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"Junkers Ju 88 Schnellbomber"


Blue Sky

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Il Factotum della Luftwaffe

 

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Prefazione

"La macchina della propaganda di Joseph Göbbels, portavoce della Germania Hitleriana, tuonava: “Dov’è l’Ark Royal?”. La stessa domanda doveva essere posta molte volte nel corso dei successivi due anni, ma la prima volta fu il 26 settembre 1939. Nel pomeriggio di quel giorno, quattro Ju 88 avevano bombardato la flotta britannica nel Mare del Nord".... Aerei nati per un compito specifico hanno talvolta dimostrato di prestarsi ad impieghi diversi con buoni risultati, Un esempio tipico di questa filisofia è il bimotore tedesco Ju.88, concepito nel 1935 come bombardiere veloce e che dieci anni dopo (quando con 14 676 esemplari costruiti, senza contare prototipi e derivati cessò la produzione), aveva servito egregiamente come bombardiere a tuffo, assaltatore, ricognitore, pattugliatore marittimo, posamine, silurante, caccia pesante diurno, caccia notturno, nonché come macchina per collegamento, esperimenti di ogni genere, e persino come bomba volante.

Le prime azioni belliche spettano al 1° Gruppe del Kampfgeschwader 30 che, formato il 22 settembre 1939, quattro giorni dopò attaccava forze navali britanniche in quella famosa azione che fece erroneamente ritenere affondata la portaerei Ark Royal e danneggiato l’incrociatore da battaglia Hood. Da allora l’impiego dell’agile bimotore si estese a tutti i fronti di guerra, e lo Ju.88 operò largamente anche nelle versioni da caccia distinguendosi in ogni forma di attività, dal contrasto ai convogli nell’Artico alla cooperazione coi sommergibili in Atlantico (ove si oppose a lungo ai velivoli del Coastal Command e ai caccia imbarcati), all’azione diretta contro i corazzati nel deserto africano e in Russia, nelle operazioni aeronavali in Mediterraneo (particolarmente importante l’episodio di Creta) e al ciclo operativo balcanico. Gli Ju.88C, sino alla fine del 1942 furono concentrati quasi interamente in funzione offensiva nel settore mediterraneo. Con le versioni successive, loJu.88 passò in prevalenza alla funzione difensiva; come caccia notturno lo Ju.88 si dimostrò formidabile, e su di esso l’asso Maggiore Heinrich Zu Sayn Wittgenstein conseguì ben 83 vittorie. L’aereo conobbe una certa ripresa di attività come bombardiere nel dicembre 1943, sull’lnghilterra per un breve periodo (un altro fu nell’aprile ‘44, contro le basi dei convogli d’invasione). lI 3 marzo ‘45, lo Ju.88 eseguì l’ultima azione contro l’inghilterra. Oltre che dalla Luftwaffe, lo Ju.88 fu impiegato anche dalle forze aeree della Finlandia (23 aerei per il P LeLv44), che dopo il 4 settembre 1944 li impiegò contro i tedeschi. Lo stesso era avvenuto dopo il 23 agosto 1944 per gli Ju.88A-4 e D1 rimasti alla Romania dopo l’uso che ne aveva fatto il 5 Grupul (Sq. 75, 76 e 77) contro l’URSS. Fino alla fine combatterono invece gli Ju.88A-4 del 4/III Gruppo da bombardamento magiaro. Una cinquantina di Ju.88, di cui (forse) alcuni D.1 per la 172 Sq. Ric., ma per la maggior parte A-4, furono forniti all’aeronautica italiana, che non fece in tempo ad immetterli in servizio operativo prima dell’armistizio: erano destinati al 9° e 10° Stormo e ai Gruppi 38° e 51° BT. L’ultima forza aerea a fare uso del bimotore tedesco fu quella francese, che dal settembre 1944 formò coi velivoli recuperati sul territorio liberato il Groupe FFI Dor montato su Ju.88A-4, che operò contro sacche di resistenza tedesche nell’Estuario della Gironda e La Rochelle, e che poi, trasformato nel Gruppo 1/31 « Aunis », passò ad operare in Atlantico. I suoi aerei, cui si erano aggiunti esemplari costruiti in Francia, a guerra finita passarono alla Scuola di Cazaux.

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Storia ed Evoluzione Cap.1°

 

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Abbandonato il programma per un «Kampf-Zerstörer », ossia un velivolo capace di assolvere le funzioni di bombardiere, ricognitore, assaltatore e caccia pesante, il Servizio tecnico del ministero dell’Aria tedesco ritenne più realistico richiedere una macchina specializzata per il compito fondamentale, quello del bombardamento: nella primavera del 1935 emanò quindi le specifiche per uno « Schnellbomber », bimotore (Con i Daimler-Benz DB 600 Aa da 1000 CV al decollo) triposto di elevate prestazioni, tanto da giudicare sufficiente per la sua difesa una sola mitragliatrice. Tra i requisiti essenziali, la massima semplicità di costruzione in serie: ciascun esemplare non doveva richiedere più di 30000 ore/uomo di lavoro. Questo eccezionale aereo da guerra fu creato in risposta alla specifica della Luftwaffe per uno Schnellbomber (bombardiere veloce). Fra l’altro, il velivolo doveva essere in grado di mantenere i 500 km/h per 30 minuti, portare un carico di bombe di 800 kg e utilizzare piccole piste. Alla fine, i progetti rivali della Henschel (Hs 127) e della Messerschmitt (Bf 162 rielaborazione del BF-110) furono ritirati e la Junkers ebbe via libera. I lavori iniziarono nel gennaio 1936. Due anni prima la Junkers aveva abbandonato la sua tradizionale tecnica costruttiva con rivestimento in lamiera ondulata ma, accortasi di essere indietro nelle più moderne tecniche a guscio, assunse due ingegneri familiarizzatisi con le più recenti tecniche costruttive statunitensi, W.H. Evers e Al Gassner (quest’ultimo, un americano che si era da poco trasferito in Europa) per creare una macchina radicalmente nuova. Il nuovo bombardiere ebbe così una delle migliori strutture della seconda guerra mondiale (le difficoltà strutturali furono di breve durata). Il progetto di base era caratterizzato da una snella fusoliera per un equipaggio di tre uomini raggruppato nel muso; e l’apparato propulsivo era costituito da due motori DB 600A appesi sotto l’ala rastremata, montata appena sotto la posizione mediana. Due corte stive bombe occupavano l’intera sezione maestra della fusoliera, una situata fra i longheroni alari e l’altra posta invece dietro il bilongherone posteriore. Uno Ju 85 con impennaggio bideriva fu presto abbandonato e i lavori proseguirono sul pulitissimo Ju 88. Il prototipo V1, siglato D-AQEN, iniziò i voli il 21 dicembre 1936, pilotato dal capitano Kindermann, collaudatore della Junkers. Seguì il 10 aprile 1937 il V2 (D-AREN), identico salvo per la sparizione dei radiatori dell’olio da sotto le gondole motrici (erano ora incorporati nei radiatori anulari). Vennero poi il V3 (D-ASAZ) con l’abitacolo rialzato per la mitragliatrice e una carenatura ventrale per il congegno di puntamento, ma soprattutto caratterizzato dal passaggio ai motori Junkers Jumo 211A, il V4 su cui appariva il muso definitivo più corto, e sfaccettato con la gondola ventrale per una seconda mitragliatrice servita da un quarto uomo d’equipaggio, il V5 (D-ATYU) con gli Jumo 211B, e il V6 (D-ASCY) con i medesimi motori, azionanti però eliche quadripala e racchiusi in carenature meno voluminose. Il V7 sarebbe servito da prototipo per le versioni da caccia, i V8 e 9 (muniti di aerofreni e del famoso apparato automatico per la richiamata) per lo sviluppo di quelle da bombardamento a tuffo, e il V10 fu il primo munito di attacchi per bombe esterne. Per rivelare l’esistenza del nuovo « bombardiere meraviglia », l’abile propaganda tedesca attese l’esito di una prova per la quale era stato modificato il V5, ora con muso affusolato privato di trasparenti e con la cabina abbassata. Nel marzo 1939, i piloti Ernst Siebert e Kurt Heintz volarono in circuito chiuso di 1000 km alla media di 517 km/h, e quattro mesi dopo con lo stesso carico, ma su circuito di 2000 km, ottennero la media di 500 km/h. Dato che le velocità erano pressoché uguali alla velocità massima dell’Hurricane, in procinto di entrare in servizio proprio allora con la RAF, quei primati avrebbero dovuto suscitare interessi a Whitehall. A quell’epoca lo Ju 88 stava per essere messo in produzione. Il muso venne ingrandito con una gondola ventrale per un quarto membro dell’equipaggio, con mitragliatrici MG 15 sparanti in avanti e all’indietro superiormente e inferiormente. Il carrello era costituito da gambe singole molleggiate da pile di anelli d’acciaio smussati e si retraeva idraulicamente all’indietro (invece che a mezzo degli originali azionatori elettrici); le grosse ruote con pneumatici a bassa pressione, ruotando su se stesse, andavano a collocarsi di piatto nella parte posteriore poco profonda della gondola. Sotto i tronchi interni delle semiali furono aggiunti quattro portabombe esterni, che portarono il carico offensivo massimo al considerevole valore di 2400 kg. Freni da picchiata a persiana erano incernierati sotto le semiali esterne e potevano essere completamente abbassati nel flusso d’aria. Frattanto lo Ju 88 era stato scelto quale bombardiere veloce standard della Luftwaffe, e ne era stata ordinata una preserie di 10 esemplari (Ju.88A-0, che cominciarono a uscire dalle officine nel marzo 1939) e nell’agosto cominciarono le consegne della prima variante di serie, lo Ju 88A-1, con una mitragliatrice anche in caccia e ben presto anche con un’altra arma aggiunta a quella dorsale. Constatata l’inadeguatezza di questo armamento, vennero poi aggiunte anche due armi sparanti dai finestrini laterali. Lo Ju 88A-1 entrò in servizio con la Luftwaffe nella I/KG 30 il 22 settembre 1939. La produzione crebbe molto lentamente, malgrado l’RLM (Ministero dell’Aeronautica tedesca) organizzasse un vasto programma di dispersione della fabbricazione, che già sin dalla metà del 1938 coinvolse sette fabbriche della Junkers e impianti di altre aziende come Arado, Dornier, Heinkel e Henschel. nonché le enormi officine della Volkswagen! Naturalmente, sotto un certo aspetto la lentezza di tale avvio si rivelò un vantaggio, perché le prime versioni furono modelli di transizione. Lo Ju 88A-1, l’unico in servizio fino all’agosto 1940, aveva un’ala con apertura di 18,38 m e motori Junkers Jumo 211B-1 o G-1 raffreddati a liquido a 12 cilindri a V invertito con potenza massima di 1200 CV. Poi venne l’A-5, con l'apertura alare definitiva di 20,08 m, rastrelliere esterne supplementari sotto sotto le semiali esterne e carrello irrobustito. Sin dall’inizio il bordo d’uscita dell’ala era stato dotato di ipersostentatori a fessura lungo l’intera apertura i cui tronchi esterni servivano da alettoni, che, però, nella nuova ala non si estesero fino alle estremità. Gli A-3 e A-7 erano addestratori per piloti, basati rispettivamente sull’A-1 e sull'A-5. La serie più importante della versione A è l’A-4, che quando finalmente entrò in produzione (nel tardo 1940) incorporava i miglioramenti dettati dall’esperienza operativa delle altre, in particolare una discreta corazzatura e un maggiore armamento difensivo. A metà del 1941, lo Ju 88 A-4 definitivo cominciò a giungere ai reparti operativi: incorporava le modifiche dell’A-5 più i motori Jumo 211J da 1340 CV, che fornivano prestazioni in generale migliorate. D’altra parte, le prestazioni globali furono frenate dall'inesorabile aumento del peso totale (passato, per esempio, dai 10360 kg dell’A-1 ai 14000 kg dell’A-4 e dei suoi numerosi sottotipi derivati). Malgrado ciò, l’A-4 fu una macchina bene accetta piacevole da pilotare e in grado di far quasi tutto. Persino il bombardamento in picchiata con assetti ripidi, che avrebbe potuto risultare catastrofico su un aereo così grande, non pose problemi. Spingendo in avanti la leva dei freni da picchiata, sì abbassavano automaticamente gli equilibratori per stabilizzare l’aereo nella sua picchiata. Retraendo i freni si ristabilizzavano automaticamente gli equilibratori per richiamare l’aereo dalla picchiata e rimetterlo in volo orizzontale. Con gli aerofreni chiusi Io Ju 88 poteva raggiungere in picchiata i 700 km/h; durante la Battaglia d’Inghilterra parecchi di questi bombardieri riuscirono a sfuggire agli Spitfire lanciandosi in picchiata. Nel complesso, tuttavia, i reparti su Ju 88 (KG 30 e KG 51, con quantitativi minori presso molti altri reparti) subirono perdite molto pesanti, accentuate dall’armamento difensivo, totalmente inadeguato.

 

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In Sequenza: Ju-88 V1 siglato D-AQEN; Ju-88 V3 siglato D-ASAZ

 

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In Sequenza: Ju-88 V5 modificato per la conquista del primato; Ju 88 V6 secondo prototipo con il muso vetrato definitivo del bombardiere e il primo con il carrello riprogettato e le gondole motori snellite, Come il V5 dei primato, aveva motori Jumo 211B-1, che però azionavano eliche quadripala.

 

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In Sequenza: i primi bombardieri Ju 88 in costruzione. In totale furono prodotti circa 15000 Ju 88, il che ne fece il bombardiere tedesco maggiormente prodotto; i collaudatori Seibert e Heintz (nel 1939) conquistarono un nuovo primato mondiale di velocità trasportando un carico utile di 2000 kg su un circuito chiuso di 1000 km alla media dl 517 km/h.

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Storia ed Evoluzione Cap.2°

 

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Furono applicati molti schemi di armamento, ma solitamente vi erano all’incirca o sette mitragliatrici MG 81 o tre MG 81 e due MG 131 più pesanti da 13 mm. Armamenti contrastanti furono riscontrati sugli A-13 -14, -15, e -17, tutti utilizzanti la cellula dell’A-4. L’A-13 era una macchina specializzata nell’attacco a bassa quota con (tipicamente) 16 mitragliatrici MG 17 alimentate da nastro sparanti in avanti, 500 kg di spezzoni a frammentazione e corazzature supplementari. L’A-14 era un aereo antinave, con tagliacavi di palloni, un cannone MG FF da 20 mm al posto del collimatore per le bombe e corazzature aggiuntive. L’A-15 fu il primo di molti bombardieri bimotori Junkers ad avere una grande stiva bombe in legno in grado di accogliere 3000 kg di bombe; perse, però, la gondola ventrale e il quarto membro dell’equipaggio. L’A-17, privo anch’esso talvolta della gondola, portava fino a due siluri LT F5b, i cui dispositivi di puntamento e guida erano alloggiati in una grossa protuberanza sul fianco destro della parte anteriore di fusoliera. Gli Ju 88B ed E costituirono la base per lo Ju 188, con una nuova sezione per l’equipaggio. Gli Ju 88C, R e G. Così, sebbene la produzione principale continuasse con le varie sottoversioni dell’A-4, la variante successiva fu lo Ju 88D da ricognizione, Il bisogno di disporre di qualcosa di meglio del Do 17P era apparso già evidente prima della guerra e perciò lo Ju 88D-2 fu modificato da un A-5 sin dal febbraio 1940. Seguirono numerosi altri D-2, tutti con la cellula dell’A-5 e motori Jumo 211B-1, G-1 o H-1. La versione per ambienti tropicali, Ju 88D-2 Trop, fu poi ridesignata Ju 88D-4. La principale versione di serie, basata sull’A-4, fu il D-1, con motori Jumo 211J-1 o J-2, e uno scomparto riscaldato per una macchina fotografica Rb 20/30 e/o una Rb 50/30. Altri cambiamenti riguardarono la soppressione dei freni da picchiata e la predisposizione per due serbatoi sganciabili da 300 litri sotto le semiali interne. La versione tropicalizzata del D-1 fu designata Ju 88D-3 e una variante con macchine fotografiche Rb 50/30 ed Rb 75/30, prodotta in parallelo alla D-1, fu designata Ju 88D-5. Sebbene fosse giunto dopo la versione P, l’H derivò naturalmente dalla D perché la sua missione era la ricognizione. Stranamente, la Luftwaffe mancava di un vero aereo a lunga autonomia, diverso dagli Fw 200, He 177 e Ju 290, totalmente inadatti, e un modo di ottenere un ricognitore a largo raggio sembrò essere quello di prendere come base l’ottimo Ju 88D e di allungarne la fusoliera per imbarcare una maggiore quantità di combustibile. L’impianto di montaggio di Merseburg (e non quello più grosso di Bernburg) venne utilizzato nel 1943 per costruire 10 H-1 e 10 H-2. Le versioni H finirono per utilizzare l’ala irrobustita del caccia notturno Ju 88G, con motori stellari BMW 801D-2 da 1700 CV. La fusoliera venne allungata dai 14,35 m dell’A-4 a non meno di 17,65 m, consentendo di aumentare la capacità interna di carburante da un normale massimo di 2600 litri a 6465 litri, più altri eventuali 1800 litri in due serbatoi sganciabili, per un’autonomia complessiva di 5150 km. L’H-1 portava tre macchine fotografiche nella parte posteriore di fusoliera, più radar FuG 200 Hohentwiel sul muso per il rilevamento di navi alleate in mezzo all’Atlantico. L’H-2 era un caccia a lunga autonomia per la distruzione degli aerei di scorta ai convogli alleati (e la protezione degli H-1). Sul muso ‘solido’ vi erano due cannoni MG 151 da 20 mm, mentre altri quattro erano installati in una scatola sotto la fusoliera. Stranamente, i 20 aerei H avevano l’apertura alare ridotta a 19,95 m. Essi non entrarono in azione, ma furono adattati in seguito come vettori Mistel; varie versioni con fusoliera allungata e propulsione ausiliaria a reazione rimasero allo stadio di progetto. Una delle cose che maggiormente preoccupava l’alto comando tedesco nel 1942 era l’aumento delle forze corazzate sovietiche. Naturalmente lo Ju 88 venne considerato come piattaforma per potenti armi anticarro e, dopo studi con vari schemi non tradizionali, un A-4 venne munito nell’agosto 1942 di un cannone anticarro KwK 39 da 75 mm. Questo venne installato leggermente inclinato verso il basso nella parte anteriore di una grossa gondola, dotata posteriormente sotto il bordo d’iiscita alare di una postazione difensiva. In un tipico passaggio di attacco si potevano caricare e sparare due colpi. Seguì una collezione eterogenea di trasformazioni in P4 (PaK 40 da 75 mm migliorato con grosso freno sulla bocca), P-2 (due Flak 38 da 37 mm) e P-4 (un BK 5 da 50 mm). Durante il 1943, mentre la produzione passava sempre più ai caccia notturni, divenne anche troppo evidente che lo Ju 88, non era più abbastanza veloce da sopravvivere in un cielo europeo pieno di caccia alleati sempre migliori. La Junkers cercò di ovviare con gli Ju 188, 288 e 388, tentando persino con un quadrimotore, lo Ju 488, ma ciò di cui la Luftwaffe aveva un disperato bisogno era un aereo più veloce, e subito. Tutto ciò che si poteva fare sullo Ju 88 era di aumentare la potenza dei motori e ridurre le resistenze passive togliendo la gondola e il quarto membro dell’equipaggio. Il risultato fu lo Ju 88S, che volò all’inizio del 1943 come Ju 88 V93 (93° prototipo sperimentale). Il cambiamento principale consistette nell’installazione di motori stellari BMW 801D da 1700 CV. Altre modifiche furono l’adozione di un muso profilato e liscio, la soppressione dei freni da picchiata. della gondola e delle rastrelliere subalari e l’eliminazione della maggior parte della corazzatura. Come risultato si ottenne una velocità di 535 km/h a circa 5800 m. L’S-1 entrò in produzione alla fine dell’autunno del 1943, con due BMW 801G-2 coadiuvati dall’ingombrante sistema GM 1 a protossido d’azoto per aumentare la potenza in alta quota. La velocità salì a 610 km/h a 8000 m, senza bombe esterne. La difesa era affidata a un’unica MG 131. Nel 1944 vennero costruiti pochi Ju 88S-2 con motori BMW 801TJ dotati di turbocompressori azionati dai gas di scarico e il grosso contenitore esterno in legno per bombe dello Ju 88A-15, capace di accogliere fino a 3000 kg e due MG 81 fisse sparanti all’indietro. Nell’estate del 1944 fu costruito un numero ancor più esiguo di S-3, senza il contenitore per bombe e con motori Jumo 213A raffreddati a liquido dotati del sistema GM 1. Nel 1944 vennero consegnati alcuni Ju 88T-1, un modello da ricognizione veloce con la cellula dell’S-1, maggior carburante e un assortimento di macchine fotografiche nella parte posteriore di fusoliera. Furono costruiti solo alcuni prototipi del T-3, che aveva la cellula e i motori dell’S-3. In tutto furono costruiti 9125 Ju 88 da bombardamento e attacco e 1911 da ricognizione.

 

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In sequenza: tre Ju 88 A-4 del III Gruppe, Lehrgeschwader 1, operante sul Mediterraneo orientale. Dopo l’impiego nella Battaglia d’Inghilterra, l’LG 1 si trasferì nei Mediterraneo, quindi in Belgio, Germania e Danimarca; fu l’unico reparto a non essere impiegato sul fronte orientale; i palloni di sbarramento britannici costituirono un grosso ostacolo per gli attacchi di precisione a bassa quota della Luftwaffe, Lo Ju 88 A-6 venne equipaggiato con un enorme paracavi e tagliacavi che sporgevano davanti all’ala.

 

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In sequenza: Ju 88 A-17 armato con un due di siluri LT F-5b appesi sotto l’ala; lo Ju 188 era una versione sviluppata dallo Ju 88 E-0 di base, a sua volta derivato dallo Ju 88B. Questi aerei furono usati per compiti dl bombardamento, ricognizione, ricerca e designazione degli obiettivi e persino antinave. Ne furono prodotte numerose varianti ma, nonostante le superiori prestazioni, io Ju 188 non sostituì lo Ju 88 in produzione. Questo Ju 188E.0 era li trasporto personale del generale Milch.

 

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In sequenza: lo Ju 88P-2 era armato con due cannoni da 37 mm in alloggiamento ventrale, benché Inteso come aereo anticarro, alcuni esemplari furono impiegati contro i bombardieri americani; inserto lo Ju 88P-1 aveva muso non vetrato e un cannone PaK 40 da 75 mm. Estremamente vulnerabile alle intercettazionl, l’aereo poteva sganciare il cannone se minacciato.

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Storia ed Evoluzione Cap.3°

 

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Nel maggio 1945 truppe alleate e gruppi dei servizi segreti scorrazzavano sul martoriato suolo tedesco, non trascurando di interessarsi, fra le altre cose, a tutti gli aerei più recenti. Dovunque andassero, essi trovarono grossi Ju 88G da caccia notturna dipinti in grigio. Fra i caccia più grandi mai costruiti (almeno in termini di apertura alare), questi si presentavano irti di capaci sensori per avvicinarsi furtivamente alla loro preda nel cielo notturno. Dotati di straordinarie prestazioni e di un devastante armamento, essi erano micidiali macchine di distruzione. La Luftwaffe ne aveva avuto un disperato bisogno, ed essi vennero sfornati dalle fabbriche fino al momento del collasso finale, ancora per molto tempo dopo l'abbandono dei programmi per altri aerei. Ciò può sembrare strano, perché nel lontano 1936 lo Ju 88 era stato progettato come bombardiere. Infatti, la specifica dava istruzioni ai progettisti della vecchia fabbrica di Dessau di non compromettere in alcun modo il progetto prendendo in considerazione l’impiego per qualsiasi altro compito! La storia dello Ju 88 rispecchia le fortune della Germania nazista. All’inizio, ci si era concentrati interamente sull’attacco e gli Ju 88 da bombardamento uscirono a centinaia dalle catene di montaggio per appoggiare con le loro ca pacità offensive la Blitzkrieg. Poi apparvero alcune versioni da caccia nel 1940 queste assommavano a 62 esemplari su un totale di 2208 Ju 88. Nel 1941 vi erano 66 caccia notturni su 2780 aerei. Poi gli attacchi del Bomber Command della RAF cominciarono a farsi pesanti e nel 1942 i caccia notturni erano già 257 su 3094. Nel 1943 706 esemplari su 3260 erano versioni da caccia notturna. Nel 1944, quando ormai il Reich era prossimo al collasso, su una produzione totale di 3234 Ju 88 non meno di 2518 erano caccia notturni; infine nel 1945 tutti i 355 Ju 88 costruiti erano caccia notturni. Le versioni da caccia, quindi, furono lente a comparire, sebbene vi si avesse pensato sin dal 1938. A quell’epoca non si pensava affatto che la Germania potesse essere bombardata, e tanto meno di notte. Inoltre, vi era un notevole interesse per il ‘caccia pesante’ o Zerstörer (distruttore). Il primo di questa razza fu il Bf 110, che Goering considerava come la forza d’urto d’élite dell’intera Luftwaffe. Il compito di questi aerei era di volare molto in avanti rispetto ai piccoli Bf 109, per spazzare il nemico dai cieli, aprire un varco per i bombardieri, attaccare navi e in genere svolgere missioni poi chiamate con il nome di interdizione. Nel 1938 lo stato maggiore della Luftwaffe riconosceva che lo Ju 88, con le sue enormi capacità, poteva costituire la base per un distruttore con la stessa velocità del Bf 110, armamento più pesante e maggior autonomia, ma perché preoccuparsi? Il 110' era in grado di sconfiggere tutti i nemici (almeno questa era la convinzione generale) e Hitler aveva bisogno degli 88’ come bombardieri. All’inizio del 1939 la Junkers propose lo Ju 88B, con una cabina bombata e affusolata per l’equipaggio e motori stellari BMW 801. Lo Ju 88B venne proposto sia come bombardiere sia come caccia-distruttore. Alla fine, il primo si trasformò gradualmente nello Ju 188, ma i lavori sul caccia ristagnarono e nell’estate del 1939 la ditta fu autorizzata a procedere con una trasformazione in caccia; la scelta cadde sul V7 (settimo prototipo), che aveva volato come bombardiere di preserie nel settembre 1938. La prima trasformazione fu semplicissima: un cannone MG FF da 20 mm e tre mitragliatrici MG 17 furono installati sul muso. I pannelli in plexiglas sul lato destro del muso, attorno alle armi, furono sostituiti da lastre di alluminio, l’equipaggio fu ridotto a tre uomini, il traguardo di puntamento venne soppresso e il motorista ebbe il compito di ricaricare i cannoni con tamburi da 60 colpi. Nell’inverno dcl 1939-40 la Junkers ricevette il permesso di produrre una proposta di distruttore di serie, lo Ju 88C-1, con motori stellari BMW 801MA e armamento anteriore di due cannoni MG FF e due mitragliatrici MG 17. All’Fw 190 venne poi data la priorità per il motore scelto, ma più tardi nel corso del 1940 la Junkers consegnò 62 caccia C-2 con lo stesso armamento, ma con cellula e motori dello Ju 88A-1. L’unico reale cambiamento consisteva nell’applicazione di un muso metallico più liscio e carenato e nell’aggiunta di una paratia corazzata davanti alla cabina dell’equipaggio, con fori per le canne delle armi. Questi aerei equipaggiarono una nuova Staffel della KG 30, che verso la fine del 1940 costituì il nucleo della 2./NJG 1 (poi 1./ NJG 2), la prima unità da caccia notturna della Luftwaffe. Verso il settembre 1941 la produzione passò allo Ju 88C-4, basato sulla cellula dell’A-4 (con motori Jumo 211J). Altri due cannoni MG FF furono montati nella gondola del muso e i portabombe subalari potevano essere utilizzati per appendervi due gondole, ciascuna alloggiante sei mitragliatrici MG 81. Nel 1942 entrò in produzione il C-5, con motori BMW 801D-2 da 1700 CV, che consentivano una velocità di 570 km/h, nonostante l’aggiunta di una protuberanza sotto il vano bombe per due MG 17, mentre il muso ne alloggiava altre tre e un cannoncino MG 151 da 20 mm. La penuria di motori limitò questo lotto a 10 esemplari, ma la produzione principale proseguì con il C-6, molto simile al C-4, ma più corazzato. Alla fine del 1942 cominciavano a essere disponibili i radar FuG 202 Lichtenstein BC e FuG 212 Lichtenstein C-1, con una fitta schiera di antenne a dipolo sul muso che creava notevoli resistenze passive. Con l’applicazione del radar la nuova versione, designata C-6b, fornì finalmente alle “Nachtjagdgeschwader” un caccia realmente capace di una lunga autonomia per il pattugliamento del sistema difensivo Himmelbett (letto a baldacchino) della ‘linea Kammhuber’, che si estendeva dalla Svizzera, attraverso la Francia orientale, i Paesi Bassi e la Germania settentrionale, fino alla Danimarca. I caccia diurni furono ridesignati C-6a e continuarono a operare principalmente sull’Atlantico e sul Mediterraneo. All’inizio del 1943 furono consegnati piccoli quantitativi di caccia notturni Ju 88R-1, simili al C-6b, ma potenziati da BMW 801A. Compiendo uno dei voli più strani della seconda guerra mondiale, uno dei primi R-1 operante con la 10./NJG3 decollò dalla Norvegia e atterrò il 9 maggio sulla base della RAF a Dyce, l’odierno aeroporto di Aberdeen. A bordo recava equipaggio e armamento al completo, eppure esso era atteso e addirittura alcuni Spitfire si levarono in volo per scortarlo Subito fu inviato a Farnborough per essere provato con la matricola PJ876. Esso è stato poi restaurato magnificamente con i distintivi della Luftwaffe e la matricola 360043 e si trova ora al Museo della Battaglia d’Inghilterra a Hendon.

 

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In Sequenza: Gli aerei della serie Ju 88T erano ricognitori sviluppati parallelamente al bombardieri della serie S, con lo stesso muso a bassa resistenza e motori potenti. Questi aerei cominciarono a sostituire gli Ju 88D presso le Aufklärungsstaffeln all’inizio del 1944; in uno degli episodi più strani della guerra, questo caccia notturno Ju 88 R-1 e il suo equipaggio disertarono in Gran Bretagna. La diserzione era stata evidentemente programmata con un buon anticipo, giacché l’aereo venne scortato fino all’aeroporto di Dyce da tre Spitfire.

 

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In Sequenza: Zerstörer Ju 88 C-6 con Il muso dipinto in modo da rappresentare la prua vetrata dei normali bombardieri, presumibilmente per trarre in inganno i piloti dei caccia sovietici; lo Ju 88 C-6 si dimostrò un efficace Zerstörer, disponendo di buona agilità, di valide prestazioni e di un potente armamento. Questo aereo della KG 3 fu impiegato in appoggio a paracadutisti sull’isola di Lero nel novembre 1943.

 

 

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In Sequenza: questo Ju 88 C-6b è equipaggiato con FuG 212 Lichtenstein C-1. Questo primo radar si rivelò molto vulnerabile ai disturbi provocati dalle strisce metalliche ‘window’ (chiamate Duppel dalla Luftwaffe) e venne ben presto sostituito; uno Ju 88 da caccia notturna tenta disperatamente di disimpegnarsi dal suo attaccante. Lo Ju 88 poteva battere facilmente In virata il Beaufighter e il Mosquito.

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Storia ed Evoluzione Cap.4°

 

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All’inizio del 1944 le battaglie notturne avevano assunto la massima priorità per la Luftwaffe, e di conseguenza la produzione degli Ju 88 si spostò in modo massiccio dai bombardieri ai caccia notturni. Inoltre, ogni aereo divenne di gran lunga più micidiale, con un nuovo radar (che all’inizio era immune alle ‘window’, le strisce metalliche antiradar lanciate dai bombardieri pesanti della RAF), e nuovi ricercatori completamente passivi, in grado di dirigere automaticamente il caccia notturno sulle emissioni radio degli aerei della RAF che ne rivelavano scriteriatamente la posizione.

D’altro canto, tutti gli equipaggiamenti supplementari, come armamento più pesante, corazzature aggiuntive e un altro uomo di equipaggio, appesantirono sempre più i caccia notturni. Alla Junkers si dovette lavorare 24 ore su 24 nel tentativo di arrestare il deterioramento delle prestazioni e della manovrabilità. Alla fine lo Ju 88 si dimostrò eccezionalmente idoneo a prolungati sviluppi e, sebbene fossero i più pesanti di tutte le versioni dello Ju 88, i tipi definitivi da caccia notturna si rivelarono aerei eccellenti da pilotare e capaci di eccezionali prestazioni. Una delle versioni più costruite fu anche quella che fornì le peggiori prestazioni, perché gravata da tutto l’equipaggiamento extra senza apportare alcuna modifica alla cellula e ai motori originali: si trattò dello Ju 88C-6c, che venne prodotto a cadenze elevate dall’ottobre 1943 fin verso il giugno 1944. Sebbene conservasse i motori Jumo 211J da 1340 CV, esso portava il nuovo e potente radar FuG 220 Lichtenstein SN-2, che utilizzava gigantesche antenne a dipolo chiamate Hirschgeweih (corna di cervo), che sul C-6b provocavano un calo della velocità massima di 40 km/h. Operante a una frequenza di 90 Hz, il radar SN-2 era in grado di vedere chiaramente attraverso le nuvole di strisce metalliche lanciate dagli Halifax e dai Lancaster e perciò le perdite della RAF cominciarono a salire in maniera allarmante. L’unico svantaggio era il ridotto raggio d’azione (Realmente utile) del radar, 400 m, e per porvi rimedio molti caccia C-6c vennero ulteriormente appesantiti dall’installazione aggiuntiva del radar BC originale a onde corte, cosicché il muso recava non meno di 40 antenne a dipolo! Il C-6c introdusse due altri componenti avionici che giustificavano senz’altro il loro peso extra, e anche la necessità di un quarto uomo di equipaggio per il loro azionamento. Il FuG 350 Naxos Z era un ricevitore passivo sintonizzato per ricevere i fasci di scandaglio proiettati diagonalmente in basso dai potenti radar H2S per il rilevamento del terreno e trasportati in voluminose protuberanze sotto il ventre delle fusoliere dei bombardieri della RAF. I caccia notturni della Luftwaffe erano in grado di rilevare i radar dei Lancaster mentre questi li impiegavano nel prendere quota sullo Yorkshire: tutto quel che dovevano fare era di aspettarli al varco. L’altro dispositivo era molto meno garantito. Nella fuorviante convinzione che ciò avrebbe contribuito alla sopravvivenza dei bombardieri, i Lancaster e gli Halifax furono muniti di un piccolo radar, rivolto all’indietro. Situato all’estremità posteriore, subito sotto la torretta caudale, questo radar, chiamato Monica, avrebbe dovuto avvertire della presenza di un qualunque caccia nemico che sopraggiungesse in coda. In pratica, molti equipaggi preferivano disinserirlo, in quanto Monica non faceva altro che segnalare in continuazione la presenza dei bombardieri pesanti che seguivano nella formazione; così facendo, questi equipaggi si guadagnarono probabilmente la salvezza. Chi manteneva in funzione Monica, infatti, si trasformava involontariamente in una specie di aero faro, poiché il FuG 227 Flensburg, di cui erano stati dotati i C-6c, era in grado di orientarsi automaticamente su Monica da una distanza di 120 km, Ma non era tutto. Il C-6c era normalmente dotato della micidiale installazione Schräge Musik comprendente due cannoni MG 151 installati a metà fusoliera con un’inclinazione (tipica) di 70° verso l’alto. Utilizzando tutti i sensori, il caccia notturno poteva essere facilmente portato circa 300 m al di sotto e subito dietro al bombardiere, in una posizione cioè dove non poteva essere rilevato dal Monica. Sorprendentemente, i bombardicri della RAF non disponevano di armi con tiro verso il basso e nemmeno di un finestrino attraverso il quale l’equipaggio potesse guardare verso il basso, benché vi fossero tre pesanti torrette servoassistite a difesa di tutte le altre direzioni Non era difficile portarsi più vicino da sotto, prendere la mira mettendosi in formazione esatta con il bombardiere e staccargli di netto un’ala con le munizioni non traccianti. Per far fronte al peso extra, alla Junkers progettarono un caccia notturno ancor migliore: si trattò del V58 (58° prototipo sperimentale). che volò nel giugno 1943. La sua caratteristica principale risiedeva nella combinazione degli impennaggi verticale e orizzontale di superficie maggiorata dello Ju 188 con il resto della cellula e i motori (BMW 801D da 1700 CV) dell’88R. L’armamento anteriore fu sensibilmente potenziato, con quattro cannoni MG 151 in uno scomparto sotto il lato sinistro del centro della fusoliera e altri due sul lato destro del muso. Tutte le armi erano leggermente inclinate verso il basso. con una dotazione di almeno 1250 colpi. Lo Ju 88G-1 iniziale era munito di radar SN-2, Flensburg e Naxos Z e aveva un equipaggio di quattro uomini. Le due armi sul muso furono rimosse, in quanto le loro vampate disturbavano la visibilità notturna dell’equipaggio e quattro MG 151 erano sufficienti a distruggere un bombardiere. Per uno sbalorditivo colpo di fortuna, uno dei primi G-1 il 13 luglio 1944 incappò in un errore di rotta che lo costrinse ad atterrare sul campo della RAF a Woodbridge, nel Suffolk. Non appena terminato l’esame dell’aereo, la RAF emise subito l’ordine di ‘non usare Monica’ e raccomandò inoltre di ridurre al minimo l’uso dell’H2S. A quell’epoca la RAF stava decisamente migliorando l’efficienza delle contromisure elettroniche e, fra l’altro, cominciava a inviare falsi messaggi di guida ai caccia notturni sulla Germania. Come contromisura la serie G fu munita del FuG 120a Bernardine, che produceva un elaborato stampato dei veri messaggi di guida e dei rilevamenti dei radiofari per la navigazione. Seguirono molti altri dispositivi, mentre il radar SN-2 veniva sostituito dal radar a salti di frequenza FuG 228 Liehtenstein SN-3, dal FuG 218 Neptun utilizzante una schiera di dipoli monoassiali Morgenstern e, infine, dal FuG 240 Berlin, il primo radar tedesco a lunghezze d’onda centimetriche. Gli ultimi modelli G differivano sotto molti aspetti dai primi Ju 88 (per esempio, il passo dell’elica era regolato dalle manette del gas), ma rimanevano pur sempre aerei veramente notevoli, il culmine di un decennio di lavori condotti a partire da un progetto di base eccezionale.

 

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In sequenza: le antenne del FuG 220 di alcuni Ju 88 vennero inclinate per ridurre le interferenze. Questo Ju 88 G-7 con motori BMW 801 è munito inoltre dl un dispositivo Naxos Z montato sopra il tettuccio; questo Ju 88G-1 mostra la configurazione Iniziale dell’antenna dei FuG 220 Lichtenstein SN-2. L’aereo sembra abbia la colorazione standard del bombardieri dlurni.

 

 

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In sequenza: uno Ju 88 G-6 della 1./NJG 100 viene spinto fra gli alberi accanto a una pista improvvisata. Costituito nel 1943, questo reparto rimase operativo esclusivamente sul fronte orientale. Fino al luglio 1944 ogni squadriglia era divisa in tre sezioni Indipendenti. Ogni sezione si spostava lungo il fronte con un proprio convoglio ferroviario. La 1./NJG 100 si trasferì in massa a Varsavia nel luglio 1944, quindi sulla costa del Baltico, operando sotto Il controllo dl una nave-radar per allarmi preventivi; l’antenna subalare serviva al Flensburg, che era in grado di orientarsi sul radar d’allarme caudale Monica installato sui bombardieri britannici. Questo aereo porta l’apparato FuG 202 Lichtenstein BC.

 

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In sequenza: questo Ju 88P-2, progettato per l’uso anticarro, porta la mimetica dei caccia notturni e reca sul muso l’antenna per il radar Lichtenstein C-1. La combinazione fra un caccia notturno munito di radar e due cannoni MK 103 fu sotto posta a estese prove operative, ma non venne adottata per la produzione. Lo Ju 388 V2 fu il prototipo dei caccia notturno Ju 388J. Questo potente aereo con abitacolo pressurizzato avrebbe costituito un ottimo intercettore ognitempo d’alta quota, ma li peggioramento della situazione bellica impedì il completamento anche soltanto di un aereo di serie.

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"Blitz Notturno"

 

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Peter Stahl, un ex pilota di Ju 88 del Kampfgeschwader 30, il 30° stormo bombardieri della Luftwaffe, descrive un’incursione notturna con questo classico bombardiere al tempo del blitz sull’Inghilterra.

 

"L’urlo improvviso del motore di sinistra quando il comando automatico inserisce il turbocompressore mi risveglia. Accanto a me, Hans, il mio navigatore, se ne sta stretto nella sua imbracatura, col capo appoggiato ai vetri della cabina. Chiamo Theo e Hein all’interfono, dormono! Il nostro Ju 88 è salito dopo il decollo a 4200 m; la temperatura dei motori è troppo bassa perché le persiane dei radiatori siano ancora aperte e i serbatoi normali di carburante sono quasi esauriti. Nessuno porta le maschere dell’ossigeno se avessimo continuato a dormire saremmo passati tranquillamente dal sonno alla morte. “Volare, dormire, mangiare e tornare a volare: ecco la nostra routine delle ultime settimane. Questa sera, al rapporto sulla missione, Stoffregen ha avvertito tutta la squadriglia che Hermann Goering in persona aveva ordinato che le operazioni notturne contro l’Isola non solo dovevano continuare con l’intensità attuale, ma dovevano addirittura essere accresciute con tutti i mezzi possibili. Il Comando Supremo è stato informato che la popolazione dell’Isola si arrenderà entro le prossime settimane. “Il mio navigatore, Hans, a voce abbastanza alta da farsi sentire, ha commentato: Il Pancione e i suoi scribacchini del comando con i loro pantaloni rosa (gli ufficiali di stato maggiore tedeschi portavano una fascia rossa lungo i lati dei calzoni, da qui l’allusione) dovrebbero andarci loro, in missione, così vediamo chi si arrende prima’. “C’è stato un attimo di silenzio mortale, in sala riunioni. Poi Stoffregen ha ripreso, come se non fosse accaduto nulla. ‘Bene, allora, buon viaggio.’ Cosa poteva dire d’altro a noi aviatori che sappiamo quale è la verità? “La gente del comando è talmente distante dalla guerra che non pensa più a noi come a esseri umani, ma semplicemente come a dei numeri. Un numero sempre crescente di equipaggi raggiunge i limiti della resistenza nervosa e non si tiene conto delle forze, come non si tiene conto della situaziòne reale nella guerra aerea sulla Gran Bretagna. “L’Inghilterra ha dovuto sopportare una guerra aerea contro un avversario superiore da più di 6 mesi e non dà ancora segni di debolezza. Al contrario, le sue difese diventano ogni settimana più forti. “Il profilo della costa si delinea davanti a noi, le fotoelettriche ci cercano, ma la contraerea tace. Gli artiglieri nemici non dormono, e allora vuol dire che ci sono in giro i caccia notturni. Alcuni riflettori sono stati riuniti a gruppi di cinque. E come conseguenza il nostro percorso è accuratamente indicato da una piramide di fasci luminosi che si sposta con noi. “Molto spesso la luce di una fotoelettrica ci coglie in pieno e il bagliore mi acceca. Il fascio luminoso ci segue per momenti che sembrano interminabili, prima di lasciarci, il che dimostra che, quando siamo a una buona quota, i nostri bombardieri con la vernice opaca non possono più venire seguiti a vista da terra. “Io faccio in modo di avere la luna a un angolo obliquo alle nostre spalle. Se dovessi averla direttamente alle spalle sarebbe più facile per i caccia notturni individuarci contro il cielo più chiaro, dopo essere stati guidati dalle fotoelettriche. Sono tutte lezioni apprese con l’esperienza operativa. “Avvisto un caccia notturno bimotore che mi taglia la rotta a un centinaio di metri. Per fortuna la posizione della luna è tale che non ci avvista. Poi il mio mitragliere avverte con calma all’interfono caccia notturni di coda, sulla sinistra. “Getto giù il nostro Ju 88 con una mezza rovesciata sulla sinistra, e mi lascio precipitare, capovolto, nella notte. Ho appena livellato quando Hein ripete l’avvertimento. Che diavolo! Giù una seconda volta, come un sasso, nel buio pesto sottostante. Poi ancora una terza volta! Ormai siamo appena a 800 m di quota, con 2 tonnellate di esplosivo a bordo e una lunga arrampicata da compiere per portarci a una quota decente per l’attacco. “Lo Ju 88 è qualcosa di speciale, talmente diverso da tutto quel che conoscevamo prima, che ai piloti è permesso mettersi ai comandi soltanto dopo un minuziosissirno addestramento tecnico a terra. “Tanto per cominciare, c’è un impianto idraulico complicatissimo, che attiva il carrello, gli ipersostentatori, i freni di picchiata, il congegno per la richiamata automatica delle picchiate e il blocco del ruotino di coda, mentre i comandi manuali di rispetto sono attivati da una pompa a mano. Un’ulteriore innovazione rispetto ai tipi moderni precedenti di aerei di tutto il mondo è che lo Ju 88 era stato progettato come aereo monoposto, il che significa che anche se ha un equipaggio di quattro uomini (pilota, bombardiere/navigatore, marconista e mitragliere), all’occorrenza il solo pilota può svolgere dal suo posto durante un volo operativo tutte le funzioni necessarie. “La posizione e la sistemazione del posto di pilotaggio è ideale. Grazie al muso completamente vetrato c’è una visibilità completa in tutte le direzioni, anche verso il basso e verso l’avanti. Il compito del pilota è facilitato dalla forma diversa delle varie manopole, che possono essere riconosciute come quelle giuste anche semplicemente al tatto (fattore importantissimo nel buio e nel calore della battaglia, quando si deve guardar fuori in continuazione).

“Lo Ju 88 sembra sapere di essere bellissimo e interessante (proprio come un’attrice capricciosa) e si comporta di conseguenza. E capace di darti delle sorprese incredibili senza il minimo preavviso. Questi capricci si notano soprattutto in decollo, ma appena in aria, appena padroni dell’aereo, lo Ju 88 risponde che è una meraviglia; è proprio un velivolo da sogno. “Mentre torno alla quota d’attacco prevista, incappiamo nelle nuvole e comincia a formarsi ghiaccio. A 6000 m la temperatura è scesa a -30 °C, ma non si forma più ghiaccio. Fa freddo, in cabina, e da ogni fessura delle sfinestrature filtra una polverina di aghi di ghiaccio. “Le nubi se ne vanno e quasi immediatamente la contraerea ci inquadra. Le batterie sembrano conoscere non solo la nostra quota esatta, ma anche la nostra velocità e la nostra rotta. Le granate ci esplodono davanti e dietro e ogni manovra per schivarle ci sembra inutile. Tuttavia mi sforzo di provare tutti i trucchi che conosco, tutte le manovre di diversione possibili, ma inutilmente. La situazione sta diventando talmente difficile che mi trovo parecchie volte a pensare che sarebbe meglio sganciare le mie mine alla cieca nella notte. “Queste mine che abbiamo a bordo sono del tipo LM-B navali, sembrano grossi barili, pesano 1000 kg l’una e dovrebbero arrivare sul bersaglio appese a paracadute. La nostra squadriglia le ha impiegate per la prima volta in operazioni terrestri contro la città di Coventry, questo mese. “Ora siamo finalmente arrivati sul sentiero principale di attacco con altri aerei tutti intorno. Le batterie contraeree possono scegliere i loro bersagli e per qualche minuto lasciano in pace noi. “Oltre l’orizzonte si nota un riflesso rossastro. Ormai non occorre più studiare la rotta e posso variare il mio percorso di avvicinamento in modo da evitare i maggiori concentramenti di contracrea. Più ci avviciniamo al bersaglio, più ci rendiamo conto che là sotto dev’essere un vero e proprio inferno. Le mine sganciate dagli aerei che ci hanno preceduto esplodono in serie regolari. “A mano a mano che ci avviciniamo, il tiro contraereo si infittisce e sembra che ogni settore del cielo sia frugato da migliaia di fotoelettriche. Il percorso di avvicinamento, attraverso questo inferno di fiamme, punteggiato dalle esplosioni delle granate dell’antiaerea, sembra non abbia mai fine e mi trovo costretto più e più volte a tentare delle schivate. “Ma quello che proviamo sopra l’obiettivo supera ogni possibile immaginazione. Sembra che l’intera città sia in fiamme, e noi siamo soltanto l’avanguardia; un gran numero dei nostri bombardieri deve ancora arrivare, e non avranno certo problemi di navigazione con quel riflesso di fiamme nel cielo. Per di più l’obiettivo è illuminato dai bengala che si accendono a intervalli irregolari.

“Con i motori al minimo comincio a planare verso l’obiettivo che mi è stato assegnato. All’improvviso il mio Ju 88 si trova in mezzo a un tiro contraereo preciso che mi costringe a virare e ad andarmene. Attendo finché il tiro si concentra contro un altro aereo, poi approfitto di quel momento per gettarmi con una picchiata veloce verso il punto di sgancio. “Sotto di noi tutto è rosso e il calore degli incendi solleva una enorme nuvola nera, alimentata dalle fiamme sottostanti. “Il nostro bersaglio sono le chiuse nella zona dei Docks. Hans non fa fatica a prendere la mira per le nostre mine. Io sorvolo il porto in fiamme seguendo le sue istruzioni. Riusciamo a riconoscere, come se fossimo in pieno giorno, tutti i dettagli che abbiamo studiato dalle foto della ricognizione. Il mio cronometro gira e al secondo esatto avvistiamo due grosse esplosioni nella nostra zona, sono le nostre mine. “Una fila di bengala appesi ai paracadute ci esplode all’improvviso davanti e sulla sinistra, alla nostra quota esatta. io scarto immediatamente verso destra. Modifico in continuazione, a intervalli irregolari, la mia rotta e il regime dei motori, in modo da modificarne il rombo. I minuti si susseguono senza fine, finché avvistiamo la costa. I miei nervi

stanno per cedere. Senza perdere altro tempo riduco i motori al minimo, e mi butto in una planata veloce e decisa, pur sapendo che questo mi porterà a tiro delle batterie costiere della contraerea leggera. Non me ne importa più e conto sulla fortuna per evitare le zone di maggiore concentrazione dell’antiaerea.

“E poi succede! Una vampata accecante. Ci hanno colpito. Richiamo il nostro Ju 88 e getto una rapida occhiata agi strumenti. Sembra tutto normale e a bordo nessuno è rimasto ferito. “Riduco la velocità ai motori. ma per quanto tiri indietro la manetta, il motore di sinistra continua a girare a pieno regime. Una scheggia ha probabilmente tranciato il comando. Non c’è motore d’aereo che possa resistere a lungo, in queste circostanze . Decido d spegnerlo e lo Ju 88 prosegue sbandato nel buio della notte. “Quei fasci luminosi che frugano il cielo davanti a noi sono le nostre fotoelettriche, e siamo contenti di averle avvistate. Lanciamo i razzi di riconoscimento, ma i riflettori continuano ad abbagliarci in pieno. Un’altra serie di razzi di riconoscimento. All’improvviso la contraerea leggera ci prende sotto tiro, e sono costretto a effettuare una serie di manovre per evitarla. Pericolose, con quel motore fermo.

“Questo gioco mortale con le fotoelettriche e le batterie leggere continua lungo tutta la costa. Siamo già sfiniti per la paura e per la mancanza di sonno, e il mio equipaggio sfoga la sua rabbia rispondendo al fuoco con le mitragliatrici. Sparano contro i loro commilitoni. Non posso dar loro torto. Un ragazzo di 14 anni ci avrebbe già riconosciuto come un aereo amico. “Mentre ci avviciniamo alla base preparo l’equipaggio alle difficoltà di un atterraggio su un motore solo. Voglio scaricare il carburante in eccesso ma il comando dello scarico dev’essere guasto. La visibilità è eccellente, per cui, contrariamente alla pratica riconosciuta, abbasso il carrello invece di tentare un atterraggio sulla pancia. L’operazione richiede tempo, dato che ho soltanto metà della pressione idraulica normale. Dopo un ultimo controllo, viro sul motore buono per l’avvicinamento e l’atterraggio. A bordo nessuno parla. “Valuto la mia quota mentre pIano per atterrare lungo il sentiero illuminato. Troppo basso! Urtiamo con l’ala sinistra e andiamo a sbattere a terra nel buio più completo. La strisciata sul terreno sembra non finire mai. Il motore di destra si mette a stridere e non c’è verso di fermarlo. La paura dell’incendio ci attanaglia, vorremmo saltar fuori dall’aereo e fuggire, ma il tettuccio della cabina si è bloccato. Soldati accorsi lo spaccano e riusciamo a rotolare fuori. “Pompieri e medici arrivano in fretta. I soldati dicono al medico, un ragazzo giovane appena arrivato al fronte, che nessuno di noi è ferito in modo grave. E vediamo che quello si infila nell’aereo e ne torna fuori con l’orologio di bordo, che intende conservare come ricordo. “Per Hans questo gesto del medico è l’ultima goccia che fa traboccare il vaso. Gli va incontro calmo calmo, gli toglie di mano l’orologio e gli pianta un pugno in faccia con tanta forza che l’uomo di medicina scivola sull’ala e va a finire supino sull’erba del prato. “E questa è la fine di un’altra missione su Londra.”

 

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Questo Ju 88A-5 era pilotato da Peter Stahl durante le incursioni notturne del Blitz. I contrassegni sono stati notevolmente attenuati, ma comprendono l’insegna dell’aquila In picchiata, distintivo dello stormo, sullo sfondo rosso che Indica l’appartenenza al II° gruppo. La lettera H gialla indica l’appartenenza dell’aereo alla 9a Squadriglia. Lo Junkers Ju 88A-1 originale con apertura alare ridotta entrò in servizio nel I Gruppo del 30° Stormo nel settembre 1939, e fu l’unica variante operativa del bimotore prima della Battaglia d’inghilterra. Lo Ju 88A-5 fu una versione ad interim che entrò in servizio nell’agosto 1940. Comprendeva l’ala allungata progettata per la versione definitiva da bombardamento Ju 88A-4, che uscì in ritardo a causa dl problemi nello sviluppo dei motori.

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"Distruttori di Navi"

 

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Il pilota, Peter Stahl, descrive un’incursione antinave a bordo di uno Ju 88. Le molte perdite causarono un abbassamento del morale fra gli equipaggi della Luftwaffe, che attaccavano in condizioni meteorologiche pessime pur di ridurre al minimo gli abbattimenti.

 

Da ieri appartengo alla categoria eccelsa degli esperti’. Svolgiamo missioni speciali e siamo noti come equipaggi ‘Zerstörer’, cioè distruttori. Il mio primo incarico è contro il traffico marittimo nell’estuario dello Humber. “Il mio Ju 88 guizza fra brandelli di nubi basse. E un modo di volare indegno, col vento che fa ballare l’aereo e frusta il mare sottostante, che sembra ribollire. “Mi avvicino da nord, vediamo l’estuario, vi sono parecchie navi e imbarcazioni minori che si danno da fare attorno alle pentole più grosse’. Nessuno sembra accorgersi minimamente di noi. “Decido di attaccare e prendo di mira il mercantile più grosso e più vicino, e gli punto addosso con una virata a destra. La pace, là sotto, sembra incredibile. Sento il cuore che mi salta in gola. Se potessi, me ne andrei e tornerei indietro. Invece spingo la barra e scendo fin quasi a fior d’acqua. “Il grosso scafo del grande mercantile più vicino sta ingigantendo con una velocità quasi incredibile e ancora non hanno aperto il fuoco contro di noi. Non riesco più a resistere e premo il bottone di sgancio delle bombe. Non ho atteso abbastanza. E mentre le sovrastrutture della nave ci passano sotto in un lampo, mi sento sopraffatto dalla vergogna: ho ceduto alla paura e ho fatto cilecca. “Ora, istintivamente, faccio il possibile per evitare di essere colpito dalla contraerca leggera che ha aperto il fuoco contro di noi da tutte le parti. Le nuvole mi accolgono nel loro abbraccio protettivo, ma pr un po’ le traccianti dei cannoncini da 20, da 37 e da 40 mm mi inseguono anche là dentro. Finalmente tutto è tornato tranquillo. “Comincio a prendere quota e a ‘virare verso casa. Nessuno a bordo dice una parola. imbarazzato dal loro silenzio tiro fuori i sandwich dalla tasca sopra il ginocchio, come se mangiare potesse calmare la mia tensione. L’aereo è leggero. ora, e saliamo attraverso le nuvole fino al sereno sovrastante. “Il sereno mi ha calmato e mi torna alla mente il mio primo attacco contro il nemico in ritirata verso Calais. Il nostro obiettivo era Cherbourg. A quell’epoca eravamo pieni di fiducia. Non c’erano aerei nemici di cui preoecuparci. La contraerea era scarsa e non sembrava pericolosa. “Mi preparai con calma all’imminente affondata. una procedura che con l’allenamento diventa un’abitudine. “Pronti! “L’affondata fu esattamente come prescrive il manuale, Una leggera pressione sul bottone rosso in cima alla barra, una scossa improvvisa all’aereo le bombe erano state sganciate. Lo Ju 88 richiamò automaticamente dalla picchiata. Ci sentimmo schiacciati nei nostri sedili da un’accelerazione di quattro o cinque g. Subii una momentanea perdita di conoscenza, la ‘cortina grigia’, poi l’aereo cabrò verso l’alto a 500 km/h allo strumento. Eseguii automaticamente le manovre di diversione, ma non erano necessarie. Il mitragliere mi gridò dalla gondola ventrale che avevamo fatto centro. Poi ci fu pace e il volo divenne una cosa meravigliosa nella penombra del crepuscolo, resa aneor più bella dalla coscienza di aver ricevuto il battesimo del fuoco. “Ora le cose sono molto diverse. Possiamo presentarci sul territorio nemico soltanto in condizioni meteorologiche veramente pessime. altrimenti siamo sicuri di venire intercettati dagli Spitfire o dagli Hurricane. Mesi di missioni operative contro un nemico sempre meglio armato hanno fatto sentire il loro effetto sui nostri nervi. C’è inoltre un percettibile allontanamento fra il nostro personale di terra e gli equipaggi della squadriglia. E questo è dovuto al numero tanto elevato delle perdite continue: gli aviatori più giovani non rimangono nella formazione per il tempo sufficiente a farsi conoscere dal personale di terra. “A questi problemi aggiungiamo l’avversione che proviamo noi anziani, nei confronti dello stato maggiore e dei comandi, perché dobbiamo eseguire i loro ordini spesso irragionevoli. E nelle missioni più sicure dobbiamo anche imbarcare qualche imboscato dei comandi. Si servono di noi per riuscire a superare il ‘corso di istruzione per la Croce di ferro di 2a classe’ nella maggior sicurezza possibile, e apparentemente altrettanto importante riuscire a qualificarsi per l’indennità di volo e i vantaggi relativi per un altro anno di ancora. "Queste preoccupazioni mi tormentano anche quando me ne sto in branda come pure la certezza che, perdurando la copertura del cielo, dovremo tornare ad attaccare le navi ancorate nell’estuario dello Humber. E per ristabilire la fiducia del mio equipaggio nel suo comandante, questa volta devo avere successo. “Al mattino ricomincia la guerra dei nervi, mentre osservo il soffitto di nubi basse. Mentre ci avviamo verso gli aerei sul pulmino, il mio equipaggio mi dice che non si può continuare ad andare avanti così: una notte dopo l’altra di difficili operazioni, seguite o da ‘voli di piacere, come chiamano loro i miei voli di addestramento, oppure queste incursioni speciali diurne. “Tu dici di sì a tutte le missioni’, mi dice in tono accusatorio Hein, il mio marconista, ‘ma nessuno si preoccupa di quel che pensa l’equipaggio’. “E vero che tutti gli altri equipaggi fanno meno missioni di noi, ma è altrettanto vero che noi siamo sempre più paurosi e meno sicuri di noi stessi dopo un’interruzione nelle missioni dopo una licenza, per esempio. “Fino a questo momento abbiamo completato 60 missioni operative contro l’isola. in gran parte notturne. In media, i nuovi equipaggi sopravvivono soltanto a tre o quattro missioni notturne. “Nonostante quello che il mio equipaggio possa pensare ora, io non ho mai sofferto di quello che noi chiamiamo ‘il mal di collo’, il desiderio di una Croce di Cavaliere dell’Ordine della Croce di ferro, il cui nastro si porta appunto al collo. Però io sono deciso a far sì che il mio sia il migliore equipaggio della squadriglia. Essere esperti è l’unica nostra possibilità di restare vivi. “Rispondo loro: ‘Perché mai gli altri equipaggi continuano a cadere. tino dopo l’altro, uno qui, uno là? I casi sono due: o perché non ci sanno fare, oppure perché si sono rammoliti, questa è la verità!’ “Mi sento irritato e polemico mentre mi affibbio il paracadute e serro le cinture del sedile. Il nostro navigatore, Hans il lungo, ci mette un’eternità prima di tirarsi su, col suo corpaccio lungo la stretta scaletta e la botola d’ingresso. Hein canticchia il suo solito ritornello ‘... bisogna viaggiare e viaggiare...’ uno sciocco motivo di moda che mi dà sui nervi da impazzire. Soltanto, il mitragliere, sembra prenderla stoicamente. Tuttavia il fatto è che siamo tutti e quattro egualmente ipersensibili e nervosi, e che ciascuno di noi reagisce a seconda del suo temperamento. “Tutto sembra andare troppo lentamente per i miei gusti. ‘Sempre la solita menata con voi tiratardi, finché siete tutti a bordo!’ “Le spie del cruscotto si illuminano. Gli strumenti cominciano a dar segni di vita. ‘Libero a sinistra!’ L’avviamento ronza. inserisco l’innesto l’elica si avvia con uno scatto. Fiamme rosse ruggiscono dai tubi di scappamento, poi i 1200 CV cominciano a muoversi a malincuore. ‘Libero a destra!’ Il motore di destra sputacchia, poi comincia a girare rotondo. Dò tutta manetta, prima a sinistra, poi a destra, per controllare accensione e generatori. Poi un’occhiata alla pressione dell’olio, alla temperatura dell’olio e del refrigerante, alla pressione del compressore, a quella del carburante, a quella idraulica, ai livelli del carburante e del lubrificante. Via i tacchi alle ruote... “Deciso a sfruttare ogni metro della pista di decollo, parcheggio lo Ju 88 molto indietro rispetto alla prima lampada verde. Controllo tutto da capo. Blocco il ruotino di coda, flap fuori a 25° trim sul ‘normale’ tutto pronto? “Andiamo’ e l’equipaggio risponde al solito ‘Andiamo!’. Per me questo significa che a bordo tutto è finalmente in ordine. Abbiamo dimenticato tutte le nostre divergenze. “Manette avanti. I motori rombano, sputando scintille dai tubi di scarico. Molla i freni, Hans legge gli strumenti, io mi concentro per mantenere rettilinea la corsa dell’aereo, e giudicare, dal peso sui comandi, quando è il momento di fargli alzare la coda per guadagnare velocità. “La pista è lunga 1400 m. I faretti rossi degli ultimi 200 m si avvicinano, giro con la sinistra il ruotino di compensazione sulla posizione ‘passante in coda’ per dargli tendenza a cabrare e tiro indietro con una certa forza la barra. L’aereo fa un leggero balzo e si stacca dalla pista. Non stiamo esattamente volando, piuttosto sembra che stiamo ‘nuotando’ pesantemente a pochi metri dal suolo. Debbo piegarmi al massimo in avanti per afferrare la leva che comanda il rientro del carrello. “Le ruote stanno rientrando’, avverte il mitragliere. “La tensione non si allenta fino a quando l’altimetro non segna 100 m di quota. Ora è il momento di rientrare i flap; l'aereo sembra come sempre sprofondare un po’, però prende velocità e a questo punto comincia a volare davvero. “Oggi pianifico il nostro avvicinamento da sud. La malasorte vuole che le nuvole sotto di noi si assottiglino mentre superiamo la costa. E, naturalmente, li avvistiamo: quattro caccia in arrampicata per intercettarci. Getto l’aereo in una virata a coltello, la più stretta della mia vita. Il mitragliere avverte che i caccia stanno virando con noi. Quelle nubi fitte sembrano quasi fuori portata. Soltanto Hans è calmo, si sta dando da fare con la bussola, il calcolatore di rotta e di distanza, come se fossimo in volo d’addestramento. “Il Mitragliere ci avverte che i caccia si sono divisi in due coppie per impegnarci a tenaglia. A tutto motore mi lancio verso la sicurezza delle nuvole di bambagia. So che la distanza da una nuvola è sempre inferiore a quella apparente, ma i secondi prima di riuscire a tuffarci dentro quel biancore sembrano infinitamente lunghi. Hein grida che i caccia sono quasi a tiro e dentro la nuvola fa talmente chiaro che mi rendo conto che l’attraverseremo in pochi secondi e sbucheremo dalla parte opposta. E a questo punto comincia il gioco. Se lo si facesse per sport, sarebbe divertentissimo. Ma io sto giocando con la mia pelle e con quella del mio equipaggio. “Quei caccia sono Hurricane. Ogni volta che riescono a portarsi in posizione di tiro, io riesco a tuffarmi dentro la mia nuvola, e costringo così l’avversario a cercare una posizione d’attacco dal lato opposto. Quante volte abbiamo fatto questo gioco a nascondino non lo ricordo. Finalmente riesco a tuffarmi in una nuvola più grossa e da questa a tornare nel bianco fitto che avevamo già attraversato. Siamo al sicuro ma non abbiamo ancora svolto la nostra missione. “Mentre viro per una nuova puntata di avvicinamento, le nubi si infittiscono. scendendo praticamente fino al pelo dell’acqua. La pioggia impedisce ogni visibilità in avanti. Soltanto il cronometro e la bussola ci aiutano a trovare la rotta. Questi pochi minuti prima di raggiungere la zona dell’obiettivo non sono facili; la tentazione di rinunciare è forte. Potrei spiegare che in queste condizioni non si poteva far altro. Potrei sganciare le bombe in mare aperto. Tutti mi comprenderebbero, compresi i miei di bordo. Ma c’è l’insuccesso del giorno precedente. E se io cedo adesso ci sarà una crepa nella fiducia che ho in me e in quella che ha in me il mio equipaggio. Ho deciso. Resterò a bassa quota. “Allargo a est verso il mare prima di tornare indietro, a occhio, verso l’obiettivo, dove si trovavano ieri le navi. Volare basso, a pelo d’acqua, con nubi sfrangiate alla deriva sulle onde, richiede la massima concentrazione. Secondo Hans, fra 2 minuti saremo sopra le navi, poi c’è la costa protetta da una fitta cintura di contraerea e da un’infinità di palloni frenati di sbarramento. “All’improvviso eccoci proprio in mezzo alle navi. Con questa scarsa visibilità è impossibile attaccare. Continuo a volare dritto nella speranza che la visibilità migliori. Sulla sinistra si profila una massa scura di terra. Viro immediatamente a destra. Pochi secondi dopo altra terra in vista, stavolta proprio di prua. Senza volerlo ci siamo infilati nella stretta imboccatura di Spurn Head. Tutt’attorno i palloni frenati degli sbarramenti. Siamo in trappola come topi. “Devo restare sul fiume, effettuo a tutto motore la più stretta virata possibile a destra, la più stretta che posso pcrmettermi con l’aereo talmente pesante a una quota cosi bassa, e riesco appena a farcela. Avvisto la sagoma scura della sponda settentrionale. Finché riesco a tenermela a sinistra posso raggiungere Spurn Head e tirarmi fuori dalla trappola, Hans mi grida dove dirigere, a seconda di quel che avvista. Ecco il faro, siamo fuori e di nuovo sopra le navi, le traccianti ci arrivano addosso da ogni parte “nella semioscurità delle nuvole, punto verso nord, dove il cielo schiarisce, le nubi si sollevano fino a 100 m circa Hans all’interfono mi grida che dovremmo liberarci delle bombe e battercela. “Hans, dobbiamo provare un’altra volta.’ “Hans si limita ad annuire e mi dà il rilevamento, una volta di più mi getto nel nevischio e sono costretto a scendere a fior d’acqua. “All’improvviso c’è come una schiarita fra le nubi e mi ci butto. Nello stesso momento Hans mi dà una gomitata nelle costole e mi indica a destra. Una nave! E ci sta già sparando addosso con tutte le armi. “Attacco immediatamente, dritto lungo il sentiero rosso delle traccianti. L’affondata è ripida e prendiamo velocità, il grosso scafo del mercantile ingrandisce a vista d’occhio, un attimo dopo debbo richiamare per scavalcarlo, e nello stesso momento premo il bottone di sgancio. Ho in un lampo la visione delle sovrastrutture e degli alberi del mercantile, con i mitraglieri accucciati dietro alle loro armi, poi tutto ritorna grigio, ricamato dal rosso delle traccianti. “Il mitragliere urla che abbiamo fatto centro, anche gli altri stanno urlando, il nostro successo ha cancellato la loro paura, cabriamo quasi in verticale fino alla nuvola, dove effettuo una virata d’emergenza per schivare il tiro della contraerea, non è facile volare in questa zuppa. Debbo concentrarmi sull’assetto, sulla direzione e sull’angolo di cabrata; grido ‘Silenzio!’ nell’interfono, ‘chiudete il becco altrimenti finiamo in stallo e precipitiamo come pivelli!’ “Alla fine la sparatoria finisce, io livello e cerco di capire qualcosa negli strumenti che sembrano impazziti, l’aereo si sta coprendo di ghiaccio, poi, di colpo, eccoci in pieno sole, ora possiamo parlare. “L’equipaggio è giubilante, il mitragliere si inserisce nell’interfono per fornire un rapporto più dettagliato: due bombe cadute corte, una da 500 kg in pieno a centro nave, la quarta in acqua appena sotto la poppa. “Per me è una triplice vittoria: primo, il centro sulla nave; secondo, su me stesso e sulle mie paure di ieri; terzo, sul mio equipaggio. Quest’ultima è la più importante, senza una fiducia completa e reciproca fra tutti a bordo, non esiste sicurezza in volo.”

 

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In sequenza: Venti centri sulla deriva! Il disegno simile a una carta geografica su questo Ju 88 ricorda un’incursione contro unità navali alla base della Royal Navy di Scapa Flow in Scozia. Un pilota in posa accanto al timone su cui sono riportati i suoi successi. Le date specificano che le 10 missioni riuscite furono effettuate fra il 29 agosto 1941 e l’11 agosto 1942. Sotto la deriva si nota la carenatura del radar di allarme di coda.

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Impiego nella Regia Aeronautica

 

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Negli ultimi mesi del 1942 ed all’inizio del 1943 la crisi delle linee di voio della Regia Aeronautica comincia a profilarsi in tutta la sua gravità. Ciò è dovuto alle elevatissime perdite nelle operazioni belliche, ormai con andamento a noi sfavorevole, ed all’impressionante calo produttivo delle nostre industrie aeronautiche. Tra il gennaio 1940 e il settembre 1942 la produzione media mensile, nel settore del bombardamento, è di 56 aerei: nel periodo ottobre-dicembre 1942 essa scende a 32 velivoli e tra gennaio ed aprile 1943 è addirittura di soli 26 velivoli mensili. Per tamponare la situazione, non resta che acquistare velivoli presso l’industria tedesca. Nel gennaio 1943, una Commissione aeronautica formata dal gen. Guglielmo Cassinelli, dai ten. col. Ivo De Vittembeschi e Giuseppe Baylon, dai cap. Aldo Gasperi e Giovanni Raina, si reca al Centro Sperimentale della Luftwaffe, a Rechlin, ove può esaminare i Dornier Do.217 N e K, gli Junkers Ju .88 A-4 e Ju.188, Heinkel He.177, Junkers Ju.87 D, Henschel Hs.129, Messerschmitt Me.110 e Me.109 G-2, Focke-Wulf FW.190, l’elicottero Flettner. Al rientro in Italia è compilata una relazione (2 febbraio 1943) in cui si accenna per la prima volta alla possibilità di ottenere due squadriglie di Ju.88 A-4, ciascuna di 12 velivoli, per marzo-aprile 1943. In febbraio, il col. Giuseppe Teucci, nostro Addetto aeronautico accreditato a Berlino, avanza richiesta ufficiale per aliquote di bombardieri Ju.88 A-4, di tuffatori Ju.87 D, di caccia Me. 109 G: per accellerare la prassi addestrativa ed il piano delle cessioni, si prevede il diretto contributo di reparti della Luftwaffe presenti in Italia e dipendenti dall’OBS del gen. Albert Kesselring. I primi 52 equipaggi destinati agli Ju.88 provengono dal 29° gruppo (9° stormo), 33° gruppo (10° stormo), 38° e 51° gruppo autonomi, tutti reparti da bombardamento ormai rimasti privi di velivoli CZ.1007 bis e SM.84, di pre cedente dotazione. Ad essi deve far seguito il Personale di altri reparti in modo che all’inizio del 1944 la linea del bombardamento possa imperniarsi sui CZ.1018 di produzione nazionale e sulle cessioni di Ju.88. Basti pensare che il 20 giugno 1943 il Comando Supremo avanza richiesta ai tedeschi per ottenere ben 600 di questi bombardieri ma essi, ritenendola esagerata anche a causa della propria situazione bellica, la respingono ancor prima di quel fatidico 25 luglio che, con l’arresto di Mussolini, fa presentire ai tedeschi il nostro cambiamento di alleanze.

I primi piloti ad entrare in contatto con le nuove macchine sono il cap. Eugenio Geymet (62a squadriglia, 29° gruppo, 9° stormo) ed il ten. Giuseppe Duranti che a fine febbraio 1943 sono assegnati, con i loro equipaggi, presso il reparto tedesco di Ju.88 dislocato a Grottaglie: si uniscono a loro tre equipaggi del 35° stormo comandati dai ten. Mario Role e Guido Generali, dal sottoten. Giuseppe Vulcani. L’addestramento prevede un breve corso teorico e quindi voli con l’istruttore tedesco ai comandi (gli aerei sono di tipo operativo, quindi con un solo posto di pilotaggio) per un primo ambientamento a cui debbono seguire decollo, manovre ed atterraggi con un solo motore in funzione, volo in quota, tiro in picchiata, volo radente, navigazione, allenamento in formazione, bombardamento in quota e volo notturno. Il 12 aprile il cap. Geymet termina l’addestramento e rientra a Viterbo, sede del 9° stormo e centro di raccolta per tutti i reparti che debbono essere riequipaggiati con i bimotori tedeschi: in mancanza di essi è svolta attività addestrativa con i Caproni Ca.314. Il 23 aprile, i primi cinque piloti abilitati si trasferiscono a Monaco, ove prelevano altrettanti Ju.88 per rientrare a Viterbo il giorno 25. Analogo prelievo di 5 Ju.88 avviene il 1° maggio, ma questa volta le condizioni meteorologiche avverse obbligano ad uno scalo sull’aeroporto di Bologna- Borgo Panigale. Altri due velivoli sono prelevati in Germania il 14 maggio 1943. Il ‘cap. Geymet trasferisce quindi uno Ju.88 a Furbara (19 maggio) ma pochi giorni dopo questo aereo è sfasciato da un pilota di tale Centro Sperimentale per un atterraggio lungo causato dalla non conoscenza del velivolo e dall’esiguità della sede aeroportuale.

Esaminiamo ora le avventurose vicende del Personale appartencntc al 33° gruppo del maggiore Angelo Lualdi (9° stormo) che nel gennaio 1943, dopo aver esaurito i propri CZ.1007 bis lascia la Sicilia ed è trasferito, in treno, a Viterbo. Qui si svolge scarsa attività addestrativa su pochi Ca.314 mentre viene organizzato un nucleo di piloti e specialisti del 33° gruppo e del 10° stormo, cui si aggrega un capitano del Regio Esercito in funzione d’interprete. E’ così che verso la metà di febbraio 12 equipaggi completi (pilota, osservatore, marconista, motorista) comandati dal cap. Federico Poce prendono posto su due SM.82 da trasporto e partono per l’aeroporto di Sedes (Salonicco) ove debbono ricevere adeguato addestramento sugli Ju.88 del 4° Geschwader (X C.A.T.). Durante lo scalo a Brindisi, il cap. Poce apprende da un collega che a Salonicco non vi sono più gli Ju.88 della Luftwaffe. Egli telefona immediatamente a Roma per avere chiarimenti ma riceve ordine perentorio di proseguire. Nella tappa ad Atene, Poce si informa della situazione, con molta discrezione, ed ha conferma dell’avvenuto spostamento del reparto tedesco. Egli allora chiede nuovamente istruzioni a Roma, raggiunta con molta fatica mediante l’impiego di emittenti radio del Regio Esercito, ma riceve il categorico invito di non piantare ulteriori difficoltà e di proseguire. Gli SM.82 atterrano finalmente a Salonicco e, senza neppure spegnere i motori, sbarcano uomini e materiali a fianco della pista, quindi ridecollano immediatamente. Un’amara constatazione attende il nostro Personale: sulla grande base gli Ju.88 sono ormai assenti in quanto il reparto è stato trasferito sull’aeroporto di Neustadt (Vienna). Per interessamento del Console italiano, il Personale trova allora posto su un convoglio ferroviario militare che, attraverso la Jugoslavia infestata dai partigiani, raggiunge l’Austria con un viaggio interminabile e non privo di difficoltà. Per evitare attentati lungo la linea i tedeschi dispongono un vagone pieno di partigiani prigionieri, in testa ai treni. A fine febbraio ha inizio il corso d’istruzione. Anche qui non esistono velivoli bi-comando per cui l’addestramento è condotto con il solito sistema. Improvvisamente, nel corso di tale fase, il magg. Hott, comandante del Geschwader, comunica al cap. Poce che si sta pensando ‘alla creazione di un reparto misto italo-tedesco da inquadrare nella Luftwaffe. Poce dichiara immediatamente che non è disposto a volare e combattere sotto insegne tedesche: il fatto non ha un seguito immediato ma quando, dopo il rientro in Italia, sarà allontanato dal comando della 63a squadriglia gli verrà anche rimproverato di aver continuato a creare gravi difficoltà. Il 10 giugno 1943 inizia il rimpatrio di questo Personale, con transito a Monaco di Baviera, ove sono pronti per il ritiro 4 Ju.88 A-7 (esemplari bi-comando per I ‘addestramento) che sono progressivamente sottratti al prelievo da parte italiana, riducendosi prima a 3, poi a 2: con i verbali di consegna già firmati, il cap. Poce ed il ten. Giuseppe Porpora si apprestano a partire per l’Italia ma sono preceduti da due equipaggi tedeschi che involano gli ultimi due Junkers verso i campi da addestramento di Aalborg (Copenhagen) e Tolosa. Dopo una serie di telefonate con il col. Sergio Lalatta, ufficiale di collegamento italiano con l’OBS del gen. Kesselring, Poce apprende che a Monaco sono presenti anche 3 Ju.88 A-4 destinati alla Regia Aeronautica: ottenuta l’autorizzazione a trasportarli in Italia, egli viene fermato all’ultimo momento da un ennesimo contrordine e rientra amaramente in treno. Il resto della 63a squadriglia (il ten. Raffaele Foà che ne assume il comando, i ten. Giuseppe Lanzara, Alberto Bonifai, Pasquale Rivolta, Giuseppe Duranti, il sottoten. Del Carlo) si è nel frattempo riunito a S. Damiano Piacentino dove è dislocata una importante base della Luftwaffe. Qui i nostri piloti prendono in consegna 11 Ju.88 A-4 e li trasferiscono ad Airasca (23 giugno 1943), un piccolo aeroporto fra Torino e Pinerolo. Qui è svolta ridotta attività di volo sino alla fine di luglio, quando i soli equipaggi si trasferiscono a Villafranca di Verona per un corso di qualificazione al volo strumentale e notturno sui SAIMAN 202 e sugli SM.81. Questa indispensabile fase prima dell’impiego operativo è ancora in corso al momento dell’armistizio mentre gli Ju.88 della 63a squadriglia, rimasti ad Airasca, finiscono per essere recuperati dai tedeschi.

 

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In Sequenza: Aeroporto di Forlì, giugno 1943, uno Ju.88 A-4 del Nucleo Speciale Addestramento ancora con le insegne tedesche durante prove di volo con un solo motore; Forlì, luglio 1943, gli Ju.88 A-4 del Nucleo hanno ormai adottato i contrassegni del la Regia Aeronautica

 

Anche il 28° gruppo è interessato dal piano di rinnovamento della Regia Aeronautica. Il cap. Pasquale Andreotti, comandante della 50a squadriglia, è chiamato a Roma all’inizio di maggio e messo al corrente delle intenzioni dello Stato Maggiore di riarmare il Gruppo con materiale tedesco. Il 16 maggio 1943 egli parte per la base danese di Aalborg (Copenhagen) con 12 equipaggi completi (altri 7 sono in attesa di ordini), specialisti, avieri di governo. Inizia subito l’addestramento in volo, affrontato dai nostri piloti con entusiasmo e senza eccessive difficoltà. Le relazioni con i tedeschi sono improntate ad una fredda cortesia che degenera presto in aperta ostilità: l’alleato non gradisce il troppo fraternizzare degli italiani con la popolazione locale, pretende che essi escano in libera uscita armati di tutto punto, concede a stento che venga esposto il tricolore in hangar e sulla base, cerca addirittura di ritardare l’abilitazione degli equipaggi. Il cap. Andreotti ha l’impressione che i tedeschi mirino a trattenere gli equipaggi in previsione del crollo delle nostre Forze Armate. L’11 giugno 1943 egli è vittima di un gravissimo incidente che causa la morte dell’osservatore e dei due specialisti di bordo. Avendo riportato la frattura della base cranica, egli è costretto ad una lunga degenza in un ospedale di Copenhagen e perde così il contatto con il corso d’istruzione ed il suo reparto, rientrando in Italia solo a fine luglio. Gli altri piloti, conseguita l’abilitazione completa, sono già da lungo tempo a Viterbo ove il 15 giugno 1943 il 38° gruppo autonomo (49a e 50a squadriglia) è passato alla posizione di « quadro » cedendo il proprio Personale al 9° stormo. Anche la Regia Aeronautica partecipa al nuovo piano d’istruzione, costituendo un reparto speciale appositamente incaricato di addestrare il nostro Personale sulla nuova macchina. Si tratta del XV Gruppo Complementare, noto come « Nucleo Speciale Addestramento Ju.88 », che nasce sull’aeroporto di Latina (Littoria) il 1° maggio 1943. In tal modo i reparti di previsto armamento con i nuovi velivoli cessano di dipendere, per l’addestramento, dai precedenti Gruppi Complementari: il 9° stormo del col. Renato Abbriata dal IX Gruppo Complementare, il 10° stormo del col. Giorgio Rossi dal XIV, il 38° Gruppo autonomo del ten. col. Vittorio Mariani dal XII, il 31° Gruppo autonomo del ten. col. Fernando Giansanti dal IX. Il « Nucleo Speciale » impiega inizialmente istruttori tedeschi e velivoli con insegne della Luftwaffe. Il 20 giugno 1943 esso è trasferito sull’aeroporto di Forlì ove, articolato su 1a e 2a squadriglia, assorbe anche gli 11 Ju.88 A-4 della 62a squadriglia provenienti da Viterbo. Primo reparto ad avvalersi del « Nucleo » è il 51° gruppo autonomo, reduce da un tentativo di riequipaggiamento con bimotori francesi LeO.451 condotto sull’aeroporto di Bologna-Borgo Panigale: ma le condizioni di efficienza di queste prede belliche sono talmente precarie da impedirne l’impiego operativo. Il 2 maggio 1943 il Personale del 51° gruppo è allora trasferito a Littoria: tra gli altri, i cap. Vittorio Bitonti, Ippolito Da Porto, Tommaso De Martiis, i ten. Rossi, Vella, Piovene, Mezzalira, Nespolo. Per più di un mese i piloti seguono un corso teorico a terra, con richiami di aerodinamica, navigazione e lezioni sugli impianti di bordo. Seguono due giorni di rullaggi per impratichirsi con le manette a corsa invertita (spingere anziché tirare) ed i soliti voli al posto dell’osservatore, mentre l’istruttore tedesco dà dimostrazione delle possibilità del velivolo. La sera precedente al giorno fissato per i decolli da soli, il ten. Fritz capo degli istruttori tedeschi dice al cap. Da Porto, comandante della 212a squadriglia, « Io domani ridere ». Invece il giorno successivo, tutti e 14 gli equipaggi italiani si dimostrano in condizioni di decollare regolarmente con il velivolo. Dopo la familiarizzazione con la macchina, si passa all’addestramento bellico con tiri orizzontali ed in picchiata. Purtroppo un incidente (vite piatta a bassa quota, nell’uscire da un’affondata) causa la dolorosa perdita del ten. Vella. Quando il Nucleo Addestramento si trasferisce a Forlì, il Personale del 51° Gruppo lo segue sulla nuova sede, continuando l’istruzione al volo notturno e strumentale: dal 15 giugno 1943 il 51° fa parte del 9° stormo insieme al 29° gruppo. Anche gli uomini della 62a squadriglia si trasferiscono a Forlì, per completare l’addestramento iniziato a Grottaglie: ricordiamo i ten. Giovanni Rodriguez, Italo Mondini, Vincenzo Martucci, Marra, Marzocchi. Quest’ultimo ha un incidente di decollo con uno Ju.88 del Nucleo, con la conseguente distruzione del velivolo. Il 15 luglio 1943 sono presenti a Forlì 29 nostri Ju.88 che salgono a 37, quindici giorni dopo. Se ad essi aggiungiamo gli 11 velivoli presenti ad Airasca presso la 63a squadriglia e gli aerei perduti in incidenti, si può concludere che la Regia Aeronautica ha ricevuto circa 50 Ju.88, quasi certamente nella sola versione A-4. Interessante appendice alla storia del 51° gruppo è la ricostituzione della 172a squadriglia da Ricognizione Strategica Terrestre. Disciolta per mancanza di materiale di volo dopo una logorante attività bellica, essa è ricostituita il 1° giugno 1943 sull’aeroporto di Viterbo alle dipendenze del 9° stormo. Al momento dell’armistizio, la squadriglia è ancora in attesa degli Ju.88 D-1 che la debbono riequipaggiare. Alla stessa data, essa ha in forza soio 6 piloti, tutti provenienti dal 51° gruppo. Anche il 7° stormo partecipa al programma di qualificazione sui nuovi velivoli. Il 30 maggio 1943 un’aliquota del suo Personale lascia Lonate Pozzolo e si trasferisce a Montpellier e ad Istres per conseguire l’abilitazione sul velivolo tedesco. Il cap. Geymet riceve istruzioni di portarsi in Francia con la qualifica di istruttore ma, non volendo lasciare il Personale della sua 62a squadriglia alla vigilia dell’impiego operativo, riesce ad evitare il trasferimento. E proprio a Forlì, l’aliquota maggiore di nostri Ju.88 e di Personale addestrato sono ancora basati l’8 settembre 1943, senza dunque aver condotto alcuna azione bellica. Nel ricordo del Personale che ha conosciuto il velivolo tedesco, ne è rimasta un’ammirazione incondizionata. In particolare i piloti hanno apprezzato l’alto livello tecnico della macchina, rilevabile nell’ottima strumentazione, nelle comunicazioni in fonìa, l’altimetro acustico con richiamata automatica, la semplicità della messa in moto autonoma, la precisione del traguardo di puntamento che consente tiri spettacolari nel bombardamento a tuffo, le ottime prestazioni con un solo motore in funzione, la gradita sorpresa di una cabina di pilotaggio riscaldata, lusso mai visto sui nostri aeroplani. Per comprendere appieno la grave arretratezza tecnica della nostra industria eronautica è sufficiente pensare che queste « meraviglie » scoperte dai nostri piloti nell’estate 1943 su velivoli radiati dalla Luftwaffe, già alla fine del 1940 sono state a disposizione dell’aviazione tedesca.

 

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In Sequenza: Forlì, luglio 1943, altro ingresso sull’aeroporto di uno Ju.88 A-4 con un solo motore in funzione; Junkers Ju.88 A-4 del "Nucleo Speciale addestramento", Forlì 1943.

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La tecnica

 

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Lo Ju.88 D-1, versione-tipo dell’aereo, era un bimotore monoplano da ricognizione ad ala media ed impennaggio cruciforme, di costruzione interamente metallica e dalle linee eleganti e funzionali. L’ala aveva una caratteristica pianta politrapezoidale, con un gomito sul bordo d’uscita e due sul bordo d’entrata (che nel tratto tra la fusoliera e le gondole motrici era perpendicolare all’asse del velivolo), e raccordi terminali curvilinei. La sua struttura, semplice e robusta, era basata su cinque centine principali per semiala e su numerose centine di forma, cui era chiodato il ria vestimento (irrigidito anche da correntini disposti parallelamente all’apertura), e su due longheroni principali. A questi due si aggiungeva un terzo longherone ausiliario posteriore, che portava le cerniere degli ipersostentatori e degli alettoni. Questi ultimi, secondo la tecnica comune a diversi velivoli tedeschi, si abbassavano (pur conservando movimento differenziale) assieme agli ipersostentatori, che erano muniti di alule anteriori. La fusoliera, a sezione all’incirca rettangolare con spigoli arrotondati, era costituita da tre tronchi l’anteriore, in cui era alloggiato l’equipaggio, aveva fasciame in lamiera da 1 mm, mentre il tronco centrale, in cui era alloggiato un serbatoi del carburante e che comprendeva le due ordinate di forza cui si collegavano le semiali, era rivestito in lamiera da 1,2 mm. Il tronco posteriore che andava all’incirca dal bordo d’uscita alare agli impennaggi, era rivestito in lamiera da 0,75 mm. La struttura della fusoliera era di tipo classico, con diaframmi a Z e longheroni a T (limitatamente ai tronchi centrale ed anteriore) e correntini ad omega. La capottina trasparente del posto di pilotaggio ed il musone vetrato avevano una struttura in lega al magnesio, ed erano in gran parte ricoperti da pannelli piani in Perspex che conferivano loro il caratteristico aspetto sfaccettato. Sotto il muso del velivolo, sul fianco destro, era disposta la gondola ventrale, in cui era installato l’armamento che copriva il settore infera-posteriore, vincolato alla botola di accesso al velivolo e, nelle versioni da bombardamento, il traguardo di puntamento Lofte. Gli impenriaggi, di notevole superficie (specie l’orizzontale), avevano struttura a guscio in lega leggera per le superfici fisse, e superfici mobili rivestite in tela dotate di ampie alette cor il carrello, triciclo posteriore, era completa. mente retrattile, ed era costituito da due gambe di forza munite dei caratteristici ammortizzatori Junkers a molla. Le ruote ruotavano di 90° attorno all’asse della gamba, in modo da disporsi di piatto nel ventre delle gondole motrici, in cui le gambe rientravano ruotando all’indietro. Il ruotino posteriore, disposto circa all’altezza del bordo d’attacco dello stabi I izzatore, rientrava anch’esso verso l’indietro. I motori dello Ju.88 D-1 erano i dodici cilindri a V invertito Jumo 211 J da 1340 CV al decollo, ad iniezione diretta nei cilindri e con compressore centrifuga a due velocità, che fornivano una potenza di 1350 CV a 250 m di quota, e di 1060 CV a circa 5200 m. I motori, vincolati all’ala da castelli motore in lega leggera stampata ed in aste d’acciaio, erano racchiusi in profilate cofanature con radiatore frontale, che conferivano all’intera ìnstallazione l’aspetto di una gondola motrice alloggiante un motore radiale. La sistemazione dei propulsori, molto razionale, consentiva anche una rapida ed agevole sostituzione dell’intero gruppo motore. Le eliche erano tripale VDM a giri costanti. L’impianto di alimentazione faceva capo ad un complesso di cinque serbatoi, di cui quattro alari, installati tre le gondole motrici e ia fusoliera ed all’esterno delle gondole stesse, rispettivamente da 440 e da 415 litri; e ad un serbatoio di fusoliera, installato nel vano bombiero anteriore, opportunamente adattato ed i cui portelli erano stati sostituiti da un pannello di rivestimento, capace di 1220 litri. Sotto l’ala, ai quattro travetti ETC potevano venìr appesi serbatoi sganciabili supplementari da 450 litri, in modo da estendere ulteriormente la già considerevole autonomia. Lo Ju.88 disponeva di un sistema per lo scarico in volo del combustibile, con apposito boccaglio in coda, ed era munito di protezione antighiaccio per gli impennaggi (mediante guaine pneumatiche), per le eliche (a liquido) e per il bordo d’attacco delle semiali esterne (ad aria calda, ottenuta sfruttando scambiatori di calore facenti capo ai condotti di scarico dei motori). Il velivolo era munito di impianto per l’inalazione d’ossigeno, di complete apparecchiature radio di navigazione e per comunicazioni. Strumentazione completa per i parametri di volo e impianti; equipaggiamento volo strumentale con orizzonti artificiali e pilota automatico a tre gradi di sensibilità a virare: 1°/sec., 2°/sec. (volo strumentale), 2°/,7secondo; sistema di atterraggio strumentale Bake-Lorentz con segnale preventivo VE a 250 m. e segnale principale HE a 80 m.; il velivolo non sopporta atterraggi in secondo regime.Nella postazione del marconista apparato radio rice-trasmittente, radiogoniometro. Privo dei caratteristici freni di picchiata presenti sulle versioni da bombardamento, lo Ju.88 D-1 era dotato di un notevole equipaggiamento fotografico installato in fusoliera, circa all’altezza del bordo d’uscita alare, nel vano bombiero posteriore opportunamente climatizzato, per riprese da alte quota (m 8500 circa) e da bassa quota (non oltre i 2000 m). L’equipaggio, di quattro persone, disponeva di una leggera corazzatura protettiva, e di un armamento difensivo (insufficiente ad assicurare un’adeguata difesa dalla caccia avversaria) generalmente costituito da tre mitragliatrici MG.15 da 7,9 millimetri, installate due nel tettuccio trasparente e sparanti una verso l’avanti e l’altra verso l’indietro, ed una nel cupolino trasparente posteriore della gondola ventrale.

 

Approfondimenti:

Achtung Mistel!

Caccia Notturna

 

211rq83.jpg

 

Caratteristiche Tecniche

 

2hx4tgp.jpg

 

Contributi Video

Cinepresa_Gira.gif

 

Junkers Ju 88 doc part 1

Junkers Ju 88 doc part 2

Junkers Ju 88 doc part 3

Junkers Ju 88 doc part 4

Junkers Ju 88

Modificato da Blue Sky
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Allego uno spaccato che riproduce il funzionamento di richiamata automatica utilizzato durante i bombardamenti con assetti ripidi. Spingendo in avanti la leva dei freni da picchiata, sì abbassavano automaticamente gli equilibratori per stabilizzare l’aereo nella sua picchiata. Retraendo i freni si ristabilizzavano automaticamente gli equilibratori per richiamare l’aereo dalla picchiata e rimetterlo in volo orizzontale.

 

142es74.jpg

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Nel mio piccolo dò un contributo

 

 

Il solo reparto che operò con Ju88 nella Regia il "Nucleo Speciale"

 

Molto bella grazie del contributo, ma è la stessa riportata nel capitolo impiego nella Regia! ;)

Modificato da Blue Sky
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Ospite iscandar
Molto bella grazie del contributo, ma è la stessa riportata nel capitolo impiego nella Regia! ;)

ops, non ci ho fatto caso, cancellala dal tread è ridondante ed inutile...

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Eccezionale Blue! L'ho letto molto velocemente ma devo dire che, al solito, hai fatto un lavoro superbo!

 

Hai mai pensato di raccogliere tutto il materiale che produci e farne una sorta di enciclopedia amatoriale? Avrebbe un ottimo successo! :D

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Eccezionale Blue! L'ho letto molto velocemente ma devo dire che, al solito, hai fatto un lavoro superbo!

 

Hai mai pensato di raccogliere tutto il materiale che produci e farne una sorta di enciclopedia amatoriale? Avrebbe un ottimo successo! :D

Concordo in pieno!

Questi piccoli capolavori non debbono assolutamente andare persi.

E questo vale anche per i lavori di altri frequentatori del forum, ovviamente ;)

 

Bravo :adorazione:

Modificato da Grifo
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quasi quasi comincio a crermi dei fascicoli con queste piccole opere d'arte

 

Gia' fatto ! ;)

 

ma avrei una domanda

blu ski ma le scrivi tu o le prendi da qualche sito o libro??????

 

Sospetto la Camera degli Archivi , sotto le zampe della Sfinge . :o

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Ringrazio tutti per i complimenti, è un piacere immenso sapere che i miei topic sono apprezzati! In fondo, condividere argomenti del genere con altri appassionati è una cosa unica! :adorazione:

 

Per ringraziarvi aggiungo qualche altra immagine interessante!

 

10wt9hk.jpg

 

az6mv8.jpg

 

2gumg7l.jpg

 

1zl42ns.jpg

 

f3at1j.jpg

Modificato da Blue Sky
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