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Lo sbarco in Normandia - Topic ufficiale


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Allo scopo di persuadere i tedeschi che l'invasione sarebbe avvenuta al Pas de Calais, gli Alleati prepararono un massiccio piano di inganno, chiamato Operazione Fortitude. Venne creato un fittizio 1° Gruppo d'armate USA, con falsi edifici ed equipaggiamenti, che inviava falsi messaggi radio. Il generale Patton ne venne addirittura posto a capo, per dare maggior credito al bluff. I tedeschi erano ansiosi di scoprire da sé il vero luogo dello sbarco, ed avevano un'estesa rete di agenti che operava in tutta l'Inghilterra meridionale. Sfortunatamente per loro, ogni singolo agente era stato "raggirato" dagli Alleati, e stava diligentemente inviando messaggi che confermavano il Pas de Calais come il probabile punto di attacco. Alcuni dei più inusuali preparativi da parte degli Alleati includevano veicoli corazzati adattati appositamente per l'assalto. Sviluppati sotto la direzione del generale maggiore Percy Hobart, questi veicoli comprendevano carri armati Sherman anfibi, carri bonifica mine, carri getta-ponti e carri getta-strade. Nel novembre 1943, quando Hitler decise che la minaccia di un'invasione della Francia non poteva più essere ignorata, Erwin Rommel venne nominato ispettore della difesa costiera, e successivamente comandante del Gruppo d'armata B, le forze di terra incaricate della difesa della Francia settentrionale. Era un fermo convincimento di Rommel, che l'unico modo di sconfiggere un'invasione era di contrattaccare sulle spiagge il prima possibile con veicoli corazzati, e volle che almeno alcuni di essi venissero posizionati sufficientemente vicini alle spiagge per sferrare un contrattacco immediato. Comunque, il suo comandante superiore, feldmaresciallo von Rundstedt non fu d'accordo, e nel risolvere la disputa Hitler decise di dividere le sei divisioni panzer disponibili nella Francia settentrionale, assegnandone tre direttamente a Rommel. Le restanti tre vennero posizionate a una buona distanza dietro le spiagge, e non potevano essere rilasciate senza l'approvazione diretta dell'Oberkommando der Wehrmacht (OKW). In questo modo Hitler (il solo che avesse personalmente intuito il preciso luogo dello sbarco) dimostrò la sua incertezza evitando di prendere una decisione definitiva: egli sparpagliò le sue forze sul territorio francese, indebolendole irreparabilmente. Inoltre, le difese aeree della costa del nord della Francia comprendevano solo 169 aerei da caccia.

La zona dietro alle spiagge era stata estesamente fortificata dai tedeschi, come parte del loro sistema di difesa detto Vallo atlantico. Era sorvegliata da quattro divisioni, delle quali solo una (la 352ª) era di alta qualità, mentre la 91ª era leggermente inferiore. Le altre comprendevano soldati tedeschi che (di solito per motivi medici) non erano considerati adatti al servizio attivo sul fronte orientale, e di altre nazionalità (principalmente russi) che avevano accettato di combattere per i tedeschi piuttosto che sopportare la permanenza nei campi per i prigionieri di guerra.

 

A difesa della costa e del retroterra da est a ovest si trovavano tre divisioni e varie unità minori dell'LXXXIV. Armeekorps del generale Marks:

• 716. Infanterie-Division statica: con alcuni battaglioni Ost era a difesa di quella che sarebbero diventate le spiagge Sword Beach, Juno Beach, Gold Beach e Omaha Beach.

• 352. Infanterie-Division: con un battaglione granatieri e un reggimento artiglieria a difesa della spiaggia che sarebbe diventata Omaha Beach. Le restanti unità della divisione erano schierate subito a sud e nei dintorni di Bayeux.

• 709. Infanterie-Division statica: con alcuni battaglioni Ost era a difesa del settore est della penisola del Cotentin (tra cui Cherbourg) e Utah Beach.

Come riserva della 7. Armee invece era presente la:

• 91ª Luftlande-Infanteriedivision: normale divisione di fanteria strutturata in modo da poter essere aviolanciata, dotata di due reggimenti granatieri e uno artiglieria. Con aggregato il 6° Fallschirmjägerregiment della 2ª Fallschirmjägerdivision in Bretagna, era a difesa del retroterra di Utah Beach. Era dotata anche di carri francesi prede di guerra, inquadrati nel 100° Panzer-Ersatz-und-Ausbildungsabteilung.

La 21. Panzerdivision era a guardia di Caen, e la 12. Divisione Panzer SS stazionava a sud-est. I suoi soldati erano stati tutti reclutati direttamente dalla Gioventù hitleriana nel 1943, all'età di sedici anni, e avrebbero acquisito una reputazione per la loro ferocia nella battaglia imminente. Alcune delle zone dietro la spiaggia Utah erano state allagate dai tedeschi come misura precauzionale contro un assalto di truppe paracadutate. Prima della battaglia, gli Alleati avevano accuratamente mappato e testato le aree di atterraggio, facendo particolare attenzione alle condizioni meteorologiche sulla Manica. Le condizioni del tempo nell'unico momento in cui gli atterraggi erano praticabili (a causa di considerazioni sulla marea e sulla luna piena) furono particolarmente severe. A causa di queste, i tedeschi non si aspettavano che gli sbarchi sarebbero avvenuti.

 

I piani dell'invasione alleata richiedevano la cattura di Caen e Bayeux nel corso del primo giorno, con tutte le spiagge collegate ad eccezione di Utah, e una linea del fronte a 10-15 chilometri dalle spiagge.

La 6a divisione aerotrasportata britannica fu la prima ad entrare in azione, dieci minuti dopo la mezzanotte. I suoi obiettivi erano il Ponte Pegasus e altri ponti dei fiumi sul fianco est della zona di atterraggio, ed anche una batteria di cannoni a Merville (vedi Operazione Tonga). I cannoni vennero distrutti, e i ponti vennero catturati e tenuti fino a quando i Commandos li rilevarono alla fine del 6 giugno. Il Commando Nr.4 sbarcò sulla spiaggia, guidato dalle truppe francesi e britanniche, così come era stato concordato tra di loro. Le truppe avevano obiettivi separati a Ouistreham, per i francesi un fortino e il casino, per i britannici due batterie che sovrastavano la spiaggia. Il fortino si rivelò troppo corazzato per i lanciabombe PIAT (Projector Infantry Anti Tank) dei commando, ma il casino fu preso con l'aiuto di un carro Centaur. I commando britannici raggiunsero entrambe le batterie solo per scoprire che i cannoni erano stati rimossi. Lasciando la procedura di eliminazione alla fanteria, i commando si ritirarono da Ouistreham per unirsi ai membri della Prima Brigata Servizi Speciali (Commando Nr.3, 6 e 45), e spostarsi verso l'interno per riunirsi alla Sesta aerotrasportata. Sulle spiagge Sword e Juno i britannici e i canadesi sbarcarono con perdite leggere. Ad ogni modo fallirono nel compiere i progressi che ci si attendeva dopo lo sbarco, ed avanzarono di circa otto chilometri per la fine della giornata. In particolare, Caen, un obiettivo principale, era ancora in mano tedesca alla fine del D-Day. Sulla spiaggia Gold le perdite furono molto più pesanti, in parte perché i carri armati Sherman anfibi vennero ritardati ed i tedeschi avevano fortificato pesantemente un villaggio sulla costa. Comunque, la 50a divisione superò le difficoltà e avanzò quasi fino alla periferia di Bayeux per la fine del giorno. Nessuno andò vicino agli obiettivi pianificati. I Commandos del Nr.47(RM) furono gli ultimi Commandos britannici a sbarcare e raggiunsero la spiaggia Gold, ad est di Le Hamel. Il loro compito era di procedere verso l'interno, piegare a destra (ovest) e marciare per 15 chilometri attraverso il territorio nemico per attaccare da dietro il porto costiero di Port en Bessin. Questo piccolo porto all'estrema destra dell'avanzata britannica era ben protetto dalle scogliere di gesso. Il significato particolare di questo piccolo porto consisteva nel fatto che quello era il punto in cui doveva approdare la tubatura sottomarina di rifornimento degli Alleati, "Pluto" (Pipe Line Under The Ocean).

Sulla spiaggia Omaha la Prima Divisione Fanteria statunitense subì la peggiore esperienza in fatto di sbarchi. I carri Sherman anfibi vennero in gran parte persi prima di raggiungere la spiaggia; furono fatti sbarcare infatti dalle navi appoggio troppo lontani dalla riva e le deboli protezioni aggiunte per permettere la navigazione cedettero sotto gli urti delle onde di un mare agitato. I loro oppositori, la 352a Divisione tedesca, erano alcuni dei soldati meglio addestrati presenti nello schieramento tedesco in Normandia, e occupavano delle posizioni su scogliere ripide che sovrastavano le spiagge. Le registrazioni ufficiali affermano che "Nel giro di 10 minuti dall'abbassamento delle rampe, la compagnia avanzata era divenuta inerte, senza guida e praticamente incapace di agire. Ogni ufficiale e sergente era stato ucciso o ferito...divenne una lotta per la sopravvivenza e il soccorso". La divisione perse oltre 4.000 uomini. Nonostante ciò i sopravvissuti si raggrupparono e procedettero verso l'interno. Le massicce postazioni di artiglieria in cemento armato, poste sulle cime delle scogliere a Pointe du Hoc erano il bersaglio del secondo battaglione Rangers statunitensi. Il loro compito era scalare i cento metri di scogliera sotto il fuoco nemico con corde, scale a pioli, e quindi attaccare e distruggere i cannoni, che si pensava controllassero le aree di sbarco sulle spiagge Omaha e Utah. Le postazioni vennero raggiunte con successo grazie al massiccio impiego di bangalore torpedo e i cannoni, che erano stati spostati (probabilmente durante il bombardamento precedente) vennero individuati e distrutti. Il tasso di perdite tra le truppe sbarcate fu quasi del cinquanta per cento. Per contro, le perdite sulla spiaggia Utah furono di 197 uomini su circa 23.000 sbarcati, le più leggere tra tutte i punti di sbarco. Anche queste truppe si spinsero all'interno e riuscirono a collegarsi con parti delle divisioni aviotrasportate. L'82a e la 101a aviotrasportata erano state meno fortunate. In parte a causa dell'inesperienza nel pilotaggio e in parte a causa delle difficili condizioni del terreno, atterrarono male e disperse. Alcuni caddero in mare o in zone deliberatamente allagate. Dopo 24 ore solo in 3.000 uomini della 101a si erano radunati. Molti continuarono a vagare e combattere dietro le linee nemiche per giorni. L'82a occupò la città di Sainte-Mère-Église per un certo tempo nella mattina del 6 giugno, dandole il diritto di ritenersi la prima città liberata durante l'invasione. Una volta che la testa di ponte venne stabilita, due Mulberry Harbour artificiali vennero rimorchiati attraverso la Manica in segmenti. Uno venne costruito ad Arromanches, l'altro alla Spiaggia Omaha. Il porto di Omaha venne distrutto dalle tempeste circa dieci giorni dopo il D-Day. Circa 9.000 tonnellate di materiali vennero sbarcate giornalmente al porto di Arromanches, fino alla fine di agosto, per quel momento il porto di Cherbourg era stato assicurato dagli Alleati ed aveva iniziato a tornare in servizio.

 

Situazione il 6 giugno

 

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I difensori tedeschi posizionati sulle spiagge misero in piedi una resistenza relativamente leggera, essendo male addestrati e a corto di trasporti ed equipaggiamento, ed essendo stati soggetti ad una settimana di intensi bombardamenti. L'eccezione fu la 352a divisione di fanteria che difese la Spiaggia Omaha, e la tenacia della loro difesa causò infatti gravi perdite alle due divisioni americane impegnate un quel settore (1a e 29aDivisione fanteria).

I comandanti tedeschi impiegarono diverse ore per essere sicuri che i rapporti che ricevevano indicassero uno sbarco in forze e non una serie di incursioni. Le loro difficoltà di comunicazione vennero aggravate dall'assenza dai rispettivi posti di comando di diversi generali importanti. La dispersione dei paracadutisti statunitensi (causata da errori e difficoltà tecniche) paradossalmente fu un vantaggio per gli Alleati; essa aggiunse confusione nei comandi tedeschi, in quanto arrivavano rapporti che indicavano la presenza di truppe alleate in tutta la Normandia settentrionale. Uno dei motivi principali della sconfitta tedesca fu anche l'opera dello spionaggio britannico, che riuscì a "convertire" le spie tedesche in agenti britannici e a scambiare la Normandia per una colossale operazione diversiva. Lo stesso Hitler, che pure aveva indovinato con largo anticipo il luogo effettivo dello sbarco, fu indotto a credere che il teatro delle operazioni principali sarebbe stato il Passo di Calais, avendo prestato credito al messaggio del 9 giugno inviato dalla celebre spia Arabel (Garbo per i britannici). Di conseguenza, la potente 15a Armata fu mantenuta a Calais lasciando la costa normanna molto meno solidamente difesa. Inoltre, l'incredulità dei tedeschi fu condizionata dalle avverse condizioni atmosferiche del 5 e 6 giugno, che mai avrebbe fatto credere alla possibilità di uno sbarco in grande stile (il comandante della 15a Armata tedesca, sapute le prime frammentarie notizie, pensò di intavolare una partita a bridge coi suoi ufficiali). Non ultima causa di ritardo fu l'atteggiamento personale tenuto da Gerd von Rundstedt, generale di nobile estrazione sociale, che per circa un'ora si domandò se fosse il caso di telefonare a Hitler limitandosi ad impartire egli stesso l'ordine di contro attacco (giustamente diretto verso la Normandia). Infatti, il suo disprezzo nei confronti del Fuhrer - quell'oscuro caporale e artista di umili origini - era tale che raramente si degnava di chiamarlo. Quando la mattina dopo il capo di stato maggiore Alfred Jodl si svegliò e venne informato della situazione, ordinò immediatamente che la decisione arbitraria di Rundstedt venisse revocata, e le divisioni corazzate tedesche vennero malaguratamente fermate. Quell'ordine poteva essere dato solo da Hitler in persona, che però, sofferente d'insonnia, era andato a dormire la sera precedente bevendo un sonnifero. Il Führer si alzò alle dieci del mattino (6 giugno) e, considerando i precedenti messaggi ricevuti dal servizio di spionaggio, si mostrò incerto circa la scelta del luogo di attacco: lo sbarco stava avvenendo in Normandia o sarebbe avvenuto entro breve al Passo di Calais? A mezzogiorno, sempre indeciso sul da farsi, Hitler accompagnò alcuni ospiti ungheresi a uno dei suoi frugali pasti vegetariani ("l'elefante", disse, "è l'animale più forte della terra, ma nemmeno lui può sopportare la carne!"), quindi li invitò all'ascolto su disco della settima sinfonia di Bruckner. Tre giorni dopo, pur avendo finalmente autorizzato (in ritardo) l'ordine di Rundstedt di impiego delle riserve corazzate in Normandia, credette al già citato messaggio della spia Arabel, che lo spinse nuovamente a prestare maggiore attenzione a possibili nuovi sbarchi nella regione di Calais, favorendo in questo modo la vittoria alleata in Normandia.

 

Situazione dal 6 al 12 giugno

 

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I piani dell'invasione alleata richiedevano la cattura di Caen e Bayeux nel corso del primo giorno, con tutte le spiagge collegate ad eccezione di Utah, e una linea del fronte a 10-15 chilometri dalle spiagge. In pratica nessuno di questi obiettivi venne raggiunto. Ad ogni modo, complessivamente le perdite non furono così pesanti come si temeva, e le teste di ponte avevano retto agli attesi contrattacchi. Le priorità degli Alleati nei giorni che seguirono lo sbarco furono: collegare le teste di ponte, prendere Caen e catturare il porto di Cherbourg per fornire una linea di approvvigionamento sicura. La 12ª Divisione Panzer SS "Hitlerjugend" assaltò i canadesi il 7 e l'8 giugno, infliggendo pesanti perdite, ma non fu in grado di spezzare il fronte. Nel frattempo le spiagge vennero collegate - Omaha il 10 giugno, Utah per il 13. Gli Alleati stavano rinforzando il fronte più rapidamente dei tedeschi. Anche se gli Alleati dovevano sbarcare tutto sulle spiagge, la loro superiorità aerea e la distruzione del sistema ferroviario francese resero ogni movimento delle truppe tedesche lento e pericoloso. Credendo che Caen fosse il "crogiolo" della battaglia, Montgomery la rese il bersaglio di tre attacchi separati dal 7 giugno al 1º luglio, prima che venisse circondata e bombardata il 7 luglio (Operazione Charnwood). Cercando una breccia decisiva nell'aperta campagna che portava a Parigi, Montgomery lanciò quindi una grossa offensiva dall'area di Caen con tutte e tre le divisioni corazzate britanniche, battezzata Operazione Goodwood. Inizialmente ebbe successo ma venne fermata da una determinata e improvvisata resistenza da parte della 1a e della 12a divisione Panzer, supportate dal Genio Militare tedesco che agiva come fanteria. Le perdite tra i carri britannici furono molto alte; tuttavia le riserve tedesche avevano l'ordine di mantenere la posizione, e non poterono essere usate per combattere le offensive degli statunitensi. Il territorio dietro alle spiagge Utah e Omaha era caratterizzato dai bocage; antichi terrapieni e siepi, spessi fino a tre metri e distanziati di 30-60 metri, che erano impervi per i carri armati, il fuoco delle mitragliatrici e la visione, rendendoli così una posizione difensiva ideale. La fanteria statunitense fece dei progressi lenti, e soffrì perdite pesanti mentre spingeva verso Cherbourg. Le truppe d'élite aviotrasportate vennero richiamate più volte per riavviare un'avanzata in stallo. Hitler si aspettava che la guarnigione di Cherbourg resistesse fino alla fine, e negasse il porto agli alleati.

Ad ogni modo, la sera del 25 era iniziata la battaglia di Cherbourg che si protrarra´ fino al 30 giugno. (tratto da Inilossum.com e Wikipedia tranne gli schemi inseriti da me)

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“Amici del continente, qui è Radio Londra, buonasera!

Trasmetteremo ora una serie di messaggi per i patrioti nostri amici:

Le carte sono sul tavolo, ripeto, le carte sono sul tavolo;

Josephine non ha più febbre, ripeto, Josephine non ha più febbre;

 

...I lunghi singhiozzi dei violini d’autunno ...

 

... feriscono il mio cuore con monotono languore ... ”.

 

 

 

<< Per quattro anni dal balcone del municipio aveva sventolato una bandiera con una svastica enorme e Sainte Mère Eglise, paziente e scettica, era stata a guardare i progressi dell’occupazione germanica. Si ricordavano i lontani giorni del 1940, quando il fior fiore dell’esercito tedesco (fiero e sicuro di sé) aveva marciato per le vie della città cantando: “Wir Fahren gegen England!” (Siamo in viaggio per l’Inghilterra, ndr.) e promettendo che in tre settimane l’Inghilterra sarebbe stata Kaputt. Davanti a quei soldati, gli abitanti della città non avevano potuto soffocare un sentimento di scontrosa ammirazione, ma i ragazzini si erano ben presto perfezionati nella tecnica di produrre strani rumori gorgoglianti che rovinavano la pompa delle parate militari.

Poi, rimandata l’invasione dell’Inghilterra, si era vista la fierezza tedesca offuscarsi un poco e da allora le forze di occupazione di Sainte Mère Eglise erano state lo specchio del continuo, irresistibile decadimento dell’esercito tedesco. A poco a poco, alle truppe scelte, trasferite via via in Russia, in Africa settentrionale o in Italia, si erano sostituiti reggimenti composti di ragazzi, o di uomini anziani, soldati convalescenti o parzialmente invalidi e, da ultimo, i più scadenti tra i coscritti stranieri.

Al tempo stesso, in città si aggravava l’ombra cupa dell’occupazione, con la paura continua, l’aumento dei prezzi, la scarsità delle merci, la borsa nera, le voci ricorrenti di improvvise tragedie. Ma la pena maggiore era forse l’umiliazione, il pensiero che dopo secoli di fiera indipendenza, l’ultima generazione normanna si era arresa a una potenza straniera di villani rifatti.

Attraverso le trasmissioni della BBC, Sainte Mère Eglise seguiva l’andamento della guerra e, una stagione dopo l’altra, aspettava la liberazione. da principio i suoi abitanti prestavano fede ad ogni voce che parlasse di sbarco, andando così in contro a ripetute delusioni. Agli inizi della primavera 1943, quando la BBC aveva consigliato di abbandonare le coste, tutti aspettarono la grande offensiva. Churchill parlò alla radio e i normanni si sentirono sicuri che prima dell’autunno gli inglesi avrebbero invaso la Francia. Ma anche quell’autunno era passato senza invasione e la prospettiva di un altro inverno in quelle condizioni scosse un poco la fiducia degli abitanti di Sainte Mère Eglise.

Nel marzo e nell’aprile 1944 si cominciarono a notare i segni di una rinnovata attività tedesca. truppe dirette a nord attraversarono nella notte Sainte Mère Eglise dopo aver requisito carri e cavalli per trasportare l’equipaggiamento; in città era stata piazzata una batteria antiaerea e nei paesi vicini erano stati alloggiati vari nuovi battaglioni che facevano esercitazioni continue. Erano i risultati dell’energia di Rommel e dell’arrivo di quelle nuove divisioni che avevano sconvolto i piani relativi alle truppe aviotrasportate.

In maggio i tedeschi, con discreta ingenuità, chiesero la collaborazione dei francesi validi per installare le postazioni antialianti. Quanto prima fosse finito quel lavoro, tanto meglio sarebbe stato perché i Tommies non avrebbero potuto atterrare nelle vicinanze di Sainte Mère Eglise e di conseguenza alla città e ai dintorni sarebbe stata risparmiata la distruzione. I francesi furono stupiti di apprendere che i tdeschi si aspettavano davvero un’invasione: loro stessi ormai avevano finito con il non crederci più ed erano persuasi che se mai gli inglesi fossero davvero sbarcati sul continente lo avrebbero fatto nella zona di Calais o in olanda. nemmeno l’intensificarsi dei bombardamenti sulla costa, ai primi di giugno, modificò il loro convincimento. La bandiera con la svastica sventolava da tanto tempo sul municipio che non osavano sperare di vederla scendere.

Ma la notte del 5 giugno, in un aeroporto inglese, il comandante di un reggimento di paracadutisti mostrò ai suoi uomini una bandiera americana: era quella che aveva sventolato a Napoli subito dopo la caduta della città, spiegò, e promise loro che quella mattina stessa essa avrebbe sventolato ancora, a Sainte Mère Eglise.

Il delicato compito di rappresentare la cittadinanza nei rapporti con i tedeschi era toccato al sindaco, Alexandre Renaud, proprietario della farmacia sulla piazza principale della città. Di solito i farmacisti conoscono molto bene i loro concittadini ed altrettanto si può dire dei sindaci: il signor Renaud, che era l’uno e l’altro, sapeva all’incirca vita, morte e miracoli di tutti, a Sainte Mère Eglise. Chino sulle sue ricette dietro il banco, con gli occhiali sul naso, aveva un’aria tanto dotta e mite che nessun forestiero avrebbe mai sospettato l’astuzia e la fermezza di cui diede prova. Durante quei quattro lunghi anni dolorosi, seppe difendere ad oltranza i diritti dei suoi concittadini e senza provocare le violenze dei tedeschi, che non fu certo un successo da poco.

Renaud aveva visto i giorni migliori dell’esercito francese: andava fiero di aver combattuto a Verdun e, da vecchio soldato tuttora in grado di apprezzare le sfumature del comportamento militare, fu pronto a giudicare gli ufficiali tedeschi che si susseguirono al comando della guarnigione della sua città. Per la maggior parte, preoccupati solo di eseguire gli ordini, erano correttissimi nelle loro domande e non tradivano mai i propri sentimenti; qualcun altro faceva il bravaccio e qualcuno rivelava addirittura apertamente di none essere a proprio agio nella parte del conquistatore. I comandanti delle due unità che si trovavano nella zona in maggio, il battaglione di fanteria e la batteria antiaerea, erano due caratteri diametralmente opposti. Il comandante della fanteria, un fanfarone che aveva commesso l’errore di giudicare il sindaco dal suo aspetto bonario cercò di umiliarlo e impaurirlo, poi, di fronte alla sua collerica reazione, minacciò di giustiziarlo immediatamente se fossero sbarcati i Tommies. Era stata forse una minaccia a vuoto, ma Renaud non fu certo dispiaciuto quando il battaglione se ne andò.

restava in città solo la batteria antiaerea, il cui comandante era un anziano austriaco, critico musicale, si diceva, di una rivista viennese. Se la voce corrispondeva a verità, è facile immaginare quali gioie gli procurasse il soggiorno a Sainte Mère Eglise. […]

Lo spettacolo cominciò con l’incendio di una casa di fronte alla farmacia. Renaud era appena andato a letto, preoccupatissimo, perchè dalle finestre del piano superiore aveva visto, in direzione della costa, i lampi ed il riflesso di un bombardamento eccezionale.

Si alzò udendo qualcuno che bussava alla porta: i pompieri avevano bisogno di uomini per trasportare l’acqua. Il farmacista si vestì in fretta e corse alla casa ormai in fiamme. nessuno sapeva come fosse accaduto. Poteva darsi che fosse stata soltanto una disgrazia., ma poiché il cielo era pieno d’aeroplani, sembrava probabile che qualcosa fosse accaduto sul tetto, incendiandolo. Ora si trattava di salvare un vicino granaio e squadre di volontari trasportavano l’acqua dal mercato del bestiame poco lontano. […]

Le fiamme illuminavano il campanile da dove gli artiglieri tedeschi sparavano invano contro gli aeroplani, riempiendo il cielo delle parabole dei proiettili traccianti mentre altri uomini della batteria, in attesa dell’ordine di aprire il fuoco dalle loro postazioni in piazza, osservavano il lavoro dei pompieri e lontane esplosioni di bombe facevano vibrare la terra.

Poi, tra i rumori della guerra, echeggiò il suono delle campane, rapido, continuo, insistente: campane a martello, il Tocsin, l’antico segnale d’allarme. Renaud, che si stava avviando alla pompa, si fermò di botto e con il cuore stretto da una nuova angoscia si domandò quale disastro ancora si preannunciasse. D’istinto alzò gli occhi al campanile e vide: quasi sfiorando i tetti e gli alberi, quasi senza rumore, uno stormo di aerei sorvolava la città con tutte le luci accese, stagliandosi nero nel riflesso della luna; poi, come la prima ondata spariva in lontananza, giganteschi confetti galleggiavano nella loro scia.

Sindaco e pompieri guardavano sbalorditi, dimentichi dell’incendio, faticando a convincersi che lo sbarco tanto atteso fosse finalmente in atto, e proprio a Sainte Mère Eglise. lassù i paracadute si profilavano nettissimi contro il cielo; via via che scendevano, anche gli uomini, illuminati dall’incendio, divenivano visibilissimi. Li videro anche gli uomini della batteria, sul campanile in piazza e abbassarono il tiro. Gli spettatori, inorriditi, videro contorcersi un uomo colpito mentre oscillava nell’aria: videro un paracadute afflosciarsi su un albero ed il paracadutista accingersi a scendere e poi ciondolare inerte appeso alle corde. Anche i mitraglieri lo avevano visto. Videro un uomo cadere in mezzo alle fiamme e sprofondare attraverso il tetto incandescente. ne sprizzò un fascio di scintille e le fiamme splendettero più vive. E intanto altri stormi solcavano il cielo, le campane continuavano a suonare, gli spari echeggiavano per tutta la piazza. I tedeschi ordinarono ai francesi di ritirarsi in casa e Renaud, in ansia per la moglie e i figli, ubbidì di corsa. Di sotto l’albero dov’era caduto il soldato americano, un tedesco gli gridò, indicando soddisfatto il corpo senza vita: ”Tommies… tutti Kaputt!”.

Quel fatuo ottimismo dovette essere condiviso, per il momento, dai tedeschi che erano in piazza perché i pochi paracadutisti che ebbero la sventura di finire da quella parte costituivano un bersaglio fin troppo facile, nel riflesso dell’incendio. Nessun piano naturalmente, aveva contemplato un lancio sui tetti della città; i pochi uomini che vi capitarono, erano gli sbandati di un intero reggimento atterrato tra la città e il fiume. Di 2.500 uomini, un migliaio almeno erano scesi entro il perimetro di lancio e si erano immediatamente radunati; la maggior parte degli altri erano scesi poco lontano e prima dell’alba erano ricomparsi tutti. Un’ora dopo l’atterraggio, il reggimento aveva già iniziato le prime operazioni che consistevano nel ripulire Sainte Mère Eglise e bloccare la strada che dalla città portava a nord e a sud.

Da vecchio soldato coraggioso Renaud non seppe resistere al desiderio di uscire ancora per vedere come andavano le cose e gli venne così di passare accanto a una grande vasca, che era stata un tempo il lavatoio pubblico, giusto in tempo per afferrare le corde di un paracadute e ripescare un uomo che annaspava nell’acqua. ma dopo quell’avventura si affrettò a rientrare e passò il resto della notte accanto alla moglie e ai figli, cercando di interpretare gli eventi dai rumori che giungevano fino a lui.

Soltanto le mitragliatrici sul campanile sparavano, ormai; dalla piazza, completamente buia, saliva un rombare di macchine e motociclette e Renaud immaginò che la batteria antiaerea si stesse ritirando. Poi dalle due alle tre regnò uno strano minaccioso silenziò. Intorno alle tre, guardando dalla finestra, vide accendersi qualche fiammifero, sotto gli alberi vide splendere le braci di qualche sigaretta, vide il lampo di una torcia elettrica e si domandò chi potessero essere: tedeschi, o Tommies?

Come Dio volle, il cielo cominciò a scharirsi e quando la luce penetrò sotto gli alberi, Renaud scoprì con immenso stupore che la piazza era occupata non da tedeschi o da Tommies, ma da uomini con l’elmetto tondo che, nelle fotografie dei giornali tedeschi, aveva visto in capo alle truppe americane. In tanti anni di trasmissioni della BBC, la gente di Sainte Mère Eglise non aveva mai immaginato che a liberarla sarebbero stati, alla fine, gli americani.

Appena dopo l’alba, un capitano dei paracadutisti bussò alla porta di Renaud, si presentò e gli offrì un pezzo di gomma da masticare. Il nuovo regime era cominciato. Il capitano chiese la strada per andare al quartier generale del comandante germanico e Renaud ve l’accompagnò di persona, ma durante la notte il critico d’arte musicale viennese e tutti i suoi uomini se n’erano andati.

Così, Sainte Mère Eglise ebbe l’onore di essere la prima città francese liberata dalle truppe alleate; onore che ancora oggi ricorda con fierezza, specie nella festosa ricorrenza del 6 giugno. ma un onore che costò caro e che i francesi non hanno ancora finito di pagare, perché nei due giorni seguenti, mentre i carri armati ed i rinforzi affluivano dalla spiaggia Utah, i tedeschi puntarono le loro batterie sulla città e la bombardarono senza misericordia, così che molti dei concittadini di Renaud, sopravvissuti indenni a quattro anni di occupazione, morirono nei primi due giorni di quella libertà tanto sognata >>.

 

L’ 82° divisione di paracadutisti americana atterra a Sainte Mère Eglise, la mattina del 6 giugno 1944.

Da: “Il giorno dell’Invasione”; David Howarth, Longanesi, 1965.

Modificato da Hobo
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Precisazione.

Lo Sbarco in Normandia inizia con sei versi di Verlaine, trasmessi dalla BBC in precisa sequenza:

 

La sera del primo di giugno 1944:

"Les sanglots longs / des violons / de l'automne". I lunghi singhiozzi dei violini d'autunno; i primi tre versi.

 

Alle ore 18:00 del 5 giugno:

"Fa caldo a Suez", ripeto: "Fa caldo a Suez".

I partigiani fanno scattare il Piano Verde: il sabotaggio dei nodi ferroviari immediatamente alle spalle del fronte di sbarco.

 

Pochi minuti dopo:

"I dadi sono sul tappeto", ripeto: "I dadi sono sul tappeto".

Scatta il Piano Rosso: linee telegrafiche e telefoniche.

 

La sera stessa del 5, qualche ora più tardi, arriva quello storico e definitivo:

 

"Blessent mon coeur / d'une languore / monotone". Feriscono il mio cuore con monotono languore. L'invasione.

 

Al comando della 15° armata tedesca, il capo dell'ufficio informazioni, Hellmuth Meyer, sa benissimo che cosa significano tutte quelle parole apparentemente insensate. Glielo ha detto l'ammiraglio Canaris (che sarà torturato ed impiccato due volte per pura cattiveria a Plotzensee, prima di essere ucciso definitivamente, appeso a ganci da macellaio, per il suo probabile coinvolgimento nell'attentato a Hitler). L'allarme gettato dal responsabile delle informazioni della 15° armata cadrà nel vuoto.

 

Da "Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E. Biagi, 1980- '86. Vol. VI.

Modificato da Hobo
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<< Vedere la battaglia attraverso gli occhi dell’avversario è il modo più drammatico di vederla . [ ... ].

Il problema dell’invasione visto dalla costa inglese appariva formidabile, tremendo. Guardandolo dalla costa francese, come lo vide il nemico, si possono apprezzare meglio le sensazioni di coloro che si trovavano di fronte alla minaccia di una invasione da parte di potenze che possedevano il dominio del mare e dell’aria. >>

I principali comandanti in capo tedeschi sul fronte occidentale all’epoca dello sbarco a quel che mi risulta furono: per circa il primo mese Von Rundstedt, poi Kluge.

Kluge non sopravvisse alla guerra, a causa del disastro in Normandia e temendo ritorsioni sui suoi familiari, per paura di Hitler, si avvelenò.

Il generale Blumentritt fu capo di stato maggiore di tutti e due. In sottordine c’era Rommel, comandante del gruppo d’armate B (dalla Bretagna all’Olanda), che in pratica diresse tutta la battaglia. Anche Rommel morì.

Il feldmaresciallo Von Rundstedt riferì al Liddell Hart di essere stato molto sorpreso del fatto che gli alleati non avessero tentato: “ ... un’invasione nel 1941, mentre il nostro esercito stava avanzando profondamente in Russia. Ma allora io stesso ero sul fronte orientale e senza contatti con il fronte occidentale. Quando andai in occidente e conobbi meglio la situazione, non ritenni che l’invasione fosse prossima perché mi resi conto che le vostre risorse non erano sufficienti ”.

Il feldmaresciallo disse anche che aveva ritenuto lo sbarco a Dieppe, nell’agosto del 1942, nient’altro che una prova sperimentale, eseguita per saggiare le difese costiere.

Al contrario, il generale Blumentritt raccontò qualcosa di diverso. Egli disse che, quando alla fine di settembre 1942 venne mandato a sostituire il generale Zeitzler come capo di stato maggiore generale ad Ovest, il comando germanico nel suo complesso era rimasto molto impressionato e non era affatto sicuro che Dieppe fosse solo una prova, ma che l’idea predominante era invece che si trattasse di un’operazione atta a saggiare le difese in vista dell’invio di altri e ben più massicci contingenti di truppe qualora il primo sbarco (a Dieppe) avesse veramente sfondato. Pare che sia il generale Zeitzler, che Keitel, abbiano considerato Dieppe una cosa molto seria.

Rundstedt riferì poi anche che lui si era aspettato l’invasione nel 1943, quando i tedeschi avevano occupato anche la “Francia libera” di Vichy perché pensava che gli alleati avrebbero subito approfittato dell’eccessiva diluizione delle forze germaniche in Occidente.

Anche Blumentritt stavolta disse che aveva condiviso questa idea di Rundstedt. Nel maggio 1942 infatti era caduta Tunisi ed Hitler si aspettava lo sbarco alleato nella Francia del sud, di conseguenza aveva ordinato di invadere pacificamente anche la Francia di Vichy, per affrontare meglio la situazione che si era venuta a creare con gli alleati a Tunisi.

Per tutto il 1943 Hitler, a quanto riferiscono i suoi generali (Rundstedt, Blumentritt, Warlimont ... ) divenne matto dietro all’idea di uno sbarco alleato. Di volta in volta i suoi occhi saltavano sulla grande carta geografica. Ora lo prevedeva nella Francia meridionale, ora in Spagna, ora il Adriatico, poi in Olanda, o alla foce della Somme, ecc ... Il generale Geyr Von Schweppenburg riferì che addirittura gli erano arrivati gli ordini per quella che lui chiamava “una pazzia”: l’invasione della Spagna attraverso il versante ovest dei Pirenei, la mai attuata operazione “Gisela”, per prevenire lo sbarco in Spagna. Nonostante questa iniziale cantonata tuttavia, Hitler si guardò bene, per sua fortuna, dall’insospettire gli spagnoli, che avrebbero anche potuto passare dall’altra parte, qualora si fossero sentiti minacciati dai tedeschi in Francia.

Secondo il generale Blumentritt, il 1943 potrebbe essere visto in campo tedesco come: “l’anno dell’incertezza”.

Gli alleati in effetti cercarono di sfruttare tutto questo, impressionando i tedeschi con i falsi preparativi di un altrettanto falso sbarco, ammassando grandi quantitativi di mezzi e di natanti nell’Inghilterra meridionale, ma, osservò Blumentritt, “ ... i movimenti da voi eseguiti erano troppo ovvi: era evidente che si trattava di un bluff”.

Quella messa in scena fin troppo vistosa valse addirittura a calmare il comando tedesco perché indicava che gli alleati avrebbero rinviato tutto e così fu. Il cattivo tempo autunnale era alle porte e questo significava per i tedeschi poter contare almeno su tutto un altro inverno di respiro, in cui prepararsi. La snervante attesa dei germanici, almeno per il momento, era finita con l’inizio della stagione fredda.

 

Riassunto di varie cose, soprattutto: "The other side of the hill - Storia di una sconfitta". Liddell Hart, 1979.

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Proseguirei con le cose viste dal versante tedesco.

“Quando il nemico tenterà l’invasione a ovest, suonerà l’ora decisiva di questa guerra” - dice il Fuhrer la sera del 5 novembre 1943 nell’informare Rommel dell’incarico appena assegnatogli e sottolineando la storica importanza che esso riveste per il Reich - “e quell’ora deve volgersi a nostro favore”.

Hitler ha sempre detestato i generali provenienti dall’alta aristocrazia prussiana (che comunque lo ripagano con la stessa moneta); ma al contrario, ripone ancora grande fiducia in Rommel, una “sua creatura” e nella sua capacità di giudizio ed è per questo che alla fine del 1943 lo invia sul fronte occidentale, dove con ogni probabilità ci si aspetta l’invasione.

Il Fuhrer questa volta, come in molte altre occasioni, ha forse avuto la mano felice nella scelta dell’ispettore da inviare in Francia, ma sembra non essersi curato affatto di due cose, che, con il senno di poi, paiono essere state d’importanza fondamentale nello svolgimento degli eventi successivi.

Primo: Hitler pare non essersi curato affatto di definire con chiarezza i rapporti di forza tra il comandante in capo del fronte occidentale, feldmaresciallo Von Rundstedt e Rommel, due personalità diversissime.

Secondo (e ancora più importante!): sotto il controllo di chi ricadono tutte le forze corazzate disponibili in occidente e raggruppate in quello che veniva chiamato “gruppo corazzato ovest”? Sono ora agli ordini di Rommel, il nuovo “ispettore”, oppure rimangono ancora agli ordini diretti del loro “vecchio” comandante, il generale Geyr Von Schweppenburg proveniente dalla Russia?

Insomma, chi comanda cosa per fare che?

“Presto”, ricorda il generale Blumentritt, “le armate non seppero più se erano agli ordini di Rundstedt, o di Rommel; poiché quest’ultimo esigeva che le sue idee in materia di difese costiere venissero messe in pratica dappertutto”.

Questi problemi, apparentemente di secondaria importanza, ebbero in realtà effetti imprevisti e decisivi.

I tre comandanti, Rundstedt, Geyr Von Schweppenburg e Rommel, in realtà non si odiavano affatto; erano tutti e tre il fior fiore dei professionisti nell’arte della guerra, ma avevano temperamento e punti di vista completamente differenti e questo aprì nei sommi vertici del comando supremo ovest una frattura insanabile, che a lungo andare si rivelò fatale forse più dell’invasione stessa!

Quando nel tardo pomeriggio del 18 dicembre 1943 Rommel scende dalla Horch davanti al castello di Pompadour, a Fontainebleau, è la prima volta che mette piede in Francia dal 1940. Sono passati ormai quasi quattro anni e molte cose sono cambiate dai tempi del travolgente trionfo della "Divisione fantasma".

Anche il generale appare un uomo diverso, l’esperienza africana e dell’Italia settentrionale (da cui proviene) lo hanno profondamente mutato e molto probabilmente, in cuor suo, è già consapevole che la guerra è perduta.

Il suo arrivo a Pompadour è diretta conseguenza del voluminoso rapporto sulla situazione in Francia inviato da Rundstedt ad Hitler in ottobre.

Nel 1943 i tedeschi avevano apportato profonde modifiche al piano difensivo per far fronte all’invasione con le risorse limitate di cui disponevano.

Fino ad allora, la Francia era stata considerata poco più che un convalescenziario dove si riposavano e riorganizzavano armate e divisioni stremate dai combattimenti in Russia.

Blumentritt afferma che, “Fino al ’43, vi furono in Francia da cinquanta a sessanta divisioni le quali vennero ripetutamente sostituite da divisioni malconce provenienti dal fronte russo. Questo continuo avvicendarsi era dannoso per l’efficienza del sistema di difesa costiera. Perciò vennero formate divisioni permanenti per la difesa costiera, con un’organizzazione studiata in funzione delle esigenze locali. Questo sistema aveva il vantaggio di far sì che ogni divisione acquistasse una buona conoscenza del settore che doveva difendere e di permettere l’impiego più economico possibile delle risorse disponibili in Occidente in fatto di equipaggiamenti, materiali, ecc. Ma presentava debolezze inevitabili. Ufficiali e soldati erano per la maggior parte delle classi più anziane ed il loro armamento era inferiore a quello delle divisioni attive. Questo armamento era in gran parte formato da bottino di guerra: armi francesi, polacche, jugoslave, le quali richiedevano tipi diversi di munizioni, cosicché era più facile rimanerne privi nei momenti critici che non usando armi di tipo unico. La maggior parte di tali divisioni erano formate da due soli reggimenti di fanteria con due batterie di artiglieria da campo – un totale di 24 pezzi – e una batteria di medio calibro di 12 pezzi. L’artiglieria era ippotrainata e la sua mobilità era perciò scarsa.

Oltre a queste divisioni c’era l’artiglieria costiera, ma questa, sia che il personale fosse di Marina, sia che fosse dell’Esercito, dipendeva sempre dal comando della Marina, costantemente incline a dissentire dal comando dell’Esercito”.

A queste complicazioni, si andò ad aggiungere il conflitto che si apriva ora nell’alto comando ovest con l’arrivo di Rommel, mandato da Hitler a ispezionare e rafforzare le difese costiere tedesche dalla Danimarca, alla Spagna. Presto, come disse Blumentritt, le armate tedesche non seppero più se erano comandate da Rundstedt o da Rommel.

 

"The other side of the hill - Storia di una sconfitta". Liddell Hart, 1979.

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(Correzione a sopra: Tunisi cadde in mano alleata nel maggio 1943, non nel 42).

 

Anche il cosiddetto Vallo atlantico, che la propaganda nazista esalta e descrive come uninsuperabile barriera contro cui si sarebbero disintegrati gli eserciti avversari è in realtà solo lombra di ciò che avrebbe dovuto essere.

Rommel, appena giunto in Francia, tralasciando perfino di mangiare o dormire, nella primavera del 1944 si affanna a gettare cemento sulle spiagge e a piantare i suoi asparagi, a seminare campi minati, a scavare fossati anticarro e a tirare filo spinato dappertutto, ma in realtà, appena giunto sul posto ed ispezionato tutto, gli sono cadute le braccia.

Per mancanza di acciaio, scrive Gilles Perrault, le batterie costiere sono state istallate al riparo di cupole di cemento armato, fisse quindi e con un angolo di tiro limitato. I cannoni provenienti da dieci nazioni vinte, sono di 28 calibri diversi. Nella maggior parte dei casi mancano di pezzi di ricambio e cè penuria di strumenti di puntamento, indispensabili per dirigere il tiro contro quei bersagli mobili che sono le navi. I serventi ai pezzi hanno in media 45 anni e dispongono di ausiliari giovanissimi, i Marine Helfer e le Marine Helferinnen, in genere studenti e studentesse di liceo, che continuano gli studi per corrispondenza. La 7° armata [ … ] è dotata di armi di 92 modelli diversi, utilizza 252 tipi di munizioni [ … ] . I comandanti di battaglione non hanno lautomobile e dovranno andare a combattere a cavallo. Il 6° reggimento paracadutisti, un corpo scelto nel quale letà media è 17 anni e mezzo, dispone di 70 autoveicoli di 50 marche diverse. Quando il colonnello Heydte reclama larmamento indispensabile, si sente rispondere: Andiamo Heydte, ai paracadutisti bastano i pugnali!. E via con questo tono … Il solo sentir parlare di Vallo atlantico faceva ribollire il sangue nelle vene a Rundstedt.

Il Vallo atlantico è quindi in realtà un immenso colabrodo. Una cosa di cui però gli alleati continuano, nonostante tutto, ad aver paura. Non si tratta invero dellinsormontabile baluardo di cemento e acciaio tanto decantato da Goebbels, ma è una catena di blockhaus mal costruita e mediocremente armata [ … ] , scrive ancora Perrault, … ma malgrado i suoi difetti resta sempre la fortificazione più formidabile che il mondo abbia mai visto. Una corda di nodi, troppo sottile e perciò fragile, ma i nodi sono costituiti da Osteck, Le Hoc, dalle rupi dello stretto di Calais e da quella spiaggia che passerà alla storia come Omaha linsanguinata. Sommando le difese di Salerno e di Anzio, non si raggiungerebbe il potenziale difensivo della sola Omaha … .

Ma cè forse un altro motivo che spiegherebbe perché, a tre anni e più dalla sua impostazione, il Vallo è ancora ben lontano da quel che dovrebbe rappresentare: i comandanti tedeschi in Francia sono uomini come Rundstedt e Rommel, generali che sono dilagati in Francia nel 40 dopo aver semplicemente aggirato quella linea di difesa insuperabile che avrebbe dovuto essere (per i criteri della prima guerra mondiale) la Linea Maginot e che ora non vedono proprio a cosa servirebbe costruirne unaltra sulle sponde della Manica, dato che la prima loro lhanno scavalcata e distrutta senza difficoltà prendendola alle spalle, conquistando la Francia in un solo mese.

 

Rommel inoltre aveva imparato a conoscere, in Italia settentrionale e ancor più in Africa, la terrificante potenza dellaviazione delle forze nemiche occidentali (e linadeguatezza della Luftwaffe nel contrastarla), cosa che lo aveva segnato in profondità. Il contatto duraturo con i nemici americani ed inglesi aveva contribuito a mutare radicalmente la dottrina della Volpe del deserto riguardo allimpiego dei mezzi corazzati in teatri dominati dallo strapotere aereo avversario.

Se Geyr Von Schweppenburg veniva dalle sconfinate distese del fronte orientale, dove la Luftwaffe faceva strage degli aerei sovietici e dove vigeva ancora la concezione della guerra guerreggiata, con grandi masse concentrate di carri che filavano diretti verso oriente, totalmente liberi di muoversi come meglio credevano nella steppa infinita, Rommel al contrario aveva imparato, nel modo peggiore possibile, che laviazione americana e la RAF sarebbero piombate sui suoi carri come api sul miele, impedendo nel modo più assoluto ai panzer di muoversi, di giorno come di notte.

Questa esperienza era alla base della nuova convinzione di Rommel, secondo cui, a dispetto di ogni vecchio manuale di dottrina militare tedesca, sarebbe stato inutile ed anzi controproducente radunare i mezzi corazzati in grandi gruppi autonomi di riserva strategica posti alle spalle del fronte. Infatti, gli aerei nemici avrebbero assolutamente impedito a queste riserve strategiche di carri di muoversi e di andare a raggiungere i punti del fronte in cui sarebbe stato richiesto di volta in volta il loro aiuto, perché i panzer non avrebbero semplicemente potuto viaggiare per strada, neanche la notte, come era già accaduto in Africa e in Italia.

Visto e considerato questo, i carri, secondo Rommel, avrebbero dovuto essere radunati non in grandi formazioni corazzate concentrate e distanti dal fronte principale, ma in piccoli gruppi autonomi, posti immediatamente a ridosso delle spiagge, insieme alla fanteria e allartiglieria, in modo da colpire subito il nemico allatto dello sbarco stesso. In questo modo, le divisioni corazzate non avrebbero dovuto marciare allaperto per raggiungere i luoghi da rinforzare, ma si sarebbero già trovate sul posto, il nemico infatti, sempre secondo Rommel, andava rigettato in mare da subito: se fosse riuscito a mettere i piedi allasciutto, le forze tedesche così comerano non sarebbero mai riuscite a ributtarlo nella Manica e la partita sarebbe stata perduta. I carri quindi andavano posizionati sulle spiagge e non più in dietro ed avrebbero dovuto assomigliare quasi a batterie costiere fisse. In questo modo, i panzer si sarebbero già trovati sul posto in cui erano richiesti, ma la loro mobilità ed il loro raggio dazione sarebbero stati enormemente ridotti (ma questo a Rommel non interessava, dato che, vista la potenza aerea nemica, alla mobilità dei suoi carri lui ci aveva già rinunciato da un pezzo).

Questa nuova idea non poteva non cozzare con quella tradizionale delle panzerdivisionen che aveva Geyr Von Schweppenburg, il quale era tra laltro sostenuto dallo stesso Guderian (e, non a caso, entrambi venivano dal fronte orientale ed avevano scarsa o nulla esperienza di guerra contro gli americani e gli inglesi).

Il conflitto sullimpiego dei carri assunse dimensioni tali che Geyr Von Schweppenburg arrivò ad andare personalmente dal Fuhrer, dove, una volta che ebbe esposta con franchezza le sua idea riguardo alle concezioni di Rommel, pretese che le sue proteste sullimpiego dei mezzi corazzati in Francia venissero messe per iscritto.

Hitler, che si fidava istintivamente di Rommel, chiese allora il parere dellalto comando ovest e Von Rundstedt, sebbene fosse in teoria perfettamente daccordo con Geyr Von Schweppenburg e con Guderian, dovette riconoscere che le idee di Rommel provenivano in realtà dalla sua superiore esperienza nel campo della guerra fatta contro le potenze occidentali e che di conseguenza esse non andavano assolutamente sottovalutate.

Il problema si presentava quindi spinosissimo e di fondamentale importanza, perchè andava ben oltre la semplice disputa tra generali: la decisione presa riguardo alla filosofia dimpiego dei panzer in Francia poteva infatti determinare lesito finale della lotta e, in ultima analisi, decidere addirittura il risultato della guerra, come poi effettivamente fu.

Hitler prese una decisione che soddisfaceva tutti e nessuno. Raggruppò le forze dei panzer in un unico poderoso nucleo corazzato e lo mise direttamente ed esclusivamente agli ordini dell OKW, in altre parole nessuno avrebbe potuto usufruire dei carri senza passare prima dallOKW dove non si muoveva foglia senza un ordine espresso del Fuhrer in persona.

Questa decisione di Hitler privò Rommel del suo piano originario, in cui prevedeva di ricacciare da subito il nemico in mare mentre era ancora sulla spiaggia dovera sbarcato; privò Rundstedt di una riserva corazzata che fosse sotto il suo personale e diretto controllo e non portò neanche alladozione della condotta operativa auspicata da Von Schweppenburg; ebbe inoltre importanti ripercussioni sullevolversi dei fatti.

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Per quanto riguarda il problema della definizione dei rispettivi ambiti di competenza, che di fatto paralizzava gli uomini, alla fine fu Von Rundstedt a risolverlo con molto buon senso.

Il feldmaresciallo infatti stabilì che Rommel sarebbe stato a capo del settore di gran lunga più importante del fronte occidentale e cioè lungo la Manica, dalla frontiera tedesco-olandese alla Loira; settore in cui erano dislocate le divisioni tedesche del Gruppo d’armate B, costituito dalle truppe germaniche in Olanda, dalla 15° armata (generale Hans Von Salmuth), attestata tra l’Olanda e la Senna e dalla 7° armata (generale Dollman), posizionata tra la Senna e la Loira.

Al contrario, il settore del fronte che correva dalla foce della Loira alle Alpi, sarebbe ricaduto sotto la responsabilità del Gruppo d’armate G, generale Blaskowitz, che comprendeva la 1° armata, dislocata tra il Golfo di Biscaglia e i Pirenei e la 19° armata, schierata sulla costa mediterranea francese.

A Questo punto, si può capire dove i tedeschi si aspettavano l’invasione?

Il generale Blumentritt: “Nulla di quel che apprendemmo ci diede un indizio definitivo circa il luogo dove l’invasione sarebbe effettivamente avvenuta. Su questo punto vitale, dovemmo affidarci al nostro giudizio”.

All’inizio del ’44 però è ormai evidente che il colpo principale sarà vibrato dall’Inghilterra. L’isola infatti brulica letteralmente di soldati americani; ormai ce ne sono qualcosa come 870.000 ed aumentano di giorno in giorno. Decine di agenti tedeschi, muniti di piccole radiotrasmittenti, inviano continuamente rapporti su consistenti movimenti di truppe nella parte meridionale del Regno Unito.

Ma su ciò che effettivamente preme sapere ai tedeschi, cioè dove gli alleati veramente sbarcheranno, non c’è nulla.

Gli uomini della Kriegsmarine, consci dell’importanza che rivestono i grandi porti, pensano a Le Havre come località dello sbarco.

I generali dell’Esercito però non sono d’accordo: perché sbarcare su una località così fortemente difesa come Le Havre?

No, ci vuole una spiaggia piatta, con diverse strade alle spalle, per potersi spingere subito in profondità, ampliando la testa di sbarco. I generali tedeschi non sanno ancora nulla dei “Mulberries” degli alleati, ma pensano che inglesi ed americani disporranno probabilmente diverse navi fianco a fianco fino alle spiagge, per farci passare sopra carri e camion.

Von Rundstedt, secondo la dottrina militare più classica, si aspetta l’invasione a livello del tratto più ristretto della Manica, dove le difficoltà pratiche di uno sbarco sarebbero le più piccole possibile e dove la copertura aerea sarebbe più facile e diretta e cioè a cavallo dell’estuario della Somme, tra Le Tréport e Le Havre, sulla riva occidentale del fiume e tra il fiume e Calais nella zona orientale. L’area è infatti molto più vicina al Reno e alla Germania rispetto alla Normandia. Se gli alleati mettono piede sulle due rive della Somme, Rundstedt calcola che potrebbero essere sul Reno e in Germania in quattro giorni. Un altro fattore cui pensa Rundstedt è poi che le basi di lancio delle V1 e V2 che martellano Londra sono relativamente vicine alla zona di Calais ed il vecchio generale pensa, non a torto, che gli alleati vogliano subito sbarazzarsi del flagello di quelle “armi segrete”. Il feldmaresciallo però non sa che americani ed inglesi invece sopravvalutano enormemente le difese tedesche poste sulla Somme. Il Vallo atlantico non è che un’illusione per trarre in inganno il popolo tedesco e gli alleati, ma questo gli americani ed i britannici ancora non lo sanno.

Quanto a Rommel, i suoi occhi sono continuamente puntati sia sulla Somme, sia sulla Normandia. La Volpe del deserto infatti si aspetta sia un poderoso sbarco intorno a Calais, sia probabilmente un secondo sbarco di alleggerimento in Normandia (Wilmot); per questo motivo Rommel continua le opere di fortificazione tra Cherbourg e Le Havre, rafforzandovi le guarnigioni.

Tra le altre zone dove i tedeschi pensano che gli alleati possano mettere piede a terra è a occidente, alla foce della Loira. Rundstedt racconta: “Se gli alleati fossero sbarcati nella Francia occidentale, vicino alla Loira, sarebbero riusciti molto facilmente sia a stabilire una testa di ponte sufficientemente ampia, sia a spingersi nell’entroterra. Non mi era possibile inviare laggiù nemmeno una divisione per fermarli!”.

Tuttavia, i tedeschi non sanno che la foce della Loira è già stata giudicata dagli alleati un’area troppo lontana per poter essere agevolmente rifornita dalle navi e raggiunta dagli aerei ed inoltre Saint-Nazaire, Brest e Lorient sono basi tedesche dalle possenti fortificazioni, dato che le città ospitano anche grosse basi di U-boot.

Insomma, per quanto riguarda il dove avverrà l’invasione, ancora nel 1944 i tedeschi brancolano nel buio. Anche i loro servizi, in questo come in altri casi, si rivelano farraginosi.

Blumentritt: “Pochissime informazioni degne di fede ci arrivavano dall’Inghilterra, quel settore del servizio informazioni dipendeva dall’OKW, direttamente agli ordini di Hitler, non da noi ed era svolto da una sezione speciale del Sicherheitdienst. Per sapere qualcosa noi dovevamo rivolgerci alla Wehrmacht...”.

Warlimont: “L’organizzazione del servizio informazioni era fonte di rivalità e di gelosie e per questo di gravi errori da parte nostra. In origine e fino al 1944, fu l’ “Ufficio affari esteri e controspionaggio”, incorporato nell’OKW e diretto dall’ammiraglio Canaris, a raccogliere le informazioni; queste venivano poi portate a conoscenza delle tre armi perché fossero opportunamente valutate…

All’inizio del 1944 si procedette per ordine di Hitler allo scioglimento dell’organizzazione diretta da Canaris, soprattutto per ragioni politiche e lo stesso Canaris venne destituito. I servizi informativi vennero assorbiti dall’ “Ufficio centrale del Reich per la sicurezza”, diretto da Kaltenbrunner. Questi, per motivi suoi personali, trasgrediva sovente alla prassi ufficiale consacrata, trasmettendo o consegnando informazioni importanti, o da lui giudicate tali, direttamente a Hitler o a Jodl. Era naturale che un sistema del genere finisse con il procurarci molti guai e poche informazioni.

Quando finalmente, nel pomeriggio del 5 giugno 1944, Kaltenbrunner si persuase di avere indizi sicuri dell’imminente invasione e li portò a conoscenza di Jodl, costui non vi prestò attenzione, o per lo meno non ne informò né il suo stato maggiore, né Hirler”.

Stando così le cose, l’unica cosa che appare certa è che lo sbarco ci sarà. Le voci che hanno cominciato a circolare sono troppo insistenti e ripetute per poter essere ignorate. Nella primavera del 1944, i bombardieri nemici hanno alleggerito la loro terribile stretta sulla Germania ed hanno cominciato ad attaccare depositi, ponti e strade nella Francia settentrionale e in Olanda, la resistenza francese e olandese ha iniziato ad alzare la testa, attaccando nottetempo strade e ferrovie e tagliando ripetutamente le comunicazioni telefoniche e telegrafiche. Le perdite tedesche dovute ai partigiani iniziano a farsi per la prima volta significative.

 

Alla fine, fu Hitler in persona ad indovinare e a convincersi che si sarebbe trattato del litorale normanno. Il 2 maggio, in base a questa sua conclusione, ordinò il rafforzamento delle difese antiaeree ed anticarro di quel settore. Come Hitler abbia fatto ad azzeccare il sito dove avrebbe avuto luogo l’invasione in realtà non si sa e forse non si saprà mai.

Rifacendosi alle testimonianze dei generali superstiti, si evince che il calcolo di Hitler si fondava su informazioni ricevute circa i movimenti di truppe in corso in Gran Bretagna, ma soprattutto si pensa che il Fuhrer si sia basato più che altro sull’intuito.

Se i generali si basavano sui principi militari più ortodossi, Hitler invece si basava come al solito sul suo innato senso della sorpresa.

La zona di Calais, nel punto più ristretto della Manica, era ottima dal punto di vista degli alleati, ma secondo Hitler troppo ovvia.

Inoltre egli, a detta di generali quali Blumentritt e Warlimont, calcolava che gli alleati sarebbero andati alla ricerca di un grande porto in acque profonde che fosse oltretutto facilmente difendibile con una linea di fronte piuttosto corta. Il solo luogo che poteva veramente soddisfare tali esigenze sulla costa francese della Manica era Cherbourg, facilmente difendibile da un fronte ristretto che tagliasse trasversalmente la penisola del Cotentin.

I fatti dimostrarono che, ancora una volta, Hitler purtroppo aveva ragione.

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Il 10 dicembre 1943 un generale a quattro stelle viene nominato comandante del corpo di spedizione alleato in Inghilterra, il suo nome è Dwight D. Eisenhower. In Gran Bretagna oramai c’è quasi un milione di soldati americani e nessuno saprebbe dire bene di cosa si tratta, ma è certo che qualcosa di grosso bolle in pentola.

Il 1941 era stato un anno nero. La Russia invasa dai nazisti che arrivano a un solo passo da Mosca e poi Pearl Harbour. Il mondo parve sul punto di precipitare in un abisso di cui non si vedeva il fondo. L’America si scoprì “il faro del Mondo Libero”, l’ “arsenale delle democrazie”. (F.D. Roosevelt, “Discorsi alla nazione”).

Fortemente preoccupati dai successi travolgenti di Hitler e dall’estendersi del conflitto veramente a tutto il globo, i leaders dei paesi liberi si riunirono, alla fine di dicembre 1941, a Washington, alla conferenza chiamata in codice “Arcadia”, per cercare di gettare le basi di un’intesa che avrebbe potuto arginare l’avanzata del nazismo. In questa conferenza, Churchill e Roosevelt gettarono le basi dell’alleanza atlantica, basata su una solidale cooperazione economica e si scoprirono di comune accordo nell’identificare la Germania nazista come il principale nemico comune, la cui sconfitta completa, con annessa caduta del nazismo, doveva essere l’unico presupposto alla cessazione delle ostilità e alla pace.

Ad Arcadia, tra le altre cose, venne creato dal nulla il Comitato Interalleato dei Capi di Stato maggiore Combinati, o “Combined Chiefs of Staff”, che avrebbe compreso sia americani che inglesi ed avrebbe presieduto all’intesa tra Inghilterra e Stati Uniti, nello sforzo comune di annientare il nazismo.

L’idea dell’assalto alla Festung Europa di Hitler si concreta per la prima volta nel 1942, quando il mondo trattiene il respiro per davvero dinnanzi allo sfondamento estivo e alla puntata di Hitler sul Caucaso. I russi implorano gli alleati di aprire un secondo fronte ad occidente, in modo da costringere i tedeschi a dividere le loro forze. Roosevelt allora invia due dei suoi migliori cervelli, il generale George C. Marshall (da cui prese il nome anche il “Piano Marshall” per la ricostruzione del dopoguerra) e Hopkins, a patrocinare la causa dell’invasione presso Sua Maestà il Re d’Inghilterra. Gli inglesi, che vengono dalle disastrose esperienze di Dunkerque, della Norvegia e della Grecia e che conoscono meglio la situazione in Europa, dicono si all’inizio degli studi per un grande sbarco attraverso la Manica (operazione Roundup), ma dicono no a un piccolo sbarco immediato in Francia (operazione Sledgehammer) per distrarre momentaneamente i tedeschi dai russi che le stanno prendendo da tutte le parti. Per studiare l’invasione in massa dell’Europa hitleriana vengono creati i Combined Commanders che si mettono subito a valutare con precisione matematica i rischi e le possibilità di successo di un grande sbarco attraverso la Manica.

All’inizio del 1943, dopo Stalingrado e Midway, che sono i punti di inversione della seconda guerra mondiale, ha luogo la conferenza di Casablanca sul problema dell’apertura di un secondo fronte in Europa. Churchill, pensando già al dopoguerra, vorrebbe sbarcare nella penisola balcanica, per arrivare prima dei russi nei paesi dell’Europa orientale, salvandoli da quello che già si prefigura come il futuro impero comunista. La lungimiranza di Churchill fu sacrificata ai problemi pratici del momento. I problemi per uno sbarco dei Balcani erano praticamente insostenibili e quindi si preferì orientarsi verso uno sbarco più vicino, in Francia, Olanda, Italia, o Norvegia. A Casablanca viene creato infine lo Stato Maggiore Angloamericano, che prende il nome di COSSAC (Chief of Staff to the Supreme Allied Commander) sotto l’egida dei generali Morgan e Barker.

Maggio 1943, conferenza Trident a Washington, nasce, presso il COSSAC, l’operazione Overlord. Si pone un limite temporale per la sua attuazione: 1° maggio 1944.

Nell’agosto del 1943, alla conferenza Quadrant, presso Quebec, il COSSAC presenta il piano dello sbarco; un’invasione della Normandia con tre divisioni trasportate via mare più due brigate aviotrasportate per il primo assalto; altre due divisioni, già caricate su mezzi da sbarco, fungeranno da immediato rinforzo. Formata una testa di ponte a Caen e a Carentan, gli alleati procederanno alla conquista di Cherbourg; dato che però si calcola che ci vorrà almeno un mese per liberare quel porto e renderlo veramente operativo, si creeranno due moli artificiali detti “Mulberry”, costruiti in cemento e acciaio, che verranno rimorchiati attraverso la manica e affondati in prossimità delle spiagge.

Il piano prevede di scaricare 18 divisioni nelle prime due settimane dallo sbarco, alla fine delle quali la testa di ponte dovrebbe oramai abbracciare la penisola del Cotentin e la Normandia occidentale fino alla linea Mont Saint Michel – Alencon – Trouville.

All’interno di questa zona liberata, il grosso dell’Esercito statunitense verrà trasportato via mare direttamente dagli USA, fino a quando gli alleati non avranno ammassato nella testa di sbarco 100 divisioni, con cui si procederà all’invasione del III Reich. Il piano è approvato. I russi sperano, ma sono ancora increduli, gli alleati dimostreranno che invece facevano sul serio. Il piano presenta tutte le difficoltà di un’operazione veramente gigantesca mai tentata prima.

Nella primavera del ’44, il COSSAC è assorbito dallo SHAEF (Supreme Headquarter of Allied Expeditionary Force), Dopo una lunga gestazione, si è a un passo dallo sbarco in Normandia, il generale Montgomery inizia una serie di conferenze presso tutte le forze armate. Non dice nulla di diretto, ma il suo messaggio agli uomini appare a tutti chiaro: “This is the year ... ”.

(Chi vuole verifichi la conologia degli avvenimenti, perchè io andavo di fretta, ma a me pare giusta).

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Per tutti i primi mesi del 44, laviazione alleata agli ordini del generale Spaatz colpisce le fabbriche di aerei in Germania, gli aeroporti tedeschi in Francia ed Olanda e poi, per ordine di Eisenhower, inizia a colpire sistematicamente strade, ponti e ferrovie francesi e nei Paesi Bassi, questo per compromettere il più possibile i rifornimenti tedeschi in Normandia. Ai primi di maggio, il responsabile del trasporto ferroviario presso il quartier generale di Von Rundstedt avverte che la situazione dei rifornimenti della Wehrmacht in Francia appare critica: sarebbero necessari minimo 100 treni al giorno, ne arrivano mediamente interi solo 32, un terzo del necessario. La RAF e lUSAAF iniziano poi ad attaccare e distruggere le basi dei caccia a terra e gli aerei tedeschi in aria, conseguendo la totale supremazia aerea come aveva giustamente previsto Rommel.

Mentre è in corso loffensiva aerea, Eisenhower approva loperazione Neptune, fase preliminare di Overlord: il lancio notturno di tre divisioni aerotrasportate ai fianchi ed a tergo del Vallo atlantico. Il compito di queste divisioni sarà quello di proteggere i fianchi delle spiagge di sbarco e colpire le difese tedesche alle spalle, conquistando intatti e tenendo i ponti sullOrne, sulla Taufe e sulla Vire e su numerosi altri fiumi minori, in attesa di essere raggiunte dalle truppe sbarcate. I paracadutisti saranno quindi lavanguardia dellinvasione. La 6° divisione di paracadutisti inglese verrà lanciata da aerei e con alianti ad oriente, nella valle dellOrne, davanti a Caen, mentre l82° e la 101° americane verranno lanciate a occidente delle spiagge di sbarco, tra Valogne, Saint Mère Eglise e Carentan, per tagliare la base del Cotentin, al cui apice cè Cherbourg e per tenere i ponti sullestuario della Vire.

Le forze alleate di tutto il 21° Gruppo darmate, al comando di Montgomery, attaccheranno dal mare nella mattina del 6 giugno 1944. La 1° armata americana, generale Omar Bradley, composta dal 7° corpo (Collins) e dal 5° corpo darmata (Gerow), sbarcherà a occidente, a cavallo della Vire. Il 7° corpo a livello delle spiagge denominate Utah (riva occidentale della Vire) e il 5° corpo, Prima Divisione di fanteria americana (The Big Red One) a Omaha (riva orientale della Vire), con il 2° battaglione Ranger diretto a Pointe du Hoe.

Contemporaneamente, la 2° armata britannica (Dempsey), sbarcherà con tutte le sue unità a oriente, tra Bayeux e Caen, sulle spiagge denominate, da occidente a oriente, Gold, Juno (30° corpo darmata inglese, del generale Bucknall) e Sword (1° corpo britannico, generale Crocker).

Gli ordini sono: creare il primo giorno dello sbarco due teste di ponte, una orientale, tra lOrne e la Vire (comprendente la linea Caen Bayeux Isigny sur Mer, laltra occidentale, alla base del Cotentin, sulla riva nord della Vire, oltre il fiume Merderet e fino al canale di Carentan.

La saldatura tra le due teste di sbarco è prevista per il giorno D + 1 (il giorno dopo); nel giro di una settimana, la testa di ponte dovrà essere ampliata verso sud e verso ovest. Il 30° corpo inglese ed il 5° americano attaccheranno diretti a meridione, mentre il 7° corpo americano dovrà dirigersi a nord-est, per tagliare la base del Cotentin, in modo da isolare e prendere alle spalle il porto fortificato di Cherbourg, la cui conquista è prevista entro e non oltre 15-20 giorni dal D-day.

Questo è il piano che il generale Montgomery illustra il 15 maggio 1944 davanti a Churchill ed al Re. Monty prevede anche che i tedeschi avranno molto probabilmente dei ritardi nellassegnazione delle loro unità corazzate e che Rommel non le avrà sottomano immediatamente. Queste parole apparvero profetiche; oggi sappiamo che Montgomery in realtà non aveva il dono della profezia, ma poteva disporre del miracoloso aiuto di Ultra, a Bletchley Park, cosa che rimase del tutto segreta fino agli anni 70.

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Io avevo quasi 5000 Km di linee costiere da difendere, disse Rundstedt, dalla frontiera italiana a sud, alla frontiera tedesca a nord ed avevo solo 60 divisioni per difenderle. Per la maggior parte erano divisioni di qualità inferiore ed alcune erano ridotte allosso.

Sessanta è un numero che non potrebbe stare in 5000 Km in nessun calcolo strategico. Voleva dire più di 75 Km per divisione, anche senza provvedere alla necessità di tenere riserve in retrovia. Durante la guerra 1914-18 i manuali prescrivevano un fronte massimo di 5 Km per ogni divisione; nella guerra 1939-45, laccresciuta potenza delle armi aveva raddoppiato, o triplicato quel valore, ma comunque non si avvicinava neanche lontanamente ai 75 Km calcolati nel 1944 sul fronte occidentale. Dovendo contare su risorse così limitate, i tedeschi erano nella necessità di doverle concentrare solo nel settore dove effettivamente sarebbe avvenuto lo sbarco.

Nel giugno 1944 ci sono in occidente 59 divisioni tedesche, otto delle quali sono dislocate in Belgio e in Olanda. Più della metà del totale sono divisioni di difesa costiera e/o daddestramento.

Delle 27 divisioni in buona efficienza di combattimento, solo 10 sono quelle corazzate; tre di queste sono dislocate nella Francia meridionale e una nella zona di Anversa.

Su più di 300 Km di costa normanna a ovest della Senna sono schierate 6 divisioni, quattro delle quali di difesa costiera.. Tre sono nel Cotentin, due tenevano il tratto di 65 Km tra il Cotentin e Caen, dalla foce della Vire alla foce dellOrne e una è schierata tra la foce dellOrne e lestuario della Senna. Secondo Blumentritt, … più che un dispositivo di difesa costiera, si trattava di un dispositivo di protezione costiera … Siccome non prevedevamo che gli alleati facessero sbarchi sulla costa occidentale della penisola di Cherbourg, quel settore era tenuto con un velo di truppe: vi schierammo anche unità russe.

Nella zona avanzata vi è una sola divisione corazzata per un eventuale contrattacco, la 21°.

Sempre Blumentritt: Si discusse a lungo sul punto dove la 21° corazzata doveva essere disposta. Il feldmaresciallo Von Rundstedt avrebbe preferito tenerla a sud di Saint-Lo, dietro la penisola di Cherbourg; ma Rommel decise di schierarla più vicino alla costa e sullaltro versante, nei pressi di Caen. Questo significava che essa era troppo vicina alla costa per essere realmente utilizzabile come riserva per tutto il settore.

Non di meno, la presenza di questa divisione corazzara vicino a Caen si dimostò un fattore importante. Se non si fosse trovata dovera, le forze britanniche avrebbero potuto impadronirsi di Caen nella prima giornata dello sbarco. Rommel insistette invano per aver sottomano una seconda divisone corazzata da poter opporre alla foce della Vire, dove sbarcarono gli americani. E qui arriviamo alla grande controversia che ebbe uninfluenza decisiva sui piani germanici per fronteggiare linvasione.

Von Rundstedt, ritenendo le forze tedesche troppo limitate per una costa così lunga, avrebbe voluto aspettare che gli alleati si impegnassero a fondo sulle spiagge di sbarco, prima di piombare su di loro con un massiccio contrattacco corazzato per ributtarli in mare prima del consolidamento delle loro teste di ponte.

Al contrario, Rommel era dellopinione che non bisognasse affatto aspettare alcunché e riteneva che la sola possibilità di successo fosse di sconfiggere gli invasori sulle spiagge, prima che fossero riusciti ad attestarsi saldamente. Per questo motivo, Rommel voleva i carri sulle spiagge, non più indietro. Le prime 24 ore, diceva spesso agli ufficiali del suo stato maggiore saranno decisive, quello signori sarà il giorno più lungo ….

 

Riassunto. "The other side of the hill - Storia di una sconfitta". Liddell Hart. 1979.

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“Ok. Andiamo!”.

E’ quasi l’alba di lunedì 5 giugno 1944, quando Eisenhower pronuncia queste parole. La pioggia batte sui vetri di una finestra dove la luce è ancora accesa, nella biblioteca a Southwick House, vicino Portsmouth. Seduti sui divani e nelle poltrone sparsi sopra la moquette verde ci sono Eisenhower e i suoi tre comandanti in capo, Ramsay per la Marina, Leigh-Mallory per l’aviazione, Montgomery per l’Esercito. La riunione è l’ultima di una lunga serie cominciata alcune settimane prima e va avanti dalla sera precedente, con lo scopo di decidere se la grande spedizione oltre Manica può prendere il via, o deve essere rinviata a un momento più favorevole. Una delle condizioni irrinunciabili per il successo dell’operazione è che il tempo sia buono: se il tempo non è buono, non si può fare nulla; per questo quel lunedì mattina le luci nella biblioteca di Southwick House sono rimaste accese, mentre il comando alleato al completo attende di sapere dal capo dell’ufficio meteo quali sono le previsioni delle prossime ore.

Il momento è drammatico, perché se non sarà possibile partire, il rinvio dovrà essere di varie settimane, se non addirittura sine die. Le condizioni favorevoli allo sbarco infatti (luna, marea, venti, visibilità …) non si ripresenteranno tutte insieme prima che sia trascorso un lungo periodo di tempo.

Gli uomini del corpo di spedizione sono già stati istruiti e sono stati fatti salire a bordo dei trasporti. La gigantesca macchina è ormai in moto.

“Si poteva fermarla per 24, o anche 48 ore”, scrive lo storico australiano Chester Wilmot, “ma non farla girare in senso inverso senza correre gravi rischi di disorganizzazione e segretezza”.

All’ultimo momento quindi, Overlord dimostra di avere il suo punto più debole in quel complesso di circostanze meteo e astronomiche alle quali, fin dagli studi iniziali del COSSAC, tutto il piano era stato rigidamente subordinato.

Doveva essere notte, per poter attraversare la Manica senza essere scoperti. Ci volevano una buona visibilità e la bassa marea, per vedere i dispositivi antisbarco ed evitarli. Ci voleva la luna, per gli attacchi aerotrasportati e ci volevano 40-50 minuti di luce solare in più per il bombardamento aeronavale preparatorio. Tutte queste condizioni non si sarebbero ripresentate tutte insieme prima di molto tempo.

Di conseguenza, il capo dell’ufficio meteo alleato, colonnello della RAF Jim Stagg, diventa ora l’uomo più importante di tutto il piano. Eisenhower sono mesi che lo consulta almeno due volte a settimana, per verificare la veridicità delle sue previsioni ed è rimasto altamente soddisfatto dallo scrupolo e dalla professionalità di questo scozzese alto e magro.

All’alba del 5 giugno 1944, il colonnello Stagg ammette alla riunione ancora in corso che i suoi timori si stanno avverando. L’area di alta pressione sulle Azzorre ha cominciato a spostarsi a ovest e una serie di depressioni tendono a portare brutto tempo sulla Manica. Dalle prime ore di domenica 4, fino alla sera di mercoledì 7 giugno – cioè nei soli tre giorni in cui luna,vento e maree sono favorevoli allo sbarco – si possono invece prevedere vento forte di burrasca, nuvole basse, scrosci di pioggia e nebbia.

Ma le unità navali da bombardamento costiero hanno già lasciato da 72 ore le loro basi di Scapa Flow, Belfast e della Clyde. La grande macchina è in moto e non c’è alternativa, Eisenhower si assume la responsabilità di partire.

Il cattivo tempo, che getta nello sconforto i comandanti alleati in Inghilterra, agisce invece da potente sedativo sull’altra sponda della Manica, dove tra i tedeschi si è fatta strada l’idea che l’invasione sia di là da venire.

La controparte tedesca di Stagg, il maggiore Lettau della Luftwaffe, dirama domenica 4 giugno, presso il quartier generale parigino della 3° Luftflotte, un bollettino meteo in cui tra l’altro si afferma che nei prossimi 15 giorni l’invasione è considerata impossibile.

“Il nemico”, commenta il rapporto, “non ha saputo sfruttare per l’invasione tre periodi di tempo favorevole, né può contare con sicurezza su nuovi periodi nelle settimane che verranno”.

Lo stesso giorno, al castello di La Roche-Guyon, dove da mesi c’è il suo quartier generale, Rommel rilegge il suo rapporto settimanale del suo gruppo d’armate B da inviare a Von Rundstedt e si appresta ad andare in licenza per il compleanno della moglie, a Ulm sul Danubio, compleanno che cade il 6 giugno. Il generale conta poi di recarsi dal Fuhrer per chiedere di persona ingenti rinforzi per il fronte occidentale.

Rommel è convinto che lo sbarco avverrà per fine mese e quindi è molto ottimista nella nebbiosa mattina di domenica 4 giugno, quando parte in auto per la Germania. Al castello sotto la pioggia rimane il fido Speidel, il suo capo di stato maggiore. L’assenza di Rommel il giorno dello sbarco sarà oggetto di studio ancora per molti e molti anni a venire.

A mezzodì di lunedì 5 giugno, Rundstedt firma il regolare rapporto di apprezzamento della situazione del fronte occidentale da inviare ad Hitler. Al paragrafo “probabili intenzioni del nemico” si legge: “L’intensificazione sistematica dei bombardamenti aerei indica che il nemico è pronto. Il probabile settore d’invasione rimane quello compreso tra la Schelda e la Normandia. [ … ] … ma lo sbarco”, conclude Rundstedt, “non pare imminente”.

Il feldmaresciallo, a Saint Germain en Laye, non sa che, quasi nello stesso momento in cui firma il suo rapporto, una flotta gigantesca (6483 natanti, tra i quali 6 corazzate, 23 incrociatori, 104 cacciatorpediniere e 2493 mezzi da sbarco) si sta dirigendo su di lui.

Raggiunto un punto convenuto nel mezzo della Manica, chiamato “Piccadilly Circus”, a sud-est dell’isola di Wight, ciascuna nave va a prendere il posto assegnatole in un convoglio. Da questa zona di raduno, i convogli fanno rotta, la sera del 5 giugno, verso la Normandia lungo cinque corridoi segnati da boe. In prossimità della costa normanna, i corridoi diventano dieci, due per ogni spiaggia: uno riservato ai mezzi veloci e uno per il traffico pesante.

Sul mare agitato, davanti alle navi, protette dalla punta di lancia dei dragamine, delle corazzate e degli incrociatori, stanno cinque trasporti d’assalto irti di antenne radio e di radar, che costituiscono i posti di comando naviganti.

I convogli sono 59. Guidati dall’incrociatore pesante Augusta, che ha a bordo il comandante americano, 21 convogli puntano su Utah e Omaha. Gli altri 38 convogli, anglo-canadesi, fanno invece rotta su Gold, Juno e Sword.

Contemporaneamente, a Dover, da un comando fantasma il generale Patton inizia ad emettere falsi ordini d’operazione, intesi a far credere ai tedeschi che uno sbarco sta per aver luogo nella zona di Calais, ma è una finta.

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Un saldatore del Berkshire, un meccanico del Kent, un muratore di Edimburgo, un allevatore di cani del Worcestershire, un autista di Dumfries e un profugo austriaco, comandati da un giovane ufficiale che prima della guerra sbarcava il lunario cantando nei teatri del West End.

Questi sono gli uomini delle forze speciali da ricognizione che la notte sul 6 giugno 1944 si lanciano dai loro aerei a Caen e nella valle dell’Orne, in Normandia.

I 120 esploratori americani dell’82° e della 101° che si lanceranno alla base della penisola del Cotentin appaiono anche più pittoreschi. Alcuni di essi, di etnia indiana, si sono rasati la testa, conservando una lunga criniera alla mohicana e tingendosi il volto con i tradizionali colori di guerra, altri invece si sono dipinti la faccia e le mai di nero o di verde.

Centinaia di aerei da trasporto e di alianti trainati da bombardieri hanno cominciato a fare la spola nella notte tra l’Inghilterra e la Francia lungo corridoi accuratamente prestabiliti. Gli elementi delle forze da ricognizione, tutti volontari, sono carichi come muli. Ogni uomo è un arsenale ambulante. La tasche sono zeppe di munizioni, i cinturoni così stipati di armi che a stento ci si riesce ad allacciare il paracadute e poi radio, medicinali, pile, radiofari per segnare i punti d’atterraggio per il resto della divisione, pugnale, nastri di mitragliatrice, bombe a mano ed esplosivi …

Ogni uomo quella notte si carica addosso dai 40 ai 50 chili di materiale, oltre al paracadute.

Chi li ha visti dirigersi in silenzio verso gli aerei in attesa sulle piste non ne ha tratto un’impressione molto marziale. “Nessuno cantava, nessuno applaudiva”, ricorda un testimone, “sembrava una marcia funebre”.

Questi sono gli uomini di punta dei reparti aviotrasportati. Dietro di loro, tutti gli altri: 13.000 paracadutisti americani, 5.300 inglesi.

Mezzanotte è trascorsa da circa un quarto d’ora, quando il primo parà americano tocca terra a Sainte Mère Eglise: è cominciato “il giorno più lungo”.

 

"Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". E.Biagi. 1980-'86.

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Limmensa flotta naviga già nella Manica il 5 giugno 1944, mentre i tedeschi ignari attendono alle loro normali attività.

A causa del cattivo tempo, nessun volo di ricognizione sopra lInghilterra meridionale è stato compiuto nei primi cinque giorni di giugno e i dragamine ed i pattugliatori non sono usciti dai porti a causa del mare grosso. Basterebbe una sola motosilurante per dare ad Hitler un preavviso di più di dieci ore, ma incredibilmente questo non accade.

Al contrario, quasi tutti i comandanti più alti in grado lasciano il loro quartier generale proprio alla vigilia dello sbarco, quasi volendo seguire lesempio del loro comandante, partito domenica 4. Rommel a quellora è infatti già in Germania dalla moglie. Lammiraglio Krancke, comandante di tutta la flotta tedesca a occidente, è andato a Bordeaux.

I comandanti della 243° e 709° divisione, rispettivamente i generali Hellmich e Schlieben, sono partiti per Rennes, invitati a partecipare a dei giochi di guerra sulla carta (i famosi Kriegsspiele) dal generale Dollman, comandante della 7° armata, assente per lo stesso motivo.

Feuchtinger, comandante della 21° Panzerdivision, lunica vicina alle spiagge, è addirittura andato a spassarsela a Parigi!

Il generale Falley, della 91° aviotrasportata si prepara ad andarsene anche lui in licenza.

Laddetto alle informazioni di Von Rundstedt, Meyer-Detring, è già in licenza.

Il solo comandante in capo ancora al suo posto la sera del 5 è Marcks, comandante dell 84° Corpo darmata, rimasto al suo quartier generale vicino Saint-Lo.

Lassenza simultanea di tutti questi comandanti alla vigilia dello sbarco e limpreparazione della catena di comando tedesca faranno sorgere molti sospetti, specie in Hitler, ma questa è unaltra storia.

Alle 21:15 del 5, lattentissimo Hellmuth Meyer, responsabile alle informazioni della 15 armata capta lultima parte del famoso messaggio della BBC: … feriscono il mio cuore con monotono languore. Sa benissimo cosa significa: linvasione entro le prime 48 ore dopo lo scadere della mezzanotte del giorno immediatamente successivo al messaggio stesso. Oramai si erano fatte le 21:30 del 5, quindi linvasione era o per il 6, o per il 7; questo significava che le navi nemiche dovevano essere già in mare!

Il generale Von Salmuth, comandante la 15° armata, sta giocando unaccanita partita di bridge con alcuni alti ufficiali del suo seguito, quando Meyer, eccitatissimo, lo avvicina e lo informa di quanto ha appena appreso. Salmuth sorride e risponde: Caro Meyer, purtroppo io sono una volpe troppo vecchia per cadere in simili tranelli …, ma dopo un istante di riflessione, il generale da ordine di mettere tutta la 15° armata in stato dallerta, sono quasi le dieci di sera.

Per la 7° armata invece le cose sono diverse. Il generale Dollman non cè. Meyer telefona subito al quartier generale di Rommel, da cui dipende la 7° armata, ma Rommel non cè e parla allora con il colonnello Staubwasser. Questultimo chiama subito Speidel, che consiglia Meyer di rivolgersi direttamente a Rundstedt. A Saint Germain en Laye, Meyer trova Bodo Zimmermann che informa subito Rundstedt.

La risposta di questultimo, a quanto riferisce Staubwasser, sarebbe stata di non mettere in allarme la 7° armata, perché appariva improbabile al feldmaresciallo che linvasione fosse annunciata dalla BBC.

Tutti vanno quindi a dormire sonni tranquilli, fidando nel cattivo tempo che imperversa, ma intorno alla mezzanotte i primi esploratori nemici prendono terra con il paracadute alla base della penisola del Cotentin, prendendo praticamente con le braghe in mano tutta la 7° armata tedesca.

(Secondo il diario della 7° armata, lallarme generale venne dato alluna, secondo il generale Blumentritt, a Saint Germain, lallarme venne invece dato alle 4 di mattina).

L 82° divisione di paracadutisti (Ridgway) e la 101° (Taylor) aviotrasportate americane vengono lanciate nella notte da centinaia di aerei e di alianti alla base della penisola di Cherbourg, il Cotentin, allala più occidentale delle teste di sbarco.

La loro missione è proteggere il fianco destro dellinvasione, prendere i tedeschi alle spalle, conquistare e tenere le estremità occidentali dei cinque argini che solcano la laguna alle spalle di Utah beach, far saltare i ponti sul fiume Douve, appropriarsi di quelli sul Merderet, sopprimere le artiglierie costiere tedesche nella zona, allo scopo di aprire una strada verso ovest, in modo da tagliare la base del Cotentin.

Purtroppo per i paracadutisti americani, i lanci sono molto imprecisi, a causa del vento, del caos del momento e della reazione antiaerea tedesca. Le due divisioni si sparpagliano pertanto su unarea vastissima e molti uomini e molto dellequipaggiamento finiscono fuori zona, in mani dei tedeschi (allibiti). Alcuni parà finiscono diretti in mare, affogando subito sotto il peso dellequipaggiamento, altri annegano nel fango della palude. Due scendono a terra nel buio davanti a un sorpresissimo capitano tedesco, lo prendono prigioniero e gli offrono una sigaretta. Molti paracadutisti infine sono uccisi dal fuoco nemico ancora prima di toccare terra, scoperti ancora in aria dalle sentinelle, un altro muore infilandosi dritto in un pozzo.

Nonostante tutti i guai, i paracadutisti sono per loro natura addestrati a combattere essendo circondati dal nemico e a contare solo su sé stessi. Di conseguenza, anche gli uomini sbandati chissà dove non tardano a riunirsi in piccoli gruppi di combattimento e a raccogliere gli altri che via via incontrano sulla strada. Fatto questo, iniziano spontaneamente il loro attacco senza aspettare ordini dallalto e conquistano i ponti e gli argini alle spalle di Utah, liberano Sainte Mère Eglise, distruggono i ponti sul Douve e si impadroniscono della strada Carentan-Cherbourg. Prima ancora che un singolo fante abbia messo piede a terra, questa battaglia è già vinta. Le vie di accesso e di uscita attraverso la laguna sono saldamente in mani americane.

Intanto, allaltra estremità del fronte dinvasione, quella orientale, gli uomini della 6° aviotrasportata inglese stanno anche loro prendendo terra nel buio. Fanno fuori le sentinelle tedesche e si impadroniscono subito di due ponti sullOrne e sul canale di Caen, indispensabili per avanzare verso est, occupano Ranville, distruggono tutti i ponti che trovano sul Dives e catturano la batteria costiera a Merville, proteggendo nel modo migliore il fianco sinistro dello sbarco.

Alle prime luci del 6 giugno, in Normandia, ci sono quindi già 18000 uomini americani, inglesi e canadesi appostati saldamente ai due lati del campo di battaglia; tra di loro, su un arco di 80 chilometri, si estendono le cinque spiagge di sbarco. Allorizzonte, lenta ma sicura fa ora la sua comparsa nella nebbia unimponente flotta di più di 6000 navi.

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Alle due del mattino, la prima nave alleata, la USS Bayfield, un trasporto d’assalto da 16000 tonnellate con a bordo il comandante della Forza U, raggiunge il suo punto di inizio attacco, 12 miglia nautiche da Utah beach e getta l’ancora preparandosi a dirigere le operazioni di sbarco su quella spiaggia.

A quel punto, Von Rundstedt a Saint Germain en Laye e Speidel a La Roche Guyon, sono ormai in fibrillazione da due ore. I messaggi dalle truppe costiere incominciano a piovere uno dopo l’altro, generando grande confusione.

Alle 01:11 arriva al quartier generale dell’84° corpo d’armata tedesco, generale Marcks, il primo segnale d’allarme; arriva dal quartier generale di Reichert, comandante della 716° divisione di fanteria a occidente di Caen: “numerosi lanci di paracadutisti nei dintorni di Ranville e Brèville, a nord della foresta di Bavent … ”. Quel che ancora i comandanti tedeschi non sanno è che le valli dell’Orne e del Merderet sono punteggiate da migliaia e migliaia di paracadute. Lo scopriranno presto.

Alle 01:20, Marcks comunica al quartier generale della 7° armata: “Dalle 00:30 sbarchi di truppe aerotrasportate zona est e nord-ovest di Caen, St.-Marcouf, Montebourg, sulle due sponde della Vire e su costa orientale del Cotentin … “. Il comandante della 7° (Dollman) non c’è, c’è il suo capo di stato maggiore, Pemsel, che mette subito in “Alarmstufe-2” (massimo grado d’allarme) tutta l’armata.

I messaggi si susseguono. Si chiama Parigi, dove il quartier generale della 3° Luftflotte e del Gruppo Marina Fronte Occidentale vengono subito allertati, ma i comandanti dell’aviazione e della marina sono scettici: a causa del brutto tempo, essi non sono ancora dell’opinione che si tratti di un attacco su vasta scala.

Alle 02:00, il generale Von Salmuth della 15 armata chiama il comandante della 716° di fanteria a ovest di Caen, dove le linee si continuano a occidente con quelle della 7° armata: “Generale Reichert, cosa diavolo sta succedendo lì da voi?”. Reichert è troppo impegnato con i suoi per badare alla forma e secco secco risponde: “Generale, se permettete ve lo faccio sentire!”, prende la cornetta del telefono e la solleva a braccio teso nel buio: all’orecchio di Von Salmuth arrivano tutti i rumori tipici di una battaglia, le urla, i rombi dei mortai, il crepitio delle mitragliatrici; i canadesi della 9° e della 7° brigata da sbarco stanno aggirando e facendo a pezzi il 736° reggimento di fanteria tedesco, mentre puntano su Caen da ovest.

Dove diavolo sono i radar ? I comandanti tedeschi scoprono con orrore che su 92 stazioni radar costiere, ben 74 sono state demolite con gli esplosivi dai partigiani e dai paracadutisti.

Nessuna stazione radar tedesca tra Le Havre e Barfleur sul Cotentin risponde più al telefono!

Pemsel trasmette ora dal comando della 7° armata: “ … rombo di motori marini chiaramente percepibile dalle nostre truppe costiere sul mare dalla costa orientale del Cotentin. Numerose navi al largo di Cherbourg, tutto lascia supporre operazione su larga scala!”.

Quel che non potevano fare i radar tedeschi, lo fecero le orecchie.

Generale Leigh-Mallory, comandante supremo delle forze aeree alleate: “nel lasso di tempo vitale dalle una alle quattro di mattina, quando la flotta si avvicinò alle spiagge, solo nove istallazioni radar nemiche erano in funzione e per tutta la notte il numero di quelle che operarono nella zona del piano Neptune fu di 18 sulle normali 92”.

Wilmot: “L’accecamento dei tedeschi permise alla flotta aerotrasportata di non farsi intercettare; la Luftwaffe lanciò il grosso dei suoi caccia notturni contro la “corrente fantasma” dei bombardieri che operavano su Amiens e continuò a rincorrerli in quella zona dall’una alle quattro, cioè per tutto il tempo dello sbarco aviotrasportato. La flotta d’invasione non fu scoperta fino a che la forza U non raggiunse la sua zona di sbarco, dodici miglia al largo della costa orientale del Cotentin, cioè alle due di mattina e venne localizzata non con i radar, ma acusticamente! Fu una vittoria scientifica di primordine ... “.

Per accrescere la confusione del nemico, vennero anche lanciate centinaia di fantocci travestiti da paracadutisti, con tasche piene di mortaretti che scoppiavano appena toccavano il suolo, simulando degli spari. Quando questi fantocci piovono tutto intorno a Lessay, il generale Marcks si convince sulle prime che consistenti forze aviotrasportate hanno preso terra a pochissimi chilometri dal quartier generale dell’84° corpo.

Non passa minuto che non ci siano novità per i tedeschi e sono novità pessime, la situazione si fa via via più chiara.

Ore 03:30, dal quartier generale dell’84° corpo al comando della 7° armata: “ Serie di atterraggi su larga scala di alianti a partire dalle 03:25 nel settore di Brèville, a est dell’Orne e a Grandchamp. Mezzi da sbarco alla foce dell’Orne. Pesante fuoco d’artiglieria da terra e da mare. Situazione intorno a Grandchamp sempre confusa. Probabile presenza di mezzi da sbarco. Comando tattico della 91° divisione attaccato, comunicazioni interrotte. Sainte Mère Eglise: comunicazioni interrotte … “.

Pochi minuti prima delle 4, i comandanti avanzati Pemsel e Speidel non hanno più dubbi: c’è una flotta enorme tra la foce della Vire e quella dell’Orne!

A Saint Germain en Laye, Von Rundstedt, che fino a poco prima era stato ancora molto scettico, ora si convince anche lui e ordina al generale Blumentritt capo di stato maggiore generale in occidente di contattare immediatamente il generale Jodl presso il quartier generale del Fuhrer. Rundstedt sente che il tempo gli sfugge tra le dita.

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CORREZIONE. [ … i canadesi della 9° e della 7° brigata da sbarco stanno aggirando e facendo a pezzi il 736° reggimento di fanteria tedesco, mentre puntano su Caen da ovest. … ]

Ho sbagliato nella fretta di riassumere: non erano ancora i canadesi (non erano ancora sbarcati!). Si trattava dei paracadutisti inglesi.

 

L’effetto della decisione presa a suo tempo da Hitler di riunire sotto il comando dell’OKW (in definitiva, sotto il suo personale comando) tutte le riserve presenti in Normandia dà i suoi effetti ora: i comandanti direttamente interessati dall’offensiva nemica non possono decidere da soli di chiamare le riserve di panzer, ma sono costretti a perdere tempo telefonando al quartier generale di Hitler, a Klessheim, nei pressi di Salisburgo.

Come si sa, Hitler aveva l’abitudine di fare le ore piccole, lavorando e studiando fino a tardi, un’abitudine questa che logorava molto i suoi collaboratori, i quali la mattina, al contrario del dittatore, dovevano alzarsi presto. A notte fonda poi, il Fuhrer ingoiava le pillole di Morell e si coricava per svegliarsi molto tardi il giorno dopo, pranzare alle 16 e ricominciare da capo.

Anche la notte sul 6 giugno del ’44 Hitler era andato a letto molto tardi. Dato che il Fuhrer era andato a letto da poco, a quanto pare dando ordine di non disturbarlo, quando Blumentritt telefonò alle 04:00 con la notizia dello sbarco e la richiesta di poter disporre della riserva strategica dell’OKW, trova dall’altra parte del filo il generale Jodl che, a suo dire, parla a nome di Hitler.

Jodl respinge la richiesta di Blumentritt perché è ragionevolmente sicuro che gli sbarchi in Normandia sono soltanto una finta e che è da aspettarsi un altro sbarco, quello vero, ad est della foce della Senna, come pensano tutti gli uomini dell’OKW.

Non si sa bene se Jodl abbia fatto di testa sua pensando di interpretare il pensiero di Hitler, o se sia stato Hitler in persona a dare ordine di respingere le richieste del fronte occidentale.

Secondo Wilmot, l’ordine di non far muovere le riserve strategiche in Francia fu di Hitler, che, subito dopo averlo impartito (ed essersi fatto evidentemente un quadro del tutto errato della situazione), si impasticcò e andò a dormire.

Secondo il racconto dell’ammiraglio Von Puttkamer, addetto navale del Fuhrer, a quell’ora invece Hitler era già andato a letto e quindi Jodl fece di testa sua.

Ed anche qui, è forse possibile vedere uno dei possibili effetti della mancanza di Rommel.

Rommel era stato per molto tempo membro dello staff del quartier generale di Hitler all’inizio della guerra e comandante del battaglione che vegliava sulla vita del Fuhrer; ne conosceva uno per uno tutti i componenti ed aveva molta familiarità con tutto l’entourage; parlava lui stesso telefonicamente con il Fuhrer in persona, cosa che Rundstedt non faceva mai.

E’ probabile che se alle 4 di mattina di quel 6 giugno 1944 fosse stato Rommel da La Roche Guyon (e non Blumentritt dal quartier generale di Rundstedt) a telefonare ad Hitler, le cose forse sarebbero andate molto diversamente da come andarono.

Se al posto di Blumentritt ci fosse stato Rommel, è ragionevole pensare che quest’ultimo avrebbe usato tutto il suo prestigio, tutta la sua influenza e la sua familiarità con l’ambiente del quartier generale del Fuhrer per perorare la causa dei comandanti tedeschi sotto attacco in Normandia e probabilmente la Volpe del deserto non si sarebbe certo accontentata di fare quattro chiacchiere telefoniche con Jodl, ma forse avrebbe potuto addirittura spingersi, sotto la sua responsabilità, fino a pretendere che Hitler venisse svegliato e messo al corrente di tutto quanto, a costo di buttarlo giù dal letto, cosa che Blumentritt non avrebbe mai potuto ottenere, neanche volendo.

Ma Rommel non c’è: è andato a Ulm sul Danubio, dalla moglie e Rundstedt lo sapeva …

Congetture a parte, una sola cosa è certa ed è sorprendente: Hitler ottenne una visione vera e propria di tutta la situazione in Normandia solo nella tarda mattinata (del 6 giugno) e la battaglia dei pro e dei contro (sulla mobilitazione delle riserve) continuò per tutto il giorno e fino alle 16:00! (Ora in cui, finalmente, i comandanti tedeschi ricevono dall’alto dei cieli l’autorizzazione a poter disporre liberamente dei loro panzer. E’ già troppo tardi).

 

In attesa che la diatriba al quartier generale di Hitler si risolva, è ancora buio in Normandia.

Alle 04:30 precise, l’orizzonte, su un arco di 100 chilometri, comincia ad essere rischiarato da enormi lampi di luce silenziosa. Passano diversi secondi e i soldati tedeschi, atterriti, sono raggiunti da tremendi fischi che lacerano la notte con fragore di tuono. Enormi proiettili navali da una tonnellata cominciano a cadere a pioggia sulle postazioni antisbarco: le navi da battaglia alleate, con i loro 406 mm, hanno incominciato il martellamento sistematico degli obbiettivi nemici situati sulle spiagge; i proiettili sono grandi come automobili, dove cadono nulla rimane e il loro effetto da terremoto fa tremare la terra sotto i piedi fin nei paesini del litorale normanno, i cui abitanti si svegliano tutti.

I risultati del bombardamento navale fanno rabbrividire i tedeschi. Molti soldati impazziscono nei bunker e cercano di fuggire all’esterno solo per disintegrarsi un istante dopo nelle enormi deflagrazioni, il cemento armato si sbriciola come farina, la terra si apre ed erutta come un vulcano, i pesanti panzer volano in aria come fuscelli prima di dissolversi, intere compagnie finiscono sepolte vive; gli ufficiali fanno fatica a mantenere qualche rimasuglio di disciplina nei loro uomini.

Il sole sorge alle 05:58 sulle spiagge di Normandia, la mattina del 6 giugno 1944. E’ un alba tetra e confusa su cui cala quella che gli strateghi chiamano la “nebbia della guerra”, un misto di incertezza, caos, morte e distruzione che rendono difficile anche per i comandanti afferrare al volo le situazioni. Gli uomini sanno che per migliaia di loro quella sarà l' ultima alba.

 

Un Tiger da 56 tonnellate letteralmente travolto da un'enorme esplosione.

 

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E’ una cosa terribile e mostruosa dover sparare sulla propria patria”, la voce del contrammiraglio Jaujard esce dagli altoparlanti a bordo di tutte le navi francesi, “ma oggi vi chiedo di farlo!”.

 

Nel giorno più lungo, gli equipaggi francesi obbediscono.

L’alba vede migliaia di navi di ogni tipo emergere dalla nebbia davanti alle spiagge sotto gli occhi attoniti dei tedeschi. La foschia è squarciata dalle vampe di centinaia di cannonate. La costa normanna è invisibile, avvolta dal fumo delle esplosioni. Alle prime luci, 9000 aerei attaccano.

E’ un diluvio di ferro e di fuoco che si abbatte sui nazisti, la Luftwaffe brilla per la sua assenza. I bombardieri medi, B-26, B-25, A-20, vanno all’assalto con estrema precisione, volando direttamente sotto i bassi nuvoloni, sulle ali portano le strisce bianche e nere d’invasione. I capisaldi nemici si sbriciolano, la scena è da togliere il fiato, impossibile udire gli ordini o farsi capire al di sopra del frastuono che riempie il cielo. Un giornalista inglese, Leonard Mosley, corrispondente di guerra, paracadutatosi dietro le linee tedesche nella notte precedente, insieme con la 6° divisione britannica, assiste a bocca aperta alla scena: “ ... poi, mentre albeggiava, udimmo un boato, che divenne presto un rombo di tuono. La prima fase dell’invasione era al suo punto culminante. Nugoli di bombardieri, densi che parevano sciami di api, si avvicinavano alle difese costiere per martellarle ancora, prima dello sbarco delle nostre truppe”. Arrivano i bombardieri pesanti, ma il loro bombardamento è purtroppo meno preciso: essi devono volare sopra le nuvole e, per timore di colpire le truppe che sbarcano, molti di essi sganciano lunghi. Molte bombe finiscono nell’entroterra normanno e diverse postazioni tedesche vengono così risparmiate, questo avrà terribili conseguenze, specie ad Omaha beach.

I depositi di munizioni tedeschi ardono come torce, una luce arancione riverbera sulla nebbia e sulle nuvole basse, creando un orribile chiarore verdastro.

I soldati alleati iniziano il trasbordo dalle navi ai mezzi da sbarco; non è un compito agevole, gli uomini sono stracarichi (fino a 140 chili complessivi!) e il mare è mosso. I mezzi da sbarco hanno il fondo piatto e risentono terribilmente delle ondate: paura e mal di mare si impadroniscono di tutti, si comincia a vomitare.

Tre siluranti tedesche, uscite da Le Havre, sbucano dalla cortina fumogena che protegge il fianco sinistro del convoglio diretto a Sword. Le navi da guerra alleate le vedono. Il comandante del caccia norvegese Svenner capisce che non c’è tempo per fare nulla, così frappone la sua nave tra le siluranti nemiche e i mezzi da sbarco che hanno a bordo tutta la 1° brigata “Sussex” ed il 4° battaglione commando inglese, i cui uomini assistono impotenti alla scena. 18 siluri partono, lo Svenner viene centrato subito, ma nessun siluro tedesco trova i mezzi da sbarco britannici, 30 marinai norvegesi perdono la vita. I mezzi da sbarco sono salvi, raggiungono indenni Sword. E’ questa la sola azione della Kriegsmarine il giorno D.

Anche se i soldati tedeschi sulle spiagge non hanno alcun dubbio, al quartier generale tedesco a Saint Germain en Laye si è ancora incerti; non si sa se considerare tutto quello che accade come la vera invasione dell’Europa, oppure come una finta per sviare l’attenzione dal vero sbarco, che magari avrà luogo a oriente, a Calais, o in Olanda.

Alle 06:45 arriva al comando del gruppo d’armate B, a La Roche Guyon, il rapporto trasmesso dalla 7° armata sulla situazione del mattino.

“Profondità degli aviosbarchi nemici nella zona Orne e sud-Cotentin indica attacco su larga scala. Scopo del bombardamento costiero non ancora chiaro; apparentemente, azione di copertura in relazione ad attacchi da compiersi più tardi in altri punti. Ricognizione navale ed aerea dopo l’alba non ha ancora dato notizie”.

Quando questo rapporto vene letto da Speidel, esso è già stato superato dagli avvenimenti; lo sbarco dal mare è cominciato da quindici minuti e i primi uomini hanno messo piede sulle spiagge.

A Utah le cose vanno subito discretamente. Gli uomini dell’ 8° reggimento, 4° divisione, mettono i piedi all’asciutto incontrando una moderata resistenza. Il mare è meno mosso perché la zona è protetta dal Cotentin. I mezzi da sbarco toccano terra correttamente; solo sette affondano per strada, ma gli uomini vengono quasi tutti recuperati. Dei 32 carri armati anfibi (Shermann DD), solo quattro colano a picco o si impantanano, 28 raggiungono le spiagge con la prima ondata ed iniziano a combattere. L’apparizione dei 28 Shermann insieme con i primi uomini sbarcati sarà un durissimo colpo per i tedeschi. Al contrario, avrà un effetto galvanizzante sui soldati americani, che sapendosi ben appoggiati si spingono con foga verso l’interno. Per colmo di fortuna poi, gli americani sbarcano sulla spiaggia sbagliata! Di conseguenza la trovano meno difesa di quella che era prevista dai piani.

Alle dieci di mattina, quando a Utah beach sbarcano anche i rinforzi, il generale Theodore Roosevelt, l’unico generale al momento in prima linea, guida i suoi uomini nell’interno e verso ovest, fino a riunirsi con i paracadutisti dell’82° aviotrasportata, che aspettano dalla notte precedente sulla linea Vierville Sur Mer – Sainte Mère Eglise.

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Ad Omaha purtroppo le cose vanno invece molto diversamente. Innanzi tutto, i comandanti dell’ US Navy, preoccupati dal fitto fuoco di sbarramento delle batterie costiere, le cui salve in arrivo alzano enormi colonne d’acqua tutto intorno alle loro navi, fanno scendere sui mezzi da sbarco la 1° divisione e il 2° Ranger troppo lontano dalla costa (venti chilometri). L’eccessiva distanza causerà un aumento degli errori di rotta, delle collisioni e degli incidenti. Il mare non è peggiore che altrove, ma Omaha, tra Colleville Sur Mer a oriente e Saint Laurent a occidente, non è che una strettissima striscia di spiaggia ai piedi di un ripido dirupo fittamente fortificato, dall’alto del quale, come dirà un testimone, “ … i tedeschi ci sparavano in gola!”. Stessa cosa per il secondo battaglione dei Ranger a Pointe du Hoc, più a ovest.

Gli americani commettono un altro errore che pagheranno caro: sbarcano direttamente sotto i capisaldi fortificati, invece di prendere terra tra di essi, cioè su tratti di spiaggia meno esposti. I comandanti statunitensi pensavano che le difficoltà sulla spiaggia sarebbero state le medesime e quindi tanto valeva fare meno strada sbarcando direttamente davanti ai massicci fortini tedeschi, invece che tra di loro: è un errore madornale.

Quasi tutto il materiale, i carri e gli esplosivi del Genio finiscono in fondo alla Manica in quei venti chilometri di tragitto tra le navi e la spiaggia. A terra il caos è totale. Tutti gli ufficiali e i sottufficiali sono morti o moribondi, non c’è più catena di comando. Gli uomini lottano per la salvezza trascinandosi nella sabbia fradicia di sangue; trascinano i compagni feriti, li mettono al riparo; molti ritornano in dietro verso la battigia per recuperare altri feriti ed in genere non fanno più ritorno. Si combatte atrocemente per salvarsi la vita, aggrappati a un centinaio di metri di spiaggia, tutta spazzata dal tiro delle ben piazzate MG-42 e dei mortai tedeschi.

Venti minuti dopo aver toccato terra la compagnia di testa, la A, in pratica non esiste più. La metà dei 64 carri anfibi previsti per la prima ondata è affondata. Il Genio non riesce ad aprirsi la strada attraverso tre ordini di fortificazioni tedesche. Le perdite sono enormi.

Gli americani trovano davanti a loro il doppio dei tedeschi che pensavano di dover affrontare. Il bombardamento aeronavale preparatorio non ha ottenuto a Omaha beach lo stesso successo che altrove. La maggior parte dei dispositivi difensivi costieri è ancora operativa. Mine e trappole mortali dappertutto. I soldati statunitensi si ritrovano di fronte la 352° divisione di fanteria tedesca, rinforzata da elementi del 916° e del 726° reggimento Granatieri. Sul fianco sinistro degli americani, a oriente di Bayeux e a cavallo dell’Avre, lungo la stada Bayeux-Carentan, sta poi il Gruppo di combattimento Meyer, costituito da veterani del fronte russo.

Alle 09:30 di mattina la situazione continua ad essere grave. I tedeschi si dimostrano preparati ed eccezionalmente ben comandati. Le forze armate americane a Omaha non solo non avanzano di un centimetro, ma combattono per la sopravvivenza; il micidiale fuoco nemico le inchioda sulla spiaggia. Basta sollevarsi sulle ginocchia per essere immediatamente centrati.

La battaglia va avanti ancora accanitamente per circa tre ore, quando a mezzodì incredibilmente, forse anche grazie a una schiarita nel cielo che permette il supporto aereonavale, i soldati americani ancora vivi si accorgono che la resistenza tedesca cambia ritmo e inizia a sgretolarsi. Si aprono subito con gli esplosivi dei passaggi nei campi minati. Si lanciano ancorotti per issarsi sulle rupi. Alle quattro e mezza del pomeriggio, i primi soldati americani di Omaha beach entrano guardinghi in Saint-Laurent, a quasi due chilometri dal mare. Si fanno numerosi prigionieri tedeschi, quasi tutti vecchi o ragazzini. Cadono anche Colleville e Vierville. L’artiglieria pesante germanica batte ancora tutta l’area con terribili effetti, ma il peggio sembra alle spalle e così è: la fanteria americana resiste e all’imbrunire iniziano ad arrivare dal mare i primi Shermann e i primi cannoni anticarro da 57 mm, si arriva sulla strada Bayeux-Carentan.

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Intanto, sul versante orientale dellinvasione, la 2° armata inglese del generale Dempsey sta affrontando anche lei gli eventi.

I britannici e i canadesi si dirigono su tre spiagge (Gold, Juno e Sword) collocate lungo un fronte di 40 chilometri, tra la foce dellOrne a est e Port en Bessin a ovest.

Tocca per prima alla 50° divisione di fanteria britannica, validamente spalleggiata dai colleghi dell 8° corazzata. Alle 07:30 prendono terra a Gold, tra Arromanches les Bains e Lion sur Mer; gli uomini del pittoresco 47° Commando inglese partono da Arromanches, travolgono gli elementi del 726° reggimento di fanteria tedesco, che prova a tagliare loro la strada davanti a Bayeux e piombano come un fulmine a ciel sereno su Port en Bessin, sperando di essere raggiunti al più presto dagli americani che stanno combattendo a Omaha.

Sulla sinistra della 50° divisione, la 9° brigata da sbarco e la 2° corazzata (canadesi) sbarcano sotto il fuoco a Juno, tra La Rivière e Bernières sur Mer. Il 48° Commando dei Royal Marines copre il fianco sinistro dell 8° brigata canadese a Bernières, mentre subito a est tutta la 3° divisione di fanteria e la 22° brigata corazzata inglesi prendono terra a Sword, a cavallo della foce dellOrne, tra Lion sur Mer, a occidente, e Merville (caduta nelle mani dei parà della 6° divisione la notte prima) sulla riva orientale dellOrne. Infine, gli uomini del 4° Commando (quelli salvati dal cacciatorpediniere norvegese Svenner), che fiancheggiano la 1° brigata Sussex e l8° e la 9° brigata britanniche, rappresentano lestremo orientale di tutto lo schieramento alleato del D-day, sbarcando a Ouistream e dirigendosi su Sallenelle, sulla sponda orientale dellestuario dellOrne.

A Gold, sul far della sera del giorno D, gli inglesi sono a Bayeux con le punte avanzate della 231° e della 56° brigata ed al tramonto la testa di sbarco è un quadrato di dieci chilometri per dieci. La saldatura a est, con i canadesi di Juno si realizza senza problemi insormontabili, mentre a occidente i guastatori del 47° Commando a Port en Bessin sono ancora in attesa degli americani di Omaha, che non si fanno ancora vedere, Sainte Honorine è ancora tedesca.

Il bombardamento aeronavale inglese ha sortito effetti molto più soddisfacenti sulle spiagge e a Sword, in poco più di un ora, si aprono già dei sentieri nei campi minati per farci passare i carri armati. I britannici e i canadesi, potendo contare su un fuoco più concentrato della loro artiglieria navale, non hanno fatto scendere gli uomini dalle navi a 20 chilometri da riva, ma si sono mantenuti sempre sotto gli 11 chilometri; in questo modo hanno potuto far arrivare sulle spiagge quasi tutti il loro carri e gli equipaggiamenti. I soldati inglesi e canadesi si gettano negli acquitrini e nei campi alle spalle delle spiagge di sbarco, spalleggiati dai carri e alle 09:30 del mattino liberano Hermanville.

A occidente, la sera del giorno D, gli americani di Utah beach non si sono ancora riuniti con i paracadutisti dell82° alla base del Cotentin, ma solo un paio di chilometri li separano e ormai non manca molto. Il 7° corpo darmata statunitense ha praticamente preso il controllo della zona tra la costa ed il fiume Merderet, su un fronte concentrato di 8 chilometri a nord del canale di Carentan. A ovest del Merderet, elementi dell82° paracadutisti si sono spinti audacemente nellentroterra, dando alla testa di sbarco una profondità di circa 15-20 chilometri. La sacca di Omaha è ancora sottile, ma appare stabile e una breccia di 12 chilometri separa gli americani dagli inglesi a Port en Bessin, mentre unaltra breccia di soli 5 chilometri separa i canadesi a Juno dalla 3° divisione inglese a Sword (a Lion sur Mer).

Teoricamente, neanche uno degli obbiettivi previsti per il primo giorno dello sbarco è stato raggiunto, ma la fase di gran lunga più difficile dellintera operazione può dirsi felicemente conclusa. Fondamentali a detta degli storici sono stati i mezzi blindati anfibi; secondo Wilmot ed Eisenhower, dove arrivarono i carri con le prime ondate di sbarco, le operazioni si svolsero senza intoppi, secondo i piani.

Le perdite non saranno forse mai accertate con precisione. Allincirca, gli alleati persero tra morti e feriti 13000 uomini il primo giorno, i tedeschi circa la metà, ma non si conoscono valutazioni sicure.

La notte scende sul giorno più lungo, migliaia di incendi continuano ad ardere per chilometri nel buio. Gli alleati sono sbarcati, ma non sono stati ributtati in mare ...

 

"Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". Vol. VI. E. Biagi. 1980-86.

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Alle dieci di sera del giorno D, un auto coperta di polvere si ferma davanti al castello di La Roche Guyon, il generale che ne scende, per sparire immediatamente nell’androne del castello, è Erwin Rommel.

Sembra tranquillo e controllato, ma è scuro in volto noterà il colonnello Lattmann, responsabile dell’artiglieria del gruppo d’armate B. Rommel è scuro in volto perché durante la sua assenza il nemico non si sa come è riuscito a cogliere tutti di sorpresa ed ha sbarcato più di 150000 soldati in Normandia.

Speidel racconta di aver chiamato Rommel a Herrlingen, vicino Ulm sul Danubio, su una linea telefonica civile alle 06:00 di quella mattina, informandolo di quel che stava succedendo. Non sono rimaste tracce di questa telefonata.

Non si sa se Speidel dicesse la verità (probabile); quel che è certo è che di sicuro Rommel viene informato telefonicamente di quanto sta accadendo sulle spiagge normanne alle 10:15 e questa telefonata risulta sul diario di guerra del gruppo d’armate B. Sempre secondo Speidel, Rommel sarebbe rimasto calmissimo al telefono, ma avrebbe mormorato: “Che stupido sono stato, che stupido”. Nel giro di un’ora, la Volpe del deserto è già in viaggio per la Normandia.

Al suo arrivo a La Roche Guyon, Rommel, nonostante il lungo viaggio in auto (ai generali era vietato volare da quando gli alleati hanno il dominio del cielo), si mette subito all’opera per farsi un quadro preciso della situazione che è tutt’altro che rosea. E’ quasi mezzanotte e il nemico non è stato ributtato in mare il primo giorno come dettava la sua strategia. La bilancia inizia già ad inclinarsi a favore degli alleati.

Il generale Max Pemsel, capo di stato maggiore della 7° armata (Dollman è ancora assente!) si prende una lavata di testa da Rommel: “Lei aveva ordine d’impedire ad ogni costo che i nemici mettessero piede a terra!”.

La 7° armata infatti era quella che era stata messa in stato d’allarme in ritardo (verso le 4 del mattino secondo Blumentritt, all’una e trenta secondo il diario di guerra della 7° armata), a causa della simultanea assenza del suo comandante, Dollman e di Rommel stesso.

La 21° panzerdivision, la sola divisione corazzata che si trovasse a ridosso delle spiagge il giorno D, era dislocata tra Caen e Falaise: non aveva ricevuto alcun ordine fino alle 07:00, quando le venne comunicato semplicemente che la 21° panzer passava al comando del comandante della 7° armata!

Numerosi testimoni, tra cui Geyr Von Shweppenburg, dichiararono che Pemsel, ormai comandante ad interim della 7° armata (Dollman ancora assente), aveva ripetutamente chiesto che la divisione corazzata venisse autorizzata ad entrare in azione, senza ricevere risposta.

Stando così le cose, Feuchtinger, ritornato in fretta e furia da Parigi, decise di sua propria iniziativa di avanzare con la sua 21° corazzata in direzione della riva orientale dell’Orne, per polverizzare i paracadutisti inglesi ivi atterrati nella notte.

Poco prima delle 10 di quella mattina però Feuchtinger si sentì comunicare che la 21° panzer passava al comando dell’84° corpo d’armata e ricevette il suo primo ordine operativo: attaccare gli inglesi oramai sbarcati dal mare sulla riva occidentale dell’Orne, non i paracadutisti britannici sulla riva orientale!

Feuchtinger doveva quindi sospendere l’attacco alle forze aviotrasportate britanniche e perdere tempo prezioso per ritrasferire le punte corazzate della sua divisione sulla riva occidentale del fiume. Il suo intervento bloccò gli inglesi e i canadesi nella loro avanzata su Caen, ma il prezzo pagato fu la rinuncia ad eliminare la testa di ponte dei paracadutisti inglesi della 6° divisione sulla riva orientale dell’Orne. I parà inglesi furono così risparmiati e le batterie costiere germaniche a Merville rimasero silenziose per tutta la durata dello sbarco.

Inoltre, benché la puntata delle forze corazzate tedesche avesse raggiunto in qualche punto il litorale, nelle prime ore del pomeriggio le forze da sbarco anglocanadesi si erano attestate abbastanza saldamente da frustrare il tentativo dei tedeschi di ributtarle in mare. L’attacco dei panzer, oltre ad essere tardivo era su scala troppo limitata per raggiungere tale obbiettivo.

Max Pemsel e Feuchtinger quindi erano forse meno colpevoli di quanto poteva sembrare a Rommel.

Inoltre, era stato fin dalle 4 della mattina del 6 giugno che Von Rundstedt aveva richiesto invano di poter autorizzare l’entrata in azione del corpo corazzato di riserva strategica agli ordini dell’OKW, ricevendo risposta negativa da Jodl !

Hitler aveva saputo dell’invasione solo a metà mattinata e la decisione di autorizzare l’impiego del corpo corazzato dell’OKW arrivò a Rundstedt alle 16 del 6 giugno. Ma allora erano sorte altre difficoltà. Il grosso dell’artiglieria del corpo corazzato si trovava sulla riva orientale della Senna, ma i ponti sul fiume erano stati bombardati, di conseguenza, l’artiglieria dovette fare un lungo giro a sud per poter passare sulla riva occidentale della Senna a Parigi! Sarebbero passati ben due giorni prima che queste riserve corazzate potessero essere disponibili in Normandia e oltretutto il corpo corazzato sarebbe stato ripetutamente attaccato lungo il tragitto dai cacciabombardieri alleati che gli avrebbero inflitto pesanti perdite!

Le avanguardie della 12° Panzerdivision SS giunsero sulla riva occidentale dell’Orne solo nella tarda serata del 6 giugno ed un attacco sferrato il giorno dopo venne ostacolato dalla mancanza di carburante, mentre la divisione corazzata Lehr cominciò ad arrivare solo la sera dell’8 giugno. Si erano persi tre giorni di importanza decisiva. Dopo di che le tre divisioni corazzate (21°, 12° SS e Lehr) e quelle che seguirono vennero spezzettate e sparpagliate qua e là nel tentativo di colmare le numerose brecce apertesi in seguito allo sfaldamento delle divisioni di fanteria che presidiavano la costa.

Kurt Meyer, comandante della 12° Panzer SS (età media 18,5 anni), aveva dimostrato di trasudare fiducia da tutti i pori, quando se ne era uscito dicendo che: “ ... gli inglesi sono pesciolini e le mie truppe, il fior fiore della gioventù hitleriana, li ricacceranno in mare”.

Tra lui e Feuchtinger, comandante della 21° corazzata, i tedeschi avevano in quel settore ben 160 panzer e cinque battaglioni di fanteria meccanizzata, con i quali avrebbero potuto, spingendosi da Caen nel varco rimasto aperto tra Juno e Sword, raggiungere la costa e frammentare le forze nemiche. Ma questo contrattacco, ritardato di parecchie ore dall’aviazione alleata, si sarebbe disperso nel pomeriggio del 7 giugno in una serie di scontri confusi alle ali dello schieramento, che assorbono il grosso delle truppe tedesche e consentono al nemico di chiudere tempestivamente la breccia tra i canadesi a Juno ed i britannici a Sword.

Liberata Bayeux quasi senza lotta, alla fine del giorno D la 2° armata britannica si trova oramai saldamente attestata su una testa di sbarco larga 35 chilometri e profonda da 8 a 16, all’interno della quale Dempsey inizia tranquillamente ad ammassare le riserve necessarie per il prossimo balzo in avanti del 30° corpo d’armata. Qualcuno disse che Dempsey era stato fin troppo prudente, ma il generale britannico dimostrò molto buon senso nel non precipitarsi innanzi pur avendone le possibilità, infatti egli preferì aspettare saggiamente che il suo fianco destro, dove si trovava invece quel lago di sangue che era Omaha, si stabilizzasse definitivamente, prima di iniziare l’offensiva a sud.

“I pesciolini c’erano e ci restavano”, scrive ironicamente Wilmot.

 

Riassunto da "The other side of the hill - Storia di una sconfitta"; Liddell Hart, 1979 e

"Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale". Vol. VI. E. Biagi. 1980-86.

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La sera del 7 giugno affluiscono in Normandia gli effettivi delle divisioni del gruppo corazzato della riserva strategica, che Hitler ha dato ordine di mobilitare. Nei comandi tedeschi si diffonde un certo ottimismo, che i fatti dimostreranno essere del tutto ingiustificato.

Il poderoso corpo darmata corazzato, basato su cinque potenti panzerdivisionen, passa agli ordini di Geyr Von Schweppenburg.

I tedeschi, nonostante tutto, hanno ancora una schiacciante superiorità numerica di quasi cinque a uno sugli alleati appena sbarcati (anche se non durerà).

Hitler e Rundstedt nutrono molta fiducia, Rommel si limita ad un cauto ottimismo; al castello di La Roche Guyon i germanici non sembrano particolarmente scossi dagli avvenimenti. Il capo di stato maggiore del gruppo darmate B, Speidel, appare addirittura sereno.

Di notte si dorme in ricoveri scavati nella montagna, in locali rivestiti di caldi pannelli di quercia, provvisti di riscaldamento centralizzato e aria condizionata, difesi da trenta metri di roccia viva. La mattina, Rommel come suo solito parte per i campi di battaglia, mentre gli alti ufficiali generali si radunano nella sala del ping pong, dove hanno luogo doppi interminabili tra la coppia Speidel-Ruge e la coppia Lattmann-Queissner. Questultimo è un colonnello della Luftwaffe al posto del quale gioca qualche volta il generale Meise, capo dei servizi del Genio, che ha cominciato ad allenarsi soltanto da poco ed è ancora considerato soltanto un novellino.

Lunico a preoccuparsi veramente per la piega che sta prendendo la situazione sembra essere Rommel. Non che la fiducia lo abbia abbandonato, ma è rimasto profondamente colpito da due cose: lenorme superiorità di mezzi degli avversari, che hanno riversato e stanno riversando in Normandia fiumi apparentemente inesauribili di materiali e la facilità con cui i nemici riescono a paralizzare dal cielo e dal mare ogni movimento delle truppe germaniche.

Rommel conosceva già la spaventosa potenza dellaviazione alleata, ma aveva largamente sottovalutato (e Rundstedt è della sua stessa opinione) il tiro navale. I cannoni delle navi da battaglia sono stati per i tedeschi una pessima sorpresa, sia per gittata che per effetti.

I bombardieri nemici hanno distrutto i ponti sulla Senna, a est e sulla Loira ad ovest, isolando la Normandia e impediscono ogni movimento di truppe allo scoperto.

Ma cè un fatto che risulterà per i nazisti più letale dellaviazione alleata: Hitler e lalto comando non sono ancora convinti che lo sbarco in Normandia sia la vera invasione e si aspettano da un momento allaltro un secondo sbarco altrove, sul Pas de Calais per esempio, forse anche più massiccio del primo. Questo genere di convinzione genera nei comandanti generali lindecisione che sarà fatale alle forze tedesche in occidente.

Non sapendo bene se possono concentrare le loro forze, o se devono invece tenerle di riserva e ben distribuite lungo il fronte occidentale in vista di una seconda invasione dal mare, i generali tedeschi finiscono per dissipare le loro preziose risorse, finiscono con lo sprecarle in insignificanti contrattacchi multipli di piccola entità, atti a tappare le falle che di volta in volta si aprono sul fronte della testa di ponte normanna. La battaglia inizia a rassomigliare a una guerra di posizione, assolutamente sfavorevole ai tedeschi, anche se essi sono inizialmente in netta superiorità numerica.

Infatti succede che, mentre le perdite tedesche non possono essere rimpiazzate se non con estrema difficoltà (a causa dellaviazione alleata), gli angloamericani e i canadesi invece incominciano a ricevere sulle spiagge, attraverso i famosi Mulberries, un enorme flusso di rifornimenti di ogni genere, il cui ammontare arriva a raggiungere la cifra astronomica delle 10000 tonnellate al giorno, roba da far tremare i polsi a qualunque comandante tedesco.

Tutta la battaglia di Normandia diventa chiara, scrive Alan Moorehead, se si tiene presente questo punto: le divisioni tedesche furono attirate una per una sul fronte di sbarco e lì vennero annientate separatamente. Se avessero attaccato tutte insieme, forse avrebbero bloccato gli alleati in Normandia per 6 mesi o per un anno. La testa di sbarco poteva diventare una seconda Anzio su scala più vasta. Daltronde se Rommel avesse abbandonato la lotta in Normandia nel mese di giugno e si fosse ritirato sulla Senna, o magari anche sul Reno, la guerra avrebbe potuto durare ancora di più. Così invece favorì a meraviglia i nostri piani.

Non è colpa di Rommel o di Rundstedt: è lOKW di Hitler, che si aspetta una seconda invasione, a vietare di concentrare le forze per un attacco in massa. Per quanto concerne un ripiegamento strategico sulla Senna, o sul Reno poi, neanche a parlarne !

E qui accade unaltra cosa sorprendente, sul campo di battaglia, i tedeschi riescono per puro caso a mettere le mani su una grande quantità di documenti importanti, lintero ordine di battaglia di tutto il 7° corpo darmata americano e gli ordini operativi dettagliati di tutto il 5° corpo statunitense, che, se fossero stati letti ed esaminati con più cura, avrebbero rivelato ai tedeschi che gli alleati stavano riversando in Normandia tutto ciò che avevano e non esistevano assolutamente altri eserciti in Inghilterra che si preparassero ad un secondo sbarco!

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Il poderoso attacco dei panzer dell’ 8 giugno inizia bene, i carri Tiger e Panther sono, sotto ogni aspetto, qualitativamente superiori agli Shermann, ai Churchill e ai Cromwell e come se non bastasse i carristi tedeschi sono molto più esperti ed abili dei loro equivalenti angloamericani; tuttavia, come temeva Rommel, il netto vantaggio delle forze corazzate tedesche su quelle alleate viene annullato dall’aviazione nemica. Appena le truppe alleate si vedono minacciate o sopraffatte dai panzer, chiamano i cacciabombardieri. A causa dei continui, massicci attacchi aerei, la fascia che circonda la testa di sbarco alleata inizia a rassomigliare a un deserto lunare, interi villaggi dove si appostavano i panzer vengono inceneriti.

Inoltre, la fanteria tedesca era stata così falcidiata dai primi tre giorni di lotta, che ormai scarseggiava. Bodo Zimmermann, quartier generale di Rundstedt, sera dell’8 giugno: “ … la mancanza di fanteria costringe quindi i comandanti delle panzerdivisionen ad usare i loro mezzi blindati per arginare le puntate avversarie [che si insinuano tra i cunei corazzati: è un po’ come andare a caccia di quaglie con il cannone]. Ma in tal modo risulta impossibile mettere insieme abbastanza carri armati per tentare il famoso sfondamento”.

La cosa gravissima, come riferì anche Rundstedt, era poi che gli aerei nemici continuavano imperterriti a rallentare o bloccare del tutto qualunque movimento dei rinforzi, i quali, per arrivare dove erano richiesti, richiedevano un tempo doppio o triplo del normale; questo aveva conseguenze devastanti. I carri dovevano restare immobili e ben mimetizzati durante il giorno. Si muovevano di notte, ma anche lì, se arrivavano gli jabo era finita, il bagliore degli incendi dei primi panzer colpiti dai caccia indicava nel buio a chiunque volasse lì intorno che c’era una formazione corazzata sorpresa all’aperto, un bersaglio assolutamente impossibile da mancare. I carristi poi avevano presto imparato che l’unico modo di avere una seppur minima probabilità di restare vivi e interi era la velocità. Di conseguenza, essi non spegnevano mai i motori dei panzer, neanche da fermi: se si perdeva tempo ad avviare il motore del mezzo, si era già morti. Questo aumentava esponenzialmente i consumi di benzina e i tedeschi non navigavano certo nell’oro …

Messi saldamente i piedi a terra e coperti dall’aria, gli alleati si prefiggono due obbiettivi principali: Caen e Cherbourg (con il suo porto in acque profonde). Per conquistare la piazzaforte di Cherbourg, bisogna conquistare la penisola del Cotentin, tagliando trasversalmente la sua base. Gli americani lo sanno ed anche i tedeschi lo sanno.

Il 9 giugno, un Rommel ormai sfiduciato e ossessionato dall’aviazione nemica, ordina da La Roche Guyon di tenere Cherbourg ad ogni costo.

“Le propongo d’inviare qui sul posto alcuni dei signori dell’OKW”, aggiunge ironicamente Rommel in calce al rapporto telegrafato a Jodl, “perché si rendano conto della situazione con i loro occhi”. (L’ironia di Rommel può avere anche una sfumatura sprezzante e disperata, se si pensa che Jodl e Keitel erano burocrati che non sono mai stati su un vero campo di battaglia in tutta la guerra! Rommel li derideva apertamente e spesso si riferiva a loro chiamandoli “Chairborne soldiers”).

Alla base della penisola del Cotentin frattanto la situazione per i tedeschi sta degenerando, mentre il 7° corpo d’armata USA ha ricevuto e sta ricevendo continui rinforzi, la 7° armata di Dollman (che finalmente è ricomparso) non ha rincalzi e si sta dissanguando. “Joe” Collins, comandante del 7° corpo, è oltretutto un veterano di Guadalcanal. Purtroppo per i tedeschi, il comandante degli americani è abituato alla guerriglia nella jungla, cosa che ora gli torna inaspettatamente utilissima nel “bocage normand”, tra fossi, siepi, dossi e muretti a secco, che costituiscono un ambiente ideale per una guerra “mordi e fuggi”, fatta di piccole unità mobilissime che si spostano alle spalle dei nemici facendo danno. I tedeschi sono esperti in questo e ci contavano, ma purtroppo si ritrovano davanti Joe Collins da Guadalcanal. Il generale americano non perde tempo e avanza come un ariete, con piccole puntate di agguerriti esploratori dell’82° divisione paracadutisti, attuate su fronti ristrettissimi a cavallo delle strade principali; i carri seguono, scortati dall’aviazione. Joe Collins inizia a muoversi nel bocage come nel giardino di casa sua, i tedeschi vengono fatti a pezzi. Gli americani fanno piccoli, ma inesorabili balzi di circa 4 chilometri al giorno; il 14 giugno, Dollman comunica a Rommel che la situazione “ … somiglia ad un arco teso prossimo a spezzarsi”. I tedeschi resistono con le unghie e con i denti, ma la loro linea, sottile come un velo, oscilla e il 15 giugno l’arco si spezza e due divisioni americane ad effettivi completi dilagano oltre il fiume Douve.

Il 16 giugno, il generale Farmbacher, subentrato a Marcks (ucciso da un aereo, perché poveraccio con la sua gamba di legno non ha fatto in tempo a ripararsi) alla testa dell’84° corpo, riferisce a Rommel che il crollo della resistenza nel settore del Cotentin è questione di ore.

Ce ne vogliono altre 12 di ore per far capire ad Hitler che se non ci si ritira tutti entro i bastioni di Cherbourg la partita è chiusa. Ma l’unica ritirata che il Fuhrer possa concepire è un lento e sanguinoso ripiegare sotto il fuoco senza interrompere mai il contatto con il nemico e non, come avrebbero voluto le circostanze, un fulmineo disimpegno allo scopo di attestarsi entro le solide mura di Cherboug.

Così, per tenere il più a lungo possibile quel porto, è Hitler stesso a decretarne la caduta.

Modificato da Hobo
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