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L'offensiva delle Ardenne


W L'ITALIA

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<<Quando vidi gli ordini di Hitler per l’offensiva, fui meravigliato di riscontrare che essi prescrivevano anche i metodi e i tempi dell’attacco. L’artiglieria doveva aprire il fuoco alle 7,30 del mattino e l’attacco delle fanterie doveva essere sferrato alle 11. Nel frattempo la Luftwaffe doveva bombardare comandi e linee di comunicazione. Le divisioni corazzate non dovevano entrare in azione finchè la massa delle fanterie non avesse operato lo sfondamento. L’artiglieria era sparsa su tutto il fronte d’attacco.

Tutto questo mi parve balordo sotto parecchi punti di vista. Perciò elaborai immediatamente il piano seguendo un metodo diverso e lo illustrai poi a Model.

Model fu d’accordo con me, ma osservò sarcasticamente: “Sarebbe meglio che se la vedesse con il Fuhrer!”.

Io risposi: “Benissimo io discuterò col Fuhrer se lei verrà con me!”.

Così il 2 dicembre andammo entrambi da Hitler a Berlino.

Io misi subito le carte in tavola dicendo: “Nessuno di noi sa che tempo farà il giorno dell’attacco: Lei è sicuro che la Luftwaffe potrà fare la propria parte di fronte alla superiorità aerea degli alleati?”.

Ricordai a Hitler due precedenti occasioni, nei Vosgi, nelle quali era stato impossibile alle divisioni corazzate muoversi alla luce del giorno. E continuai:

“Tutto quello che la nostra artiglieria farà alle 7,30 sarà di svegliare gli americani, i quali, pertanto, avranno tre ore e mezza di tempo per organizzare le loro contromisure prima che cominci il nostro attacco!”.

Rilevai anche che la fanteria tedesca non era più quella di una volta e difficilmente sarebbe riuscita a compiere una penetrazione profonda come quella prevista dal piano, particolarmente in una zona talmente accidentata.

Infatti, il sistema difensivo americano consisteva in una catena di postazioni difensive avanzate e di una linea principale di resistenza ben arretrata, così che lo sfondamento sarebbe stato più difficile.

Proposi ad Hitler una serie di modifiche.

La prima era l’anticipo dell’attacco alle 5,30 antimeridiane, in modo da approfittare dell’oscurità. Naturalmente questo avrebbe comportato una limitazione dei bersagli per l’artiglieria, ma questa avrebbe potuto concentrare il fuoco su un certo numero di bersagli chiave – come batterie, depositi di munizioni e comandi – che erano stati individuati con esattezza.

In secondo luogo proposi che ogni divisione di fanteria formasse un battaglione d’assalto, composto degli ufficiali e degli uomini di truppa più esperti. (Scelsi io stesso gli ufficiali).

Questi battaglioni d’assalto dovevano muovere nell’oscurità alle 5,30 senza copertura alcuna di artiglieria e penetrare tra le posizioni difensive avanzate degli americani. Avrebbero dovuto evitare se possibile il combattimento, finchè la loro penetrazione non fosse giunta in profondità.

Proiettori della Flak dovevano illuminare il cammino per l’avanzata delle truppe d’assalto, proiettando i loro fasci di luce contro le nuvole …

Alle 4 del pomeriggio sarà già buio. Così, iniziando l’attacco alle 11 antimeridiane, ci saranno soltanto cinque ore di tempo per operare lo sfondamento. E molto dubbio che si possa arrivare in tempo.

Se sarà accolta la mia proposta si guadagneranno altre cinque ore e mezzo per lo sfondamento. E quando sarà buio potrò lanciare i carri. Essi avanzeranno durante la notte, passeranno attraverso la nostra fanteria e all’alba del giorno dopo saranno in grado di sferrare il loro attacco contro la linea principale, trovando la strada sgombra >>.

 

(Il generale Von Manteuffel a Liddell Hart. “The other side of the hill – Storia di una sconfitta”).

 

 

Secondo Manteuffel, Hitler accettò questi suggerimenti senza nemmeno un’obiezione a mezza voce. Fatto significativo, il quale fa pensare che egli fosse disposto ad ascoltare i suggerimenti quando venivano dai pochi generali nei quali aveva fiducia.

Hassomanteuffel.jpeg

Modificato da Hobo
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la battaglia delle ardenne fini com'era iniziata, con un nulla di fatto.

 

C'è da sottolineare come l'unico che avesse sentore di una possibile offensiva fu patton insieme al suo uffiaciale dello spionaggio, altrimenti tutti convinti che i tedeschi se ne stavano belli e buoni in cruccolandia, si direbbe lo stesso errore di market-garden.

 

Altra cosa curiosa l'offensiva scattò in contemporanea della 4 stella di Ike

Modificato da CHAFFEE79
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Voglio proprio ringraziarti, HOBO, per le belle pagine che pubblichi, circa le gesta di quell'eccelso comandante di unità corazzate che risponde al nome del General der Panzertruppe Hasso von Manteuffel; ufficiale che - non dimentichiamolo - dopo la fine della guerra, fu ripetutamente stimatissimo ospite del Presidente Dwight D. Eisenhower e del Generale Bill Westmoreland. Von Manteuffel, poi, tenne una serie di conferenze/lezioni, nel 1968, presso l'Accademia di West Point, riscuotendo ampio successo e gradimento.

Modificato da sorciverdi58
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A di nulla: purtroppo non sono pagine mie.

 

Hitler sarà anche stato pazzo, ma purtroppo non tutti i pazzi sono anche stupidi ed Hitler era tutto meno che stupido.

 

L’intero schieramento a occidente è così suddiviso: dal nord verso il sud, Gruppo di armate “H” (le comanda il generale dei paracadutisti Kurt Student), Gruppo d’armate “B” (Walter Model), Gruppo di armate “G” (Balck, poi Paul Hausser), Gruppo di armate “Oberreihn” (Heinrich Himmler).

Solo il gruppo di Model è impegnato nell’offensiva.

Il guaio principale è che i carri armati hanno in partenza un’autonomia del tutto insufficiente: 250 chilometri, invece dei 500 indispensabili per essere sicuri di arrivare ad Anversa. Anzi, Manteuffel, uno dei più esperti generali carristi, fa presente all’OKW che gli occorrerà cinque volte il quantitativo standard di benzina; e questo in considerazione del terreno su cui si va a operare (boscoso e collinare, che impone quindi alti consumi di carburante) e per di più coperto di neve.

Ne otterrà una volta e mezzo lo standard, con un consolante commento: il Fuhrer conta sulla cattura dei depositi di benzina degli alleati [alcuni generali riferirono poi di aver giudicato questa sparata “… una trovata da caporali …” ndr.]. La prospettiva, in verità, è meno sciocca di quanto può sembrare. [Come si vedrà in seguito].

 

Quando alle 5,30 del 16 dicembre i primi proiettili dell’artiglieria tedesca iniziano a cadere sul fronte tenuto dall’8° corpo d’armata americano ed i soldati statunitensi dei posti avanzati si accorgono con orrore di essere circondati da agguerrite truppe d’assalto tedesche infiltratesi nottetempo, al comando supremo alleato a Reims si è ancora completamente all’oscuro di tutto.

Il giorno prima, Eisenhower ha ricevuto da Washington la comunicazione della sua promozione a “general of the Army”, con una quinta stella da apporre alle quattro che già si trovavano sulle sue spalline ed aveva avuto luogo una piccola festicciola a base di champagne, molto castigata per la verità, nello stile di Eisenhower.

 

Alle 9,30, quattro ore dopo l’inizio dell’offensiva, nessuna notizia è ancora giunta al comando supremo. In quel momento Bradley è a Versailles, al Trianon Palace, in conferenza con Eisenhower: vivono dell’ignoranza della mazzata che si sta abbattendo sul disgraziato 8° corpo d’armata di Troy H. Middleton.

Il sistema di comunicazioni americano è lento; tant’è vero che la notizia giunge al Trianon solo alle 17,30.

Badell Smith, calmissimo, batte una mano sulla spalla di Bradley e gli dice: “Bene Brad, volevate un’offensiva: ora ce l’avete”.

Non ha capito nulla della gravità della situazione. Bradley invece ha un lampo d’intuizione e ribatte: “Si, ma non così grossa!”.

La situazione degli alleati al momento dell’inizio dell’offensiva tedesca è la seguente: su un fronte lungo 700 chilometri sono attestate 73 divisioni delle quali 50 americane, le altre sono inglesi, canadesi e francesi.

Il settore interessato dall’offensiva tedesca è coperto dalla 1° Armata USA, in particolare, il punto di sfondamento è quello tenuto dall’ 8° corpo d’armata, il cui fronte si sviluppa per circa 120 chilometri [sul versante occidentale della valle dell’ Our, grossomodo da Malmedy a nord, fino al Lussemburgo e ad Echternach a sud; ndr.].

L’unico che capisce lucidamente la situazione è proprio l’ufficiale più colpito dall’offensiva, cioè Troy Middleton, comandante dell’ 8° corpo. Non ha perso la testa. Consultato da Bradley, dimostra di aver compreso i fini di “Herbstnebel”: penetrazione fino ed oltre la Mosa, spaccatura tra americani e inglesi, successive manovre di annientamento delle unità superate e circondate.

Middleton fa infatti osservare a Bradley che le Ardenne non possono essere ragionevolmente l’obbiettivo di un’azione di tanta portata; nelle Ardenne non c’è nulla di appetibile, solo boschi e colline con scarse vie di comunicazione. Dunque il nemico mira più in là; e Middleton suggerisce di operare un’azione ritardatrice fino alla Mosa. “Possiamo rallentare la marcia dei tedeschi ed intanto voi li attaccate sui fianchi del cuneo di penetrazione”.

E’ esattamente quello che faranno gli alleati; ma non sarà un compito facile anche se gli alti comandi sono ottimisti; un ottimismo fondato sul fatto che rispetto al 1940 molte cose sono cambiate, compreso il rapporto di forze. E qui sbagliano, perché di fronte ai 70.000 soldati americani che tentano di arginare l’avanzata nel settore delle Ardenne ci sono 250.000 tedeschi.

 

(Da “Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale” E. Biagi, volume VII. 1980-1986)

 

Sotto, il Maggior Generale Troy Middleton, comandante dell' VIII corpo e, a quanto ne so, principale responsabile della scelta di tenere Bastogne e della strategia alleata vincente nella "battaglia delle Ardenne".

 

 

Middleton,Troy-02.jpg

Modificato da Hobo
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solo quel pazzo di Hitler credeva ancora che con questa operazione potessero cambiare le sorti della guerra.

La guerra era già segnata da un pezzo.

 

Secondo me sbagliò l'obiettivo primario, se quelle stesse forze fossero state destinate al fronte orientale, avrebbe perso lo stesso la guerra, ma magari la Germania attuale avrebbe ancora la Slesia e soprattutto i civili tedeschi sarebbero stati risparmiati da tante atrocità.

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Sul fronte orientale in quel momento Hitler faceva fatica a sopravvivere, immagina a contrattaccare. Sapeva che a primavera ci sarebbe stata la consueta offensiva sovietica, incontenibile.

 

<< L’offensiva venne sferrata il 16 dicembre su un tratto di 115 chilometri fra Monschau (a sud di Aquisgrana) ed Echternach (a nord-ovest di Treviri). Ma l’attacco della 7° armata nel settore meridionale in realtà non contava perché l’armata poteva mettere in linea soltanto quattro divisioni di fanteria.

Il colpo principale fu vibrato su un fronte più ristretto , di appena 25 chilometri, dalla 6° armata corazzata di Sepp Dietrich, composta dal 1° e dal 2° corpo corazzato SS, con l’aggiunta del 67° corpo di fanteria. Sebbene avesse più divisioni corazzate della 5° armata, anche la 6° era un “peso leggero” per il compito assegnatole.

Il destro di Sepp Dietrich venne bloccato per tempo dalla salda difesa degli americani a Monschau. Il suo sinistro sfondò e l’avanzata, rasentando Malmedy, conquistò il 18 un passaggio sull’ Amblève, oltre Stavelot, dopo aver percorso una cinquantina di chilometri dall’inizio dell’attacco, ma venne ostacolata dall’angusta stretta e poi bloccata da una mossa americana. Nuovi sforzi fallirono di fronte alla resistenza americana rafforzata di continuo dall’afflusso delle riserve e così l’attacco della 6° armata corazzata fallì.>>

 

La 5° armata corazzata di Manteuffel attaccò su un fronte più largo, di una cinquantina di chilometri. Manteuffel mi fece uno schizzo del suo dispositivo e dell’operazione. Il 66° corpo d’armata di fanteria era all’ala destra e premeva in direzione di Saint-Vith.

 

<< Era stato schierato in quel settore deliberatamente perché gli ostacoli erano maggiori e le possibilità di rapido progresso minori che più a nord >>.

 

Il 58° corpo corazzato era al centro. tra Prum e Waxweiler. Il 47° corpo corazzato era a sinistra, tra Waxweiler e Bitburg e premeva in direzione di Bastogne.

Alla partenza, i due corpi corazzati comprendevano soltanto tre divisioni e, nonostante i recenti rinforzi, ciascuna divisione aveva soltanto da sessanta a cento carri, cioè da un terzo, alla metà degli effettivi.

Le divisioni corazzate di Sepp Dietrich erano molto più forti per numero di carri.

Sul fronte di Manteuffel l’offensiva ebbe un inizio favorevole.

[<< I miei battaglioni d’assalto si infiltrarono rapidamente nel fronte americano come gocce di pioggia. Alle 4 pomeridiane i carri si misero in movimento e poi si spinsero innanzi nelle ore notturne con l’aiuto del chiaro di luna artificiale. A quell’ora erano stati gettati alcuni ponti sul fiume Our. Passando su questi ponti a mezzanotte circa le divisioni corazzate raggiunsero la posizione principale americana alle 8 del mattino, poi chiesero l’appoggio dell’artiglieria e sfondarono rapidamente.

Ma Bastogne si rivelò un ostacolo durissimo. Parte del guaio era dovuto alla decurtazione delle forze della 7° armata, poiché il suo compito era di bloccare le strade che da sud vanno a Bastogne. Varcato l’Our a Dasburg, il 47° corpo corazzato doveva superare un’altra difficile stretta a Clervaux, sul fiume Woltz. Questi ostacoli, unitamente ai rigori dell’inverno, determinarono il ritardo dell’avanzata. La resistenza tendeva a liquefarsi dovunque i carri arrivavano in forze, ma le difficoltà di movimento annullavano il vantaggio della scarsa opposizione incontrata nella prima fase. Quando i carri si avvicinarono a Bastogne, la resistenza aumentò. >>

 

Il 18 i tedeschi furono sotto Bastogne, dopo un’avanzata di quasi 50 chilometri dalla linea di partenza; ma durante la notte precedente il generale Eisenhower aveva messo a disposizione del generale Bradley due divisioni aviotrasportate, l’82° e la 101°, allora dislocate nei pressi di Reims. L’82° fu mandata a rafforzare il settore nord, mentre la 101° veniva trasportata in gran fretta, per mezzo di autocarri, a Bastogne. frattanto parte della 10° divisione corazzata americana era arrivata a Bastogne appena in tempo per aiutare un reggimento della 28° divisione, assai malconcio, a tenere in scacco la minaccia iniziale dei tedeschi. Quando la 101° divisione aviotrasportata arrivò, la notte del 18, la difesa dell’importantissimo nodo stradale era consolidata. Nei due giorni seguenti vennero eseguite puntate contro Bastogne, di fronte e sui fianchi, ma tutte andarono a vuoto.

Il 20 Manteuffel decise che non si doveva perdere altro tempo pur di spazzare via l’ostacolo.

<< Andai avanti io stesso con la divisione corazzata Lehr, aggirai Bastogne da sud e il 21 mi spinsi su Saint Hubert. La seconda divisione corazzata, a sua volta, si spinse innanzi a nord di Bastogne. Per coprire queste avanzate feci circondare Bastogne dalla 26° divisione territoriale appoggiata da un reggimento di granatieri corazzati prelevato dalla divisione Lehr. Frattanto il 58° corpo corazzato avanzava superando Houffalize e Laroche, dopo aver deviato momentaneamente a nord per minacciare il fianco delle forze americane che bloccavano il 66° corpo nei pressi di Saint Vith e per aiutare quest’ultimo a proseguire.

La decisione di circondare Bastogne comportò tuttavia un indebolimento delle mie forze per l’avanzata e perciò ridusse la probabilità di raggiungere la Mosa a Dinant. Inoltre, la 7° armata era ancora in dietro, sulla Wiltz che non era riuscita ad attraversare. La 5° divisione paracadutisti, che si trovava alla sua destra, attraversò il mio settore e si spinse innanzi lungo una delle strade che da Bastogne si dirigono a sud, ma non l’oltrepassò. >>]

 

"The other side of the hill - Storia di una sconfitta. Liddell Hart, 1956"

 

(Notare come Bastogne fosse sempre un nodo stradale fondamentale nei discorsi dei generali di entrambi gli eserciti. Le poche vere strade delle Ardenne si riunivano ed incrociavano in pochissimi centri nodali; uno di questi è Bastogne, un altro è Saint Vith, più a nord. Chiunque avesse voluto entrare e uscire dalle Ardenne o farci passare i suoi rinforzi, doveva essere padrone di questi nodi stradali, o sarebbe finito male, quindi tedeschi ed americani se li contesero violentemente).

 

[La situazione era adesso meno favorevole e potenzialmente più pericolosa di quanto credesse Manteuffel. Infatti le riserve alleate affluivano da ogni parte e la loro forza superava di molto quella che i tedeschi avevano gettato nell’offensiva. Il maresciallo Montgomery aveva assunto temporaneamente il comando di tutte le forze sul fianco settentrionale della breccia e il 30° corpo britannico era stato trasportato sulla Mosa, di rincalzo alla 1° armata americana.

 

(Eisenhower infatti, con molto buon senso, aveva deciso di passare sotto il comando di Montgomery tutte le forze americane che erano venute a trovarsi a nord dello sfondamento tedesco e cioè la 1° armata americana di Courtney Hodges e 9° di William Simpson. Questa decisone si rivelò ragionevole ed utile, ma suscitò poi un vero vespaio di polemiche.

A sud invece, a disposizione di Omar Bradley rimane la 3° armata di un certo George S. Patton, alle cui dipendenze si ritroveranno anche il generale T. Middleton e la 101° aviotrasportata, con il suo vicecomandante McAuliffe, che verrà usata come fanteria normale a Bastogne. Il consiglio dato da Middleton a Patton, suo superiore, e cioè tenere a tutti i costi Bastogne, si rivelerà uno dei più azzeccati, se non il più vincente, di tutta la battaglia delle Ardenne, come scriverà lo stesso Patton a Middleton. Patton infatti, almeno inizialmente, non aveva capito nulla. In una riunione dei comandanti di armata con Heisenhower a Verdun, Patton sbotta: “Bisogna lasciar andare questi porci fino a Parigi, saltargli addosso e ridurli in poltiglia!”. Saggiamente Ike risponde: “George, non è proprio il caso di lasciargli attraversare la Mosa”. Altro che lasciarli andare fino a Parigi!).

 

Sul fianco meridionale della breccia due corpi della 3° armata americana del generale Patton avevano piegato a nord e il 22 uno di essi sferrò un forte attacco sulla strada Arlon – Bastogne; sebbene la sua avanzata fosse lenta, la minacciosa pressione (degli americani; ndr.) determinò una sempre maggiore diminuzione delle forze di cui Manteuffel poteva disporre per l’avanzata.

I giorni favorevoli sono passati. La puntata di Manteuffel suscitò allarme al quartier generale alleato, ma era troppo tardi perché la minaccia fosse veramente seria. Secondo il piano, Bastogne doveva essere occupata il secondo giorno, mentre non era stata raggiunta che il terzo giorno ed era stata oltrepassata (girando sui fianchi) solo il sesto giorno.

Un piccolo cuneo spinto innanzi dalla 2° divisione corazzata arrivò il 24 a pochi chilometri da Dinant, ma questo fu il limite estremo dell’avanzata e il cuneo venne presto amputato]

 

"The other side of the hill - Storia di una sconfitta. Liddell Hart, 1956"

 

Il 24 dicembre, vigilia di Natale, le punte più avanzate della 2° SS Panzer, comandata dal generale Lammerding, sono arrivate a 30 chilometri da Dinant e a 6 dalla Mosa; i capicarro, ritti sulle torrette dei loro veicoli, vedono dall’alto delle colline il fiume, esattamente come lo avevano visto 53 mesi prima i soldati di Rommel. Ma questa volta, il passaggio della Mosa non ci sarà: la 2° Panzer trova sulla sua strada la 2° corazzata USA, comandata dal generale Harmon, che la blocca, la accerchia e la distrugge.

Il giorno dopo Natale, anche la spinta offensiva della 6° Panzerarmee di Sepp Dietrich si è esaurita. Prima di tutto perché i carri armati hanno esaurito il carburante, ma anche perché la resistenza delle forze alleate sul bordo settentrionale del saliente si irrigidisce di ora in ora.

Hitler “ha perso l’autobus” del maltempo. I metereologi avevano previsto giusto: 8-10 giorni di cielo coperto, poi sereno. Poiché l’offensiva non ha raggiunto i suoi risultati entro quel lasso di tempo, ora i tedeschi se la devono vedere con l’aviazione nemica. Il generale Vandenberg lancia la sua 9° Forza Aerea, in impaziente attesa su circa cento aeroporti sparsi dalla Scozia a Bruxelles; 4.000 aeroplani riempiono con un carosello continuo (15.000 missioni in pochi giorni) il cielo delle Ardenne.

La Luftwaffe non è assolutamente in grado di contrastarli; Goring manda una forza aerea raccogliticcia , rastrellata disperatamente in tutti gli aeroporti tedeschi, a bombardare le basi nemiche in Francia e Belgio; gli 800 velivoli di Goring non raggiungono alcun risultato, salvo quello di farsi decimare dai Mustang e dai Thunderbolt americani; hanno distrutto 125 aerei a terra, ne hanno perduti più di 200.

 

Il 23 dicembre è una giornata radiosa, l’aviazione americana può sviluppare tutta la sua spaventosa potenza distruttiva.

Commento di Patton estasiato: “Ah! Magnifica giornata per un macello di tedeschi ! ".

 

A questo punto, Rundstedt, Model, Guderian suggeriscono a Hitler di ripiegare dietro la Linea Sigfrido, ma il Fuhrer risponde di no, perché sogna un nuovo ritorno offensivo che avrà come base le Ardenne e come obbiettivo l’Alsazia. Hitler fantastica una cavalcata di panzer tra Sarreguemines e Haguenau, a cavallo della catena dei Vosgi, che dovrebbe travolgere la 7° armata USA, quella del sud, comandata da Alexander Patch. Il risultato dell’ostinazione di Hitler è che le migliori unità corazzate tedesche vengono frantumate da terra e dal cielo dalla controffensiva alleata.

 

"Una storia di uomini - La Seconda Guerra Mondiale. E. Biagi. Vol. VII. 1980-86"

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Per capire meglio come si svolse loffensiva delle Ardenne e per capire meglio le differenze dei mezzi degli opposti schieramenti ho inserito le caratteristiche dei principali carri armati che presero parte alle operazioni.

 

Tiger II

 

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Equipaggio: 5

Lunghezza: 10,30 m

Larghezza: 3,76 m

Altezza: 3,09 m

Peso: 68,7 t

Velocità: 35

Autonomia: 170

Armamento primario: 1 cannone 88 mm KwK 43 L/71,2

Armamento secondario: 2 MG34 da 7,92 mm

Corazzatura: max 185 mm - min 40 mm

 

Nonostante il legame dato dal nome, la struttura del Tiger II era completamente diversa da quella del Tiger I e si richiamava a quella del Panther con l'inclinazione dello scafo anteriore ripresa dal T-34 russo, che era in grado di ridurre notevolmente la potenza delle granate perforanti usate dai carri pesanti.

Vennero aggiunte le opportune modifiche come l'aumento della corazzatura in generale, quella anteriore sfiorava i 150 mm e inclinata a 50°, e da piastre laterali spesse 80 mm e inclinate a 25°. La parte posteriore era composta da un'unica piastra spessa 40 mm, mentre la torretta aveva una piastra frontale spessa 180 mm e inclinata di 9°, con una scudatura del cannone sagomata a "muso di maiale" (tedesco: Saukopfblende) spessa 100 mm.

Ovviamente la notevole corazzatura comportava un peso notevole, e con le sue 68,7 tonnellate, il Tiger II fu uno dei carri armati più pesanti impiegati durante la seconda guerra mondiale. Come motore il Tiger II peccava in fatto di velocità e maneggevolezza, come propulsore fu scelto lo stesso del Panther ma molto potenziato, un Maybach HL 230 P30, un diesel che sviluppava 750 cavalli, e che era in grado di muovere le 70 tonnellate del carro ad una velocità di 38 km/h su strada e di 20 km/h su altri fondi; mentre l'elevato consumo di carburante comportava che gli 860 litri di gasolio contenuti nel suo serbatoio assicurassero una autonomia massima di 170 chilometri.

Come armamento principale era utilizzato il temutissimo cannone 88 L71 Kwk 43 ad alta velocità iniziale (con una dotazione di 72 granate) in grado di sparare proiettili controcarro alla velocità di 1.020 metri al secondo e con una gittata utile di 2.200: grazie alle doti balistiche dell'arma era possibile aver ragione delle corazzature a disposizione degli Alleati ben prima che i corazzati nemici si portassero a distanze pericolose. Il Tiger II fu il carro armato più potente di tutta la seconda guerra mondiale e superiore a qualsiasi mezzo alleato.

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Tiger I

 

 

Equipaggio: 5

Lunghezza: 8,24 m

Larghezza: 3,73 m

Altezza: 2,86 m

Peso: 56 t

Velocità: strada 38 , terreno accidentato 16

Autonomia: su strada: circa 110

Pendenza: 60 %

Armamento primario: cannone 88 mm KwK 36 L/56 (92 colpi)

Armamento secondario: 1x 7.92mm MG34 (Coassiale 2400 colpi) 1x 7.92mm MG34 (Prua 2400 colpi)

Corazzatura:

-Scafo-

frontale: 100mm

laterale: 82mm

posteriore: 82mm

-Torretta-

frontale: 100mm

scudo: 110mm

laterale: 82mm

posteriore: 82mm

 

« "Il rumore prodotto dal Tigre, dal suo motore e dai suoi cingoli, era qualcosa che ti gelava il sangue nelle vene. Quando sapevamo che nella nostra zona c'erano mezzi di questo tipo semplicemente ci ritenevamo già morti. Tra noi si diceva che se un colpo ti centrava senza ucciderti, avevi solo tre secondi per balzare fuori dal tuo carro prima dell'arrivo del secondo proiettile…tanto impiegavano infatti i carristi tedeschi a ricaricare il loro pezzo". » (Un carrista britannico)

 

Il nuovo mezzo era dotato di scafo saldato, caratterizzato da linee perfettamente squadrate con corazzatura che raggiungeva lo spessore di 110 mm e che rappresentava, insieme all'armamento, il punto di forza del Tiger: il carro armato tedesco venne realizzato infatti prima che gli ingegneri e costruttori tedeschi imparassero la lezione del T-34 russo nel quale le piastre di protezione, notevolmente inclinate, conferivano una capacità di resistenza pressoché identiche a quelle dei carri tedeschi pur dotati di una corazzatura più spessa ma costituita da piastre verticali. L'armamento principale era costituito dal cannone anticarro KwK 36 da 88 mm (lungo 56 calibri) che, installato in torretta e protetto da una pesante scudatura d'acciaio spessa 110 mm, era in grado di perforare qualunque carro alleato a distanza superiore di 2.000 metri, mentre con i carri pesanti sovietici del tipo JS-3 si rivelava inefficace, soprattutto a lunga distanza.

Le peculiari caratteristiche tecniche del mezzo e la difficile logistica legata al peso elevato e alla relativa fragilità del carro fecero si che il Tiger I non fosse distribuito normalmente nelle Panzer-Division, si preferì invece creare ad hoc una quindicina di battaglioni carri per l'Esercito (Heer) e le Waffen-SS, con un organico di 45 Tiger I ciascuno. Alcune divisioni corazzate particolarmente 'fortunate' ricevettero nel loro organico dapprima qualche compagnia di carri, mentre alcuni reparti di carri da demolizione Borgward ricevettero dei Tiger al posto dei più usuali StuG come veicoli di telecomando dei veicoli esplosivi. Il Tiger I venne impiegato sul fronte orientale, occidentale e meridionale con buon successo, specie dopo che furono studiate tattiche appropriate per l'impiego di un sistema d'arma così complesso. A volte era sufficiente nominare il solo nome Tiger per creare panico e scompiglio tra le fila dei carristi e soldati alleati. Per distruggere un Tiger in buona posizione mimetica e difensiva servivano in media 5 carri armati Sherman. A tal proposito è celebre la battaglia di Villers-Bocage, dove un Tiger comandato dall'obersturmführer Michael Wittmann in meno di un'ora distrusse 21 carri armati britannici e altri 28 veicoli corazzati. Il Tiger rimase un ostico e pericoloso avversario per tutti i carri nemici fino alla fine della guerra.

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Phanter IV

 

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Equipaggio: 5

Lunghezza: 8,86 m

Larghezza: 3,27 m

Altezza: 3 m

Peso: 44 t

Velocità: 46

Autonomia: 170 km

Armamento primario: cannone 7,5 cm KWK 42 L/70 mm

Armamento secondario: 2 MG34 da 7,92 mm

Corazzatura:

Scafo - frontale: 80/35°

laterale: 50/60°

retro: 40/60°

Torretta - frontale: 110/79°

scudo: 100 mm

laterale: 45/65°

retro: 45/65

 

Il Panther fu messo immediatamente in produzione, nella speranza che fosse disponibile già in buon numero per la primavera del 1943; in particolare Hitler desiderava che l'offensiva programmata per l'estate del 1943, volta all'eliminazione del saliente di Kursk, e denominata Operazione Zitadelle, fosse condotta potendo contare già su un certo numero di Panther. L'offensiva venne anche rimandata per aspettare che un primo reparto di 200 carri (la 10. Panzerbrigade) fosse disponibile. Le gravi lacune nell'impiego vanificarono gli sforzi compiuti per allestire i 200 Panther, il cui apporto alla battaglia fu praticamente nullo: in quell'occasione i Panther, nella versione Ausf D, mostrarono gravi difetti di affidabilità meccanica, imputabili in gran parte all'affrettata messa a punto e ai non completi collaudi dei nuovi mezzi piuttosto che a imperfezioni progettuali.

Difatti, dopo un'ulteriore intensa fase di collaudo e messa a punto, i Panther iniziarono ad essere impegnati massicciamente, contrastando efficacemente i carri pesanti sovietici ed alleati, in Normandia e sul Fronte Orientale.

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Sherman

 

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Lunghezza: 6,12

Larghezza: 2,64

Altezza: 3,43

Peso: 28

Velocità: 40

Autonomia: 160

Pendenza massima: 60°

Armamento primario: M3 75 mm per carri (97 colpi)

Armamento secondario: secondario=2 x MG 0,33 in (7,62 mm) 1 x MG Browning 0,5 in (12,7 mm)

Corazzatura: 15 (minima) 76 (massima)

 

Le esperienze belliche dimostrarono abbastanza presto che il cannone M2 da 75 mm, pur essendo abbastanza potente, non era in grado di competere con i migliori carri tedeschi (Panther e Tiger), quindi nella seconda metà del 1944 fu sostituito con un cannone da 76.2 mm lungo. Alcuni carri ebbero come armamento principale un obice da 105 mm, per uso contro bersagli non protetti.

Le munizioni erano immagazzinate con tre colpi direttamente a portata di mano del caricatore, una serie di 12 colpi a disposizione nel cestello di torretta, altri nei vani laterali accessibili sia al caricatore sia al capocarro ed infine sotto il cestello della torretta, disponibili al capopezzo. In ogni caso era una pratica comune caricare munizioni in ogni angolo disponibile.

Gli spessori di corazzatura erano:

scafo 51 mm frontale (successivamente aumentato a 63 mm), 38 mm laterale

torretta da 76 mm a 51 mm

Questi spessori erano insufficienti, dato che potevano essere penetrati dai proiettili del KwK 40 7.5 cm L/48 montato sui PzKpfw IV a 2000 m di distanza.

(informazioni prese da Wikipedia e in risistemate da me)

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Queste descrizioni fanno capire fanno capire la netta superiorià qualitativa dei mezzi tedeschi nei confronti di quelli alleati. Addirittura il Tiger II raggiungeva quasi il peso si un Abrams.

Modificato da W L'ITALIA
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Si, non è un Panther, è un panzer IV, un carro ottimo, ma della generazione precedente rispetto al Panther e che aveva denunciato qualche carenza rispetto al T-34 russo, specie al T-34-85.

 

In realtà, il miglior carro tedesco a detta di tutti fu proprio il progetto SdKfz. (Sonderkraftfahzeug: veicolo speciale)) 171, Panzerkampfwagen V, detto Panther. A causa del miglior equilibrio tra peso potenza armamento. Infatti il Panther, pur avendo un 88 mm come i Tiger era però più agile e questo vuol dire tutto. Tra i suoi difetti più immediati cera forse unaltezza giudicata eccessiva, ma che affliggeva comunque la gran parte die carri dellepoca. Il Panthe infatti era alto 3 metri, contro i 2,72 del T-34-85, da molti giudicato il miglior MBT di tutta la guerra. Un carro dalla sagoma bassa infatti può nascondersi meglio dietro ripari come rovine, cespugli, ecc … e quindi può tendere imboscate e sfuggire con più facilità.

In questo senso, fu forse ancora migliore del Panther la sua versione cacciacarri, lo Jagdpanter V, semovente cacciacarri considerato assolutamente letale. Privato della torretta girevole, lo Jagdpanther era alto solo 2,70 metri ed aveva una sagoma molto sfuggente.

Molto utile si rivelò anche la versione cacciacarri del Panzer IV, alto solo 1,85 metri, ma più leggero e armato solo con il 75 mm, che comunque era pur sempre eccellente.

La dote più importante per un carro è la velocità, sia del mezzo, sia del suo equipaggio (osservare, puntare, sparare, ricaricare, spostarsi, riosservare …).

<< Parlando dei diversi tipi di carro armato e delle rispettive qualità, Thoma osservò che dovendo scegliere fra una corazza spessa e una forte velocità avrebbe sempre scelto quest'ultima...>>

"The other side of the hill-storia di una sconfitta. Liddell Hart".

 

Panzer V Panther

 

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4e/PanzerV_Ausf.G_1_sk.jpg

 

Jaghpanther

 

http://www.historyofwar.org/Pictures/jagdpanther_langeweg.jpg

 

Jagdpanzer IV

 

http://www.missing-lynx.com/articles/german/jll70/Image415.jpg

 

Notare anche un'altra soluzione tedesca per impedire la presa delle mine anticarro magnetiche: lo Zimmerit veniva spalmato sulla superficie delle corazze per renderle irregolari.

 

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/8a/Zimmerit_Tiger_II_1_Bovington.jpg

Modificato da Hobo
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75 mm. Colpo diretto!

 

I carristi toccano, quasi con gesto scaramantico, la corazza del loro Tiger che, questa volta, ha tenuto.

 

bundesarchiv_bild_101ip51e.jpg

 

 

Fine di uno Sherman inglese davanti la chiesa di Lingèvres (Normandia). Sul frontale si contano almeno quattro colpi centrati da 88 mm che l'hanno trapassata come burro.

 

panzer54.jpg

Modificato da Hobo
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Chiedo scusa per l'errore madornale! Ne ero così convinto che non ci avevo manco guardato! Il Panther aveva il 75 mm lungo! (che era ottimo anche lui).

 

Tornando in topic.

Il 19 dicembre la situazione è questa: le punte corazzate tedesche sono profondamente penetrate nel dispositivo avversario, ma già mostrano segni di stanchezza. Sepp Dietrich per esempio ha già bruciato quattro divisioni corazzate contro la "spalla" di Malmedy, a nord della base del cuneo, inoltre dappertutto la fanghiglia sta bloccando Panther e Tiger. Ed è a questo punto che si inserisce l'incredibile avventura del gruppo di combattimento Peiper. E' un gruppo che dispone di circa 100 carri, quasi tutti quelli della 1° Panzerdivision SS del generale Mohncke, dal quale nominalmente dipende Peiper e viene usato appunto per aggirare e scalzare la "spalla" di Malmedy.

Peiper è il criminale che ha distrutto il villaggio piemontese di Boves, trucidandone trentadue abitanti. E' stato premiato con una promozione. Anche in Belgio dà la misura della sua ferocia (ed è, per la verità, l'unico episodio di brutalità di tutta l'offensiva): massacra a raffiche di mitragliatrice una settantina di americani che s'erano arresi.

Il gruppo supera Stavelot e una colonna si dirige verso Spa, a nord. Poi improvvisamente fa marcia in dietro. Sono arrivati a meno di 6 chilometri dal più grande deposito di carburante [sul suolo europeo; ndr.] degli alleati e non l'hanno preso (!!!). Nel giro di 48 ore il gruppo di Joachim Peiper senza più un goccio di benzina dovrà abbandonare i carri; gli uomini, alla spicciolata, cercheranno di rientrare nelle loro linee. Ottocento di loro ce la faranno.

 

 

[Joachim Peiper ammazzò a sangue freddo una settantina di soldati americani che aveva catturato, appartenenti alla batteria osservatori del 285° Gruppo d'artiglieria americano, nel buio del tardo pomeriggio del 20 dicembre 1944, al bivio per Baugnez, sulla strada che da Saint-Vith va a Liegi. Peiper fu condannato a morte dopo la guerra, pena poi commutata all'ergastolo; morì nel misterioso incendio della sua villetta, il 14 luglio 1976, a Digione, dov'era solito andare in vacanza ...]

 

"Una storia di uomini - La seconda Guerra Mondiale. E. Biagi. 1980-86"

 

Come si è visto, la teoria di Hitler secondo cui si potevano raggiungere i depositi alleati di carburante non era poi così pazzesca come sembrava.

Modificato da Hobo
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Sono arrivati a meno di 6 chilometri dal più grande deposito di carburante [sul suolo europeo; ndr.] degli alleati e non l'hanno preso (!!!). Nel giro di 48 ore il gruppo di Joachim Peiper senza più un goccio di benzina dovrà abbandonare i carri; gli uomini, alla spicciolata, cercheranno di rientrare nelle loro linee. Ottocento di loro ce la faranno.

 

Ricordo di aver visto un film a riguardo......sai il titolo?

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Ricordo di aver visto un film a riguardo......sai il titolo?

 

La battaglia dei giganti, del 1965, un bel film d'annata, e anche lì mostravano i soldati tedeschi travestiti da americani che tentavano d'infiltrarsi per creare confusione nelle linee alleate.

 

;)

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Ob's stürmt oder schneit,

Ob die Sonne uns lacht ...

 

 

... Mit donnernden Motoren,

Geschwind wie der Blitz,

Dem Feinde entgegen,

Im Panzer geschützt.

Voraus den Kameraden,

Im Kampf steh'n wir allein,

Steh'n wir allein,

So stoßen wir tief

In die feindlichen Reihn ...

 

Nella neve, o nella tormenta,

O sotto il sole bruciante

 

Tra l'ululato dei motori

Ci precipitiamo contro il nemico

Chiusi nelle nostre corazze.

I nostri camerati dietro di noi,

Affrontiamo da soli il nemico

Si, combattiamo soli

Noi sfondiamo le linee,

in mezzo al grosso degli avversari ...

 

 

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Ardenne, inverno 1944.

Nonostante il valore dei soldati tedeschi, la realtà fu ben diversa da quella sperimentata nel 1940.

I rinforzi alleati che giungono da nord e da sud sono incommensurabilmente superiori sotto ogni aspetto a quelli su cui possono contare i tedeschi. La differenza è sostanziale ed è questa: i tedeschi praticamente di rinforzi non ne hanno. Non sono state previste riserve tattiche e men che meno strategiche (semplicemente perchè non esistevano).

Model aveva spietatamente raggranellato, con un talento tutto suo, ogni soldato tedesco in grado di reggere un fucile al di sotto dei 70 anni d’età, riuscendo a mettere insieme circa 250.000 uomini abbastanza ben equipaggiati, cosa che lascerà di stucco i generali alleati, i quali davano la guerra per finita e scommettevano ormai solo sul quando questo sarebbe successo, se entro il Natale oppure dopo; l’affondo dei Tiger e dei Panther nelle Ardenne tolse loro questa bella sicurezza.

La dura realtà è che però l’offensiva si rivela nient’altro che una pazzesca partita d’azzardo, l’ultima per i tedeschi, che la perdono nonostante i sacrifici e gli sforzi fatti.

L’aviazione alleata e un fatto terribilmente concreto con cui le truppe germaniche devono ora fare i conti e sono conti tutti in rosso per i nazisti.

Passato il brutto tempo che impediva agli aerei di volare, nonostante l’ormai consolidata maestria nel mimetizzare i carri durante il giorno (appresa in Russia), coprendoli con zolle erbose o con alberi tagliati o ficcandoli dentro case e granai, i mezzi corazzati germanici non possono più uscire e muoversi di giorno: i Thunderbolt e i Typhoon ne fanno strage ed anche durante la notte uscire e viaggiare allo scoperto è pericoloso per i tedeschi. Come se non bastasse poi cala su di loro come una mannaia l’insindacabile dictat dell’ago dell’indicatore dei serbatoi del carburante, che oramai segna rosso fisso e non c’è più nulla da fare, la partita è chiusa, gli uomini devono saltare fuori ed abbandonare i carri rimasti a secco se si vogliono salvare la pelle.

Il valore dei comandanti tedeschi è però fuori discussione e le truppe dell’una e dell’altra parte continuano a battersi bene.

Ancora il 23 dicembre:

<< … malgrado la grande superiorità americana in quel settore, i paracadutisti della 5° divisone del colonnello Heilmann cedono terreno molto lentamente. Passa Natale e Bastogne è ancora assediata. La mattina del giorno di Santo Stefano le avanguardie della 4° corazzata sono a 6 miglia da Bastogne. Gaffey alle 14 telefona a Patton: “Posso rischiare?”.

“Di che si tratta?”.

“Vorrei lanciare su Bastogne il combat command R. Il terreno è gelato, i carri vanno bene”.

“Vai”.

Alle 16,50 il plotone del tenente Bogess (3 Sherman e mezza dozzina di Half-tracks) intravede tra gli alberi un gruppetto di uomini in uniforme americana: sono i genieri del 316° battaglione, uno dei reparti assediati. Il caposaldo è sbloccato. La resistenza è costata 482 morti e 2449 feriti, Bastogne entra nella leggenda.

Ma la battaglia delle Ardenne non è ancora finita.>>

 

<< L’anno nuovo nasce con pessimi auspici per i tedeschi. Il 3 gennaio Montgomery attacca – finalmente! – il fianco nord del cuneo di penetrazione. Come sappiamo, Patton è già da parecchi giorni all’offensiva sul fianco sud. Le dimensioni della sacca si riducono di ora in ora. Il 5 gennaio la punta del cuneo – che era arrivata come si sa a 6 chilometri dalla Mosa – è ora retrocessa ad est di Rochefort (30 chilometri dal fiume). Dieci giorni dopo i tedeschi sono respinti a Houffalize (70 chilometri dalla Mosa).

Ma l’anno nuovo porta guai anche in casa alleata: scoppia infatti la grana delle dichiarazioni di Monty alla stampa.

Il maresciallo inglese infatti è noto per il suo caratteraccio, per l’infinita arroganza, per la straordinaria supponenza. La decisione di Eisenhower di affidargli anche le unità USA del fronte settentrionale della sacca ha dato fiato alla sua vanità. E così se ne esce il giorno 7 gennaio con un’apologia del proprio operato che, nient’affatto celatamente, comporta una critica pesante nei confronti degli americani. Praticamente si attribuisce tutti i meriti della controffensiva.

Nei comandi americani esplode l’indignazione. Negli Stati Uniti l’opinione pubblica ribolle. Il giorno seguente, l’8 gennaio, Bradley fa delle controdichiarazioni, ristabilendo la verità; ma i rapporti tra i due alleati si sono pericolosamente incrinati. Bradley va da Eisenhower e gli dice chiaro e tondo che se per caso ha in testa di mettere tutte le forze di terra sotto il comando di “Monty” lui non accetta.

“Rimandatemi in America”, conclude Bradley.

Ike arrossisce, balbetta qualcosa, ma è chiaramente in difficoltà. sa benissimo che Patton è della stessa idea e che ha detto a Bradley: “Brad, se tu vai, io vengo via con te”.

Gli americani hanno ragione da vendere. Hanno subito soli l’enorme pressione dell’offensiva tedesca, hanno sopportato le perdite, hanno organizzato e sferrato la controffensiva e “dopotutto”, scrive Bradley, “non solo eravamo competenti quanto gli inglesi, ma oramai gli USA avevano impegnato 50 divisioni nel teatro europeo, in confronto alle 15 dell’Inghilterra”.

Ci vorrà del bello e del buono per rimettere insieme i cocci …>>.

 

<< Il risultato è che il 17 gennaio la 1° armata USA torna sotto il comando di Bradley. Per fortuna, nel frattempo, i comandanti di teatro non si sono lasciati coinvolgere nella diatriba e hanno continuato nella distruzione delle forze nemiche incuneatesi nella sacca.

Alla fine di gennaio 1945 la sacca è quasi completamente eliminata, il grosso delle forze tedesche (quelle che sono riuscite a sottrarsi all’implacabile morsa) si è ritirato dietro la linea Sigfrido. Il 7 febbraio non c’è più un tedesco nel saliente, anzi, le forze alleate nel settore nord sono addirittura avanzate mediamente di 30 chilometri rispetto all’andamento della linea qual era il 16 dicembre, all’inizio dell’operazione Herbstnebel.

Non solo è tramontata per sempre l’utopistica speranza di Hitler di capovolgere le sorti del conflitto, ma la Germania ha perso le ultime forze valide per contrastare l’imminente offensiva russa di primavera.

Il bilancio delle perdite alleate è pesante: 6.700 morti, 33.400 feriti, 18.900 dispersi. In totale assommano a 59.000 uomini, l’equivalente di quattro divisioni. Inoltre gli angloamericani devono riconoscere di aver subito una dura lezione: troppo ottimisti, troppo superficiali i comandi superiori, troppo rilassate le truppe. Soprattutto scriteriati i pianificatori dello Stato maggiore che hanno trascurato la difesa sui fianchi, il che ha impedito una pronta reazione all’infiltrazione tedesca, anche se le “spalle” del dispositivo hanno resistito bene all’urto. Insomma, gli angloamericani sono stati a un pelo dal disastro: bastava che il colonnello Peiper si impadronisse degli 11 milioni di litri di benzina del deposito di Adriment perché – forse – il sogno folle di Hitler si tramutasse in tragica realtà >>.

 

Da “Una storia di uomini – La Seconda Guerra Mondiale”. Di E. Biagi 1980-’86. Vol. VII. Pag 2324.

Modificato da Hobo
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Effettivamente, Hobo, Monty aveva un pessimo carattere; oltre ad essere un vero e proprio "pallone gonfiato".

La sua supponenza, poi, continuò ben oltre il termine del secondo conflitto mondiale.

Era, infatti, intrattabile e antipaticissimo anche quando ricopriva il ruolo strategico di vicecomandante supremo di tutte le forze della NATO; ruolo che ricopri' dal 1951 al 1958.

Modificato da sorciverdi58
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Da dove estraevano i tedeschi quel poco petrolio che avevano?

 

Utilizzavano la cosidetta "benzina sintetica", trasformando il carbone (e, più esattamente, attraverso l'idrogenazione dei catrami di carbon fossile o di lignite), a mezzo di un costosissimo procedimento chimico/fisico. Detta benzina - prodotta in fabbriche sotterranee - era di due tipi: una (a maggior numero di ottani) destinata agli aeromobili; l'altra (meno pregiata) destinata a tutti i veicoli.

Da non dimenticare, poi, che in Romania (e, in particolare, in Bessarabia) vi erano pozzi petroliferi di una certa rilevanza. Sciaguratamente per i tedeschi, però, a iniziare dal 1943, i grossi bombardieri americani riuscirono ad effettuare sistematici raids nella ricca zona di Ploesti, mettendo così in ginocchio le già misere scorte di carburante naziste.

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Ploesti, Romania.

Hobo, perdonami, ma nel mio precedente intervento, dopo aver citato la c.d. "benzina sintetica", avevo proprio nominato la città di Ploesti (o Ploiesti, se preferisci) quale sede di pozzi petroliferi e raffinerie (che, peraltro, esistono ancora ai giorni nostri).

Tieni, ad ogni buon conto presente, che l'Armata Rossa riuscì a liberare detta zona solamente nell'agosto del 1944; e fino a questa data, nonostante i massicci bombardamenti americani (effettuati a mezzo dei B 24, già a partire dalla fine primavera 1943, con decollo dalle basi situate nella ns. ex colonia libica), in ogni caso, un po' di carburante i nazisti riuscivano a spedirlo in Germania.

Preciso, infine, come Ploesti fosse ben difesa dalla FLAK; e come vi fossero, nei paraggi a presidio, tanto basi di caccia della Luftwaffe, quanto basi della Forza Aerea Romena.

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