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Bosnia 1995, operazione Deliberate Force


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Il Contesto storico

Sebbene la NATO attribuisse alla Bosnia Erzegovina un potenziale interesse, l'Alleanza impiegò del tempo prima di aderire agli sforzi internazionali per porre fine ai combattimenti nella ex Jugoslavia.

Quando, nel 1991, divamparono i combattimenti nella ex Jugoslavia, furono per prime la Comunità europea e poi le Nazioni Unite che assunsero l’iniziativa per cercare di arrestare il conflitto e ristabilire la pace e la stabilità.

La Forza di protezione dell’ONU (UNPROFOR), che alla fine giunse a comprendere 38.000 uomini, aveva compiti di assistenza umanitaria e di garantire delle enclavi, "aree sicure", in cui i civili avrebbero dovuto essere protetti dagli scontri in atto. La situazione in cui si trovò ad operare l’UNPROFOR era particolarmente delicato, in quanto le truppe UN dovevano rimanere politicamente neutrali e agivano in assenza di accordi da rispettare tra le parti. La frase che a quel tempo sintetizzava la difficile situazione di UNPROFOR era che i baschi blu delle Nazioni Unite erano "dei soldati della pace che non avevano alcuna pace da difendere".

Mentre UNPROFOR si sforzava di raggiungere i suoi obiettivi, la NATO, dal canto suo, cercava di adeguarsi alla fine della Guerra Fredda. Nel vertice NATO di Roma del 1991, i capi di stato e di governo della NATO avevano approvato un nuovo Concetto strategico, che consentiva all'Alleanza di andare oltre la difesa collettiva e di effettuare delle nuove missioni nel campo della sicurezza, che includevano le attività di mantenimento della pace, per la prevenzione dei conflitti e per la gestione delle crisi. Di conseguenza, nel 1994 e nella prima metà del 1995, la NATO fece uso della forza in alcuni attacchi limitati contro obiettivi militari serbo-bosniaci in risposta a violazioni di varie Risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Sotto la guida militare del Comandante supremo alleato in Europa, gen. George Joulwan, l'Alleanza contribuì anche a far rispettare l’embargo sulle armi posto dall’ONU su tutta l'ex Jugoslavia e le sanzioni economiche contro Serbia e Montenegro.

Le prime incursioni della NATO in Bosnia Erzegovina non riuscirono a modificare le realtà politiche sul terreno e, benché la maggior parte degli uomini di UNPROFOR avesse dato buona prova di sé e 167 di loro fossero morti nel corso della missione, l'incapacità di UNPROFOR nell’influenzare le dinamiche del conflitto consentì ai serbi di Bosnia di prendersi gioco della missione dell'ONU. Pertanto, sia il Segretario generale della NATO Willy Claes che il suo predecessore Manfred Wörner divennero sempre più espliciti riguardo all’incapacità delle Nazioni Unite nel porre fine alla crisi e alla necessità che la NATO assumesse un ruolo maggiore. Malgrado ciò, nel 1994 e nella prima metà del 1995 gli stessi alleati non furono capaci di pervenire al necessario consenso politico per un approccio più vigoroso e continuarono a discutere quale fosse l’atteggiamento più adeguato da assumere.

L’inerzia della NATO fu, in parte, una riflesso della composizione di UNPROFOR. Numerosi alleati, tra cui Canada, Francia e Regno Unito, avevano i loro soldati della pace in UNPROFOR e temevano che un approccio più energico nei confronti dei serbi di Bosnia avrebbe determinato una brutale reazione contro i loro uomini, già diverse volte utilizzati come “scudi umani” per ottenere la cessazione dei raid aerei della NATO. Nel frattempo, gli Stati Uniti, che non avevano soldati in campo, propendevano per una politica del "leva e colpisci", cioè togliere l’embargo sulle armi contro l’intera regione, che penalizzava specialmente i musulmani di Bosnia, e colpire con attacchi aerei gli obiettivi dei serbi di Bosnia. Gli alti gradi USA ed i pianificatori del Pentagono non avevano alcuna intenzione di trovarsi coinvolti in un’altra operazione mal pianificata, con il rischio di perdite in combattimento quando non erano in gioco palesi interessi di sicurezza nazionale.

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La svolta

Il punto di svolta venne In seguito alla caduta delle enclavi musulmane nella Bosnia orientale e soprattutto, a metà luglio 1995, con il massacro di Srebrenica, la più grave atrocità delle guerre di dissoluzione della Jugoslavia, in cui perirono circa 8.000 uomini e adolescenti musulmani bosniaci, L’evento scosse l’opinione pubblica mondiale e spinse Washington ad indirizzare la NATO in una nuova direzione. Alla Casa Bianca, Anthony Lake, il Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Bill Clinton, che, secondo quanto afferma Ivo Daalder in Getting to Dayton: The Making of America’s Bosnia Policy (Brookings Istitution Press, 2000), era da tempo favorevole ad un approccio più energico, si assunse il compito di convincere gli alleati a valutare nuove opzioni.

Gli Stati Uniti non erano i soli a sollecitare un nuovo approccio, più energico nei confronti dei serbi di Bosnia, già prima del massacro di Srebrenica, in special modo dopo che nel maggio 1995 dei soldati della pace dell’ONU, molti dei quali erano francesi, erano stati presi in ostaggio. Di conseguenza, il presidente francese Jacques Chirac si aggiunse anch’egli al coro di coloro che erano in favore di una politica radicalmente nuova e più interventista.

La comunità internazionale diede il consenso ad un intervento delle forze aeree NATO a difesa delle enclavi musulmane rimanenti, tra cui Gorazde, Tuzla, Bihac e Sarajevo. Furono pertanto paventati attacchi aerei alle forze serbo-bosniache in caso di intrusione in tali zone. Le forze serbe, a dispetto della minaccia, attaccarono le aree di Zepa, Bihac and Sarajevo.

Un fondamentale mutamento politico si manifestò ai primi di agosto del 1995 con una trasformazione del sistema della "doppia chiave", che era stato stabilito nel 1993 per regolare l'uso della forza da parte della NATO. Tale soluzione prevedeva che un’azione militare della NATO venisse approvata sia dall’ONU che dalla NATO. Fino all’agosto 1995, Yasushi Akashi, Rappresentante speciale del Segretario generale dell’ONU in Jugoslavia, deteneva la chiave per conto delle Nazioni Unite. Dopo Srebenica, la chiave di Akashi venne trasferita al comandante militare delle forze di pace ONU, il generale francese Bernard Janvier. La chiave della NATO era nelle mani dell’ammiraglio statunitense Leighton W. Smith, Comandante delle Forze alleate dell’Europa meridionale (AFSOUTH, Allied Forces South European) a Napoli.

Il 14 agosto 1995 una commissione congiunta ONU/NATO approvò una lista di 151 bersagli, che il COMAIRSOUTH trasformò in un elenco di 87 missioni, la prima pianificazione dell’operazione Deliberate Force. Gli obiettivi relativi al sistema di difesa aerea integrato serbo-bosniaco non rientravano inizialmente in tale piano, ma facevano parte della specifica operazione Deadeye.

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Deliberate Force

L'evento che fece scattare l’Operazione Deliberate Force ebbe luogo il 28 agosto 1995, allorché un colpo di mortaio serbo si abbatté su un mercato di Sarajevo, uccidendo 38 civili e ferendone altri 85. Accertata senza dubbi la responsabilità dei Serbi di Bosnia, che avevano ancora una volta violato una Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU, L’ammiraglio Leighton W. Smith attivò immediatamente la chiave della NATO, mentre il giorno seguente fu il tenente generale britannico Rupert Smith (comandante della UNPROFOR) a “girare la chiave” dell'ONU, dato che il generale Janvier era in quel momento assente; questa volta la NATO avrebbe risposto con la forza. Il Segretario generale della NATO Willy Claes sostenne attivamente entrambi gli Smith, quando le rispettive chiavi vennero attivate, consentendo così che la campagna aerea procedesse senza ulteriori dibatti da parte degli alleati; gli attacchi paventati avrebbero avuto inizio appena l’organizzazione delle forze e le condizioni meteo lo avrebbero consentito. Nel frattempo tutti i soldati UNPROFOR avevano abbandonato il territorio dei Serbi di Bosnia, per evitare quanto accaduto in passato, con la loro la presa di ostaggi come scudi umani. L’intervento fu pianificato nei dettagli alla base Dal Molin di Vicenza, presso la 5th ATAF (Allied Tactical Air Force), comandata dal generale Andrea Fornasiero dell’AMI; il Direttore del Centro Aereo di Operazioni Combinate (CAOC, Combined Air Operations Centre) era invece il generale Hal Hornuburg, dell’USAF.

Il 29 agosto la NATO diede così il via all’operazione “Deliberate Force”, allo scopo di ridurre significativamente la capacità militare delle milizie serbo-bosniache che cingevano d’assedio la città di Sarajevo, minacciando i civili e i militari dell’UNPROFOR. Le condizioni che i serbo-bosniaci avrebbero dovuto ottemperare, per la cessazione degli attacchi NATO, erano il ritiro dalla fascia di esclusione 20 km intorno a Sarajevo, il rispetto delle enclavi di protezione e la cessazione dei combattimenti nell’intero paese.

Il 30 agosto ebbe inizio la campagna aerea vera e propria. F/A-18C ed EA-6B decollati dalla USS Roosevelt attaccarono il sistema di difesa aereo integrato serbo (operazione “Dead-Eye South East), colpendo con bombe a guida laser e missili HARM AGM-88 i radar, i centri di comando e i siti di SAM; nel frattempo gli EC-130H e gli EF-111A dell’USAF disturbavano le comunicazioni radio e accecavano i radar nemici. Un’ora più tardi arrivò l’attacco della prima di 5 ondate successive, composte da gruppi fino a 30 aerei ciascuno e condotti prevalentemente con bombe a guida laser. Per la precisione la forza di attacco, proveniente dall’Adriatico, arrivò sulla terraferma della Bosnia alle 01.40 e la prima bomba impattò alle 02.12; gli attacchi riguardarono l’area di Sarajevo. Contemporaneamente l’artiglieria della Forza di Reazione Rapida (comandata dal generale David Pennefather, dei Royal Marines) entrò in azione, cannoneggiando le postazioni serbe dal Monte Igman. Il tutto avvenne sotto il coordinamento di un centro di comando e controllo aviotrasportato a bordo di un EC-130E, che coordinava attacchi aerei e terrestri e assegnava nuovi bersagli in caso di distruzione completa di quelli primari.

Alle ore 17.16 del 30 agosto un Mirage 2000K francese, “EBRO 33”, fu abbattuto da un missile spalleggiabile, a 20 miglia nautiche SE di Pale; i due membri dell’equipaggio si lanciarono con successo, ma i tentativi di recuperarli furono infruttuosi per tutto l’arco dell’operazione. Il giorno stesso dell’abbattimento un team CSAR composto da due MH-53 Pave Low e un HC-130 tentò senza esito di localizzare l’equipaggio disperso, con la copertura di un EF-111 che stazionava in volo sulla zona per oscurare i radar nemici e di un F-15E, quest’ultimo inviato dai controllori di un AWACS dopo che il suo obiettivo iniziale era stato oscurato dalle nuvole.

Un ricognitore U-2R, decollato a supporto dell’operazione da una base nel Regno Unito, si schiantò nel decollo e il pilota morì poche ore dopo a causa delle ferite riportate.

Il 31 agosto tre squadre attaccarono obiettivi nell’area di Sarajevo: siti di difesa aerea, depositi di munizioni, magazzini, centri di manutenzione.

Il 1 settembre, alle ore 04.00, ebbe inizio una tregua dei bombardamenti di 24 ore, per favorire i negoziati in corso tra il generale Janvier e il Gen. Mladic a Zvornik. Nel frattempo continuarono le missioni di ricognizione, soppressione difese aeree e pattugliamento dei cieli.

Il 2 settembre il Gen. Smith ottenne la riapertura della strada tra Sarajevo e l’aeroporto, minacciando i serbo-bosniaci di gravi ritorsioni, se avessero nuovamente interrotto il collegamento.

Il 3 settembre fu riaperta un’altra strada, tra la città e Butmir, rompendo l’assedio di Sarajevo per la prima volta dopo 3 anni.

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Deliberate Force continua

Dopo una proroga della tregua fino alle 23 del 4 settembre, lo stallo dei negoziati portò al via di nuove operazioni di bombardamento, a partire dalle ore 10.00 del 5 settembre.

Il 6 settembre, nel tentativo di verificare il presunto ritrovamento dell’equipaggio del Mirage abbattuto, fu lanciata una missione di ricognizione con elicotteri, che però dovette ripiegare a causa del maltempo. Lo stesso giorno furono lanciati 6 ondate di attacchi aerei, che agli obiettivi dei giorni precedenti, aggiunsero nuovi tipi di bersagli al di fuori di Sarajevo (la cosiddetta “opzione 3”; i bersagli attorno alla città, ormai tutti colpiti, facevano invece parte dell’”opzione 2”), costituiti da siti di grande importanza militare ed economica, quali centri di comunicazione, basi di SAM, ponti. Per la prima volta volarono i Tornado italiani e quelli tedeschi, i primi impiegati in missioni di bombardamento, i secondi in missioni SEAD e di ricognizione.

Il 7 settembre una nuova missione di recupero con elicotteri per localizzare e recuperare l’equipaggio francese fu interrotta a causa della densa nebbia. Furono invece inviati 8 gruppi di attacco, per lo più contro ponti e zone in cui erano ammassate truppe.

Furono eseguite 3515 sortite, delle quali 2470 allo scopo di attaccare 48 aree bersaglio (per un totale di 338 bersagli individuali). Furono sganciate 1026 bombe, delle quali 708 di precisione.

L’8 settembre fu eseguita una terza missione di ricognizione elitrasportata per localizzare e recuperare l’equipaggio francese; a dispetto delle buone condizioni meteo la ricerca fu infruttuosa e la squadra fu oggetto di fuoco di armi leggere, pur essendo scortata da cannoniere e caccia. Due membri di equipaggio degli elicotteri furono feriti, ed un elicottero danneggiato in fase di esfiltrazione, ma tutti rientrarono alla base. Gli sforzi per rintracciare i francesi continuarono fino al 28 settembre 1995, quando le autorità francesi informarono il CINCSOUTH della loro convinzione che i membri dell’equipaggio fossero vivi e custoditi dai Serbi Bosniaci.

La pianificazione per attaccare i bersagli nel Nord Ovest della Bosnia Erzegovina venne rifinita con l’adozione di munizionamento stand-off, per attaccare bersagli ben protetti al di fuori della portata delle difese aeree nemiche. Quattro squadre di attacco furono destinate su 15 bersagli già colpiti in precedenza, mentre 19 aerei CAS furono reindirizzati contro 8 bersagli fissi. Le missioni di ricognizione per il Bomb Damage Assesment continuarono.

Il 9 settembre, le operazioni furono estese significativamente, coinvolgendo i sistemi di difesa aerea nel Nord Ovest della Bosnia presso Banja Luka; su 5 gruppi di attacco pianificati, due abortirono la missione a causa del tempo, mentre tre condussero con successo, sia pure in ritardo, le missioni previste. Furono impiegate munizioni stand-off quali missili AGM-84 SLAM e GBU-15 da 2000 lb, per restare fuori da raggio di azione dei missili antiaerei SA-6 serbi. Il rapporto di possibili movimenti di veicoli delle milizie Serbo-Bosniache fuori Sarajevo nella tarda notte portarono ad una temporanea sospensione degli attacchi aerei nell’immediata prossimità della città.

Il 10 settembre i gruppi di attacco si concentrarono su bersagli non precedentemente colpiti a causa del maltempo. Per attaccare i centri di difesa aerea nel Nord Ovest della Bosnia, intorno a Banja Luka, furono impiegati per la prima volta 13 Tomahawk Land Attack Missiles (TLAM); il loro impiego fu permesso da sostegno politico che Claes fornì al generale Joulwan al momento della richiesta dell’autorizzazione. Entrarono in azione anche i missili HARM e altre munizioni stand-off (come lo SLAM). COMD UNPROFOR richiese la sospensione degli attacchi nelle immediate vicinanze di Sarajevo per valutare le intenzioni di rimuovere gli armamenti pesanti da parte delle milizie Serbo-Bosniache. Gli attacchi furono reindirizzati su bersagli fuori dall’area di Sarajevo. Le missioni di ricognizione furono intensificate a supporto degli sforzi di verifica dei rapporti sullo spostamento degli armamenti del BSA da Sarajevo.

Alle 14.25 le UN richiesero un supporto CAS (con il codice “Blue Sword”) a seguito di attacchi delle milizie Serbo-Bosniache alle posizioni UN vicino all’aeroporto di Tuzla; la missione fu eseguita da tre voli di cacciabombardieri Hornet decollati dalla USS America, che identificarono e attaccarono con successo due bunker di comando e una posizione di artiglieria.

L’11 settembre 4 gruppi di attacco furono pianificati per colpire 10 bersagli, sfruttando le condizioni meteo favorevoli, nel Nord Ovest della Bosnia; vennero utilizzate armi stand-off.

Furono pianificate missioni aggiuntive di ricognizione a supporto degli sforzi in corso per la valutazione dei danni inflitti e la necessità di effettuare ulteriori attacchi

Il 12 settembre venne attaccato un deposito di munizione nell’area di Doboj, a nordovest di Tuzla; l’azione fu approvata a seguito dei colpi sparati dal milizie Serbo-Bosniache sull’aeroporto di Tuzla il 10 settembre. I gruppi in allerta per un secondo attacco furono lanciati dopo la validazione dei bersagli assegnati.

Il 13 settembre furono impiegate nuovamente munizioni stand-off per completare gli attacchi ai sistemi integrati di difesa aerea nel nord-ovest della Bosnia. Le pessime condizioni meteo durarono tutto il giorno, costringendo alla rinuncia di oltre il 40% delle sortite programmate. Dopo le 20.00 solo gli aerei impegnati in missioni SEAD e CAS continuarono ad operare.

Il 14 settembre I negoziati fecero registrare sorprendenti successi e le operazioni offensive furono interrotte alle 22.00, in quanto le fazioni in lotta avevano comunicato di accettare le condizioni poste dall’ONU attraverso un protocollo di intesa:

Cessazione di tutte le operazioni offensive nella zona di Sarajevo.

Rimozione degli armamenti pesanti dalla zona di Sarajevo entro 144 ore.

Rimozione di ogni impedimento alle strade di accesso a Sarajevo.

Apertura dell’aeroporto di Sarajevo senza restrizioni d’uso.

La sospensione iniziale sarebbe dovuta durare almeno 72 ore. Alle 9.30 tutte le missioni, escluse quelle AEW e AAR, furono messe in stato di allerta a 3 ore, per via del protrarsi delle cattive condizioni meteo.

Il 15 settembre un C-130H francese atterrò a Sarajevo, riaprendo il ponte aereo dopo sei mesi di sospensione. Il giorno successivo anche gli aerei inglesi, canadesi, statunitensi e tedeschi ripresero i voli, partendo dall’aeroporto di Ancona, con la scorta dei caccia della NATO.

Il 17 settembre, in considerazione del fatto che le condizioni iniziali dell’accordo erano state ottemperate, fu concessa un’ulteriore pausa di 72 ore, alla fine della quale i comandi UN e NATO avrebbero verificato i progressi verso il pieno conseguito del protocollo di intesa.

Il 20 settembre i comandi UN e NATO furono unanimi nel ritenere raggiunti gli obiettivi dell’operazione Deliberate Force; le zone di sicurezza non erano più minacciate o sotto attacco e pertanto l’ammiraglio Smith e il generale Janvier concordarono che non era più necessario riprendere gli attacchi aerei.

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La fine di Deliberate Force

L’operazione Deliberate Force terminò formalmente il 21 settembre; gli effetti sull’esercizio serbo-bosniaco si fecero sentire, consentendo a Croati e Bosniaci di riguadagnare terreno e infliggendo una pesante sconfitta alla reputazione militare del Ge. Mladic. Questo obbligò i Serbi d Bosnia, durante i negoziati che si aprirono a Dayton (Ohio) il 1 novembre, ad accettare gli accordi di pace, dai quali prese forma la struttura di base ancora oggi vigente in Bosnia Erzegovina.

In base ai termini dell’Accordo di pace di Dayton, la NATO si è occupata per la prima volta di mantenimento della pace. L'Alleanza ha guidato la Forza di attuazione, o IFOR, forte di 60.000 uomini, per controllare l’attuazione degli aspetti militari dell’accordo ed impedire che il paese ricadesse nella guerra. Inoltre, il dispiegamento in Bosnia ha prodotto una serie di ulteriori benefici, tra cui, per esempio, l'integrazione di circa 2000 soldati ed ufficiali russi nelle strutture a guida NATO. Cosa che solo cinque anni prima sarebbe apparsa impossibile, questi soldati hanno lavorato fianco a fianco con i loro colleghi della NATO nei successivi sette anni.

 

Riferimenti bibliografici:

 

Robert C. Owen. Deliberate force a case study in effective air campaigning : final report of the Air University Balkans air campaign study / edited by. Air University Press Maxwell Air Force Base, Alabama (il più completo, sto ancora finendo di consultarlo, si può scaricare gratuitamente)

 

Osprey Essential Histories 063 - The Collapse of Yugoslavia 1991-1999

 

Osprey Aircraft of the Aces 052 - Balkan Air Wars 1991-2000

 

Tim Ripley. Air War Bosnia - US and Nato Airpower. Airlife

 

http://www.afa.org/magazine/oct1997/1097deli.asp

 

http://www.nato.int/docu/review/2005/issue...an/history.html

 

http://www.510fs.org/index.php?option=com_...8&Itemid=93

 

http://www.globalsecurity.org/military/ops...erate_force.htm

 

http://defence-data.com/features/fpage33.htm

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Dati riepilogativi dell’operazione Deliberate Force:

Totale sortite volate: 3515

Sortite di attacco (CAS, BAI, SEAD, RECCE, SAR/CSAR): 2470

Sortite di supporto (NAEW, ABCCC, ELINT/ESM, AAR,): 1045

Totale bombe sgangiate: 1026, delle quali 708 di precisione e 318 non guidate.

Gli attacchi aerei furono condotti in 11 giorni nell’arco del periodo 2 9 agosto – 14 settembre 1995 e coinvolsero 48 complessi di bersagli e 338 bersagli individuali all’interno di tali complessi.

 

Sortite suddivise per nazione

NAZIONE SORTITE TOTALI PERCENTUALE

 

FRANCE 84 8.1%

GERMANY 59 1.7%

ITALY 35 1.0%

NETHERLANDS 198 5.6%

SPAIN 12 3.4%

TURKEY 78 2.2%

UNITED KINGDOM 326 9.3%

UNITED STATES 2318 65.9%

NATO (NAEW) 96 2.7%

TOTAL 3515 100.0%

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Aeromobili assegnati dalla NATO all’operazione “Deliberate Force”:

 

NAZIONE NUMERO TIPO DI AEREO BASE

 

FRANCE 3 Mirage F-1 CT Istrana

5 Mirage F-1 CR Istrana

8 Jaguar Istrana

9 Mirage 2000 C Cervia

5 Mirage 2000 D Cervia

4 Mirage 2000 K Cervia

6 Super Etendard Foch

1 E-3 F Avord

1 C-135 FR Istres

8 Puma Brindisi/Split

 

GERMANY 8 ECR Tornado Piacenza

6 Tornado Piacenza

 

ITALY 8 Tornado Ghedi

6 AMX Istrana

1 Boeing 707 Tanker Pisa

1 C-130 Pisa

4 G-222 Pisa

4 E3A Geilenkirchen

 

NATO 4 E3A Trapani/Prevesa

 

NETHERLANDS 18 F-16A Villafranca

 

SPAIN 8 EF-18A Aviano

2 KC-130 Aviano

1 CASA 212 Vicenza

 

TURKEY 18 F-16C Ghedi

 

UNITED KINGDOM 12 GR-7 Gioia Del Colle

6 FMK-3 Gioia Del Colle

2 L-1011 Palermo

6 FA-2 Invincible

2 E-3D Aviano

 

UNITED STATES 12 O/A-10A Aviano

8 F-15E Aviano

12 F/A-18D Aviano

12 F-16C Aviano

10 EA-6B Aviano

10 F-16C (HTS) Aviano

3 EC-130H Aviano

4 EC-130E Aviano

4 AC-130H Brindisi

12 KC-135 Pisa/Istres

5 KC-10 Genova

7 MH-53J Brindisi

4 MC/HC-130P Brindisi

18 F-18C USS T. Roosevelt/America

6 EF-111A Aviano

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Aeromobili assegnati da forze non-NATO a supporto dell’operazione “Deliberate Force”:

NAZIONE NUMERO TIPO DI AEREO BASE

 

FRANCE Mirage IV Mont de Marsan

 

UNITED STATES U-2R RAF Fairford

F-14 USS T. Roosevelt/America

P-3C NAS Sigonella

RC-135 RAF Mildenhall

E-2 USS T. Roosevelt/America

S-3 USS T. Roosevelt/America

HH-60 USS T. Roosevelt/America

F-16C Aviano

F-15E Lakenheath

AV-8B USS Kearsage/Wasp

 

UNITED KINGDOM GR-1B Gioia Del Colle

Canberra Marham

Nimrod Waddington

 

GERMANY BR-1150 Nordholz

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Munizionamento di precisione impiegato:

Bombe a guida laser - numero

LGB/GBU 10 303

LGB/GBU 12 125

LGB/GBU 16 215

LGB/GBU 24 6

LGB/GBU AS30L 4

TOTALE 653

-------------------------------------------------

Bombe a guida optoelettronica - numero

EO/IR SLAM GUIDED MISSILE 10

EO/IR GBU-15 GUIDED MISSILE 9

EO/IR MAVRICK GUIDED MISSILE 23

TOTALE 42

-------------------------------------------------

Missili Tomahawk Cruise 13

_________________________________________________

 

Bombe non guidate - numero

 

MK 82 175

MK 83 99

MK 84 42

CBU-87 2

TOTALE 318

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Alcune immagini dei protagonisti:

 

L’ammiraglio Leighton W. Smith

i3_his_1.jpg

 

 

Il Comandante UNPROFOR, Lieutenant General Rupert Smith

rsmith.jpg

 

Il Generale Bernard Janvier, Comandante delle forze di pace UN

ODF_gen2.JPG

 

Il Comandante del Bosnian Serb Army, General Ratko Mladic

mladic1.jpg

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Bellissimo Topic Lender, inoltre hai fatto luce su alcuni aspetti di cui non ero totalmente a conoscenza!

 

Bel Lavoro! ;)

 

Grazie, a dire la verità è ancora incompleto, ci sono altri particolare che devo aggiungere, soprattutto sul ruolo di Aviano e sulla partecipazione italiana (o sulle vicissitudini, tipo il diniego allo spiegamento degli F-117 ad Aviano...).

Ovviamente sono a disposizione per gli errata corrige e le integrazioni, visto che il materiale era parecchio, a volte non concorde sulle date e la mia comprensione dell'inglese che ho tradotto è piuttosto da dilettante.

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I “primati” dell’operazione Deliberate Force:

- prima campagna aerea che ha visto l’uso predominante di munizionamento di precisione (69% del totale)

- primo impiego dei missili Tomahawk nel teatro europeo

- primo impiego su larga scala da parte degli F-16 USAF di bombe a guida laser GBU-12 e GBU-10 in combattimento

- primo impiego su larga scala da parte degli F-15E USAF di bombe a guida optoelettronica GBU-15 in combattimento

- primo impiego in combattimento del sistema HTS (Targeting System) e lancio di missili HARM AGM-88 da parte degli F-16 USAF

- prima occasione in cui gli attacchi con il cannoncino da parte degli A-10 sono stati condotti da oltre 15.000 piedi di distanza (obliqua)

- primo impiego in combattimento degli UAV Predator

- primo dispiegamento in combattimento delle forze aeree tedesche dopo la II G.M.

- primo dispiegamento in combattimento delle forze aeree spagnole moderne

- primo dispiegamento in combattimento delle forze aeree italiane nell’ambito di Deny Flight (di cui Deliberate Force rappresenta una continuazione)

- primo impiego in combattimento da parte dei Mirage 2000 D/K e degli Jaguar francesi delle bombe a guida laser Matra da 1000 lb e GBU-12.

 

Nota: qui avrei bisogno del tuo supporto, Intruder: la dizione relativa originale all'A-10 diceva: first time in combat that strafing passes by USAF A-10s exceeded 15,000 feet+ slant range; ho tradotto "slant" con "obliquo", ma non mi suona bene, penso ci sia un termine più appropriato.

Modificato da lender
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Ospite intruder

Slant range è un termine estremamente tecnico e specialistico. Mi sono dovuto rivolgere a wikipedia (inglese), e questo è quello che ho trovato:

 

In telecommunication, slant range is the line-of-sight distance between two points which are not at the same level relative to a specific datum.

 

An example of slant range is the distance to an airborne radar target, e.g., an aircraft flying at high altitude with respect to that of the radar antenna. The slant range (1) is the hypotenuse of the triangle represented by the altitude of the aircraft and the distance between the radar antenna and the aircraft's ground track (the point on the earth at which it is directly overhead). In the absence of altitude information, the aircraft location would be plotted farther (2) from the antenna than its actual ground track.

 

Source: from Federal Standard 1037C and from MIL-STD-188 and from the Department of Defense Dictionary of Military and Associated Terms

 

 

 

 

Slant_range.png

 

Complimenti! Sei riuscito a mandarmi in tilt.

Modificato da intruder
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Slant range è un termine estremamente tecnico e specialistico. Mi sono dovuto rivolgere a wikipedia (inglese), e questo è quello che ho trovato:

 

In telecommunication, slant range is the line-of-sight distance between two points which are not at the same level relative to a specific datum.

 

An example of slant range is the distance to an airborne radar target, e.g., an aircraft flying at high altitude with respect to that of the radar antenna. The slant range (1) is the hypotenuse of the triangle represented by the altitude of the aircraft and the distance between the radar antenna and the aircraft's ground track (the point on the earth at which it is directly overhead). In the absence of altitude information, the aircraft location would be plotted farther (2) from the antenna than its actual ground track.

 

Source: from Federal Standard 1037C and from MIL-STD-188 and from the Department of Defense Dictionary of Military and Associated Terms

Slant_range.png

 

Complimenti! Sei riuscito a mandarmi in tilt.

 

Grazie per la precisazione; diciamo che "distanza obliqua" ci può stare e con il tuo post si capisce meglio cosa si intende.

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  • 4 settimane dopo...

Nota relativa al mancato impiego degli F-117 durante Deliberate Force:

 

A metà della campagna aerea, quando fu pianificato l'attacco dei centri nevralgici della difesa aerea serbo-bosniaca, intorno a Banja Luka, l'ammiraglio Smith porto avanti la richiesta di impiego di 6 Nighthawk formulata dal generale Ryan; costui era infatti preoccupato del notevole dispiegamento di SAM a protezione dell'area e riteneva che gli stealth avrebbero ridotto il rischio di perdite. Fu pertanto inoltrata al ministero della difesa italiano la richiesta di permesso per dislocare ad Aviano i 6 velivoli per 30 giorni. Il segretario della difesa USA, W. Perry, approvò la richiesta il 9 settembre, con trasferimento immediato ad Aviano di aerei e personale ed il giorno stesso il personale di supporto arrivò ad Aviano. Mancava però l'approvazione formale da parte del governo italiano, apparentemente in ritardo per l'assenza dall'Italia del primo ministro Lamberto Dini; l'iniziativa diplomatica passò quindi nelle mani del ministro degli esteri Susanna Agnelli, che apparentemente non colse (a detta del Col Richard L. Sargent, dal cui articolo nel libro di Owen ho tratto questo post) l'importanza della richiesta. Due giorni dopo, l'11 settembre, il governo italiano ufficializzò il rifiuto ad ospitare gli F-117 (che pertanto non parteciparono a Deliberate Force), di fatto quale "rappresaglia" per il mancato inserimento dell'Italia nel gruppo di contatto per i negoziati sul conflitto in corso. Sempre secondo quanto riportato nell'articolo, Susanna Agnelli avrebbe detto all'ambasciatore USA (che, pur riconoscendo la legittimità della richiesta italiana fece notare l'impossibilità da parte USA di ovviare alla situazione): Italy was “tired of always saying yes to others while others always say no to Italy !”...

Modificato da lender
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