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Mitragliatrici alari - una scelta italiana


Hicks

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Perchè alla fine degli anni '30 nonostante si cercasse un'evoluzione del Ba.65, caccia robusto e apportunamente armato(4 mitragliatrici alari, 2 da 12,7 e 2 da 7,7mm), non si è proseguito con l'inserimento dell'armamento nelle ali?

 

I vantaggi ci sarebbero stati:

- non ci sarebbe stato più bisogno di doverle sincronizzare con i giri dell'elica

- riduzione del disagio causato dalle vampate delle armi al pilota(specialmente in missioni notturne)

- riduzione della sezione frontale migliorando l'efficenza aerodinamica

- scissione del problema spazi nella parte forntale causato dall'evoluzione dei motori da quello dell'armamento

 

Il T.18 proseguì con questa filosofia ma già Macchi e Fiat l'abbandonarono preferendo montarle solo nel muso.

Solo sul Folgore, nel 1942, si corse ai ripari installando nelle ali le Safat da 7,7mm; nel C.205 si riusci alla fine ad infilarci una mitragliatrice sparante dal mozzo ma di quelle alari ancora niente. Perchè?

Io presumo questa scelta in una distrubuzione dei pesi o nella ricerca della velocità come obiettivo primario del caccia ma non ho ne i dati ne la conoscenza per confermarlo, quindi chiedo a voi.

 

Grazie a tutti

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Ospite galland

La scelta derivava dalla maggiore facilità di riarmo delle mitragliatrici in caso d'inceppamento.

Le due Breda alari da 7,7 mm vennero istallate sul 202 a partire dalla VI serie produttiva e non conferivano al velivolo particolare volume di fuoco, particolarmente contro i plurimotori da bombardamento. Venne anche sperimentata l'istallazione di due Mauser da 20mm in apposite gondole.

 

Tal genere d'istallazione fu standard sul Re.2001CN.

 

Il 205 aveva due Mauser alari da 20 mm (ma si iniziò istallando le solite due 7,7) oltre le due solite 12,7 sulla cappottatura motore. Il G.55 ed il Re.2005 avevano, invece, 3 Mauser da 20mm (due alari, uno sparante attraverso l'ogiva) restando le due 12,7 sulla cappottatura motore con una funzione si potrebbe dire sussidiaria, per la collimazione del bersaglio.

 

Il limite del'insuficiente armamento costituì certamente uno dei limiti - gravi - dei caccia italiani.

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La scelta derivava dalla maggiore facilità di riarmo delle mitragliatrici in caso d'inceppamento.

Quindi la motivazione principale sta nella facilità di gestione dell'armamento da parte del pilota, giusto?

 

Le Safat erano molto soggette all'inceppamento?

 

Il paragone con i caccia avversari è desolante, immagino che non avessero di questi problemi. Prendendo ad esempio lo Spitfire nella prima versione, esso montava 8 mitragliatrici alari da 7,7mm.

Modificato da Hicks
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Ospite galland

Una delle problematiche delle produzioni aeronautiche ed indistriali italiane era la pessima qualità dei componenti strutturali e tecnologici, che compromettevano il regolre funzionamento di apparati, motori, armi.

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Ospite intruder
Pensavo che almeno le armi nel campo aeronautico si potessero salvare invece niente, niente di veramente affidabile.

 

Grazie Galland per le risposte

 

 

OT on. Molti continuano a pensare che abbiamo perso la guerra per colpa di una congiura demogiudoplutomassonica, tradimenti di generali e ammiragli e altre baggianate del genere. La verità, invece, è molto più semplice, squallida e desolante. Siamo andati in guerra con le pezze al culo, magari pensando al bis della campagna di Spagna, dove, dopo tutto, non avevamo sfigurato. Ma un conto era vedersela con le Brigate Internazionali, i cui combattenti passavano più tempo a scannarsi fra trotzkisti, anarchici e cominternisti che a fare la guerra, un'altra vedersela con le Aviazioni (e gli Eserciti, e le Marine) di Paesi industrializzati ed efficienti. OT off.

Modificato da intruder
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Ospite iscandar
OT on. Molti continuano a pensare che abbiamo perso la guerra solo per colpa di una congiura demogiudoplutomassonica, tradimenti di generali e ammiragli e altre baggianate del genere. La verità, invece, è molto più semplice, squallida e desolante. Siamo andati in guerra con le pezze al culo, magari pensando al bis della campagna di Spagna, dove, dopo tutto, non avevamo sfigurato. Ma un conto era vedersela con le Brigate Internazionali, i cui combattenti passavano più tempo a scannarsi fra trotzkisti, anarchici e cominternisti che a fare la guerra, un'altra vedersela con le Aviazioni (e gli Eserciti, e le Marine) di Paesi industrializzati ed efficienti. OT off.

 

 

d'accordo con te al 99% aggiungerei una parola al tuo commento... è quella in grassetto

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OT on. Molti continuano a pensare che abbiamo perso la guerra per colpa di una congiura demogiudoplutomassonica, tradimenti di generali e ammiragli e altre baggianate del genere. La verità, invece, è molto più semplice, squallida e desolante. Siamo andati in guerra con le pezze al culo, magari pensando al bis della campagna di Spagna, dove, dopo tutto, non avevamo sfigurato. Ma un conto era vedersela con le Brigate Internazionali, i cui combattenti passavano più tempo a scannarsi fra trotzkisti, anarchici e cominternisti che a fare la guerra, un'altra vedersela con le Aviazioni (e gli Eserciti, e le Marine) di Paesi industrializzati ed efficienti. OT off.

Sono d'accordo con te: fu un enorme errore di valutazione ritenere che con la sconfitta della Francia e l'Inghilterra rimasta sola si sarebbe arrivati presto a un tavolo di pace. Sarebbe stato il caso di non tirare troppo la corda, per l'Italia (paese poco industrializzato e senza materie prime) era già la terza guerra in 10 anni e non saremmo cmq stati all'altezza del secondo conflitto mondiale anche senza le altre esperienze belliche. La fortuna aiuta gli audaci...fino a un certo punto.

Di certo c'è che io mi sarei scelto altri consiglieri e un altro Capo di S.M. (e non l'"eroe" di Caporetto)... ma questa non è la discussione per trattare questo argomento.

 

Fine OT

 

Torniamo a parlare di mitragliatrici alari e del perchè si progettarono caccia con insuficiente armamento rispetto agli avversari, grazie.

Modificato da Hicks
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  • 2 settimane dopo...

Mi ricordo che sul 202 le breda venivano rimosse sul campo per dare più manovrabilità all'aereo, visto che di danni non ne facevano almeno si recuperava qualche cosa.

Per quanto riguarda le pezze al culo, erano finite anche quelle (le pezze).

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Mi domando: ma a quei tempi per i nostri piloti privilegiare la manovrabilità del mezzo era soprattutto una scelta difensiva o no?

 

Il ragionamento poteva essere: meglio essere più leggeri perchè tanto le due armi in più davano pochissimo contributo quando si era in vantaggio rispetto al nemico (attacco) e, per contro, mettevano in serio pericolo durante le manovre evasive quando si era in svantaggio (difesa).

Quindi, alla fine, un doppio handicap per i nostri.

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E mi domando anch'io:

c'è una spiegazione valida per il fatto che nel 1940 tutte le grandi aviazioni al mondo avevano aerei ben armati e noi andavamo in giro con due mitragliere sulla capottatura del motore?????????

è una cosa che non mi sono mai spiegato...

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  • 10 mesi dopo...

In quel periodo l'installazione di armi con tiro al di fuori del raggio di rotazione dell'elica, anche di piccolo calibro, era considerata con un certo sospetto per le sollecitazioni di torsione che avrebbero implicato nell'ala durante lo sparo, data la relativa novità di ali a “sbalzo” con rivestimento lavorante e con profili alari relativamente sottili: i problemi di installazione delle armi alari, che interferivano con la struttura del longherone, portavano gli Ingegneri a adottare coefficienti di sicurezza molto elevati.

I caccia italiani avevano i coefficienti di sicurezza più elevati in assoluto tra i caccia della IIa G.M., da cui la loro proverbiale robustezza e il loro altissimo costo: forse solo l'A6M aveva coefficienti di sicurezza superiori, pagati però a prezzo di altre debolezze per poter tenere il peso entro determinati limiti.

 

La medesima considerazione ( diminuire al massimo le sollecitazioni sulla struttura alare) portò il Bf 109 e lo Spitfire ad avere carrelli con carreggiata molto stretta che si ritraevano verso l'esterno, il che, su campi erbosi, non era il massimo....

 

Con le armi alari si avevano inoltre altri problemi, come il congelamento del grasso di lubrificazione alle alte quote, il che portava a dover necessariamente avere sistemi di riscaldamento, oltre ai sistemi pneumatici di riarmo degli otturatori: i notevoli problemi connessi con l’installazione dei cannoni alari nello Spitfire ne sono un esempio.

I tedeschi e i francesi, studiarono motori, come il DB 601 e L’Hispano Suiza Y12 dove era possibile installare un cannone da 20 mm tra i banchi dei cilindri, proprio per disporre di un’arma potente ( anche se con pochi colpi) “che non soffrisse il freddo...” e non desse sollecitazioni sulla struttura alare.

 

Con il miglioramento delle conoscenze tecniche, dovute anche all’impiego bellico, fu possibile migliorare le strutture alari dei caccia italiani in maniera da potervi installare anche armi da 20 mm.

 

Un’interessante pagina in proposito, tratta da “La Coda di Minosse”, di Felice Trojani, Ed. Mursia, Milano, 1964:

 

11reo7a.jpg

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Molto interessante il tuo intervento Antonello, aggiunge particolari e fattori che non avevo valutato fino in fondo.

 

In effetti l'AUT 18 fu un progetto "inusuale" per via dell'armamento del periodo, purtroppo sulla sua strada trovò molti ostacoli non solo tecnici che ne ritardarono i l'entrata in scena.

 

Bisogna anche ammettere anche altri come Castoldi, come riporta MC72 sul Programma R, riservò lo spazio nell'ala per l'eventuale aggiunta delle mitragliatrici alari ma oltre ai problemi da te citati vi era anche la scarsa potenza dei propulsori che impedì per molto tempo la loro comparsa sui velivoli Macchi di serie.

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:adorazione: scusami antonello, cos'è il coefficente di sicurezza? un fattore di robustezza? Lo chiedo perchè ho sempre sentito descrivere lo Zero come fragile.

 

Il mio Professore di Scienza delle Costruzioni mi perdonerà ( da lassù......) per le inevitabili grossolane semplificazioni.....

Il coefficiente di sicurezza rappresenta il numero di volte cui devi aumentare i carichi per ottenere la rottura.

cioé, nel caso aeronautico

Un aereo sta volando ad una velocità uniforme: in questo caso le sue ali creano una portanza che “sopporta” esattamente il suo peso.

Quando l’aereo compie una manovra, l’accelerazione provoca un aumento di carico sulle ali, che quindi devono sopportare sollecitazioni maggiori. Il fattore di carico per gli aerei si misura in “g”, pari 1 g = 9,81 m/sec al quadrato: dire che un aereo sopporta 12 g è quindi come dire, semplificando brutalmente, che per rompere le ali occorre caricarlo con un carico distribuito sulle ali pari a 12 volte il suo peso.

Un coefficiente di sicurezza basso vuol dire materiale costruttivo dell’aereo sfruttato quasi al limite della rottura e quindi significa leggerezza ma poca robustezza: un coefficiente di sicurezza elevato significa viceversa che il materiale ha ampie riserve di resistenza ma che la struttura sarà pesante. Il progettista “artista”, come fu R.J. Mitchell, è quello che sa combinare le due cose nel modo più armonico.

L'A.U.T. 18 non fu un grande aereo proprio perché, come afferma il suo Progettista qualche pagina dopo, il suo coefficiente di sicurezza era troppo elevato.

 

Veniamo allo Zero.

Quest’ultimo aveva un sistema costruttivo del tutto peculiare: a differenza di tutti i caccia contemporanei, che erano costruiti assemblando pezzi costruiti separatamente (fusoliera, ali, piani di quota..) e giuntati insieme, con notevole aumento di peso, lo Zero era costruito come un “tutto” unico, o meglio in due parti, il gruppo fusoliera-ali e il gruppo piani di quota-direzionale, assemblati tra loro con una corona di 80 bulloncini.

Eliminando radicalmente le giunzioni più sollecitate, Horikoshi ottenne con un risparmio di peso notevolissimo, una struttura resistentissima alle manovre più violente con un coefficiente di sicurezza ben al di sopra delle possibilità fisiche dei piloti che ci volavano sopra.

Naturalmente, poiché la progettazione di un aereo è sempre il frutto di un compromesso, lo Zero risultava di costruzione complessa, anche se i Giapponesi, essendo ......Giapponesi, fecero miracoli, ma il suo maggior difetto era che, sempre per contenere il peso, non aveva nessuna corazzatura per il pilota e i serbatoi non erano protetti. Qualche 0.50 incendiaria ben piazzata e lo Zero diventava una torcia........

 

Mi scuso ancora per le brutali semplificazioni.......

Modificato da Antonello
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:adorazione: semplificando quindi, la capacità di sopportare carchi elevati non vuol dire necessariamente la capacità di incassare colpi. Giusto?

 

Un guscio d'uovo sopporta forti carichi se questi sono uniformemente distribuiti, nessuno se il carico è concentrato....

 

Certamente: lo Zero sopportava le manovre più violente da parte da parte dei suoi addestratissimi piloti, ma si sfasciava sotto l'impatto dei proiettili "come se fosse stato fatto di carta di riso" ha scritto qualcuno, Pierre Clostermann, mi pare.

Modificato da Antonello
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Questo accadeva, negli A6M2, a causa della velocità limite di soli 600 km/h. Un valore che non ha a che vedere col carico massimo di G sopportabile dal velivolo (+7G e -3,5G). Oltrepassata la suddetta velocità, a un angolo di picchiata di 60°, iniziava la deformazione del rivestimento alare e poi, in caso di picchiata prolungata, la perdita delle estremità alari. Ma già l’A6M3 arrivava ai 670km/h in picchiata e gli ultimi A6M5 toccavano i 740km/h. Dopo ulteriori irrobustimenti strutturali in coda, è stata in seguito realizzata la variante A6M7 sviluppata apposta per l’attacco in picchiata!

 

Ovviamente tutto questo ha valore finchè la struttura rimane integra. L’impatto di numerosi proiettili non è contemplato. Nel caso dello Zero poi, anche sforzi di manovra prolungati tendevano a ridurre lentamente il carico massimo teorico sopportabile. E’ vero che lo Zero aveva, come molti aerei giapponesi, la sgradevole tendenza ad infiammarsi. E’ vero anche (lo si può leggere nel libro “Samurai!” di Saburo Sakai) che moltissimi Zero rientravano alla base benché danneggiati. Ci si dimentica infine che le corazzature, i serbatoi autostagnanti, il blindovetro erano tutt’altro che diffusi ad inizio guerra e che elevatissime velocità in picchiata (anche oltre 800 km/) sono state raggiunte solo in un secondo tempo dai vari Tempest, P-47, P-51 e così via. La possibilità di perdere le ali o la coda in caso di sforzi eccessivi accomunava lo Zero a due altri velivoli su cui nessuno ha mai osato dire nulla: lo Spitfire I/II ed il Me-109E. Semplicemente ci si aspettava che il pilota fosse in grado di “capire” fino a che punto “tirare” l’aereo. Era fin troppo facile iniziare una picchiata ad alta quota e superare la velocità massima consentita, obbligando il pilota ad una “ripresa” impossibile o a superare il limite strutturale…

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Una cosa che tenderei a precisare è che una cosa è il “Carico di progetto”, vale a dire la sollecitazione che il Progettista imposta sul suo tavolo da disegno ( bei tempi, quelli......) o sul suo computer, un’altra è l’effettivo carico che provoca la disintegrazione dell’aereo.

Nel caso appunto dello Zero i valori di +7,5 g e – 3,5 g sono quelli di progetto e corrispondono, grosso modo, alle capacità fisiche di un pilota particolarmente ben addestrato (valori superiori provocherebbero lesioni permanenti) e sono valori che possono essere sopportati anche in maniera sistematica dalle strutture.

Ovviamente il carico di rottura, cioè quello che provoca la distruzione dell’aereo, è sempre maggiore e, per lo Zero, era situabile attorno a 12,5 g.

Faccio un altro esempio.

Lo scafo resistente dei sommergibili tedeschi che iniziarono la IIa G.M. era collaudato ad una profondità di “soli” 90 m., che veniva regolarmente superata, e di molto, in guerra: alcuni Comandanti affermarono di essere scesi ad oltre 250 m, mentre quelli che scesero di più non tornarono a raccontarlo......

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Ho l'’impressione che questa storia dei 12,6 G di carico limite di rottura sia frutto di un fraintendimento. In rete esistono due versioni differenti. La prima versione sostiene che lo Zero potesse sostenere 7G con un limite di sicurezza di 1,8 che viene interpretato come 7x1,8=12,6G.

 

La seconda versione dice invece che 1,8 erano i G di sicurezza oltre i 7G standard. Quindi 7+1,8=8,8G. Molto più credibile.

 

Sulla pubblicazione della Delta editrice “"Zero"”(I grandi aerei storici) è riportato:…"...riducendo il massimo numero di G a +7, nonché il fattore di sicurezza a solo 1,8..."…” Faccio notare che, in genere, il fattore di sicurezza si aggira su un 50% in più, 80% è esagerato ! Per il suo peso era un risultato eccellente, ma lo Zero non aveva certo la struttura di un P-40 o di un P-51.

Modificato da Gian Vito
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  • 1 anno dopo...

L'armamento insufficiente dei caccia "serie 0" deriva dal fatto che essi nacquero dal concorso per un nuovo caccia che venne esposto nel luglio 1936 dal Ministero: prima si pensava addirittura di chiedere due mitragliatrici da 12,7 e un cannone da 20 mm più una spezzoniera interna, ma all'inizio di quell'anno ci si ridusse ad appena una 12,7 mm e circa un'ora di autonomia; in seguito si ritornò a chiedere due 12,7 ma a scapito della spezzoniera. In effetti si volevano più tipi di caccia, tra cui intercettori, scorta e combattimento.

 

Basti pensare che il progetto del G.50 originale ('36) prevedeva una mitragliatrice da 12,7 e 1 cannone da 20mm Oerlikon, entrambi alari! magari, se fosse stato così, il Fiat avrebb potuto montare un'ala a profilo variabile, per "riequilirare i pesi" e risolvere così il dannato problema dell'autorotazione, così come fatto sul F.5 (che, peraltro, aveva le mitragliatrici alari)

 

Il vero problema, secondo me, non è da cercare nè nei veicoli, i quali hanno dimostrato di essere idonei all'utilizzo di più armi rispetto al progetto originale (il G.50bis aveva 4x12,7mm, il Macchi 202 , dalla Sr.VIII in poi , ebbe 2 mitragliatrici da 7,7mm -stesso armamento del C.200 di ultima generazione-, oppure furono fatti test con una mitragliatrice pesante sparante dal mozzo dell'elica -tipo Bf.109-, nonchè gondole sub-alari come il Re.2001 CN per 2 cannoni Mauser da 20mm, il Ro.57 passò dai 12,7mm ai 20...) nè nella sistemazione;

in particolare, quest'ultima, sebbene mantenga diverse pecche come lo scarso volume di fuoco dovuto alla sincronizzazione dell'elica o alla scarsa visibilità del pilota durante il fuoco, mantiene un'impostazione più "naturale" nel momento in cui si debba sparare, quasi senza bisogno del collimatore, garantendo una maggiore gittata rispetto alle armi alari in quanto non ha bisogno di calcolare il punto in cu il fuoco delle armi alari si incontra, nonché il volume di fuoco rimane più "serrato" e quindi spesso più efficace.

 

Da una parte, avevamo, a mio avviso, fra le paggiori armi aeree della IIGM, visto che, come affidabilità, potevano esser superiori solo alle armi russe, ShKas a parte, le quali alla scarsità dei materiali industriali aggiungevano anche le temperature da recod del Generale Inverno; magari, se avessimo guardato un po' oltre il nostro orizzonte, avremmo visto che i nostri "camerati" del Sol levante avevano le Ho-103, derivanti dalle nostre Breda, le quali, ad un maggiore rateo di fuoco con il medesimo calibro, aggiungevano fino a ben 6kg in meno per arma! Lì sì che, magari, i nostri progettisti avrebbero avuto "il fegato" di aggiungere altre 2 mitragliatrici (alari) alle altre 2 (USA style). Vedere così il Reggiane 2001, 2002, il Ro.57 e il Macchi 202 con 3-4 di queste ottime armi, avrebbe di sicuro giovato largamente per la loro efficacia in battaglia e per il buon umore dei nostri piloti.

 

Infine, una pecca riscontrata spulciando fra le varianti dei nostri velivoli , ad un aumento dell'arsenale delle nostre macchine, spesso e volentieri non corrispondeva un aumento della propulsione, cosa largamente praticata in tutti i velivoli esteri. Così, ad un aumento considerevole del peso, si continuava ad usare il medesimo motore, con effetti devastanti (il g.50bis, ad esempio, con 4 mitragliatrici pesanti e 100 l in più di carburante nel vano bombe, non ricevette motori migliorati, calando le sue già scarse prestazioni da 484 a 427 km/h).

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La versione con 4 mitragliatrici pesanti (immagino 2 sempre in caccia e 2 nelle ali) e un carico alare da 300 kg max (6 attacci da 50 kg?) era la versione biposto imbarcata G.50bis/An; questa versione era (rispetto ai caccia -italiani- coevi) "armato fino ai denti", peccato che notevolmente appesantito e con la medesima unità motrice (secondo me, con un bel motore Piaggio P.XIX R.C.45 Turbine da 1175 cv -quello del Re.2002, per intenderci-e senza il posto per il 2° pilota, notevolmente pesante, sarebbe stato una buona macchina, con prestazioni e ruli alla pari di un Hurricane Mk.IIc). Purtoppo le mie rimangono solo fantasie e il velivolo Fiat "sfecciava" a solo 427 km/h...un'altro buco nell'acqua dell'aviazione italiana della IIGM.... :pianto:

 

*Ruoli

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La versione con 4 mitragliatrici pesanti (immagino 2 sempre in caccia e 2 nelle ali) e un carico alare da 300 kg max (6 attacci da 50 kg?) era la versione biposto imbarcata G.50bis/An; questa versione era (rispetto ai caccia -italiani- coevi) "armato fino ai denti", peccato che notevolmente appesantito e con la medesima unità motrice (secondo me, con un bel motore Piaggio P.XIX R.C.45 Turbine da 1175 cv -quello del Re.2002, per intenderci-e senza il posto per il 2° pilota, notevolmente pesante, sarebbe stato una buona macchina, con prestazioni e ruli alla pari di un Hurricane Mk.IIc). Purtoppo le mie rimangono solo fantasie e il velivolo Fiat "sfecciava" a solo 427 km/h...un'altro buco nell'acqua dell'aviazione italiana della IIGM.... :pianto:

 

*Ruoli

 

Il g50 bis/an era un velivolo progettato per l'imbarco su le progettate portaerei italiane, ricalcava lo schema biposto dei caccia navali inglesi tipo fulmar, con un secondo uomo come navigatore.

Volendo migliorare le prestazioni del g50 si poteva montare come si fece un daimler-benz da 1075, ma quando arrivò i macchi 202 gia combattevano e i motori originali o su licenza erano pochini, comunque la serie Reggiane non mi sembra che se la cavasse male, una bomba da 640 era un bel carico e il re 2001N aveva due cannoni da 20 e non solo sulla carta

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