor più le suddette zone.

 

Nel 1998 le aviazione di Germania e Svizzera hanno condotto svariati test sulla Libelle, anche confrontandola con la classica Anti-G pneumatica in uso da metà anni '70 in mezzo mondo occidentale, il pantalone 'skeletonizzato ' mod. CSU-13/BP di fabbricazione USA. Differenze davvero minime nella quantità di protezione offerta hanno mostrato che la Libelle è interessante poichè 'rivoluzionaria', ma non propriamente la fine del mondo - stessa conclusione a cui è arrivata l'USAF dopo i trials eseguiti alla Holloman AFB e alla Brooks AFB. Addirittura è risultata inferiore, e non di poco, ad una tuta pneumatica in uso presso i piloti Svedesi di JAS-39 Gripen.

Adottata poi ufficialmente dalla Luftwaffe a fine Gennaio del 2005, è usata dai piloti tedeschi di Typhoon Eurofighter.

Modificato da Smersh
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All'inizio la 'Libelle' è stata ripetutamente provata in un gran numero di 'rides' nella centriguga che si trova a Konigsbrueck, all'Istituto di Medicina Aerospaziale della Luftwaffe, nonchè in più di 200 voli su Pilatus PC-7 Turboprop e un Learjet da parte della Flugwaffe svizzera. I piloti resistevano bene ad un range di accelerazioni comprese tra 0,9 'G' e 10,4 'G' (con un rateo di 'buildup' massimo pari a 5 'G' al secondo) senza apparente diminuzione della capacità cognitiva-decisionale.

Quando ulteriormente provata nel 1998 in competizione col pantalone pneumatico anti-'G' standard dell'Aviazione Svizzera - il CSU-13/BP di origine USA, diffusissimo nelle aeronautiche occidentali - si è visto che il valore della cosiddetta 'relaxed G-tolerance' ottenuto dalla Libelle era di 7,1 G vs 6,7 G della CSU-13/BP, una differenza quasi irrilevante.

 

Tuttavia quando collaudata nel 2002 in una centrifuga in Svezia e contrapposta ad una tuta integrale esclusiva dell'Aviazione Svedese (usata dai piloti di JAS-39 Gripen), la Libelle ha mostrato una G-tolerance di 6,3 G contro i 9,0 G della tuta pneumatica svedese. Un risultato che sembrerebbe favorire la 'vecchia' tecnologia con l'impiego dell'aria - in effetti questa è addirittura più giovane (di poco) se si prende in esame che la tuta ad acqua è stata la primissima come concetto, ma all'atto pratico è vecchia avendo tenuto banco per circa 55 anni di assoluto dominio.

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