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Su Ernesto "Che" Guevara e altri guerriglieri


Ospite galland

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Ospite galland

Il 22 gennaio 1924, morì Lenin. Era un giorno piovoso.

 

Ricordo ch’io accompagnai nell’ascensore il duce e De Bono.

 

" Con la morte di Lenin hai un nemico in meno", disse De Bono.

 

"No abbiamo un immortale in più!" esclamò Mussolini.

 

Quinto Navarra Memorie del commesso di Mussolini Longanesi & C., Milano, 1983

 

 

Ma nella fantasia ho l'immagine sua/

 

Gli eroi son tutti giovani e belli

 

Francesco Guccini "La locomotiva"

 

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La "politicità" dell'argomento del topic necessita di un chiarimento: non tratto la figura di Guevara a fini ideologici e neppure agiografici. Mi ricollego, piuttosto, ad un tema affrontato più volte nel forum, a vario titolo: quello della guerriglia.

 

Personalmente rifuggo gli stereotipi e si corre il rischio di caderci parlando di una delle poche icone rimaste alla sinistra marxista.

 

Comincio affrontando proprio il tema di questa persistenza: nulla di peggio di un rivoluzionario che diviene uomo di potere, invecchia e va in pensione. La barba canuta di Fidel Castro non riscuote nessuna simpatia. Guevara cadde da combattente nel tentativo di ampliare l'esperienza rivoluzionaria cubana nel Sud America. Forse aveva compreso che il socialismo in un'isola sola è ancor più perdente di quello in un paese solo. La morte eroica gli ha assicurato una lunga vita.

 

Il mito di Guevara persiste, paradossalmente, proprio per la sua sconfitta.

 

Tanto premesso vorrei dargli una collocazione storica che potrebbe risultare inconsueta o addirittura provocatoria: vedo Guevara come un teorizzatore della guerriglia che si pone come anello conclusivo di una catena di rivoluzionari quali T.E. Laurence, O. Wingate, John Brown, Carlo Pisacane, Giuseppe Garibaldi, Carlo Bianco di Saint Joroz. Figure storiche che, nelle loro innegabili essenziali differenze hanno un comune: denominatore quella di essere figure di rottura, "di limite" dominate dall'idealismo di una missione, che sovente – unica eccezione quella di Garibaldi – si tronca tragicamente e travalica nel mito, trasforma l'uomo in eroe.

 

Figure, se inserite in eserciti regolari, invise ai soldati di carriera per il loro essere riformatori del pensiero militare pronti a stracciare le vecchie, consolidate regole per crearne di nuove.

 

Al breve scritto di Guevara spero di farne seguire altri delle figure storiche della guerriglia, che ho sopra nominato. Risalterà come ho affermato l'essenziale unità del loro pensiero in campo militare. Differente il pensiero politico, identici i metodi di lotta.

 

Vorrei chiudere con una osservazione: nel ciclo storico apertosi con l'undici settembre il radicalismo islamico non ha espresso un capo politico – militare della preminenza e del carisma di un Guevara. A parte i macellai tagliatori di teste iracheni la stessa figura di Osama Bin Laden non è né quella di un mistico ma neppure quella di un guerrigliero. Il fatto che si mostri con al fianco un fucile non ne fa certo un combattente. Dovremmo riflettere su questa circostanza.

 

guevara1.jpg

 

CHE COS'E' UN GUERRIGLIERO

 

Ernesto "Che" Guevara

 

Non c'è probabilmente paese al mondo in cui il termine "guerrigliero" non sia per il popolo il simbolo di un desiderio di libertà. Soltanto a Cuba questo termine aveva un senso ripugnante. La nostra rivoluzione, che esercita un'azione liberatrice in tutti i propri prolungamenti, ha riabilitato questo termine. Sapevamo tutti che coloro i quali avevano simpatizzato col regime spagnolo schiavista, e avevano preso le armi per difendere, da franchi tiratori, la corona di Spagna, erano dei guerriglieri; da allora, a Cuba, questa parola era rimasta il simbolo di tutto quanto nel paese era cattivo, retrogrado e marcio. Eppure, un guerrigliero non è questo soltanto; al contrario, egli è per eccellenza il combattente in favore della libertà; è l'eletto del popolo, l'avanguardia combattente di questo popolo nella sua lotta di liberazione. Contrariamente a quel che si pensa, la guerra di guerriglia non è una guerra minuscola, la guerra di un gruppo minoritario contro un esercito potente; no, la guerra di guerriglia è la guerra del popolo intero contro il dominio oppressivo. Il guerrigliero è la sua avanguardia armata; quanto all'esercito, sono tutti gli abitanti di una regione o di un paese a costituirlo. È questa la ragione della sua forza, del suo trionfo a breve o a lunga scadenza, su tutte le potenze che tentano di opprimerlo; in altri termini: la base e il fondamento della guerriglia sono nel popolo.

 

È inconcepibile che piccoli gruppi armati, quali che siano la loro mobilità e la loro conoscenza del terreno, possano sopravvivere, senza questo potente ausiliario, alla persecuzione organizzata di un esercito ben equipaggiato. Prova ne è il fatto che tutti i banditi, tutte le bande di malfattori finiscono con l'essere vinti dal potere centrale; e si ricordi che questi malfattori rappresentano per gli abitanti della regione un'altra cosa; rappresentano una lotta per la libertà, anche se sotto una forma caricaturale.

 

L'esercito guerrigliero, esercito popolare per eccellenza, deve avere, sul piano individuale, tutte le migliori qualità del miglior soldato del mondo. Deve fondarsi su una rigorosa disciplina. Se le formalità della vita militare non si addicono alla guerriglia, se non c'è né colpo di tacchi né rigido saluto, né subalterne spiegazioni davanti al superiore, ciò non significa che non ci sia disciplina. La disciplina del guerrigliero è interiore; viene dalla convinzione profonda nell'individuo, di questa necessità di obbedire al superiore, per garantire l'efficacia dell'organismo armato di cui fa parte ma anche per difendere la propria. In un esercito regolare, la minima disattenzione di un soldato è sorvegliata dal compagno piú vicino. Mentre nella guerra di guerriglia, in cui ogni soldato costituisce un'unità e un gruppo, ogni errore è fatale. Nessuno può permettersi la minima disattenzione. Nessuno può commettere il minimo passo falso, poiché ne va della sua vita e di quella dei suoi compagni.

 

Spesso, questa disciplina priva di formalismo non si nota. Per osservatori poco informati, il soldato regolare, che si appoggia a tutto l'apparato della gerarchia, ha l'aria di essere molto più disciplinato del guerrigliero, che obbedisce con un rispetto semplice e commosso alle istruzioni del suo capo. Eppure, l'esercito di liberazione è stato un esercito mondo dalle tentazioni umane più banali, senza che ci sia stato mai un apparato di repressione, senza servizi di sorveglianza sull'individuo posto di fronte alla tentazione. Era lui stesso a controllarsi. Era la sua rigorosa coscienza del dovere e della disciplina.

 

Soldato disciplinato, il guerrigliero è anche un soldato molto agile, fisicamente e mentalmente. Una guerra die guerriglia che sia statica non è immaginabile. Tutto avviene di notte. Grazie alla loro conoscenza del terreno, i guerriglieri si spostano di notte, occupano le loro posizioni, attaccano il nemico e si ritirano. Non è necessario che si ritirino molto lontano dal teatro delle operazioni; occorre semplicemente che si ritirino molto in fretta.

 

Il nemico concentrerà immediatamente sul punto attaccato tutte le sue unità di repressione. L'aviazione lo bombarderà, le unità tattiche lo accerchieranno, i soldati avanzeranno, ben decisi ad occupare una posizione, che però è illusoria.

 

Il guerrigliero si accontenta di presentare un fronte al nemico. Ritirandosi un poco, aspettando il nemico, scatenando una nuova battaglia, compie la sua particolare missione. L'esercito può così essere sfiancato per ore o per giorni. Il guerrigliero popolare aspetta dalle sue posizioni d'osservazione e attaccherà nel momento opportuno.

 

La tattica della guerriglia comporta altri principi fondamentali. La conoscenza del terreno dev'essere perfetta. Il guerrigliero non può non conoscere il luogo in cui attaccherà; deve conoscere tutti i sentieri utili alla ritirata come tutte le vie d'accesso della zona, le case amiche e nemiche, i luoghi meglio protetti, quelli in cui si può lasciare un ferito, quelli in cui si può insediare un accampamento provvisorio, in breve: deve conoscere il teatro delle operazioni come le sue tasche. E ci riesce perché il popolo, che è il cuore dell'esercito guerrigliero, sta dietro ad ogni operazione.

 

Gli abitanti del luogo trasportano, informano, curano, riforniscono i combattenti: costituiscono i complementi, enormemente importanti, della loro avanguardia armata.

 

Di fronte a tanti particolari, di fronte a questo accumularsi di necessità tattiche del guerrigliero, occorre domandarsi: "per che cosa lotta?" Ed ecco la grande risposta: "Il guerrigliero è un riformatore sociale. Il guerrigliero prende le armi per manifestare le violente proteste del popolo contro i suoi oppressori, e lotta per trasformare il regime sociale che mantiene tutti i suoi fratelli disarmati nell'obbrobrio e nella miseria. Si batte contro le condizioni particolari delle istituzioni in vigore in un determinato momento, e si consacra a spezzare, con tutta la forza che gli è consentita dalle circostanze, le forme di queste istituzioni."

 

Tocchiamo qui un punto importante: abbiamo detto che, sul piano tattico, il guerrigliero deve conoscere il terreno e le sue vie di accesso e di ritirata, che deve manovrare rapidamente, usufruire del sostegno del popolo, sapere dove nascondersi. Ciò equivale a dire che il guerrigliero svilupperà la sua azione in regioni selvagge e poco popolate. In queste regioni, la lotta di rivendicazione del popolo si situa di preferenza, e quasi esclusivamente, sul piano della trasformazione che deve prodursi nella composizione sociale della proprietà della terra. In altri termini, il guerrigliero è prima di tutto un rivoluzionario rurale.

 

É l'interprete della grande massa contadina che vuol essere padrona della terra, padrona dei suoi mezzi di produzione, del suo bestiame, di tutto ciò per cui ha lottato per anni, di ciò che costituisce la sua vita e che sarà anche la sua tomba.

 

È per questo che attualmente, a Cuba, i membri del nuovo esercito che marcia trionfalmente dalle montagne d'Oriente e dell'Escambray, dalle pianure dell'Oriente e di Camagúey, di tutto il paese, portano come un'insegna la Riforma Agraria.

 

Si tratta di una lotta che, probabilmente, sarà lunga quanto fu lunga quella per lo stabilirsi della proprietà individuale. Una lotta che i contadini hanno condotto con maggiore o minor successo nel corso della storia ma che ha sempre suscitato il fervore popolare. Essa non è una proprietà della Rivoluzione. La Rivoluzione ha raccolto questa insegna in mezzo alle masse popolari e l'ha fatta sua. Ma già molto prima, dal tempo della sollevazione dei coltivatori dell'Avana; da quando i negri avevano tentato di ottenere il diritto alla terra nella grande guerra di liberazione che è durata trent'anni; da quando i contadini si erano impadroniti con mezzi rivoluzionari del Realengo 18,[1]la terra era al centro della lotta per una vita migliore.

 

Questa riforma agraria si fa a poco a poco; è cominciata timidamente nella Sierra Maestra, si è spostata verso il Secondo Fronte Orientale e verso il Massiccio dell'Escambray, poi è stata dimenticata per qualche tempo nei cassetti ministeriali e poi è risorta imperiosamente con la definitiva decisione di Fidel Castro; è questa riforma, occorre ripeterlo, che fornirà la definizione storica del movimento del 26 luglio.

 

Questo movimento non ha inventato la Riforma Agraria; ma la realizzerà. La realizzerà integralmente, fino a quando non ci sia più un solo contadino senza terra né una terra non dissodata. Allora, forse, il Movimento non avrà più ragione di esistere, ma avrà assolto la sua missione storica. Il nostro compito è di arrivarvi. L'avvenire dirà se ci sono altre imprese da realizzare.

 

19 febbraio 1959

 

 

[1]Si tratta di un episodio della guerra ispano-cubana. I realengos erano terre di proprietà della corona spagnola. In genere non dissodate o coltivate male, erano oggetto di scandalo per i contadini privi di terra. Ancora nel '59 la parola serviva a designare le terre vietate ai contadini. [N.d.T.]

 

 

 

 

 

Ecco un video con la bella Nathalie Cardone in un clip su una nota canzone sul Che

 

 

Piacerà anche a Paperinik (la cantante voglio dire)!

Modificato da Psycho
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Ecco un video con la bella Nathalie Cardone in un clip su una nota canzone sul Che

 

 

Piacerà anche a Paperinik (la cantante voglio dire)!

 

 

Bello il video....magari un paio di scene hot a metà non avrebbero guastato! :rotfl:

 

Scherzi a parte Galland voglio complimentarmi per il tuo post. Decisamente ben trattato l'argomento. Non condivido tutto-tutto, ma hai certamente evitato di cadere in certa retorica tipica di quando si parla del Che e ancora più quando si parla della Guerrigla.

Modificato da paperinik
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