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Le Wonder Weapons USA


Pete57

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Spesso vengono riportati esempi delle tecnologia avanzata usata dalla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, molto più raramente si menzionano le tecnologie impiegate dagli Alleati ed, in particolare, dagli Stati Uniti che, in diversi casi riuscirono a mettere in campo sistemi d’arma che nulla avevano da invidiare a quelli messi in campo dal III Reich.

Questo post, come ho già premesso in altri, non vuole essere un tentativo di discreditare la genialità tecnologica o il progresso raggiunto dagli scienziati Tedeschi, ma essere semplicemente un tentativo di dare una visione più ampia e bi-partisan dei progressi tecnologici raggiunti, in generale durante il secondo conflitto mondiale.

 

Spoletta VT

 

Prima del conflitto, i tipi di spoletta per proietti d’artiglieria in uso erano del tipo a tempo o a contatto.

Nell’uso antiaereo, entrambi i tipi cominciavano a dimostrare i propri limiti nell’impiego contro i velivoli che erano stati sviluppati dopo il Primo Conflitto Mondiale ed, in particolare, la Marina Statunitense era particolarmente preoccupata della minaccia che rappresentavano per le proprie unità.

Gli Inglesi cominciarono a lavorare ad un proiettile dotato di un dispositivo che gli permettesse di esplodere in prossimità di un velivolo nel 1939 e gli Americani nel 1940.

Il compito di sviluppare una spoletta di prossimità da adattare ai proietti da 5-pollici della marina venne assegnata alla Section T degli Applied Physics Laboratory alla Johns Hopkins University, sotto la direzione direction del Dr. Merle A. Tuve.

Il team riuscì a superare le difficoltà sia di produrre un dispositivo di dimensioni sufficientemente piccole da poter essere adattato ai proietti da 5”, che di renderlo in grado di sopravvivere alle accelerazioni che comportava l’essere sparato da una bocca da fuoco, creando un dispositivo che “sentiva” la prossimità dell’obiettivo medianti segnali radio (un rudimentale radar doppler).

Un componente particolarmente delicato si rivelarono le valvole termoioniche in vetro (allora, un componente elettronico “obbligatorio”) e, ad un certo tempo si pensò di sostituirle con un nuovo tipo, in metallo, che si stava sviluppando e che sembrava dare risultati molto promettenti da questo punto di vista.

Nuove tecniche di lavorazione del vetro resero però questa alternativa superflua e le spolette furono infine messe a punto ed in produzione; nel Dicembre del 1941, la Crosley Corporation ricevette un’ordinazione per 500 spolette.

 

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Così si presentava la VT fuze completa

 

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Un immagine dei componenti interni della VT fuze

 

Il primo impiego con successo avvenne il 5 Gennaio 1943, quando il Lt. "Red" Cochrane, comandante della batteria poppiera da 5” dell’incrociatore leggero Helena, abbattè un Val Giapponese con la seconda di tre salve di proietti dotati delle VT fuzes.

 

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La USS Helena

 

Sebbene il destinatario principale delle VT fuzes fosse l’US Navy, le spolette della Crosley raggiunsero in notevole quantità anche le forze armate Britanniche che le impiegarono soprattutto contro le V-1 e l’US Army che, similmente, le adoperò contro le V-1 in difesa di Anversa.

Le statistiche fornite dal Bureau of Ordnance, mostrano come la Crosley abbia fornito l’incredibile cifra di 5,205,913 di VT fuzes, pari al 24% della produzione totale che ammontò a poco più di 20 milioni di esemplari!

 

Il contributo alla vittoria dato da questo, tutto sommato, piccolo componente bellico si può riassumere nelle parole dell’ Adm. Forrestal “The proximity fuze has helped blaze the trail to Japan. Without the protection this ingenious device has given the surface ships of the Fleet, our westward push could not have been so swift and the cost in men and ships would have been immeasurably greater.”- da quelle di Winston Churchill - “These so-called proximity fuzes, made in the United States.., proved potent against the small unmanned aircraft (V-1) with which we were assailed in 1944.” - e di George S. Patton “The funny fuze won the Battle of the Bulge for us. I think that when all armies get this shell we will have to devise some new method of warfare.”

 

Disney Rocket Bomb

 

La Disney Rocket Bomb, progettata da un capitano della Royal Navy per l’uso contro i ricoveri corazzati degli U-boot Tedeschi, era una bomba da 4500 libbre con involucro rinforzato e con un motore a razzo montato sulla coda.

L’arma, da 4500 libbre, veniva sganciata dal velivolo dalla quota di 6000m ed un dispositivo barometrico determinava l’accensione del razzo a 1500m, imprimendole una velocità di 730 m/s.

Venne impiegata per la prima volta il 10 Febbraio 1945, da una formazione di 9 B-17 del 92nd Bomb Group che colpirono i ricoveri degli U-boot ad Ijmuiden, in Olanda.

Durante il conflitto ne furono sganciate, in totale, 158.

 

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Due immagini della Disney Bomb

 

Bombe plananti

 

Durante una visita in Inghilterra, il General Henry “Hap” Arnold aveva notato che, anche in aree fortemente urbanizzate, una notevole percentuale delle bombe finiva per cadere in zone non costruite, arrivando alla conclusione che delle bombe che avessero seguito una traiettoria “planata” averebbero avuto maggiori possibilità di colpire gli edifici e pertanto, al suo ritorno negli USA, emise una direttiva presso l’Air Proving Ground Command (APGC) finalizzata allo sviluppo di bombe plananti per il bombardamento strategico delle città e delle zone industriali.

Le armi sarebbero potuto essere dotate di un sistema di propulsione o meno e sfruttare diversi sistemi di guida e di controllo, tuttavia, al fine di accellerare i tempi, il primo sviluppo si sarebbe dovuto concentrare su di un’arma planante, con i comandi fissi e priva di sistemi di controllo.

Il risultato fu la Glide Bomb 1 o GB-1 che risultò nell’installazione di un’ala da 3.65m di aperura ad una bomba M34 da 2000 libbre con una doppia trave di coda, dotata di un autopilota Hammond che la manteneva su di una traiettoria prestabilita agendo sugli elevatori.

 

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La bomba planante GB-1

 

Un B-17 riusciva a trasportarne, esternamente, due e l’arma sganciata dalla quota di 15,000 piedi aveva un raggio di 36km.

 

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Una GB-1 pronte per essere caricata su di un B-17

 

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Trasporto e sgancio di due GB-1s da parte di un B-17

 

 

L’esordio operativo avvenne col bombardamento di Colonia, il 25 Maggio 1944, ma poichè molte bombe convenzionali furono sganciate insieme alle GB-1, i risultati particolari di queste ultime non poterono essere determinati.

In compenso l’arma evidenziò due grossi problemi: l’ingombro dovuto all’ala costringeva al loro trasporto esterno, riducendo così le prestazioni del velivolo trasportatore (ed aumentandone la vulnerabilità) e la distanza dal bersaglio a cui dovevano essere sganciate spesso impediva una corretta identificazione del medesimo da parte del bombardiere.

 

Questi problemi rendevano l’arma incompatibile con la startegia dei bombardamenti di massa impiegata dalla 8th AF in Europa, e dopo l’esordio di Colonia il suo impiego risultò molto raro.

L’unica altra Glide Bomb usata in azione fu la GB-4, sviluppo della GB-1 che utilizzava la testata bellica e le superfici di controllo della GB-1, ma, a differenza di questa, aveva ora un sistema di acquisizione del bersaglio mediante una telecamera, posta sotto la bomba che inviava le immagini ad un ricevitore TV posto nel velivolo lanciatore e controllo mediante impulsi radio.

Nella prove, la GB-4 dimostrò un CEP di 200 piedi ed un’affidabilità dell’80%, ed il suo esordio operativo, sempre con l’8th AF, avvenne nel 1944 contro la base degli U-Boot a Le Havre.

L’arma si dimostrò però poco adatta contro tali obiettivi a causa delle sue dimensioni, relativamente ridotte, che le impedirono di penetrare le difese in cemento.

 

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La bomba planante GB-4, la telecamera era contenuta nel pod posto sotto la bomba stessa

 

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La GB-4 in volo

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Bombe a guida radio

 

La bomba Azon (AZimuth Only) era una bomba da 1000lb cui era stato applicato un governale ottagonale che permetteva aggiustamenti della sua traiettoria verticale in due piani; era girostabilizzata e le modifiche avvenivano mediante segnali radio (il sistema aveva 5 canali) al suo sistema di guida che era dotato di batterie con una vita di 3 minuti, sufficienti a guidarla per il tempo che impiegava a raggiungere terra dalla quota di sgancio, intorno ai 5000m e, onde permettere all’operatore di poterla seguire nella propria traiettoria, era dotata di un flare da 600000 candele sulla coda.

La designazione ufficiale era VB-1 (Vertical Bomb) ed era stata progettata dal Maggiore Henry J. Rand e da Thomas J. O'Donnell come risposta alle difficoltà di colpire e distruggere i ponti di legno della Burma Railway costruita dai Giapponesi.

Ne venne sviluppata anche una versione da 2000lb denominata VB-2.

Il maggiore difetto della VB-1/VB-2 era il fatto che la sua traiettoria poteva essere modificata solo sul piano laterale, rendendo i ponti, con la loro lunghezza, una bersaglio preferenziale, se non una scelta forzata.

 

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La VB-1 vista da dietro. Si noti il flare in primo piano

 

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Dettaglio della parte posteriore e schema dei componenti

 

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Dettaglio delle antenne per il radio-controllo della Azon montate sul velivolo

 

Venne omologata per il lancio da parte di B-24 opportunamente modificati e, per Novembre 1944, ne erano stati prodotti 15000 esemplari.

Il 458th BG dell’ 8th AF le usò per attaccare i ponti sulla Senna in Francia, depositi di munizioni a Kropp ed il ponte ferroviario a Ravenstein, in Olanda; nella 15th AF, venne usata per attaccare i ponti sul Danubio e per distruggere, il 25 Marzo 1944, il viadotto di Avisio che collegava l’Italia all’Austria, tagliando così una delle vie di rifornimento alle truppe Tedesche, mentre la 10th AF la impiegò in Birmania distruggendo 27 dei ponti della Burma Railway, con il lancio di 493 ordigni.

In quest’ultimo teatro per diminuire la vulnerabilità all’antiaerea Giapponese, furono modificati come velivoli-guida dei Lockheed P-38 Droop Snoot che, più agili dei B-24, permettevano a questi ultimi di iniziare manovre evasive subito dopo il lancio.

 

Per ovviare ai problemi delle VB-1/VB-2, verrà sviluppata la VB-3 dotata ora di un completo sistema di guida; alcuni esemplari verranno inviati in Birmania, poco prima della fine del conflitto, ma non verranno usati in azione, dovendo attendere, per l’esordio operativo, il conflitto Coreano del 1950-1953

 

 

Siluri a guida acustica.

 

Nel 1943 divenne palese che i Tedeschi si accingevano ad impiegare un siluro, che gli Alleati avevano denominato GNAT (German Naval Acoustic Torpedo), a guida terminale che si dirigeva sul rumore emesso dal bersaglio.

L’Intelligence Alleato era già da tempo al corrente degli studi Tedeschi e, già dal 1940, il National Defense Research Committee (NDRC) sponsorizzò un progetto volto alla realizzazione di un’arma simile.

La Western Electric venne messa a capo del progetto, il sistema di guida venne sviluppato dalla Bell Telephone Laboratories e dalla Harvard Underwater Sound Laboratory, mentre il siluro vero e proprio, denominato Mine Mk.24 (“Mine”, per sviare possibili spie nemiche) venne sviluppato alla Western Electric Co., Kearney, N.J. e dai General Electric (G.E.) Engineering and Consulting Laboratories, Schenectady, N.Y. .

Dopo la positiva valutazione dei prototipi, la produzione iniziò nel 1942, presso la Western Electric Co., Kearney, N.J. e la G.E. Co., Erie Works, cui si aggiunse, in seguito, la G.E. Co., di Philadelphia, Pa, con la designazione di “Mine Mk.24” ed il nome in codice di “Fido”.

L’ordinativo iniziale era di 10000 esemplari, ma la cifra venne presto ridotta in ragione dell’alta efficacia dimostrata dall’arma che rendeva necessario un numero minore di lanci rispetto al previsto.

 

Il debutto operativo avvenne nel Settembre del 1943 (due mesi prima del Zaunkönig T-5 Tedesco) con l’affondamento del sommergibile Tedesco U-160, nell’Atlantico.

Per inciso, secondo alcune fonti (es. http://www.hnsa.org/doc/jolie/part1.htm#page036 ) la prima vittima sarebbe stata l’U-657, in data il 14 Maggio 1943, ad est di Cape Farewell, Groenlandia, ad opera di un Catalina del VP-82 dell’US Navy.

Nel conflitto, vennero lanciati, dalle forze Alleate, un totale di 340 Mk.24, di questi, 204 vennero lanciati contro bersagli sottomarini portando alla distruzione di 37 U-boats (18%) ed al danneggiamento di altri 18 (9%).

L’US Navy, in particolare, eseguì 142 attacchi contro gli U-boats, distruggendone 31 (22%) e danneggiandone 15 (10%), questo grazie al migliore addestramento specifico del personale.

 

Nell’impiego dai velivoli si evidenziò che, quando i bersagli sottomarini venivano impegnati con le cariche di profondità, il rateo di successo si dimostrava essere del 9.5%, mentre con il Mk.24 questo saliva al 22%! http://www.hnsa.org/doc/jolie/part1.htm#page036

Il “Fido” aveva un calibro di 480mm, una lunghezza di 2.13m, pesava 308kg di cui 41 erano costituiti dall’esplosivo della testata; il motore elettrico, a 48V, sviluppava 5hp ed era alimentato da batterie che gli fornivano 15 minuti di autonomia a12 nodi.

 

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Immagine e dettagli del siluro MK.24

 

All’incirca nello stesso periodo, venne iniziato lo sviluppo, sempre alla Western Electric, di un siluro da usarsi contro il naviglio di scorta.

Adattato dal Mk.24, questo venne denominato Torpedo Mk 27 Mod 0, o "Cutie", ed iniziò ad essere impiegato fra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, nel Pacifico.

Una novità che il Mk.27 aveva rispetto ai siluri che l’avevano preceduto, stava nel fatto che i motori elettrici venivano avviati quando l’arma si trovava ancora all’interno del tubo lanciasiluri, uscendo mediante autopropulsione, e diminuendo quindi la segnatura acustica del lanciatore.

 

Vennero effettuati 106 lanci che portarono all’affondamento di 24 navi (22%) ed al danneggiamento di 9 (8%), un risultato notevole se si considera che lo Zaunkönig T-5, che venne impiegato tattiche molto simili (venne soprannominato dai sommergibilisti Tedeschi “Zerstörerknacker”, cioè “spacca cacciatorpediniere”) , venne lanciato in 640 esemplari ottenendo la distruzione di 45 di essi, cioè un molto più modesto 3%! http://en.wikipedia.org/wiki/G7es_torpedo

 

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Due immagini del siluro MK.27

 

 

Lo sviluppo succesivo fu il Mk.28, costruito dalla Westinghouse Electric Corp., di Sharon, Pa. ,che rispetto al predecessore, era ora un siluro di dimensioni normali (6.40m di lunghezza e 530mm di calibro), girostabilizzato su di una rotta pre-selezionata per i primi 900m e con una portata di 3600m, anche la carica esplosiva venne notevolmente aumentata arrivando a circa 270kg.

Ne furono lanciati 14 esemplari durante il conflitto con un rateo di successo del 28% (4 andati a segno) molto inferiore alle aspettative, ma dovuto alla inadeguata preparazione specifica del personale che tendeva a considerare la guida acustica come la panacea a tutti gli errori di lancio.

Nondimeno il Mk.28 dimostrò come fosse possibile includere il sistema di guida acustica anche ai siluri di dimensioni normali.

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Bombe a guida radar

 

L’impiego da parte della Luftwaffe delle Fritz X e delle HS-293 stimolò lo studio di armi similari, di quel tipo, denominate “bomb gliders” ed il primo risultato fu la LDB-1 (in seguito KSD-1) “Gargoyle”

Questa, dotata di un booster a razzo, e di guida radio da parte di un operatore a mezzo di un joystick, era concettualmente molto simile all’ispiratrice Tedesca, tuttavia, sebbene ne fosse stata ordinata la non indifferente cifra di 395 esemplari, alla Mc Donnell, nel Settembre 1944, il suo sviluppo procedette a rilento e fra l’Ottobre 1944 ed il Luglio 1945, vennero effettuati solo 14 lanci di cui nessuno operativo cosicchè la fine del conflitto ne provocò la rapida cancellazione, anche se il programma procedette fino al 1947.

 

Ad un certo punto del conflitto, il Bureau of Ordnance (BuOrd) dell’U.S. Navy cominciò a designare le armi guidate con il nuovo acronimo di SWOD (Special Weapons Ordnance Device) ed iniziò a lavorare allo sviluppo di una nuova serie di bombe guidate, plananti.

L’U.S. Navy non era molto entusiasta del fatto che la guida radio costringeva il velivolo-guida ad una traiettoria piuttosto “rigida”, cosa che lo rendeva piuttosto vulnerabile alle difese avversarie ed, indubbiamente, l’impiego operativo delle armi Tedesche, non fece altro che confermarne i timori.

Venne provata la guida televisiva, ma questa, in quel momento specifico, dimostrò di necessitare ancora di tempo prima di potere essere operativa e l’interesse si spostò pertanto sulla guida a mezzo radar.

Venne pertanto realizzato il “Pelican” o SWOD Mk.7, che, concepito per la guerra contro i sottomarini, era una bomba planante, dotata di carica di profondità ed un sistema di guida radar semi-attivo.

Il cessare della minaccia degli U-boot, decretò la fine di questo progetto, nondimeno la Navy non aveva alcuna intenziore di sprecare gli studi e le risorse investiti ed alcuni Pelicans vennero usati come bersagli, denominati “Vultures” mentre altri vennero dotati di un sistema di guida radar passivo e vennero denominati “Moths”, non c’è tuttavia evidenza alcuna del loro impiego operativo.

 

Verso la metà del 1943 si decise pertanto di sviluppare ulteriormente l’arma dotandola di un sistema di guida attivo, sviluppato dalla Western Electric.

La nuova arma, denominata SWOD Mk.9 “Bat”, iniziò i collaudi nell’estate del 1944 ed in quattro prove compiute contro navi-besaglio partendo dalla Naval Air Station New York, vennero affondate due unità.

Nella sua forma finale, il Bat – in seguito designato ASM-2 ed ASM-N-2 – era una bomba da 2000 libbre, con ali dotate di elevoni, e di doppia deriva ed era giro-stabilizzata nella planata da un sistema realizzato dalla Bendix Aviation mentre le superfici mobili erano mosse da piccoli generatori azionati dal vento.

 

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Un ASM-2 Bat conservato in un museo

 

 

L’arma era dotata di un radar proprio, che, per i tempi, era un gioiellino di mianiaturizzazione ed era il primo vero sistema “fire-and-forget” in quanto l’arma era in grado di dirigersi, in modo completamente autonomo ed automatico, sulla fonte che provocava il più forte ritorno radar.

 

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Dettagli dell’installazione radar del Bat

 

Il primo successo operativo avvenne il 28 Aprile 1945, quando i PB4Y-2 Privateer, modificati per il trasporto e lancio di due ordigni ciascuno e denominati PB4Y-2B, del VPB-109, decollati da Palawan, nelle Filippine, affondarono due trasporti Giapponesi a Balikpapan, nel Borneo.

Sfortunatamente, il sistema di guida che si dirigeva sull’eco più intenso fece sì che un ordigno colpisse la raffineria di Pandansari, che era un bersaglio proibito in quanto i suoi proprietari Olandesi, nella speranza di riprendere le attività al termine del conflitto, avevano esplicitamente richiesto che venisse risparmiato.

In un’occasione, un sottomarino od un’unità da gurra di superficie Giapponese (dipende sempre dalle fonti consultate) venne affondata alla notevole (per il tempo) distanza di 37km!

 

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Un Bat viene preparato e poi appeso alla semiala destra di un Privateer

 

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Due immagini di Privateers con Bat-Bombs, al decollo ed in volo

 

La versione antinave SWOD MK.9 Mod.0, venne seguita dalla versione SWOD MK.9 Mod.1, con un radar adattato agli attacchi contro bersagli terrestri e derive triangolari invece che circolari, ed anche questa trovò impiego contro bersagli Giapponesi in Birmania.

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Drones da attacco

 

Come l’US Navy, anche la Royal Navy cominciò a predere coscienza della minaccia che i nuovi velivoli, con la loro velocità a maneggevolezza, rappresentavano per la flotta e della nuova enfasi che andava pertanto posta sulla difesa antiaerea delle unità.

Molto pochi nella sezione difesa antiaerea presero seriamente tale minaccia, anche se, per esplicita ammissione degli stessi, le esercitazioni, condotte con alianti trainati, non potevano simulare accuratamente un attacco compiuto da bombardieri in picchiata.

Per ovviare a tale mancanza, fu commissionato alla De Havilland lo sviluppo di un bersaglio telecomandato, basato sull’uso di biplani obsoleti.

Il risultato fu il “Queen Bee” (Ape Regina), un biplano radiocomandato da un operatore posto a bordo di un altro velivolo o da una delle unità stesse.

L’uso di questo velivolo permise lo sviluppo di nuove tattiche ed, allo stesso tempo, mise in luce deficienze anche gravi in quelle correntemente in corso: in un caso un Queen Bee riuscì a sorvolare, a 85 kt, in volo livellato e senza mai compiere alcuna manovra evasiva, la Mediterranean Fleet senza venire mai colpito!

 

Nel 1936, l’ Adm. William H. Standley, Chief of Naval Operations dell’US Navy, durante una visita in Inghilterra, assistette ad un’esercitazione che comportava l’impiego di un Queen Bee, rimanendone fortemente impressionato e decidendo che anche l’U.S.Navy si sarebbe dovuta dotare di un dispositivo simile.

Gli Stati Uniti avevano già lavorato a dei “velivoli senza pilota” durante la 1a GM ma le macchine che erano state sviluppate, come ad es. il “Flying Bug” di Charles Kettering o la “Flying Bomb” di Elmer Sperry si erano rivelate dei fiaschi a causa delle limitazioni tecnologiche dell’epoca.

Pertanto, su raccomandazione di Standley, il capo del Bureau of Aeronautics, il Rear Adm. Earnest J. King, scelse il Lt. Cdr. Delmar S. Fahrney per dirigere il progetto per la realizzazione di velivoli controllati a distanza.

Fahrney, un uomo di grande statura e dalla personalità silenziosa e ponderativa, diede prova di essere un ecellente pensatore con “un pizzico di visionarietà” ed oggi è considerato dai più come il “Padre del missile guidato”.

Egli supervisionò la modifica di di due addestratori Curtiss e di due Stearmans in “drones”, un termine da lui stesso coniato, e per Ottobte 1937 il primo Curtiss venne fatto volare con il controllo a distanza e lo stesso Fahrney a bordo in qualità di “pilota di sicurezza”; sotto la sua guida, vennero sviluppati diversi sistemi di supporto che includevano, fra gli altri, un sistema che permetteva di passare alla guida da parte di un altro velivolo o da terra ed un sofisticato autopilota che permetteva il pilotaggio in modalità automatica..

Nel 1938, iniziarono le prove dei velivoli in missioni simili a quelle già svolte dai Queen Bee Inglesi, che, similmente, rivelarono carenze nelle tattiche impiegate dal personale dell’antiaerea a bordo delle unità: nondimeno, questo stesso fatto fece balenare nella mente di Fahrney l’idea di usare i drones per compiti più “offensivi”.

A tal fine, egli arrangiò una missione in cui uno dei drones si sarebbe diretto in picchiata contro la corazzata Utah: a metà della picchata, una salva dell’antiaerea ben piazzata colse il velivolo che esplose precipitando in mare. “L’operazione ha avuto successo – commentò Fahrney, nel proprio diario – ma il paziente è morto!”

 

Sebbene il concetto di Fahrney trovasse dei “supporters”, i detrattori facevano notare un ovvio problema: a meno di un’incredibile breakthrough tecnologico, la vita dei piloti che controllavano i drones era comunque a rischio, dovendo il velivolo-madre volare ad una distanza non eccessiva dal drone stesso, che non lo rendeva completamente immune alla reazione antiaerea e dei caccia avversari.

Fahrney tuttavia non vacillò, essendo incappato – così disse ai colleghi – in un’invenzione che sembrava uscita da un romanzo di fantascienza: un’inimmaginabile avanzamento tecnologico chiamato televisione!

Questo metodo per trasmettere le immagini aveva compiuto il suo debutto ai giochi olimpici di Berlino del 1936, e nel 1939, il padiglione della Radio Corporation of America (RCA) alla New York World’s Fair, presentò questa moderna meraviglia al pubblico generale.

 

Già nel 1934 il brillante scienziato Russo, emigrato negli USA, Dr. Vladimir Zworykin, che era a capo del team di ricerca della RCA, e colui cui sarebbero state in seguito riconosciute le invenzioni della televisione e del microscopio elettronico, contattò l’U.S.Navy affermando di essere in grado di produrre un “occhio elettronico” da usarsi su di un “siluro volante”.

Poichè, a quel tempo, però, un tale “siluro volante” non esisteva, la Navy decise di non perseguire l’idea, nondimeno l’invenzione venne attentamente vagliata ed infine adottata per un compito ben meno glorioso: rimandare le immagini dei pannelli strumenti dei velivoli in collaudo agli ingegneri a terra.

Anche Zworykin però non era uno che si dava facilmente per vinto e, prima di approdare alla RCA, aveva dovuto combattere gli scettici alla Westinghouse che consideravano la sua tecnologia non praticabile, così quando venne messo in contatto con Fahrney, fu come un “unione voluta dal destino”.

Fahrney arrangiò prontamente un contratto e, poco tempo dopo, i laboratori della RCA consegnarono il primo di una serie di sistemi televisivi, sperimentali per uso a bordo di velivoli: un prototipo del peso di 154kg che venne soprannominato “Jeep” dal nome di un popolare personaggio della serie di fumetti “Popeye” (Braccio di Ferro) di E.C.Segar, Fahrney lo dimostrò con successo a bordo di un velivolo. Allo stesso tempo, Zworykin era al lavoro per realizzarne una versione migliorata denominata "Block-1."

Il "Block-1" era costituito da una telecamera e da un trasmettitore che riuscivano ad essere contenute in una “scatola” dalle dimensioni (per il tempo) incredibilmente compatte di 15.24cm x 15.24cm x 66.04cm, e da questo veniva il nomignolo “block”.

Il peso era di 44kg , l’immagine consisteva di 350 linee (circa la metà di quelle di un televisore moderno) che si muoveveno alla velocità di circa 40 frames/secondo (circa il 50% in più di quella di un televisore moderno) su di un tubo catodico verde per ragioni di massimo contrasto.

 

L’attacco Giapponese a Pearl Harbor, diede un enorme impulso all’idea del drone da attacco e la Navy lanciò un programma di sviluppo su larga scala ("Project Option."), nominandone come supervisore il Commodore Oscar Smith.

Nell Aprile 1942, un silurante trasformato in drone compì con successo la prima prova di lancio di un siluro (inerte) contro il cacciatorpediniere Aaron Ward; il siluro passò sotto il centro dell’unità nonostante questa viaggiasse a15 nodi e compisse continue manovre eveasive, nel frattempo l’aereo-controllore volava in circuito a 12km di distanza, invisibile alla nave!

I filmati di questo attacco simulato persuasero completamente l’Amm. King, nominato nel frattempo da Roosvelt a Comandante in Capo della Navy, che il "Project Option” dovesse ricevere la massima priorità, con la produzione di 5000 drones da distribuire ad 18 squadrons, sotto l’egida della "Special Air Task Force" (SATFOR).

Il risultato fu un velivolo che impiegava, il più possibile, materiali non startegici (legno) che venne costruito dalla Naval Aircraft Factory e designato TDN-1.

 

Il TDN-1 era un velivolo bimotore ad ala alta, dotato di un alto carrello d’atterraggio e di un abitacolo rimovibile su cui prendeva posto un pilota per trasferire il velivolo da una località ad un’altra; il velivolo dimostrò buone caratteristiche ma aveva due grossi difetti: i tempi di costruzione erano lunghi ed i costi erano troppo elevati, perciò i cento circa di esemplari prodotti vennero impiegati come bersagli, compiendo anche decolli dalla USS Sable, un’unità classe Great Lakes convertita in “portaerei”, nell’Agosto 1943.

 

A questo punto l’intero programma cominciò a sembrare, se non moribondo, almeno agonizzante ma Fahrney e Smith avevano anticipato possibili problemi già durante lo sviluppo iniziale del TDN e misero in atto il “Piano B”: venne contattata la Interstate Aircraft Company, di Los Angeles, California, con la richiesta di produrre un velivolo simile al TDN-1, ma più semplice ed economico.

La Interstate si mise al lavoro e sub-contrattò i componenti in legno a diverse ditte specializzate inclusa la produttrice di pianoforti Wurlitzer Musical Instrument Company, che aveva un enorme esperienza e know-how nella produzione di forme in legno relativamente complesse, mentre l’assemblaggio finale avveniva in una fabbrica di pianoforti a DeKalb, Illinois.

La fusoliera era completamente lignea con una struttura centrale in tubi metallici, costruita dalla fabbrica di biciclette Schwinn e praticamente ogni altro componente era in legno, legno pressato o plastica.

Come propulsori vennero scelti due Lycoming O-435-2 da 220 hp l’uno che conferivano al velivolo una velocità di crociera di 225 km/h e, sebbene il velivolo risultasse sottopotenziato, l’ala di generosa superficie lo rendeva molto difficile da stallare e permetteva una velocità di decollo e di avvicinamento di 60 nodi.

Billy Joe Thomas, uno dei controllori che ebbe modo di “pilotarlo” ebbe a dire: “Si poteva fargli compiere manovre che avrebbero fatto stallare la maggior parte dei velivoli convenzionali, ma lui era quasi infallibile”

 

Il velivolo venne denominato TDR-1 e, come il suo predecessore, aveva la predisposizione al pilotaggio “convenzionale” per i voli di trasferimento con gli strumenti essenziali al volo ragruppati in un piccolo pannello, mentre quelli per il motore erano stati montati esternamente, sul lato interno dei motori stessi, per ridurre i costi.

 

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Un TDR-1 conservato in un museo

 

Lo Special Task Air Group One (STAG-1) Squadron VK-12, venne segretamente creato a Clinton, Oklahoma, e posto sotto il commando del Lt. Commander Robert F. Jones, già comandante di uno dei reparti di drones di Fahrney, ed ora vice di Oscar Smith, addestrandosi al “pilotaggio” di monoplani Vultee convertiti in drones, con Beechcrafts, ex-civili, come aerei-controllori.

Presto i Vultee vennero sostituiti dai TDR ed i Beechcraft dai General Motors TBM-1c Avengers.

 

Questi ultimi erano stati modificati con due set di comandi per il pilotaggio dei drones, uno nella parte anteriore del velivolo e l’altro in quella posteriore, dotato, quest’ultimo, anche di un apparato televisivo “Block” mentre le antenne di tutti tre gli apparati erano contenute in un radome retrattile nella parte inferiore della fusoliera.

 

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Uno dei TBM-1c usati come aereo-controllore per i TDR-1. Si noti il radome sotto la fusoliera

 

Al decollo, il “pilota” anteriore pilotava il drone a vista, mantenendolo in una formazione aperta col velivolo-madre; giunti in prossimità dell’obiettivo, il controllo passava all’operatore posteriore che, oscurata la propria postazione con una tenda nera, controllava il drone mediante il proprio set di comandi, affidandosi alle immagini trasmesse dalla telecamera del drone stesso. Una “scatola” con una “rotella” del tipo usato dai telefoni del tempo, veniva usata per inviare segnali numerici che corrispondevano a comandi quali “sgancia il carrello”, “arma la bomba”, ecc; il limite del sistema era che, essendoci solo quattro canali disponibili, non potevano essere controllati più di quattro drones contemporaneamente senza rischio di inerferirsi a vicenda, inoltre, il “Block” basato su valvole, non era il massimo dell’affidabilità e, come se questo già non bastasse, occasionalmente i giroscopi si “rovesciavano” facendo compiere al drone violente manovre: tutto questo faceva sì che i controllori non potessero mai “rilassarsi”, dovendo mantenere una continua vigilanza per l’intera durata della missione.

 

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La scatola con la rotella di tipo telefonico

 

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Decollo di un TDR

 

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Controllore e drone in volo in formazione

 

L’intero programma veniva visto con ostilità da diverse personalità, anche influenti, della Navy, in paricolare dal Rear Admiral John H. Towers, che apertamente osteggiava l’idea di inviare al fronte un sistema d’arma non completamente testato, ma la caparbietà di Fahrney e Smith fece sì che Towers non riuscisse a prevalere e, nel Gennaio 1944, Smith riuscì ad avere un colloquio con l’ Adm. Spruance, Comandante della 5th Fleet, che accettò di usare i drones in appoggio alla Campagna di assalto alle Isole Marshall.

Sfortunatamente l’attuazione dell piano venne posticipata al punto che lo stesso venne cancellato ed allora Smith cercò di assicurare al reparto un imbarco su una delle portaerei di scorta: senza successo.

Alla fine la sorte mutò e Smith ricevette l’ordine di recarsi dal Rear Admiral E.L. Gunther, Commander of Aircraft South Pacific, che gli offrì una posizione per lo STAG-1 nelle Russell Islands, vicino a Guadalcanal: il 18 Maggio 1944, gli Squadroni VK-11 e VK-12 si imbarcarono sulla portaerei di scorta USS Marcus Island alla volta del Pacifico del Sud, seguita in convoglio dal trasporto Frederick C. Ainsworth e dal cargo Morning Light nelle cui stive erano stati caricati dozzine di TDR nei propri contenitori.

 

All’arrivo a Banika Island, lo STAG-1 scoprì che i SeaBees stavano ancora lavorando al campo che doveva ospitarli, nondimeno, a tre settimane dal loro arrivo, le operazioni poterono iniziare dal Sunlight Field ed il reparto iniziò voli di prova nell’attesa degli ordini di combattimento che sembravano non arrivare mai..

Per un mese, i TDR compirono attacchi simulati, voli di sorveglianza sulle isole adiacenti (diventando così i ponieri dei drones di sorveglianza), stendendo cortine fumogene simulando operazioni di appoggio ad operazioni anfibie ed il tutto, eccetto per piccoli incidenti capitati ai TBM, si svolse nella sicurezza più assoluta.

Il 30 Giugno, con l’ Admiral Gunther, il Marine Major General Ralph Mitchell ed il Commodore Smith come ospiti d’onore, 4 TDR vennero usati per una dimostrazione delle capacità del sistema d’arma e Smith, comprendendo che questa era la migliore occasione per se’ ed i suoi uomini, fece giungere una troupe cinematografica per filmare, a colori, l’evento.

 

Quattro TBMs decollarono da Sunlight Field, seguiti da due TDRs; ad un terzo TDR cedette il carrello anteriore durante la prova motore, distruggendo le eliche il legno, ed il personale lo tolse prontamente di mezzo. Presto un’altro TDR lo sostituì e venne fatto regolarmente decollare, seguito da un quarto.

 

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Due immagini tratte dal filmato a colori voluto da Smith. Nella prima un TDR viene preparato al decollo, nella seconda, un altro TDR (o forse lo stesso) ripreso dopo il cedimento del carrello anteriore

 

Gli otto velivoli si misero in formazione sopra Banika Island diretti verso l’obbiettivo: un cargo Giapponese, lo Yamazuki Maru, incagliato presso Cape Esperance e lì abbandonato.

Ad 11km dall’obiettivo, gli operatori posteriori, abassata la tenda, presero controllo dei drones che guidavano tramite le immagini trasmesse dalle telecamere poste sul muso dei TDRs.

I drones si avvicinavano all’obiettivo ed il primo, “pilotato” da Billy Joe Thomas picchiò sulla Yamazuki Maru esplodendovi con un lampo accecante mentre la detonazione quasi sollevò il relitto dall’acqua, pochi secondi dopo, arrivò il secondo che, mancato l’obiettivo di una decina di metri, si infranse su una macchia di giungla e la sua bomba non esplose, il terzo si schiantò molto vicino alla nave ma la mancata esplosione anche di questa bomba fece sì che i danni arrecati fossero ridotti, il quarto però più che compensò le mancanze dei due precedenti, producendo un’enorme palla di fuoco mentre si schiantava contro lo scafo.

Sebbene i risultati non fosero stati perfetti, Smith era giubilante e volle congratularsi personalmente con Thomas per il centro perfetto!

 

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La Yamazuki Maru sotto attacco

 

Smith passò il comando a Jones onde recarsi a Pearl Harbor e mostrare il proprio film ai “grandi papaveri”; lì giunto però scoprì con rammarico che gli ordini per richiamare lo STAG-1 erano già ststi emessi:l’Adm. Toweres ed i suoi seguaci avevano vinto ed il progetto, già costato diversi milioni di dollari, stava per essere cancellato.

Un sentimento simile prevaleva a Banika Island, dove il reparto aveva dovuto sopportare due duri mesi di giungla, ma la determinazione prevalse ancora una volta e, dopo aver perorato duramete alla radio e per posta, Jones ottenne finalmente 30 giorni di deroga per il ritiro del reparto.

 

Il 19 Settembre, lo STAG-1 venne diviso in due Squadrons: il VK-12 si trasferì sullo Stirling Field, sulle Treasury Islands, al largo della costa meridionale di Bugainville, mentre il VK-11 si portò a Green Island, a nord di Bugainville: dal 27 Settembre al 26 Ottobre 1944, i due reparti intrapresero una serie, senza precedenti, di attacchi.

Per l’apertura delle ostilità, Jones, scelse un bersaglio particolarmente lucrativo per il VK-12: un mercantile arenato che era stato trasformanto in postazione antiaerea e, che solo pochi giorni prima, aveva abbattuto un C-47 con la perdita di tutti i suoi occupanti.

Per la missione erano decollati dal Stirling field quattro TBM e quattro TDR che fecero rotta su Bugainville; problemi tecnici, lungo la rotta, fecero cadere in mare uno dei TDR, ma gli altri tre si avventarono come furie sugli ignari Giapponesi.

Billy Joe Thomas, ricorda distintamente l’eccitazione mentre guardava lo schermo verde, granuloso ed a volte disturbato da statiche, mentre il drone si avvicinava al bersaglio. Ad un certo punto lo schermo si riempì di punti neri portando Thomas a pensare, per un momento, che il monitor stesse funzionando male; presto però si rese conto che ciò che stava vedendo erano i grappoli di scoppi dell’antiaerea, cui passò, incurante, nel mezzo controllando il muso del drone che continuava a sobbalzare, al fine di mantenere il bersaglio al centro dell’immagine.

“Corressi un po’ la deriva per compensare il vento e gli scoppi dell’antiaerea, continuando a lavorarci fino a che...boom!...Improvvisamente colpì la nave esplodendovi”

All’ultimo secondo, la telecamera mostrò un immagine incredibile, un primo piano del ponte della nave...poi statiche! Il TDR aveva colpito il centro dell’unità e probabilmente ucciso all’istante tutti coloro che si trovavano a bordo. Come assicurazione, un secondo TDR colpì il quadrante di sinistra esplodendovi, ma il quarto si schiantò a lato del vascello e la sua bomba non esplose; nondimeno l’azione aveva ampiamente dimostrato l’efficacia del sistema d’arma.

 

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Fotografie delle immagini mostrate, durante gli attacchi dagli schermi televisivi

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Tuttavia, le navi Giapponesi, arenate o meno, erano diventate una merce rara e pertanto l’attenzione degli attacchi dovette focalizzarsi su bersagli di diverso genere quali ponti, centri di sussistenza, installazioni antiaeree e costruzioni in generale ed il fatto che molti di questi obiettivi fossero seminascosti dalla vegetazione non sembrava, di primo acchito, porre problemi insormontabili, invece le limitazioni del “Block” si paleseranno in tempi brevi, come ebbe a confermare un operatore, Norm Tengstrom: “(Il sistema) Funzionava bene quando il bersaglio si stagliava nettamente, ad sempio una nave sull’acqua – bersaglio perfetto – ma quando l’orizzonte non era netto le cose diventavano difficili”. Un problema comune che si manifestò fu il fatto che, durante la traiettoria finale, una giungla, praticamente monocromatica visualizzata su di uno schermo monocromatico, riusciva a rendere invisibile anche il bersaglio più prominente.

Nonostante tutti questi problemi, le operazioni furono costellate di bersagli colpiti o mancati di poco: durante un attacco venne ordinato a Tengstrom ed al suo radio-pilota, Murray Reiter, di distruggere un ponte sul fiume Foresei, nella parte meridionale di Bugainville; dopo che Reiter ebbe messo il TDR in volo livellato sopra la cima degli alberi, perse il bersaglio dallo schermo TV e mentre cercava di ritrovare l’orientamento qualcosa malfunzionò nel drone, forse colpito dall’antiaerea o forse con un giroscopio bloccato, che improvvisamente saettò verso l’alto ad un elevato angolo di salita; Reiter provò diverse manovre ed alla fine riuscì a mettere in picchiata il velivolo che impattò il suolo: “Colpì sicuramente qualcosa – disse Tengstrom ridendo – un deposito di carburante o qualcos’altro di grosso perchè fu la più grossa esplosione che avessi mai visto!”

 

Il sistema mise anche in luce la sicurezza che forniva agli “utenti” come ebbe a testimoniare Thomas: “ Sì, sono stato abbattuto una volta o due. In un caso, mentre mi avicinavo all’obiettivo fui colpito dall’antiaerea: non avevo più controllo del drone ma l’immagine era ancora sullo schermo e, ad un certo punto, mi trovai a guardare verso il basso e non c’era proprio niente che potessi fare, ma – aggiunse Thomas – sapete qual’è la cosa più bella? Era che io ero lontano dall’obiettivo, l’operazione non metteva a rischio le vite del personale; se fossero stati velivoli pilotati, invece, vi sarebbero stati dei funerali!”

 

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Immagini operative dei TDR. Nella prima gli specialisti compiono manutenzione sul campo del “Block”, nella seconda, “Available Jones” è pronto all’azione e nella terza “Edna III” viene preparato all’azione

 

Alcuni brevi resoconti dal diario di combattimento dello STAG-1.

1 Ottobre: attacco da parte di quattro TDRs armati di bombe da 2000 libbre ad installazioni antiaeree sulle isole di Ballale e Peperang: un drone abbattuto tre fatti schiantare in prossimità delle postazioni. Nel pomeriggio altri quattro usati contro bersagli posti nella parte meridionale di Bugainville: uno ha colpito in prossimità delle postazioni, due bombe non sono esplose ed un drone è precipitato lungo la rotta.

5 Ottobre: attacco di quattro drones sul deposito di rifornimenti in grotta a Karavia Bay, Rabaul.

Due drones perduti lungo la rotta di avvicinamneto, uno esploso sulla porzione meridioinale dell’aerea dove sono situate le grotte, il quarto esploso nelle vicinanze.

9 Ottobre: attacco di quattro TDRs al ponte sulla Matagi Island a Simpson Harbor, Rabaul.

Drones numero uno, due e tre abbattuti abbattuti dal fuoco antiaereo con l’esplosione del carico bellico in zone occupate dalle postazioni antiaeree, numero quattro precipitato lungo la rotta.

18 Ottobre: attacco da parte di tre TDRs al faro di Cape St. George, New Ireland. Drone numero uno schiantato fra il faro e l’installazione radar, ma il carico bellico non è esploso, numero due schiantato a circa 9 metri dalla base del faro con esplosione del carico bellico, il terzo drone, invece, perduto a causa di un guasto meccanico.

 

Il 26 Otobre il reparto compì l’ultima missione rivisitando il faro di Cape St. George con l’intenzione di compiervi “lavori di restauro”. Lungo la rotta, uno dei drones cominciò ad avere problemi col segnale televisivo e fenne intenzionalmente fatto schiantare su postazioni antiaeree poste su un isola nelle vicinanze, gli altri proseguirono: il primo a raggiungere il faro si schiantò direttamente sulla struttura, demolendola completamente e gli altri due completarono il lavoro schiantandosi sulle macerie e terminando così, in modo spettacolare, l’attività del reparto ed un riconoscimento indiretto del timore che suscitava fra i Giapponesi dai commenti riguardanti i “Kamikaze Americani” di “Tokio Rose”: i Giapponesi non avevano compreso che i velivoli non erano pilotati!.

 

Tirando le somme, in un mese circa, i VK-11 e VK-12 lanciarono in combattimento 46 TDRs, di questi, 37 raggiunsero il bersaglio ed almeno 21 eseguirono con successo attacchi di precisione; era un lavoro di cui chiunque sarebbe andato fiero che Jones sperava potesse esorcizzare lo spettro dello scioglimento del reparto, ma pochi o forse nessuno fra le alte schiere verrà a conoscere gli exploits del reparto ed al ritorno a Banika Jones dovrà assistere con disgusto al caricamento di tutti i TBD modificati a bordo di una chiatta che, trasportatili al largo, a Reynard Sound, li avrebbe gettati senza cerimonie fuoribordo ed anche fra il personale, nonostante alcuni fossero stati riassegnati a reparti imbarcati ed altri a reparti in madrepatria per ulteriori “sviluppi”, prevaleva la sensazione che stesse avvenendo uno spreco di talenti.

Bisogna però considerare che il dominio dell’aria Alleato sopra il Giappone era, a quel punto del conflitto, tale per cui non esistevano più obiettivi che non potessero essere sistemati dai velivoli pilotati, convenzionali, questi erano i velivoli che stavano vincendo il conflitto e volevano sbrigarsi a farla finita e perciò, mentre l’ultimo anno di guerra iniziava, la decisione di non impiegare ulteriormente i TDR si dimostrava sensata: nonostante le distruzioni arrecate dai bombardamenti con bombe incediarie, con le sue infrastrutture ormai all’orlo della distruzione totale, il Giappone non era ancora disposto alla resa ed, alla luce di questo fatto, l’impiego di sistemi d’arma per attachi di precisione non aveva senso, solo un arma – l’arma nucleare – avrebbe potuto costringere - ed in effetti costringerà - il Giappone alla resa.

 

Nondimeno l’impiego del TDR porrà le basi per la dottrina di impiego dei drones da combattimento moderni, un sistema d’arma in cui gli Stati Uniti sono tuttora al vertice del know-how tecnologico certamente anche grazie all’esperienza acquisita nel secondo conflitto mondiale coi TDRs dello STAG-1.

 

Gli USA avevano già messo a punto, o erano prossimi a farlo, anche altri avanzati sistemi d’arma che comprendevano sistemi di guida all’infrarosso, a contrasto televisivo o che si dirigevano sulle onde radar trasmesse dai sitemi avversari (predecessori dei moderni missili “antiradiazioni”) ma diversi di questi sistemi non troveranno impiego neanche nel sucessivo conflitto in Corea, nel 1950-1953, dovendo attendere, per il proprio esordio operativo, il sucessivo tormentato conflitto nella penisola Vietnamita 20-25 anni dopo; nondimenno non si può evitare di prendere atto della genialità e lungimiranza degli scienziati e dei militari che li svilupparono e si batterono per la loro acquisizione ed impiego.

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Ospite intruder

Interessante, volevo parlarne io mesi fa, ma poi non ho più trovato il libro che avevo, non avevo voglia di rovesciare la casa per cercarlo, e, in ultima analisi, non ho potuto farlo. Poi altre cose mi hanno distratto, e ora non ho molto tempo, ho finito la convalescenza e riprendo il mio lavoro a pieno ritmo, mi vedrete e leggerete pochissimo nei prossimi tempi. Complimenti.

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Grazie a tutti per i complimenti... :blushing:

 

La trattazione per quello che riguarda la II GM si può dire completa, si potrebbero aggiungere forse i Project Aphrodite e Project Anvil, che, provati in Europa, avevano una filosofia d'impiego simile a quella dei TDR ma...molto più costosa!

Prevedeva infatti di usare B-17 dell'USAAF o PB4Y-1 (B-24) dell'USN con molte ore operative, convertiti in drones denominati "Weary Willies" mediante la rimozione dell'abitacolo, sostituito da uno aperto su cui prendevano posto due piloti i quali, dopo aver fatto decollare il velivolo ed averlo messo in crociera, si lanciavano con il paracadute, lasciando all'operatore a bordo del velivolo-controllore il compoito di pilotarlo tramite comandi radio e controllo mediante sistema televisivo.

I velivoli erano caricati con 9000kg di torpex (!!!) e venivano fatti schiantare su obiettivi selezionati.

L'uso operativo si dimostrerà un fallimento non solo a causa della non ancora perfetta messa a punto dei sistemi (ved. TDR) ma vergognosamente anche a causa delle diatribe e gelosie sorte fra l'USAAF e l'USN.

Il risultato più noto è l'esplosione prematura di uno dei B-17, con l'equipaggio ancora a bordo, che comprendeva Joseph Kennedy, figlio dell'ambasciatore USA a Londra, e fratello di John F. Kennedy, futuro presidente USA.

La successiva inchiesta non riuscirà a determinare la causa dell'esplosione, ma i più punteranno il dito su una delle "scatole nere", pomo della discordia fra le due forze armate.

 

Nonostante la tragedia, i voli operativi proseguiranno con scarsi successi, il più vicino ad un vero successo sarà la missione in cui uno dei drones mancherà di appena 15 metri i ricoveri degli U-boot ad Heligoland: e quei 15 metri si riveleranno forse la scure del boia che decreterà la fine del progetto.

Modificato da Pete57
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Ospite intruder

Come ho scritto altrove, il cervello ce l'hanno tutti. Le armi "segrete" tedesche non furono il frutto di una superiore intelligenza nazista, ma di una necessità operativa, quella di sopperire alla mancanza quantitativa con una qualità superiore pur nell'inferiorità numerica, puntando su idee radicalmente nuove che potessero spiazzare gli avversari. Se la guerra aerea fosse andata diversamente... e rischiò di fallire, perché alla fine del 43 le USAAF non penetravano più il territorio tedesco per le perdite dovute alla caccia, risolverà il problema il P-51 e la privamera successiva fu la volta dell'RAF, decimata dalla caccia notturna tedesca cui solo l'offensiva americana contro la produzione di carburanti tolse mordente... se la guerra aerea fosse andata diversamente, dicevo, avremmo visto uscire delle cose interessanti dai cappelli degli Skunk Works dell'epoca.

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  • 3 anni dopo...

Non vorrei scrivere balle, però fa molto pensare che gli Alleati nel 1944 arrivassero ad un pelo dalla sconfitta in Francia- già si parlava di evacuare Parigi e moltissimi Americani in fuga affollavano le strade di Belgio e Francia- a causa dei Panther e Tiger mentre un'arma anti-carro già esisteva, ovvero la GB-4 a guida Tv. Questi giganti corazzati alla fin fine erano quasi indistruttibili e, nonostante il pur abile Pierre Clostermann abbia dichiarato di averne incendiati moltissimi, recenti ricerche mostrano che quasi tutti furono abbandonati perchè rimasti senza carburante oppure perchè immobilizzati da piccole noie tecniche.

Se si fossero utilizzate le bombe guidate da 1000 libbre contro questi bestioni- cosa non impossibile visto che gli aeroplani atti allo scopo esistevano nemmeno troppo distante, in quanto l'USAAF aveva allestito dei campi semipreparati nelle Fiandre- le Panzerdivisionen tedesche avrebbero avuto minore libertà di movimento, invece si usarono inutili mitragliatrici leggere oppure bombe a caduta libera che caddero dove non fecero quasi alcun danno ai mezzi corazzati nemici

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ma l'arma citata era una munizione guidata antinave, mica aveva la precisione per colpire un carro... tralasciando lo spreco di usare una bomba da 1 tonnellata per un carro e che non fu pronta prima della fine della guerra.

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Non vorrei scrivere balle, però fa molto pensare che gli Alleati nel 1944 arrivassero ad un pelo dalla sconfitta in Francia- già si parlava di evacuare Parigi e moltissimi Americani in fuga affollavano le strade di Belgio e Francia- a causa dei Panther e Tiger mentre un'arma anti-carro già esisteva, ovvero la GB-4 a guida Tv.

 

Francamente, non risulta.

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