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Mighty Mouse


Gian Vito

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Mighty Mouse: il razzo aria-aria FFAR da 2,75”

 

Concepito come arma principale di molti intercettori degli anni ’50, il razzo da 70 mm era concettualmente un derivato dei razzi R4M utilizzati dai tedeschi nella seconda guerra mondiale, razzi che sicuramente avevano impressionato gli americani. I primi prototipi del nuovo razzo (Mk1) pare siano stati realizzati alla fine del 1945, con testate inerti. Solo verso il 1948 si arriverà al modello finale Mk4, realizzato dal Naval Ordnance Test Station e prodotto su larga scala dal 1949.

 

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Il razzo, presto soprannominato “Mighty Mouse” (dal personaggio di un cartone animato), avrebbe dovuto superare le limitazioni delle armi automatiche, sempre meno adeguate al compito di abbattere bersagli sempre più veloci. Soprattutto nel tiro frontale, la velocità di avvicinamento relativo non consentiva di puntare e sparare un numero sufficiente di proiettili. Il razzo, ad alette pieghevoli (la sigla FFAR sta per Folding Fin Aerial Rocket) e stabilizzato per rotazione, veniva lanciato da contenitori aerodinamici o da razziere retrattili o direttamente da contenitori all’interno della fusoliera degli intercettori. Lungo 1,2 metri e pesante 8,4 kg, era dotato di una spoletta a impatto e di una carica di 6 libbre (2,7 kg). Il motore in soli 1,3 secondi accelerava il razzo ad una velocità variamente indicata in 2,5-3 mach, a seconda della velocità del vettore. La portata non era elevata. Teoricamente si potevano raggiungere i 6000 metri. In pratica la velocità decrescente (dopo 3000 metri si dimezzava), il calo di traiettoria e la dispersione elevata non consentivano di superare i 3400-4100 metri. Naturalmente, nel caso di attacco contro bersagli in avvicinamento frontale, si poteva effettuare il lancio da maggiore distanza. Benchè fosse possibile il tiro di singoli razzi, l’impiego era previsto in salve, di solito a multipli di sei (6-12-18-24 ecc.) utilizzando degli intervallometri e un sistema di dispersione incorporato nei contenitori. Era possibile anche il lancio dell’intero carico in 2-3 salve o in una singola salva (ben 104 razzi, sugli F89, lanciati in 0,4 secondi !). Fino a 9000 metri di quota la dispersione era contenuta in limiti accettabili e si riteneva possibile colpire il bersaglio anche con una salva di 6-12 razzi. A 12000 metri si consigliava il lancio di tutti i 24 razzi.

 

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L’intercettazione ideale avveniva con la tecnica della “rotta di collisione”. L’intercettore veniva guidato, da terra, fino a 30 miglia dal bersaglio, sul fianco della formazione nemica. Qui il radar di bordo localizzava i bombardieri e l’aereo si dirigeva verso il “punto futuro”, la zona dove si sarebbero trovati i bersagli nei minuti successivi. L’”aggancio” avveniva ad 8 km di distanza e 30 secondi dal lancio. Il pilota selezionava il numero di razzi, premeva il bottone di lancio e restava in attesa: i razzi sarebbero partiti automaticamente al momento migliore, calcolato dal computer, per assicurare l’abbattimento. La dispersione era alta: la “rosa” copriva un settore della grandezza di oltre “un campo di football” alla distanza di impatto prevista. Considerato che un Tu 95 è lungo una cinquantina di metri, la probabilità di colpire era discreta. Naturalmente era possibile, anche se sconsigliato, il lancio manuale. Dopo il lancio l’intercettore rompeva il contatto salendo o picchiando.

 

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Vantaggi: l’attacco su rotta di collisione, rendeva invisibile l’intercettore fino al momento del lancio dei razzi, poiché presentava la sezione frontale. I bombardieri invece avrebbero presentato il fianco, con una eccellente traccia radar ed ottica, in movimento trasversale. E questo avrebbe, inoltre, messo fuori gioco le grandi quantità di chaff sganciate nel settore posteriore dai bombardieri, che avrebbero invece messo in difficoltà un caccia costretto ad attaccare in coda.

 

Svantaggi: i razzi, in realtà, non garantivano l’impatto. Anche lanciati in gran numero, erano efficaci solo contro grandi bombardieri, poco manovrabili. Come dimostrato in molte esercitazioni, i piccoli aerobersagli Firebee sfuggivano regolarmente alla distruzione. Questa storiella è illuminante:

 

http://209.157.64.200/focus/f-vetscor/1511880/posts

 

L’esempio americano venne seguito da molti paesi, come il Regno Unito (razzi RN da 2”) o la Francia (68mm SNEB) che dotarono di razziere i loro intercettori. Declassato poi all’attacco al suolo, il razzo ritrovò nuova vita. Prodotto in milioni di pezzi, è ancora oggi un’arma apprezzata.

 

circa a metà filmato: l’F89 Scorpion

 

qui, invece, l’F94 Starfire.
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veramente belle foto specialmente quella in cui i specialisti mettono le armi interne. la carica esplosiva quanto era potente? :helpsmile:

 

La carica era di 2,7 kg e veniva paragonata ad un proiettile da 90mm in pieno sul bersaglio. In altri termini, sufficiente per abbattere con un singolo razzo qualunque bersaglio aereo.

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  • 2 anni dopo...

grazie della risposta. cmq il razzo non aveva guida perciò l' aereo si doveva trovare perfettamente davanti per colpirlo :rolleyes:

 

Potevi trovarti dove ti pareva, bastava rispettare pedissequamente rotta e velocità di intercettazione dettate dal calcolatore elettronico (oggi computer di controllo del fuoco). Se ce l'aveva il tuo navigatore bene, sennò dovevi ubbidire a quelli della guida caccia a terra. Come scritto sopra, la rotta era di collisione, cioè salivi a razzo con il tuo caccia puntando un punto situato davanti al bersaglio, guidato da un computer che faceva si che i tuoi razzi venissero sparati nel punto e al momento più opportuni. Calcolando il tempo di volo dei razzi e tenendo conto che nel frattempo il bersaglio vola in avanti, il calcolatore diceva quando sparare.

Lo sparo era automatico, comandato dal calcolatore e solo confermato contemporaneamente con il pollice della sola mano destra (questo in caso di malfunzionamento del computer).

I razzi erano fatti soprattutto per distruggere bombardieri, come testimonia la storia dell'Hellcat ed erano un vero spasso per i piloti. Primo, appena lanciati per un attimo non vedi più nulla a causa dei fumi e, secondo, su aerei tipo l'F-89 la vera domandona era quanto fossero a tenuta stagna le saldature dei serbatoi di estremità alare, i quali trovandosi dietro ai razzi venivano completamente avvolti dalle loro fiammate al momento del lancio. Come se non bastasse poi, sull'F-89 i razzi inferiori nel muso (presto abbandonati) avevano la fiammata che poteva finire nelle prese d'aria dei motori.

Una soluzione simile (fuel/rocket) fu usata anche su diversi aerei prima di essere abbandonata. In questo modo una stessa stazione poteva portare più cose, tra i più recenti i Mirage-III sudafricani con robe tipo i JL-100: anche lì i piloti si facevano parecchie domande al momento dello sparo...

 

jl100loaded.jpg

 

 

Alla fine arrivarono gli AIM-4 Falcon. (Sull'F-89 li misero sempre alle estremità alari e sempre per la gioia dei piloti):

 

northropf89hwithaim4fal.jpg

Modificato da Vultur
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