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Piaggio P108


Penitentiagite

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Se vogliamo affrontare l'argomento, come sarebbe giusto, da un punto di vista più ampio, credo che il quadro delle Forze Armate italiane risulterebbe ancora più deprimente. Non vi fu mai, a mio parere, una vera politica di organizzazione militare ed industriale prima della guerra. Molto era lasciato all'iniziativa personale, nulla alla programmazione e troppe decisioni venivano prese in base alla convenienza politica di favorire le industrie più influenti.

Se parliamo di dottrina d'impiego dei mezzi aerei (ma anche di quelli terrestri, diverso il discorso per quelli navali), in Italia non si giunse mai ed in nessun ruolo alla realizzazione di un velivolo moderno fino al G.55 e, in parte, al Re.2005 che però arrivarono comunque tardi alla fase di messa a punto. Se pensiamo a tutta quella serie di caccia, bombardieri leggeri ed aerei da assalto che avrebbero dovuto costituire il nerbo della forza tattica, non si può non notare come il livello qualitativo, oltre che quantitativo, fosse bassissimo.

La realtà dei fatti porta invariabilmente alla conclusione che la follia più grande fu quella di trascinare in guerra un Paese che si basava ancora su di un impianto industriale arretrato, un'agricoltura di sussistenza ed un'economia posticcia, le cui falle erano coperte dai proclami e dagli atti eclatanti del Regime. Unica scusante sostenibile può essere che, quel 10 giugno del 1940, si ebbe l'illusione di partecipare dalla parte dei trionfatori ad una guerra già vinta.

Da un punto di vista tecnico, i problemi erano direttamente conseguenti alla situazione sopra descritta. Si pensi al problema dei motori, con l'accanimento sullo sviluppo degli anemici radiali dai quali (per motivi tecnologici più che progettuali) non si riuscì mai ad ottenere un propulsore valido (= potente ed affidabile); il ricorso alle strutture in tubi saldati e la mancanza di macchine utensili adatte alla lavorazione dei metalli per produrre in serie i pochissimi tipi a struttura lavorante; l'inadeguatezza dell'armamento dei caccia, a lungo basato sulle mitragliatrici; la carenza di materie prime.

Naturale che in queste condizioni non si potesse ottenere macchine all'altezza, nonostante il grande sforzo profuso da molti validi progettisti.

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  • 2 anni dopo...
  • 1 anno dopo...

Quella versione si chiama AC-130 e non C-130 o peggio B-130. Era ed è ancora un "aeroplano" dotato di grosse bocche da fuoco. A distanza di quasi due anni è cambiato qualcosa da richiedere questa precisazione?

Ps. Comunque, tanto per continuare in OT, mai sentito parlare di MOAB?

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  • 2 mesi dopo...

Se parliamo di dottrina d'impiego dei mezzi aerei (ma anche di quelli terrestri, diverso il discorso per quelli navali), in Italia non si giunse mai ed in nessun ruolo alla realizzazione di un velivolo moderno fino al G.55 e, in parte, al Re.2005 che però arrivarono comunque tardi alla fase di messa a punto.

 

Questo non è del tutto esatto. Fino all'armistizio, la Regia ebbe sempre una evidente superiorità qualitativa, per quanto riguarda la linea di volo dei caccia, rispetto all'USAAC, la quale tirò la carretta con P.38, P.39 e P.40 sino a tutto il 1943, quando il C.205 era già nei reparti da tempo e gli altri due "serie 5" erano in dirittura d'arrivo.

Ne deriva che un duello "1 vs. 1" non era certamente una passeggiata per i piloti USAAC, sui cieli italiani.

 

Il nostro problema, oltre alle già ricordate carenze del sistema industriale, era anche - e qui si torna al P.108 e ai suoi limiti prestazionali - in ambito petrolchimico, non essendo mai riusciti a produrre le benzine ad alto numero di ottani di cui gli americani invece disponevano in abbondanza. Con benzine ad alte prestazioni, i 1500 hp "teorici" dei motori del P.108 sarebbero diventati 2000 "veri", e ne avrebbero beneficiato di conseguenza le prestazioni dell'aereo in termini di carico utile e di tangenza.

Modificato da Athens
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piccolo OT pazienza,

non è esatto. 'Tirare la carretta' implica una certa connotazione non troppo positiva, mentre l'USAAF fece un lavoro formidabile usando P-38 e P-40. La superiorità qualitativa probabilmente c'era, se c'era, per qualche modello di caccia italiano, mettendo a confronto tecnologie e prestazioni di due modelli e passando rigidamente in rassegna le schede tecniche.

Poi però si è visto cosa comportava fare la guerra usando, nelle parole di un ingegnere italiano degli anni '60, aerei di legno fabbricati in metallo'.

 

E' sempre stata la storiografia (anche da parte Americana, piuttosto stranamente) che fino a non troppo tempo fa relegava i due caccia a qualcosa di mediocre, quasi muli da lavoro 'tappabuchi' che riuscivano a combinare qualcosa di buono in air-to-air combat soltanto se erano in 30 contro uno - questo, tra l'altro, il tratto distintivo e sovente falso di alcuni autori Italiani che per circa trent'anni hanno portato avanti la questione. Anche a costo di letteralmente inventarsi duelli aerei mai avvenuti, o di piazzare 50 P-51 (un intero Group) in un pezzo di cielo dove quel giorno essi neppure erano transitati. .. e pensare che sono stati successivamente autori Italiani a correggere il trend e fare giustizia, cominciando a fine anni '80.

Studi e ricerche più approfondite fatte dagli anni '90 in poi hanno permesso di appurare l'impressionante comportamento di P-38 e P-40 in mano a gente decisa e motivata (oltre che capace su quelle macchine, ovviamente..), certi exploits dei P-40L USAAF nel teatro del Mediterraneo contro Italiani e/o Tedeschi in circostanze 1 vs. 1, stessa cosa per i P-38 nel Sud-Est Asiatico.

 

Certo si tratta di verificare quante potrebbero essere (tantissime, forse troppe) le variabili di un duello Uno contro Uno... cosa troppo sfuggente, e vale per tutti i belligeranti.

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Sì, le variabili sono tante, e sono anche consapevole che gli americani "tirarono la carretta" non per necessità ma per scelta, a giusta ragione convinti che l'utilizzo di tre soli fondamentali modelli di caccia, di progettazione non recentissima ma costantemente aggiornati e prodotti in numeri adeguati alla bisogna, fosse del tutto compatibile con gli obiettivi desiderati dall'USAAC.

Cosa che peraltro avvenne anche per le macchine da bombardamento strategico della classe del P.108, visto che furono introdotti in linea pochi modelli (essenzialmente B-17, B-24 e B-29) costruiti in gran numero.

A me qui pare di vedere la precisa e consapevole applicazione di una dottrina, quella preconizzata da Giulio Douhet, che in Italia vide i suoi seguaci confrontarsi per lungo tempo con i sostenitori di Amedeo Mecozzi.

Se vogliamo fare una semplificazione, potremmo dire che nella Regia solo il P.108 nacque da specifiche realmente "douhettiane", anche se oggettivamente troppo velleitarie rispetto alle reali capacità produttive del nostro sistema industriale.

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  • 1 anno dopo...
Il 6/6/2017 in 01:50 , vittoriogianola ha scritto:

Invece NO: IL C 130 non era un bombardiere 

Il 6/6/2017 in 08:11 , Flaggy ha scritto:

Quella versione si chiama AC-130 e non C-130 o peggio B-130. Era ed è ancora un "aeroplano" dotato di grosse bocche da fuoco. A distanza di quasi due anni è cambiato qualcosa da richiedere questa precisazione?

Ps. Comunque, tanto per continuare in OT, mai sentito parlare di MOAB?

Fermo restando: la più grande bocca da fuoco montata su un aereo nella seconda guerra mondiale. Poi per il sottoscritto la sigla OT è delle auto Abarth e moab un termine delle barche a vela.

 

 

Modificato da vittoriogianola
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La sigla OT, ritenevo fosse abbastanza nota, o almeno dovrebbe esserlo fra gli utenti dei forum, visto che sta per  Off-Topic (fuori tema). Di sicuro nel contesto della frase aveva più senso dalla Abarth Omologata Turismo…

Stessa cosa per la MOAB.

https://it.wikipedia.org/wiki/GBU-43_Massive_Ordnance_Air_Blast_bomb

Insomma, se proprio devo andare OT in un forum di aerei, non lo faccio con le auto o con le barche a vela, ma con le bombe sganciate da un velivolo cargo odierno in una discussione su un bombardiere della Seconda Guerra Mondiale.;)

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  • 1 mese dopo...

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