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Piaggio P.119


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Piaggio P.119

Il Piaggio P. 119, pur presentando una breve e travagliata carriera, è indubbiamente uno dei velivoli più originali che siano stati costruiti in Italia nel periodo bellico.

 

Esso si basa sull'impiego di una grossa unità motrice radiale disposta in fusoliera, che trasmette il movimento all'elica mediante un lungo albero-motore: il raffreddamento del propulsore è ottenuto con una presa d'aria sistemata in posizione ventrale. Il significato di questa impostazione è nel far coincidere la dislocazione del motore col centro di gravità del velivolo, a tutto vantaggio della manovrabilità. La disposizione del propulsore alle spalle del pilota porta, come ulteriore risultato, ad un abitacolo dalla buona visibilità, non essendo afflitto dalla presenza di grossi ingombri frontali.

 

mkre_p11.jpg

 

Sviluppo

Nel 1938, presso la Piaggio, l'ing. Casiraghi iniziò gli studi relativi ad un velivolo propulso da un motore installato al centro della fusoliera. Nasceva così il Piaggio P.119, concepito come monoplano mono-motore monoposto impiegabile per la caccia, l'assalto, l'accompagnamento di bombardieri a notevoli distanze. Completati gli studi preliminari, nel marzo 1939 la Piaggio sottopose il progetto al Ministero dell'Aeronautica che solo dopo un anno commissionò la costruzione di un prototipo.

Le prime prove a terra avvennero il 12 ed il 16 novembre 1942; il primo volo fu effettuato il 19 dicembre dello stesso anno. I voli di prova si protrassero fino all'agosto 1943; nel mese successivo, con l'armistizio, ogni studio venne sospeso ed il P. 119 segui la sorte di numerosi altri brillanti prototipi, scomparsi nel precipitare degli avvenimenti.

La caratteristica costruttiva principale del P. 119 era data dalla collocazione del motore al centro della fusoliera; l'elica veniva comandata per mezzo di un albero che girava allo stesso numero di giri del motore e di un riduttore situato in corrispondenza del muso dell'aereo. Una tale sistemazione consentiva notevoli vantaggi pratici: sotto il profilo dell'impiego bellico, permetteva di raccogliere l'armamento nel muso della fusoliera, realizzando un'ottima concentrazione di fuoco e consentendo una facile ispezione e manutenzione delle armi; la visibilità del pilota, posto avanti al motore, risultava notevolmente migliore dei normali apparecchi da caccia. Sotto il profilo delle caratteristiche di volo, la vicinanza della massa del motore al baricentro dell'apparecchio aumentava notevolmente la manovrabilità.

 

mkre_p12.jpg

 

Seguono pochi altri voli che tuttavia presentano le stesse ricorrenti difficoltà. Il motore dimostra gravi insufficienze nel raffreddamento ed obbliga a tenere i flabelli costantemente aperti; questi sono anche causa di probabili interferenze aerodinamiche che si manifestano con la tendenza del velivolo a cabrare; impossibile dare motore a causa delle violente vibrazioni che esso comunica alla cellula; da ultimo il P.119 presenta problemi di centraggio non diversamente da quanto avvenuto per il similare Bell P.29 "Aircobra".

Così l'attività di volo del P.119 si limita al solo aeroporto di Villanova d'Albenga, ove peraltro non vengono rilevate le caratteristiche (tempi di salita, velocità massima, ecc.) non essendo possibile determinarle con i limiti dei sopracitati inconvenienti. Egualmente non si effettuano prove di tiro, pur essendo istallate sul velivolo due armi da 12,7 mm. lo stesso collaudatore rinuncia ad ogni tentazione acrobatica per impegnarsi in una condotta particolarmente attenta. Ciononostante durante un atterraggio, complice il cattivo funzionamento dei freni, il P.119 è vittima di una imbardata che comporta danni all'elica e ad una estremità alare (2 agosto 1943). L'ammontare dei danni è limitato ma comunque si rinuncia a riparare l'apparecchio, data la gravità della contingente situazione bellica abbinata agli evidenti limiti di questa macchina sperimentale.

 

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Tecnica

Poichè il motore adottato era del tipo radiale con raffreddamento ad aria (il progetto iniziale prevedeva l'installazione di un motore Piaggio P. XXII, sostituito poi con Piaggio P. XV data la scarsa disponibilità del primo), particolari studi furono compiuti per ottenere una soddisfacente soluzione al problema del raffreddamento; problema brillantemente risolto con l'adozione di una larga presa d'aria ventrale che per mezzo di due condotti adduceva l'aria al motore; una serie di alette regolabili poste immediatamente dietro al motore permetteva il deflusso dell'aria.

Esteriormente il P. 119 si presentava con linee compatte e nella stesso tempo notevolmente pulite;

la caratteristica presa d'aria risultava bene incorporata nel profilo della fusoliera.

La costruzione era interamente metallica.

L'ala, con struttura bi-longherone, era costituita da tre parti: due semiali esterne ed una parte centrale in comune con la fusoliera, unite fra loro con bulloni.

Alettoni in duralluminio, rivestiti in tela, equilibrati staticamente e dinamicamente.

Il carrello d'atterraggio, munito di ruote tipo III (700 x 235 mm.), rientrava per mezzo di martinetti idraulici verso l'interno del bordo d'attacco dell'ala. La parte interna al carrello, fra i due longheroni, conteneva un serbatoio di benzina da 330 litri. La fusoliera, con struttura a guscio in durall, era costituita da tre parti, munite fra loro con bulloni. Nella parte anteriore erano collocati il gruppo riduttore dell'elica con relativo supposto, un cannone da 20 mm. sparante attraverso il mozzo dell'elica con relativa scatola di munizioni (estraibile dall'aereo), 4 mitragliatrici da 12,7 con scomparti per le munizioni (fissi all'aereo),posto di pilotaggio e relative installazioni.

Per l'accessibilità al cannone esisteva una larga apertura inferiore; le mitragliatrici erano invece montate su un pianetto superiore che si scopriva completamente con l'asportazione di due grandi pannelli di lamiera.

Il posto di pilotaggio era munito di una struttura para-cappottata in tubi d'acciaio;

in caso di cappottata il pilota poteva uscire da un'apertura praticata sulla destra della fusoliera, sufficientemente ampia da permettergli l'uscita anche se la struttura superiore del parabrezza si fosse notevolmente deformata.

Nella parte centrale della fusoliera trovava posto l'incastellatura del motore, gli attacchi del quale poggiavano su tamponi di gomma per assorbire le vibrazioni e la coppia motrice.

Sempre nella parte centrale trovavano posto il radiatore dell'olio, posto inferiormente dietro al motore, e tutti gli impianti (pompe benzina, olio lubrificante, olio per l'impianto idraulico, aria compressa).

Nella parte posteriore si trovavano un serbatoio di benzina da 340 litri ed uno di olio da 90 litri, estraibili dalla parte superiore della fusoliera.

Il ruotino di coda, non retrattile, era munito di ammortizzatore oleo-pneumatico ed era orientabile, con sistema meccanico di ritorno a zero.

E' interessante notare che erano previste delle modifiche all'armamento:

per l'impiego anticarro si pensava di adottare un cannone da 37 mm.;

inoltre, per l'impiego come caccia-bombardiere si prospettò l'impiego di tre attacchi porta-bombe, uno sotto la fusoliera ed uno sotto ciascuna semiala.

Si pensò, infine, di aggiungere altre quattro mitragliatrici da 7,7 mm., due per semiala.

 

p119-3.jpg


Scheda Tecnica

Motore: Piaggio P.XV RC.60
Potenza: cv 1650 al decollo
Apertura alare: m 13,00
Lunghezza totale: m 13,00
Altezza totale: m 3,00
Superficie alare: mq 27,80
Peso a vuoto: kg 2.670
Peso a carico massimo: kg 4.100
Velocità massima (prevista): km/h 640 a 6.800 m
Velocità minima: km/h 130
Tempo di salita (previsto): 7' 15'' a 6.000 m
Tangenza massima: m 12.500
Autonomia: km 1.500
Decollo: m 250
Atterraggio: m 300
Armamento: 1 cannone da 20 mm e 4 mitragliatrici da 12,7 mm nel muso
Progettista: Giovanni Casiraghi
Pilota collaudatore: Nicolò Lana
Primo volo del prototipo: MM. 497 il 19 dicembre 1942 (Villanova d'Albenga)
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lo si estrapola dal sito Уголок неба, le cui fonti sono:

  • Aerei Italiani - Scheda Tecnica. Piaggio Р.119
  • Andrew Krumkach. Caccia Piaggio p.119

Dimensione Cielo (3 - Caccia Assalto) non ne parla

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Molto interessante, non ne avevo mai sentito parlare.

 

 

Il posto di pilotaggio era munito di una struttura para-cappottata in tubi d'acciaio;

in caso di cappottata il pilota poteva uscire da un'apertura praticata sulla destra della fusoliera, sufficientemente ampia da permettergli l'uscita anche se la struttura superiore del parabrezza si fosse notevolmente deformata.

 

 

Fa sempre piacere sapere che si preoccupano per te. In caso di cappottata (o di atterraggio di fortuna aggiungo io) il pilota poteva sperare che il motore non si staccasse e non attraversasse l'abitacolo per poi uscire dal mozzo dell'elica.

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L'aereo aveva lo stesso difetto del P-39,in richiamata dopo l'affondata rischiava di "cappottarsi", proprio a causa della posizione del motore.

Non vedo poi la compensazione aerodinamica degli alettoni, studierò il velivolo su altre fonti.

Anche per le ruote mi documenterò meglio, ho un paio di manuali, ma adesso dovrei cercarli.

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Purtroppo quella del motore-ariete è una triste verità. Immagino che, in caso di atterraggio d'emergenza, il pilota avrebbe seriamente rischiato di fare la fine del collaudatore della Ambronsini, l'ingegner A. Colombo, il quale, mentre compiva un volo di collaudo con l'SS.4, che montava anch'esso un motore dietro l'abitacolo, fu costretto ad un atterraggio di fortuna; quest'ultimo si trasformò in incidente fatale perché l'aereo si schiantò contro un albero. Il pilota morì in quanto il motore nell'impatto venne proiettato in avanti nella cabina di pilotaggio, schiacciando l'occupante contro la parte anteriore.

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