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SAI Ambrosini S.S.4


Frencio

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La SAI Ambrosini di Passignano sul Trasimeno non era certo tra le ditte aeronautiche più famose e dalla maggiore produzione, eppure nel febbraio del 1939

mandò in aria uno dei caccia più innovativi mai tentati nella storia dell'aviazione italiana: l'S.S.4.
Il suo progettista, Sergio Stefanutti (da cui la sigla S.S.), non sarebbe stato destinato a lasciare una traccia importante al pari di molti suoi colleghi di altre ditte più blasonate; eppure era un grande interprete degli studi di aerodinamica avanzata, come dimostrò con le sue realizzazioni. In quel periodo Stefanutti era un ufficiale ingegnere del Genio Aeronautico che focalizzò molta della sua attenzione sull'aerodinamica in modo da ottimizzare le prestazioni. Egli fu fra i primi a dedicarsi ad una realizzazione a formula aerodinamica ad impennaggio anteriore,
chiamata canard per la somiglianza dell'assetto di volo degli uccelli acquatici; nata con i velivoli in tela e bambù (fra cui ricordiamo il Wright Flyer), della fase pionieristica dell'aviazione, essa è stata ripresa, prima e durante la seconda guerra mondiale, per tentare di realizzare velivoli da caccia con caratteristiche particolarmente avanzate. La propensione per questa impostazione architettonica è determinata per la linea architettonica particolarmente efficiente, dall'ottimo rendimento del propulsore (la scia dell'elica, non avendo ostacoli posteriori, è completamente libera), dall'efficienza degli impennaggi che, essendo anteriori, non possono mai entrare nell'ombra aerodinamica della fusoliera o dell'ala, la risposta pronta ai comandi e la rapidità di decollo. Con la disposizione del motore alle spalle del pilota, si ha inoltre un'ottima visibilità anteriore, caratteristica mancante nei caccia coevi, specialmente se dotati di unità motrici radiali. Altra possibilità insita nella formula, è quella della sistemazione ottimale dell'armamento, che può essere disposto nel muso, senza dover ricorrere a quel procedimento di sincronizzazione del tiro attraverso l'elica, che limita la cadenza di fuoco e che, per particolari condizioni di volo,
non evita forature all'elica.

 

Stefanutti non progettò lo S.S.4 da zero: Il primo stadio fu la realizzazione di due moto veleggiatori S.S.2 (chiamati “Anatre”), nel 1935, presso lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche del Centro Sperimentale di Guidonia: il motore istallato è un Keller, a due cilindri contrapposti, raffreddato ad aria ed erogante 16 cv. Le prove, condotte dal maggiore Umberto Nannini sull'aeroporto di Guidonia, non rivelano inconvenienti e permetto di accertare che il
velivolo si mantiene in volo a velocità nell'ordine dei 50 km/h. Nel 1937 una di queste due cellule viene modificata in biposto in tandem, ad abitacolo chiuso: l'S.S.3 è munito di motore C.N.A. da 38 cv., inizialmente frenato a 26 cv. il primo volo avviene ad opera del capitano Fulvio Padova, alle ore 16 di sabato 2 ottobre 1937. Nell'occasione il velivolo è trasferito da Guidonia, al vicino aeroporto dell'Urbe. La mattina successiva, alle prime luci, Padova e Stefanutti decollano con l'S.S.3. Giunti nella zona di Perugia e rilevando irregolarità nel funzionamento del motore, atterrano prudenzialmente nell'area del costruendo aeroporto di S. Egidio. Dopo un controllo molto sommario, decollano nuovamente ed iniziano un laboriosissimo volo di attraversamento degli Appennini, in direzione di Rimini. Il maltempo, il vento contrario, le violentissime turbolenze, collaudano ottimamente il moto veleggiatore con l'unico inconveniente, per i piloti, di galleggiare per due ore a 30 km/h.
Una volta superate le montagne, l'S.S.3 si dirige verso la meta di Milano. Atterrato al Forlanini si provvede alla sollecita sistemazione della macchina nel Palazzo dello Sport, nella cornice del II Salone Internazionale dell'Aeronautica (2-17 ottobre 1937). Dopo questo secondo, lungo volo, l'S.S.3 è provato estesamente da Fulvio Padova, sino a quando non se ne decide il trasferimento all'aeroporto di Castiglione del

Lago. Intanto a Guidonia, i piloti del Centro fanno a gara per volare con l'S.S.2 ed approfittano delle assenze del loro colonnello comandante, per concedersi qualche voletto in più, sulla contesissima macchina.

 

Ma questi moto veleggiatori altro non sono che modelli volanti, per quanto l'ingegner Stefanutti ha in animo di realizzare. L'esperienza maturata e lo studio dell'aerodinamica gli consentì di ideare una nuova versione, questa volta da utilizzare per compiti operativi:
intercettazione e superiorità aerea. La configurazione base del nuovo modello manteneva il propulsore a elica spingente installata nella parte posteriore, le alette canard e il carrello d'atterraggio triciclo che era già stato messo a punto con i precedenti S.S.2 e S.S.3. Con l'assenso dell'ingegner Ambrosini, il titolare dell'azienda, il nuovo modello venne costruito tra il 1938 e il 1939 e denominato S.S.4.
Presso la S.A.I. Ambrosini di Passignano sul Trasimeno, viene così
costruita la macchina definitiva: la sua struttura scintillava nella finitura grigio argenteo, probabilmente non c'era affatto vernice, dato che le dolci acque del Trasimeno non causano la corrosione tipica dell'ambiente marino. Forse l'aereo venne caricato sulla ferrovia che ancora oggi passa proprio radente agli stabilimenti della vecchia SAI, che confinano con la locale stazione; e venne da lì portato al primo volo dato che a Passignano presumibilmente non c'è mai stato un vero aeroporto. Ma poco male, perché era ed è presente un'ampia superficie di volo nella vicina Castiglione del Lago, dove aveva sede l'aeroporto 'Eleuteri', uno dei più grandi disponibili nella penisola, anche se con funzioni di scuola. Era attivo già dagli anni '20 ed era ricco di palazzine realizzate con molto gusto, tanto che persino la centrale elettrica sembrava un edificio abitativo.

 

La presenza di quest'aereo deve avere impressionato molto chi lo vide.

L'SS.4 era un monoplano con struttura interamente metallica, particolarmente piccolo, a causa della sua configurazione, che necessitava di un muso aerodinamico e privo di motore per un controllo ottimale. Il flusso aerodinamico si dirigeva verso la parte posteriore dove era installato il motore e
doveva essere deviato dal movimento degli elevoni, cioè appendici che fungono allo stesso tempo da elevatori e da alettoni. In queste condizioni, i comandi di volo sarebbero risultati molto pesanti da manovrare e la precisione di controllo difficile. Per
correggere questo inconveniente, il motore venne spostato il più indietro possibile e questo rese necessario abolire le strutture di coda convenzionali. Gli stabilizzatori verticali vennero raddoppiati e installati sulle ali, che a loro volta vennero spostate vers
o il retro della fusoliera per consentire ai timoni

di coda di operare più efficacemente. La presenza del propulsore in posizione arretrata forzò il progettista dell'aereo ad adottare un
carrello triciclo per evitare l'urto tra il suolo e le pale dell'elica. Infatti, altri aerei in configurazione spingente come il Do.335 hanno avuto complicazioni simili nel progetto. Davanti all'ala, erano posti i canard, molto grandi e dotati di superfici di controllo in grado di compiere grosse escursioni. Iniziavano dal muso e si estendevano fino a dietro l'abitacolo. L'insieme di tutte queste caratteristiche innovative portò ad avere un progetto non convenzionale e diverso da qualsiasi standard dell'epoca. Il motore era un Isotta-Fraschini Asso IX potenziato a circa 960 hp, con elica tripala metallica e due prese d'aria laterali sulla fusoliera a mò di aviogetto, sopratutto per raffreddarlo.
L'aereo aveva un muso basso e corto, che forniva una eccellente visibilità
al pilota, che era ulteriormente migliorata dal fatto che il tettuccio aveva una struttura semplice e con l'unica parte metallica sopra la testa. La caratteristica costituiva una grossa differenza rispetto ad altri caccia convenzionali dell'epoca, dotati di un grosso muso necessario per ospitare i motori a configurazione trainante, a terra rivolti verso l'alto a causa del carrello d'atterraggio. Il progetto prevedeva che l'aereo fosse armato con due cannoni Mauser da 20mm e un cannone da 30mm sistemati nel muso del caccia (anticipando di 4 anni l'impiego nella Regia Aeronautica di armi da 20mm ed oltre), anche se, sembra oramai

appurato che, in realtà, fossero un cannone da 20mm e due Breda-SAFAT da 12,7mm, di cui solo queste ultime armi davvero istallate . Era inoltre rilevante il fatto che tutti i pezzi montati sul velivolo non dovevano essere sincronizzati con elica posta anteriormente, favorendo così una più alta cadenza di colpi da
parte dell'arma.
La visibilità non era disturbata dai controlli canard, che erano posizionati in basso, né dall'armamento che sarebbe stato installato nel muso, sebbene, in realtà, la doppia coda e l'alta fusoliera erano molto più problematiche per la visione posteriore. Insomma, un velivolo rivoluzionario, nonostante fosse nient'altro che la riedizione di un vecchio concetto.

 

ambrosini_ss-4.jpg

 

Il programma di collaudo del MM.387 viene concordato con l'ingegner Ambrogio Colombo che aveva svolto voli di ambientamento sull'S.S.3. Il caccia era destinato ad effettuare il ciclo di prove sul vasto campo di Aviano; ciononostante, prima del trasferimento su questo aeroporto, da effettuarsi per via terrestre, Colombo compì un primo breve volo a Castiglione del Lago. Il velivolo si comporta normalmente ed il collaudatore se ne dichiara soddisfatto, tanto da chiedere di poter rinnovare la prova il giorno successivo. Dopo circa tre quarti d'ora, poco prima del rientro, avviene improvviso l'incidente. Colombo, per motivi imprecisati, è costretto ad effettuare un atterraggio di fortuna. Purtroppo la manovra riesce solo in parte, in quanto l'aereo finisce la corsa contro un filare di alberi ed il pilota rimane schiacciato tra l'ostacolo e l'unità motrice (8 marzo 1939 - un monumento a ricordo dell'incidente è ancora visibile in prossimità di una delle strade nella zona dove avvenne lo schianto). La successiva inchiesta determinò la causa dell'incidente nella perdita

di un alettone. Il motore, istallato direttamente sulla cellula, comunicò queste vibrazioni molto accentuate: come concausa venne accertato uno scorretto montaggio dell'alettone stesso. Appurato che l'accaduto fu indipendente dall'impostazione progettuale, si prese in considerazione l'eventualità di costruirne tre ulteriori esemplari, ma, di fatto, questa formula rivoluzionaria non era tanto gradita e le sorprese nella messa a punto, dalle vibrazioni al surriscaldamento, sarebbero state notevolmente spiacevoli (come sperimentarono anche giapponesi e americani quando tentarono un approccio simile). Inoltre la visibilità, ottima anteriormente (ma non verso il basso), era limitata alle spalle, svantaggio tattico non da poco, così come, per abbandonare la macchina, o si tentavano atterraggi d'emergenza correndo i rischi di cui sopra, oppure si saltava col paracadute, ma senza il seggiolino eiettabile si rischiava grosso con l'elica posteriore se ancora in movimento (per questo i sedili eiettabili vennero installati sul tedesco Do.335).

All'approssimarsi degli eventi bellici, il piano vene abbandonato e gli indirizzi progettuali della S.A.I. si concentrano sulla realizzazione di caccia leggeri, costruiti impegnando materiali non strategici, quali il SAI 207 e il “Dardo”.

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Caratteristiche


Motore: Isotta Fraschini Asso XI RC.40

Potenza: cv. 960 a 4000 m.

Apertura alare: m. 12,32

Lunghezza totale: m. 6,74

Altezza totale: m. 2,48

Superficie alare: mq. 17,50

Peso a vuoto: kg. 1.800

Peso a carico massimo: kg. 2.446

Velocità massima: km/h. 540

Velocità minima: km/h. 120

Tempo di salita:-

Tangenza massima: -

Autonomia: -

Armamento: 1 cannone da 30 mm. e 2 da 20 mm. nel muso (probabilmente 1 cannone da 20 mm. e 2 mitragliatrici da 12,7 mm., di cui solo quest'ultime montate sul prototipo)

Progettista: Sergio Stefanutti

Pilota collaudatore: Ambrogio Colombo

Primo volo prototipo: MM. 387 il 7 marzo 1939 a Castiglione del Lago

Info. provenienti da: "Dimensione Cielo" & da "Caccia Tattici in Azione".

Modificato da Frencio
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Bisogna anche tenere conto del fatto che le prestazioni non erano così elevate da giustificare le complicazioni imposte dalla formula, erano infatti vicine a quelle del Re 2000 e comunque le stesse prestazioni sarebbero state alla portata di un velivolo con la stessa motorizzazione e formula tradizionale.

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A mio avviso, il vero vantaggio della formula canard non andrebbe cercato nelle prestazioni o in un alto potenziale di crescita (che comunque rimanevano più che accettabili, confrontandole con i caccia coevi): essa garantiva il muso completamente libero da unità motrici, assicurando così un'ottima visuale (anteriore, visto che quella posteriore era invece assai limitata) e offriva la possibilità di montare un potente arsenale tutto in caccia, consentendo una discreta capacità offensiva (come avvenne per il P.119 o il P-39, sebbene essi montassero il motore al centro della fusoliera, mantenendo una formula comunque tradizionale).

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"A mio avviso, il vero vantaggio della formula canard non andrebbe cercato nelle prestazioni o in un alto potenziale di crescita (che comunque rimanevano più che accettabili, confrontandole con i caccia coevi): essa garantiva il muso completamente libero da unità motrici, assicurando così un'ottima visuale (anteriore, visto che quella posteriore era invece assai limitata) e offriva la possibilità di montare un potente arsenale tutto in caccia, consentendo una discreta capacità offensiva (come avvenne per il P.119 o il P-39, sebbene essi montassero il motore al centro della fusoliera, mantenendo una formula comunque tradizionale)."

Non mi sembra che i mezzi da te citati abbiano avuto un grosso successo: non so se sarebbe bastato un compressore per trasformare il P39 in un caccia, mentre il P119 avrebbe probabilmente avuto seri problemi di raffreddamento. Vorrei inoltre far notare un grave problema dei velivoli ad elica spingente che è quello dell'abbandono del velivolo in caso di bisogno, i tedeschi infatti per il Do 335 misero a punto i primi seggiolini eiettabili... ma non era il 1940 e bisogna sempre valutare se lo scarto prestazionale è così importante da rendere sopportabile questa ulteriore complicazione

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Io ne ho elencato i vantaggi; non ho mai detto che per questi il S.S.4 sia il migliore dei velivoli e così via. Sono perfettamente conscio dei limiti di questa macchina e della sua formula (che si dimostrerà efficace solo in un contesto più moderno), così come sia d'accordo con la scelta del Ministero di scartarlo, in quanto, nel '39, le prestazioni che avrebbero permesso un cambio delle linee di produzione (intente a fornire G.50, C.200 e CR.42) erano quelle del Bf.109 E, ben lontane dai nostri modelli proposti, anche dal tanto esaltato R.2000.

Ritengo comunque questo aereo un velivolo degno di nota, in quanto rappresenta un progetto innovativo per l'epoca e che può dar lustro alla storia della nostra aeronautica, sebbene esso debba per forza essere rilegato fra i tanti prototipi scartati dallo SMA.

 

P.S.: per quanto palesemente inferiore ai "primi della classe" della USAAF, il P.39 si è dimostrato un ottimo velivolo a bassa quota, così come uno dei primi a sostenere lo sforzo bellico americano insieme al P.40 e non (chiedilo ai russi!). Più di 9.500 macchine prodotte potrebbero dimostrarlo...il P.119 rimane sempre un progetto interessante, per quanto sfortunato ed afflitto da problemi...

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  • 3 settimane dopo...

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