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Lo sbarco in Normandia - Topic ufficiale


W L'ITALIA

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Sullorlo della disperazione, ricorda Gunther Blumentritt, capo di stato maggiore di Rundstedt, il feldmaresciallo pregò Hitler di venire in Francia per un colloquio. Egli e Rommel andarono insieme da Hitler a Soissons [in realtà, a Margival, dieci chilometri a nordest di Soissons] il 17 giugno e cercarono di fargli comprendere la situazione. Sebbene Caen e Saint-Lo, i due capisaldi tedeschi in Normandia, fossero ancora in mano nostra, era ovvio che non sarebbe stato possibile tenerli ancora a lungo. I due feldmarescialli erano ora perfettamente daccordo sullunica misura che poteva salvare la situazione allinfuori di una grande ritirata, che lo sapevano Hitler non avrebbe autorizzato. Volevano ritirarsi da Caen, lasciare la fanteria a tenere la linea dellOrne e disimpegnare le divisioni corazzate trasferendole più indietro perché potessero riorganizzarsi. Il loro piano era dimpiegare poi le forze corazzate in un poderoso contrattacco sul fianco delle forze americane nella penisola del Cotentin.

La reazione di Hitler fu quella che tutti si possono immaginare, non si doveva attuare nessun ripiegamento: Dovete restare dove siete.

Non volle acconsentire neppure a lasciarci un po più di libertà nel muovere le truppe come credevamo meglio, continua Blumentritt, il feldmaresciallo ed io ci eravamo resi conto sempre più chiaramente, a partire dalla seconda settimana [di giugno], che non avremmo potuto ricacciare in mare gli invasori; ma Hitler credeva ancora che ciò fosse possibile e poiché non voleva modificare i suoi ordini, le truppe dovevano continuare a rimanere aggrappate a una linea difensiva che cominciava a incrinarsi dappertutto. Non cera più un piano. Cercavamo semplicemente e senza speranza di obbedire allordine di Hitler secondo il quale la linea Caen Avranches doveva essere tenuta a ogni costo.

Lincontro del 17 giugno vede accadere altre due cose significative. La prima è che Hitler se ne esce con una sparata sulle Armi Segrete, le V-1 e V-2. I signori feldmarescialli forse non lo sanno ancora, ma la Germania dispone di una nuova generazione di armi che finalmente cambieranno il corso della guerra.

Rundstedt e Rommel allora pregano Hitler, sempre che sia tecnicamente possibile, di puntare queste nuove armi sulla testa di sbarco alleata in Normandia, ma il Fuhrer rifiuta, spiegando come si fa con i bambini piccoli che questo nuovo tipo di armi è destinato a radere al suolo Londra, per: … convertire gli inglesi alla pace.

La seconda cosa è un fatto apparentemente insignificante, ma che la dice lunga su quello che Rommel aveva in animo forse ormai da anni. La Volpe del deserto, che un tempo era membro dello staff del Fuhrer, alla fine della sua relazione si avventura a dire al dittatore che il tempo della guerra sta definitivamente tramontando e per la Germania è arrivato il momento di pensare a una soluzione politica e non militare di tutta la faccenda, anche per non finire sotto i bolscevichi …

Hitler, fino ad allora educatissimo, non lascia neanche che Rommel finisca lultima frase ed esplode in un: Lei pensi solo al suo fronte dinvasione e non a problemi che non la riguardano, ma interessano solo me!.

Poi, forse accorgendosi che i nervi della Volpe del deserto, il suo migliore feldmaresciallo, stanno probabilmente a pezzi, Hitler cerca di rincuorarlo con una spiegazione sulle armi segrete e lodando quello che loro stanno facendo in Francia, ma il vaso si è rotto; si possono incollare i cocci, ma non sarà mai più come prima.

La cosa è enorme: Rommel, il generale in cui Hitler riponeva più fiducia, dimostra apertamente di non credere più nella vittoria, in definitiva di non credere più in Hitler e lo fa davanti a tutti!

Dopo Margival, la situazione sul campo per i comandanti tedeschi non cambiò di una virgola, anzi, se possibile peggiorò, perché ora Hitler li guardava con sospetto; non si può muovere più un solo reparto senza un ordine del Fuhrer, come è già accaduto anche in Russia.

Frattanto, lincredibile accozzaglia di fanti, carristi, marinai, uomini dellorganizzazione Todt e operai di tutta lEuropa che si è rinserrata dentro Cherbourg sta per cedere definitivamente. Gli americani, partiti dalla linea Carentan-Valognes, si sono diretti a sud e a ovest ed ora puntano inarrestabili alle porte di Cherbourg con i carri e i bombardieri.

Schmundt telafona a Rommel dal Berghof di Hitler: Lonore e la reputazione dellintero corpo degli ufficiali tedeschi dipende da per quanto tempo terremo Cherbourg!.

La Kriegsmarine garantisce otto settimane di resistenza a oltranza, chiacchiere! Joe Collins del 7° corpo darmata americano non è dello stesso avviso. Piazza la sua artiglieria, chiama i bombardieri ed è presto fatto: il 26 giugno i primi soldati americani entrano in una Cherbourg devastata (e minata).

La fiducia in sé stessi dei comandanti tedeschi, che avevano fatto di tutto per impedire che le banchine e i moli di Cherboug cadessero in mani americane, subisce un crollo. Il più furbo di tutti è Rommel, una settimana prima ha già ordinato alla 77° divisione, che gli serve come il pane, di evacuare segretamente il Cotentin per non restarci intrappolata.

Dollman della 7° armata, che secondo Hitler doveva tenere ad ogni costo Cherbourg, per timore che possa succedere qualcosa a lui o ai suoi familiari, si suicida.

Gli alleati ora possono contare su un grande porto, con banchine e moli fatti apposta per scaricare agevolmente enormi quantità di uomini e mezzi, anche se ci vorrà del tempo per poter renderlo operativo, in quanto i tedeschi hanno distrutto o minato quasi tutto.

Modificato da Hobo
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Sono cose che lessi molto tempo fa. Ho cercato di riassumerle il più possibile perché possono magari servire per l’esame di Giorgioxxx.

 

@ Giorgioxxx

 

Mi dispiace, non ho più tempo di riassumere, ma ci sarebbe da dire...

Schematizzando molto.

Il primo luglio, Von Rundstedt, comandante in capo in occidente, avverte Keitel che la situazione è disperata. Keitel, conoscendo l’ordine di Hitler – nessun ripiegamento – chiede disperato: “ Che possiamo fare?”.

Rundstedt risponde secco: “La pace imbecilli, che altro potreste fare?”.

Detto questo, lui e Von Schweppenburg inviano ad Hitler un rapporto dettagliato e realistico di tutta la situazione. Hitler si infuria, non vuole credere alla realtà.

Rundstedt dà le dimissioni, Hitler le accetta scrivendogli una lettera assai gentile.

Il vecchio feldmaresciallo esce di scena, gli succede Gunther Von Kluge, un fido di Hitler. Kluge arriva e pare sprizzare fiducia ed ottimismo da tutti i pori, rimprovera bonariamente Von Scweppenburg per aver inviato al Fuhrer un rapporto così pessimistico ed inizia ad aggiornarsi sulla situazione visitando i campi di battaglia normanni.

Come lo fa, essendo pur sempre un eccellente militare oltre che un uomo di fiducia di Hitler, Von Kluge, da ottimista che era, diventa subito “ ...misurato e cauto”, come racconta Blumentritt. Kluge si rende conto subito che Rommel e Rundstedt avevano ragione.

La testa di ponte degli alleati in Normandia è diventata come un’enorme molla troppo compressa e pronta a scattare. La fascia di strade, città e villaggi che circoscrive tutto il fronte di sbarco ormai non è che un tappeto di rovine incenerite dall’artiglieria e dall’aviazione alleate.

Nei primi sette giorni di luglio, due panzerdivisionen appena arrivate dalla Russia attaccano le due teste di ponte create dagli alleati oltre i fiumi Orne e Odon. Il generale Hausser, successore di Dollman al comando della 7° armata, lancia i suoi carri e i suoi uomini contro gli inglesi. Gli scozzesi della 15° divisione resistono da leoni, non ripiegano di un solo metro. L’attacco tedesco è infranto. Il generale Dempsey coglie subito la palla al balzo e contrattacca il fianco tedesco, marciando su Caen. Il 9 luglio, domenica, i primi canadesi entrano finalmente in Caen devastata.

Scrive Moorehead: “Ci trovammo di fronte a uno spettacolo di desolazione che faceva pensare a un paesaggio lunare. Dove prima sorgevano case di tre o quattro piani, ora c’erano solo avvallamenti nel terreno. File e file di immensi crateri. Nuovi rialzi e depressioni ovunque l’occhio si posasse. La terra stessa era ridotta alla polvere originale. Le case erano state abbattute e si erano letteralmente disintegrate, per cui non esistevano più strade o passaggi, o il segno che una volta lì abitavano esseri umani. C’era una specie di anarchia in quella devastazione, una violenza cieca e inutile cui la mente si ribellava. Ci nascondemmo nella polvere grigia e aspettammo che cessasse il cannoneggiamento. Sembrava inutile proseguire. Quella era la fine del mondo...”.

A questo punto mi pare importante dire poche cose su quel che successe nella foresta di Rastemburg il 20 luglio 1944, perché l’attentato ad Hitler ebbe enormi ripercussioni anche sulla battaglia di Normandia. Hitler, a quanto si sa, rimase praticamente illeso nel fisico, ma rimase sconvolto nella mente da quell’attentato: capì forse che era andato troppo oltre e ora non si fidava più di nessuno. Seguì un bagno di sangue tra gli alti ufficiali generali coinvolti nell’attentato, ma anche gli altri generali tedeschi rimasero così terrorizzati dalla reazione del capo dei nazisti, che il loro rendimento sul campo diminuì. Come scrive Liddell Hart, il generale Blumentritt riferì che il feldmaresciallo Von Kluge era un eccellente soldato e un combattente molto aggressivo, quando assunse il comando di tutto il fronte occidentale, sostituendo Von Rundstedt a Saint Germain en Laye. Tuttavia, quello che successe il 20 luglio 1944 a Rastemburg cambiò profondamente le cose. Il nome di Kluge pare che venne fuori da alcune indagini della Gestapo che indagava sull’attentato e il feldmaresciallo ne rimase (giustamente) terrorizzato, non tanto per sé, quanto per i suoi familiari.

Per colmo di sfortuna poi accadde che proprio poco prima che gli americani sfondassero ad Avranches, vincendo la battaglia di Normandia, Von Kluge rimase irreperibile per più di 12 ore, bloccato e con la radio distrutta da un violento bombardamento d’artiglieria. Questo parve acuire ancor di più i sospetti di Hitler, che prima pareva fidarsi ciecamente di Kluge. Kluge quindi si spaventò: ora doveva non solo combattere gli alleati, ma anche guardarsi le spalle dalla Gestapo che indagava su di lui. Questa duplice pressione lo fece probabilmente crollare.

Quando gli americani sfondarono ad Avranches, Kluge si senti probabilmente perduto. Model venne inviato a sostituirlo a Saint Germain en Laye il 17 agosto 1944 e lo trovò molto agitato.

Kluge puntò il dito sulla cartina, ad Avranches e disse a Model, quasi mormorando: “Ecco dove io perdo la mia reputazione di soldato”.

Kluge mostrò a Model l’ultima lettera di Hitler, con la quale veniva destituito dal comando in Occidente. La lettera finiva così: “ ...il feldmaresciallo Von Kluge dichiari in quale parte della Germania intenda recarsi...“. Insomma volevano avere il recapito preciso di lui e della famiglia.

Dopo aver scritto una lettera a Hitler, che fu ritrovata dopo la guerra, Kluge si suicida con una fialetta di cianuro. Non gli furono celebrati i funerali solenni.

Il 17 luglio 1944 frattanto era successa un’altra cosa importante: Rommel, durante un’ispezione sul campo di battaglia, viene attaccato e quasi ucciso dagli Spitfires.

La sua vecchia Horch, presa a cannonate dagli aerei, cappotta sulla strada statale n. 179, tra Livarot e Vimoutiers e Rommel e l’autista sono sbalzati fuori. Rommel si frattura il cranio e va in coma; il farmacista di Livarot, monsieur Marcel Lescene, probabilmente gli salva la vita, praticandogli subito un’iniezione di olio di canfora, un antico ed efficacissimo rimedio contro i collassi cardiaci.

L’autista di Rommel, caporale Daniel, anche lui gravemente ferito si rifiuta di abbandonare il generale e gli rimane accanto finchè non li trasportano tutti e due all’ospedale della Luftwaffe a Bernai, a 50 chilometri di distanza,dove il giovane Daniel fa ancora in tempo a cercare di informarsi sulle condizioni del suo comandante, prima di morire.

Per Rommel la guerra è finita. La perdita di Rommel e di Kluge è un colpo tremendo per i tedeschi in Normandia, anche perché ora mette piede in Normandia, alla testa del suo 8° corpo d’armata, uno strano generale di cavalleria, un certo George Smith Patton.

Alla fine di luglio, il fronte di sbarco sta per scoppiare letteralmente. Sono arrivati in Normandia circa un milione di uomini, con un rapporto uomini / veicoli che raggiunge quasi lo stratosferico valore di 1!

Il piano è semplicissimo: attaccare in continuazione i tedeschi lungo tutto il fronte, per non dar loro la possibilità di riprendersi, fino a che il 31 luglio arriva al quartier generale della 7° armata un laconico messaggio: “Il fronte ha ceduto”. Si tratta di Bradley che, lungo la valle della Vire, ha sfondato le sottili linee tedesche a Saint Lo e ora Patton si precipita nella breccia con la sua 3° armata, in direzione di Avranches e della valle della Loira.

I tedeschi proveranno a tagliare il collo di bottiglia di Avranches per tagliare tutti i rifornimenti alle truppe alleate che si erano spinte a sud verso la Loira, ma i Typhoon e i Thunderbolt alleati faranno strage dei panzer tedeschi e il contrattacco fallirà. “Marciate, marciate e ancora marciate!”, dice Patton ai suoi e quando i suoi ufficiali gli chiedono una maggior difesa sui fianchi, lui risponde: “Preoccupatevi della meta di fronte a voi, non dei vostri fianchi”.

La battaglia di Normandia è vinta con lo sfondamento di Patton ad Avranches; gli americani dilagano nella Francia ed il fronte per i tedeschi si allarga a dismisura mano a mano che gli alleati si spingeranno verso oriente.

 

Riassunto da: “Una storia di uomini – La Seconda Guerra Mondiale”. E. Biagi. Vol. VI. 1980-86.

“The other side of the hill – Storia di una sconfitta”. Liddell Hart. 1979.

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Grazie, spero di essere stato utile.

 

Una celebre foto: aviotrasportati di etnia indiana (forse Cherokee) della 101° divisione "Screaming Eagles" si tingono il volto con i colori di guerra, prima di salire sul DC-3 Dakota che li porterà in Normandia, la notte sul 6 giugno 1944, per conquistare i ponti sul Merderet, alle spalle di Utah beach.

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Qualcosa di simile a quello che dovettero vedere, in mezzo al fumo e alle esplosioni, gli occhi atterriti dei tedeschi all'alba del 6 giugno 1944.

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Sono palloni frenati. Servivano per impedire gli attacchi aerei a bassa quota: i cavi d'acciaio uniti tra loro impedivano il sorvolo degli aerei.

Notare le LST spiaggiate da 2000 tonnellate. Le Landing Ship Tank erano navi da sbarco che potevano servire sia per mettere a mare i mezzi da sbarco, come gli LCM (landing craft mechanized), sia per raggiungere direttamente la spiaggia e sbarcarci truppe e carri armati grazie a una rampa abbassabile attraverso la prua apribile.

In cielo invece, le divisioni aviotrasportate si affidavano agli alianti in legno trainati, come gli Airspeed Horsa, i pesanti General Aircraft Hamilcar (inglesi) e i Waco CG-4 Hadrian (americani).

Questi alianti erano trainati dai DC-3, ma per i più pesanti come gli Hamilcar ci volevano addirittura gli Halifaxes o gli Stirlings.

Gli alianti in legno potevano imbarcare fino a tre volte il loro peso a vuoto ed erano estremamente sensibili al posizionamento del carico (che doveva essere perfettamente equilibrato e non doveva muoversi) e al vento; molto difficili da controllare a pieno carico, essi mollavano il cavo di traino e picchiavano verso terra, di notte, a velocità che potevano sfiorare anche i 300 chilometri all'ora. Erano molto pericolosi e un gran numero di essi si schiantò al suolo o finì contro i dispositivi antialiante messi da Rommel, come foreste di pali telegrafici piantati per terra, che strappavano le ali agli alianti in atterraggio, con tragici risultati.

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Quando il suo comandante Bradley sfonda a Saint Lo, caposaldo occidentale dei tedeschi in Normandia, Patton non esita un solo minuto a gettare nella breccia tutto il suo 8° corpo d’armata, dirigendosi a sud-ovest, in direzione di Avranches, per tagliare trasversalmente la base del Cotentin e raggiungere il Golfo di Saint Malo.

Le punte della 4° divisione corazzata, 3° armata americana, sono nei sobborghi di Avranches il 30 luglio. Il giorno dopo gli americani si impadroniscono di Pontaubault e conquistano una piccola testa di ponte al di là della Sélune. Patton è così arrivato a bussare alla porta della zona francese libera. Questo è considerato il punto culminante di tutta la campagna d’invasione della Normandia.

Una sola strada, con un solo ponte, portava oltre Avranches e oltre la Sèlune, in Bretagna. Patton sarebbe riuscito a conquistarli intatti e a tenerli?

E’ sabato sera quel 30 luglio 1944. Al posto di comando tattico del colonnello Bacherer si sarebbe potuto udire cadere a terra uno spillo mentre il primo aiutante del colonnello regge ancora in mano il messaggio del feldmaresciallo Kluge: “Avranches deve essere difesa fino all’ultimo uomo e fino all’ultima cartuccia, essa è il cardine occidentale della nostra difesa, in essa si decidono le sorti delle forze armate tedesche in Occidente...”.

Bacherer non ha certo bisogno che Kluge gli spieghi queste cose, ma nel contempo vede chiaramente che l’impresa che gli si ordina di intraprendere è senza speranze. Ci sono soltanto i resti malconci di un’unica divisione per contrastare l’imminente catastrofe. Il colonnello tedesco cerca subito di scacciare questi pensieri e si mette all’opera. Sguinzaglia i suoi uomini migliori e raggranella ogni possibile forza su cui riesce a mettere le mani. Oltre alle sue unità della sfinita 77° divisione di fanteria, Bacherer scova non si sa bene come anche 14 cannoni d’assalto semoventi tra Sturmgeschutz III e Jagdpanzer IV, alcuni reparti dispersi della 5° divisione paracadutisti e tutti gli sbandati che trova; li raduna in un gruppo di combattimento e il 31 mattina avanza su Pontaubault, incredibilmente la prende e si dirige su Avranches.

I granatieri corazzati penetrano nella città; sono eccellenti soldati che vengono dal fronte russo e sono “...veterani duri da cuocere” per gli americani; un plotone di essi vale un battaglione, iniziano a sloggiare gli americani casa per casa.

Intanto i semoventi tedeschi tengono i carri americani lontano dai granatieri. Una sola cosa impensierisce gli uomini: gli aerei nemici. I soldati tedeschi tengono fissi gli occhi verso il cielo nuvoloso e le loro orecchie sono bene allerta. Finchè accade l’inevitabile. Verso mezzodì, una schiarita si apre tra le nubi e un meraviglioso sole estivo buca la copertura nuvolosa.

“Jabo!” E’ il grido di terrore disperato che si leva dalle truppe tedesche.

I Thunderbolt e i Typhoon si precipitano verso terra attraverso gli squarci tra le nubi come rapaci assetati di sangue, i cannoncini tuonano, i razzi partono da sotto le ali, è la fine. I panzer bruciano, gli Sherman americani si fanno sotto, i granatieri corazzati tedeschi devono pensare alla loro pelle come meglio possono e si disperdono verso sud-ovest.

“Unità guastatori”, grida Bacherer al radiotelefono “far saltare il ponte sulla Sèlune!”. Ma accade l’incredibile.

Quel dannato ponte è come stregato! I primi guastatori tedeschi, dopo aver atteso con impazienza che l’ultimo uomo si sia ritirato al di là del ponte, danno corrente ai detonatori, ma nulla accade! Vanno a vedere che succede e vengono massacrati dai carri nemici. La seconda pattuglia guastatori cade in un’imboscata, il ponte resta intatto e gli Sherman americani ci passano sopra! Gli americani ci sono riusciti: si sono infilati tra il fianco sinistro di tutto lo schieramento tedesco e la costa atlantica della Francia! Ora essi sono fuori dal Cotentin e dilagheranno in Francia come un incendio nella savana riarsa dal sole, nulla può più trattenerli. La battaglia di Normandia è vinta.

La sera del 31 i carri americani bussano alla porta del comando tattico di Bacherer e lo travolgono sotto i cingoli. Bacherer si ritira fortunosamente lungo sentieri nascosti.

Fino a tutto il 7 agosto gli aerei tedeschi cercheranno di distruggere il ponte sulla Sélune, ma non ci riusciranno: gli aerei inglesi e americani li tengono a debita distanza. Intanto, sul ponte, Patton scatena le sue divisioni. Il collo di bottiglia, la strada da Avranches a Pontaubault, diventa una “...pista fragorosa per carri e mezzi meccanizzati. Ufficiali dall’aspetto taurino stavano sul ponte con la Colt in mano: Go on! Go on! Comandavano a ogni unità che entrava in quel collo di bottiglia”.

E’ una corrente ininterrotta di soldati americani in marcia. Patton, a dispetto di ogni manuale operativo, in 72 ore catapulta nella strettoia di Avranches non meno di sette divisioni, centomila uomini, quindicimila tra carri e veicoli di ogni genere.

Alla maniera di Guderian, Patton non si preoccupa troppo dei suoi fianchi. E’ una riedizione del Blitzkrieg tedesco, ma stavolta sono gli americani a farlo.

“La protezione dei nostri fianchi spetta alla fanteria che segue. L’obbiettivo sta dinnanzi a noi”, spiega Patton ai suoi.

E l’obbiettivo di Patton è la piazzaforte di Brest, circa 300 chilometri a ovest di Avranches e che i tedeschi, colonnello Bacherer in testa, venderanno a carissimo prezzo.

 

Riassunto da: “Arrivano!”. Paul Carell. Longanesi. 1962.

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“Cara moglie, tra un quarto d’ora sarò morto...”.

 

Il 14 ottobre 1944, in un paesino arroccato sulle maestose colline del Wurttemberg, una Opel nera si ferma davanti ad una villetta a Herrlingen, vicino ad Ulm sul Danubio.

L’autista, lo Scharfuhrer (sergente maggiore) delle SS Heinrich Doose, tira il freno a mano e spegne il motore, poi scende ad aprire la portiera. Ne escono due generali; Wilhelm Burgsdorf, aiutante in capo del Fuhrer e Ernst Maisel, capo della sezione legale del personale dell’esercito tedesco: sono due anime nere di Hitler.

Un maggiordomo apre ai nuovi venuti, l’incontro è correttissimo. Lucie Rommel, del tutto ignara ma tesa, invita subito gli ospiti a pranzo. Burgsdorf, gentilmente, rifiuta e chiede di parlare in privato con il feldmaresciallo per “...trattare questioni di carattere ufficiale”.

Rommel ordina al suo attendente, il fido capitano Hermann Aldinger, di tenere pronto tutto il dossier sulla Normandia, poi accompagna i generali nel suo studio.

Parla per primo Burgsdorf e usa il “lei” anche se è stato compagno di corso di Rommel: “Lei è accusato di complicità nell’attentato contro il Fuhrer”, dice a Rommel, poi mostra dei documenti in cui pare che Hofacker, Speidel e Von Stulpnagel, sotto tortura, abbiano fatto il nome della Volpe del deserto.

“Il Fuhrer promette che”, continua Burgsdorf, “se lei si suiciderà, avrà funerali di stato solenni, il suo tradimento non verrà mai svelato a nessuno, la sua famiglia non subirà la rappresaglia della “Sippenhaft” e sua moglie godrà della sua pensione di feldmaresciallo, questo come riconoscimento dei suoi servigi...”.

Secondo Maisel, Rommel tace a lungo, poi mormora: “Jawohl, Ich habe mich vergessen [sissignori, ho dimenticato me stesso...]” e poi ancora rivolto a Burgsdorf: “Generale, posso prendere la sua auto e appartarmi? Temo solo di non saper fare bene con la mia arma... ”.

“Questo non è necessario”, ribatte Burgsdorf, “per questo abbiamo il cianuro, che agisce in tre secondi”.

Senza ribattere, Rommel esce dallo studio e si apparta brevemente in camera da letto con la moglie. Lucie ne esce sconvolta.

Nell’atrio, il vecchio maggiordomo Rudolf aiuta il feldmaresciallo ad indossare il suo semplice cappotto di soldato, senza mostrine nè distintivi, compagno di mille battaglie (a Rommel, come a Rundstedt, non piaceva esibirsi).

Poi Rommel prende il berretto e il bastone di maresciallo; stringe la mano a tutti, ma non agli inviati di Hitler; si fruga in tasca, prende le chiavi di casa con mano ferma e le consegna al figlio Manfred: “Manfred”, gli dice, “Temo che anche al generale Speidel accadrà la stessa cosa. Se succede, tu avrai cura di tua madre come della signora Speidel, d’accordo?”.

Poi esce e sale sulla Opel nera, sul sedile posteriore, accanto a Maisel che mormora: “Herr Feldmarschall...”.

La Opel imbocca il vialetto, poi esce dal piccolo parco della villa e si immette sulla strada. Arrivano al bivio per Blauberen, dove Burgsdorf ordina a Doose di fermarsi ai bordi della stradina deserta. Sono appena passate le 12:30. Doose e Maisel scendono e lasciano Rommel solo con Burgsdorf.

Un’ora più tardi, la salma di Rommel è portata all’ospedale di Ulm. L’annuncio ufficiale dice che: “...il feldmaresciallo è morto in conseguenza delle gravi ferite subite nel mitragliamento della sua auto in Normandia”; gli saranno riservati i funerali solenni, l’elogio funebre verrà letto da Von Rundstedt, che era stato suo comandante in Normandia e che molto probabilmente era del tutto all’oscuro di quel che era successo.

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Una celebre foto: aviotrasportati di etnia indiana (forse Cherokee) della 101° divisione "Screaming Eagles" si tingono il volto con i colori di guerra, prima di salire sul DC-3 Dakota che li porterà in Normandia, la notte sul 6 giugno 1944, per conquistare i ponti sul Merderet, alle spalle di Utah beach.

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Scusa Hobo ma quelli della foto dubito siano Cherokee, al limite sono Irochesi, ma molto più probabilmente sono dei semplici soldati statunitensi. :rotfl:

 

Stephen E. Ambrose , nel libro "Banda di fratelli", raccontava che i paracadutisti statunitensi si tagliavano i capelli alla moicana e si pitturavano la faccia con i colori di guerra. Questo loro modo di di presentarsi terrorizzava la popolazione civile e la propaganda tedesca aveva buon gioco nel descriverli come dei barbari sanguinari.

 

Fine OT ;)

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Ah potrebbe darsi, ma le didascalie che ho visto sui vecchi libri li davano per indiani (d'America) della 101° aviotrasportata, sennò mi fai crollare un mito trentennale! He He He...

 

Ma come si inviano le immagini dal proprio computer?

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Ah potrebbe darsi, ma le didascalie che ho visto sui vecchi libri li davano per indiani (d'America) della 101° aviotrasportata, sennò mi fai crollare un mito trentennale! He He He...

 

Mi dispiace per il tuo mito:

 

They were members of HQ/ 506th Parachute Infantry Regiment, and the roster included: "Jake McNiece, Jack Womer, John Agnew, Lt. Charles Mellen, Joseph Oleskiewicz, John Hale, James T. Green, George Radeka, Clarence Ware, Robert S. Cone, Roland R. Baribeau, James E. Leach and Andrew Rassmussen. Others including Frank Palys and Charles Plaudo were sometimes members of the group." Only a few survived the Normandy mission, though the members of the unit did complete their assigned mission, blowing bridges over the Douve River.

 

A review of surnames from the group quickly disposes of the myth that they were all "Indians." Several are of Polish descent and Robert Cone who was badly wounded in Normandy and captured was Jewish. He would spend the remainder of the war in POW camps.

 

The Legend of the Filthy 13

 

 

 

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Cpl. Joseph Oleskiewicz of the "Filthy 13"

 

:okok:

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Non si finisce mai di imparare.

 

“La prima volta che mi ritrovai di fronte al Typhoon, provai una sensazione di timore reverenziale […], quell’aereo aveva qualcosa di misterioso e di pericoloso…”.

 

Maggiore Charles Demoulin, pilota assaltatore, decorato con la Croix de Guerre.

 

Quando Patton riesce a sfondare ad Avranches, dilagando a sud-ovest verso la Bretagna e la valle della Loira, Von Kluge riceve dall’OKW l’ordine di contrattaccare su una direttrice est-ovest, dirigendosi su Mortain verso il “collo di bottiglia” rappresentato dalla strada Avranche-Pontaubault, contro il fianco sinistro di Patton, per tagliare fuori tutti i rifornimenti alle truppe americane che si sono spinte a ovest e a sud di quel punto.

Sulla carta l’idea è buona, ma Kluge sa anche due cose: la prima è che lui non dispone di forze veramente sufficienti per il compito assegnatogli; la seconda cosa, ancora più grave, è che così le truppe tedesche attaccanti si espongono al rischio mortale di essere presi nel mezzo e cioè tra gli americani a sud e gli inglesi e i canadesi di Montgomery a nord.

Ed infatti così sarà. I tedeschi finiranno presi tra due fuochi: gli americani di Patton da sud e gli inglesi e i canadesi che partiranno a nord da Caen.

Dopo il fallimento di questo attacco ed il mancato raggiungimento di Avranches, Von Kluge riceve allora l’ordine di attaccare con tutto quello che gli rimane il fianco destro delle truppe alleate che da Caen si dirigono oramai a sud-est verso Parigi e la Senna.

La grande battaglia di carri che ne viene fuori passerà alla storia come quella della “Sacca di Falaise”, in cui rimasero intrappolati quasi tutti gli effettivi della 7° armata e della 5° armata corazzata del generale Eberbach, mandata a rinforzare il poderoso corpo d’armata corazzato del generale Funck.

E’ l’ultimo vero disperato tentativo della Wehrmacht in Normandia. La mattina del 7 agosto 1944 chi si fosse trovato nei dintorni di Argentan avrebbe potuto osservare uno spettacolo indimenticabile. Seicento panzer, con i carri pesanti in testa e tutta la contraerea mobile al seguito, fanno tremare la terra e cadere le tegole dai tetti delle belle case lungo la dolce vallata appena ondulata dell’Orne, diretti verso nord. Contemporaneamente, altre tre panzerdivisionen attaccano ad ovest dirette su Mortain.

Gli americani chiamano l’aviazione. Arrivano i Typhoon. Sarà una strage. Come raccontò il generale Speidel, essa fu “… la più decisiva operazione di guerra aerea nell’Europa occidentale”.

 

“Localizzammo i panzer e non fu difficile: la scena fu indimenticabile. Come formiche ben disciplinate, centinaia di panzer stavano spingendosi in perfetto ordine di battaglia lungo una vallata poco profonda senza nessuna resistenza degna di nota!

Ondate di Typhoon iniziarono a sbucare da ogni angolo del cielo, aggiungendo il rischio di collisioni ai consueti pericoli del loro ruolo. Il massacro cominciò subito, durò un intero giorno e quello successivo.

Mettemmo a tacere la maggior parte della loro “Flak”. I “Tiffy” bloccarono l’avanzata nemica distruggendo i carri di testa e di coda, poi annientarono gli altri mezzi corazzati mentre cercavano scampo.

Noi dovevamo portare a compimento i nostri attacchi attraverso un muro di fuoco che la Flak erigeva di fronte a noi, picchiando dai 7000 piedi di quota verso il suolo attraverso il fuoco difensivo, o volando rasoterra per quasi un miglio verso il bersaglio, con la Flak che ti inseguiva per circa un altro miglio lungo la rotta di scampo, […].

Ordinai alla mia sezione di distanziarsi bene: ognuno a 150 metri dalla coda del velivolo che lo precedeva. Picchiammo alla massima potenza. Un piccolo colpetto alla pedaliera per allineare il puntino rosso sul mio bersaglio, un tocco all’assetto per diminuire leggermente la picchiata, ecco, così… 724 chilometri all’ora… 740… ora 756… Quota 800 piedi, carro con antenna a ore 12 a 650 metri, fuoco! Prima coppia di razzi lanciata… 600 piedi, bersaglio a 450 metri, seconda coppia di razzi, poi la terza a 300 piedi e con il bersaglio a 180 metri; la quarta coppia di razzi praticamente a bruciapelo; richiama!

Tirai violentemente contro il ventre la barra e schizzai verso il cielo digrignando i denti e perdendo temporaneamente conoscenza sotto le tre G della richiamata, mentre la forza centrifuga mi schiacciava contro il seggiolino.

Mi portai nuovamente in picchiata, mentre controllavo che la mia sezione mi stesse seguendo.

Evitai per un soffio un aereo e mi tuffai di nuovo, scaricando i miei proiettili su postazioni coperte di fumo nero anche se era impossibile vedere gli artiglieri tedeschi, il terreno era costellato di crateri, la Flak era ormai messa a tacere…”.

 

(Maggiore Demoulin, n° 609 squadron della RAF; DFC, Croix de Guerre).

 

Quando scese l’oscurità, quel giorno, più di 400 carri germanici rimasero a bruciare nel buio. L’attacco contro il fianco destro degli alleati diretti a est su Parigi era fallito.

Hitler diede la colpa a Kluge, il quale non ne aveva alcuna: semplicemente al generale era stato affidato un compito impossibile da svolgere e con mezzi insufficienti. Il Fuhrer però ebbe a dire: “Il successo non c’è stato solo perché Kluge non lo ha voluto…” (!).

Come già detto, per colmo di sfortuna, il 15 agosto Von Kluge rimase irreperibile per più di 12 ore, perché sotto attacco della artiglieria inglese e canadese. Questo acuì i sospetti paranoici di Hitler, che destituì Kluge, sostituendolo con Model il 17 agosto. Kluge, spaventato per la sua famiglia si suicida con il veleno.

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  • 1 mese dopo...

In un interessante topic aperto da Intruder (a proposito, spero che ritorni presto a scrivere) sulla serie di satellite-spia "Corona" fa cenno ad una fotografia apparentemente autentica scattata da ALMENO 150km di quota ritraente una spiaggia durante l'Operazione Overlord, facendo pensare che i Tedeschi avessero qualcosa di simile a V2 "fotografiche", lanciate dall'Olanda e recuperate in mare al largo della Bretagna. Qualcuno di voi sa qualcosa di più al riguardo?

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  • 3 settimane dopo...

In un interessante topic aperto da Intruder (a proposito, spero che ritorni presto a scrivere) sulla serie di satellite-spia "Corona" fa cenno ad una fotografia apparentemente autentica scattata da ALMENO 150km di quota ritraente una spiaggia durante l'Operazione Overlord, facendo pensare che i Tedeschi avessero qualcosa di simile a V2 "fotografiche", lanciate dall'Olanda e recuperate in mare al largo della Bretagna. Qualcuno di voi sa qualcosa di più al riguardo?

I tedeschi stavano - effettivamente - studiando dei... satelliti primitivi. Solo che, nel 1944, erano ancora maledettamente lontani dal concretizzare le loro teorie: avevano appena preparato alcuni bozzetti generici, senza neppure un modellino in scala !!!

Pertanto, escluderei l'autenticità della predetta fotografia, scattata da 100 miglia d'altitudine.

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Hobo, ad ogni buon conto, prova a consultare quello splendido sito che risponde al nome: http://www.luft46.com/.

Se ben ricordo, in esso si accenna - oltre che a tutti i prototipi della Luftwaffe - anche a quel "pseudo satellite", rimasto - e sottolineo, una volta ancora - al puro stato embrionale.

Come potrai notare, il sito è assai completo e ben realizzato: val proprio la pena farci un bel giretto !!!

Modificato da sorciverdi58
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  • 1 anno dopo...

Semmai ci fossero dubbi sull'orrore della guerra, la singolare storia di questo coreano costretto a combattere in tre eserciti, quello giapponese, quello russo e quello tedesco, è la scusa per il Mail Online per scrivere quest'articolo dal punto di vista di ciascuna.

 

Mail Online

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rispondo dopo due anni :rotfl: sulla questione del satellite , pur non avendo visto la foto in questione .

 

sempre che non sia tutta un bufala , ipotizzo che sia stato utilizzato un pallone sonda , già nel 1947 gli usa utilizzavano palloni stratosferici per spiare i russi ,è possibile che anche i tedeschi avessero questa tecnologia; d'altronde i loro alleati giapponesi la impiegavano con scopi offensivi contro le coste orientali americane

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  • 2 mesi dopo...

In effetti la scelta della Normandia è stata sostanzialmente obbligata, stante la necessità di restare il più possibile vicini alle basi operative in Inghilterra da cui sarebbero arrivate le ingentissime quantità di rifornimenti necessarii per mantenere vivo il fronte di sbarco e respingere le prevedibili controffensive,però è stato suggerito che l'operazione era molto rischiosa, anche tenendo conto della superiorità aerea alleata, e in alcune occasioni è stata vicina alla sconfitta, mentre maggiori probabilità di conquistare una vasta testa di ponte si sarebbe ottenuta sbarcando in forze nel Sud della Francia prima di tentare la sorte a Nord.

Essendo le divisioni tedesche concentrate a Nord della Loira e la Francia di allora non ricchissima di vie di comunicazioni fra Nord e sud-che avrebbero potuto essere prese di mira con un numero di sortite aeree minori, un'azione volta ad ostacolare il movimento dei rinforzi sarebbe stata meno difficoltosa che in Normandia e nel Pas de Calais, dove strade e ferrovie abbondavano

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10000 unità navali nel golfo di Buscaglia avrebbero reso invano l'effetto sorpresa. Senza contare che laggiù non ci sarebbe stata una adeguata copertura aerea sul campo da parte di P-47 P-51 e Typhoon. Avrebbero dovuto impiegare le portaerei, ma queste servivano tutte per il fronte del Pacifico

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