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Потерянная Луна (I)


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Потерянная Луна, la Luna Perduta (ma anche Confusa, Perplessa, un doppio senso interessante alla luce dei fatti), di Vadim Rostov, il libro sul quale ho basato il lavoro che state leggendo. A fianco: immagine da una rivista popolare sovietica degli anni Sessanta che interpreta così gli astronauti con la Stella Rossa sulla Luna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fu solo il 18 Agosto 1989, nel pieno della glasnost gorbacioviana, e oltre venti anni dopo che Neil Armstrong e Buzz Aldrin avevano lasciato le loro impronte nella polvere del Mare Tranquillitatis, che l’URSS riconobbe di avere, per lunghi anni, avuto mire analoghe. In tutto quel tempo, Mosca aveva sempre negato l'esistenza di un programma teso allo sbarco di astronauti (o meglio: cosmonauti) sulla Luna, bollando con la solita dose di spocchia, ogni illazione in merito. In realtà, nel 1961, all'inizio della corsa spaziale e galvanizzati dai successi ottenuti mandando in orbita il primo satellite e i primi esseri viventi, il Cremlino aveva annunciato l'intenzione di conquistare la Luna e di stabilirvi una base. Del programma, in seguito, non si seppe più nulla, e ciò fece scrivere ai giornali dei partiti comunisti occidentali, ovviamente indipendenti da Mosca, che il Cremlino non intendeva sperperare denaro necessario al benessere del proletariato in simili futili idiozie, ma la realtà era un'altra.

 

Analizzare i retroscena e le ragioni di quello che è realmente successo dietro le quinte del programma lunare sovietico, appare, anche a distanza di anni, piuttosto complesso e difficile. Proviamoci, seguendo il programma spaziale sovietico a partire dal suo mentore, e premettendo che ci sono tuttora punti mai completamente chiariti.

 

 

Королёв, Сергей Павлович

 

Nato a Zhytomyr, oggi in Ucraina, da padre russo e madre ucraina, il 30 Dicembre 1906 (secondo il calendario giuliano in uso nell’impero zarista) o il 12 Gennaio 1907 (secondo il calendario gregoriano introdotto da Lenin nel 1918), morto a Mosca il 14 Gennaio 1966, Sergjeij Pavlovich Korolev (si pronuncia Serghjèij Pàvlavic Karaliòff, ma da qui in poi userò, per i nomi russi, la grafia comune in Italia, altrimenti dovrei scrivere Garbaciòff anziché Gorbaciov, eccetera), ingegnere aeronautico, fu capo del programma spaziale sovietico dalla fine degli anni Quaranta fino alla sua morte.

 

Insieme a Friedrich Zander, lanciò il primo razzo sovietico a propellente liquido nel 1933. Vittima della Grande Purga del 1938, passò i sei anni successivi ospite del GULag, otto mesi in una miniera d'oro della Kolyma (che, assieme alle torture subite dopo l'arresto per estorcergli una confessione, gli costarono la salute, portandolo alla morte ancora relativamente giovane), il resto in una sharashka, campo di "rieducazione tramite il lavoro" d'élite, riservato a intellettuali e scienziati - di fatto una sorta di laboratorio militare coatto (sono frutto del lavoro dei detenuti nelle sharashki, per fare un esempio, il bombardiere in picchiata Peshka, l'ottimo Tupolev 2 e la katyusha, oltre il reverse engineering di un B29 che portò al Tupolev 4).

 

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A sinistra, Sergjeij Korolev a Kapustin Yar, 1953. A destra, con Yurij Gagarin, 1965. Il francobollo commemorativo del 1986, quando l’URSS decise di riconoscere i suoi meriti.

 

 

 

 

 

Dopo il rilascio, divenne progettista di razzi e figura chiave nello sviluppo degli ICBMs sovietici. Accademico (cioè membro dell'Accademia delle Scienze) dell'URSS, supervisionò i primi progetti spaziali, Sputnik e Vostok, ma, soprattutto, si occupò del progetto di inviare l’uomo sulla Luna. E lo fece in segreto, senza riconoscimenti ufficiali per decisione del Politbjurò, tanto che quasi nulla della sua attività trapelò in Occidente fino all’avvento di Gorbaciov. Alla commissione del premio Nobel che, per due volte, chiese alle autorità di Mosca chi fosse il realizzatore dello Sputnik, Kruscev rispose cinicamente: "Non possiamo indicare una singola persona, è l'intero popolo che sta costruendo la nuova tecnologia". Le rampe di lancio, spiegò Kruscev, avevano mandato in orbita il socialismo. Per lunghi anni, perfino in URSS, non si seppe nulla di lui, era noto solo come il "Capo", a volte il "Progettista Capo".

 

 

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Il busto di Korolev, a Baikonur. A destra: il grande rivale, Vladimir Nikolajevic Chelamei.

 

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Un rivale di secondo piano: Mikhail Kusmich Yangel. A fianco, l'NII88: all'ultimo piano, nelle due finestre d'angolo, lo studio dove Korolev lavorò per vent'anni, fino alla sua morte.

 

 

Il segreto cadde subito dopo il funerale, nel 1966, quando Korolev su sepolto sotto le mura del Cremlino, massimo onore per un cittadino sovietico. Ma lo stesso si seppe sempre abbastanza poco di lui, salvo qualche dettaglio pittoresco: era superstizioso, evitava i lanci dei missili il lunedì, vietava la presenza di donne sulle rampa. C'è da chiedersi come avrà sopportato la prima cosmonauta, Valentina Tereshkova. Si dice che i due si detestassero cordialmente, e l'animosità della donna per Korolev crebbe dopo la missione spaziale, nel corso della quale andò storto tutto quello che poteva andare storto: per poco la Tereshkova non perse la vita a causa, fra l'altro, del malfunzionamento dei razzi frenanti che costrinsero i sovietici a prolungare la missione, prevista in origine per ventiquattro ore, a quasi settantadue, mentre i tecnici cercavano di reindirizzare da terra la Vostok (in un'intervista al New York Times nel 2007, la Tereshkova ammise di avere sempre saputo che l'accaduto non era colpa di Korolev ma di averlo detestato per la sua misoginia, che lo avrebbe portato a commentare che con una donna a bordo, la missione non poteva che andare male).

 

Solo in occasione del ventennale della sua morte, nel 1986, Korolev ebbe i pubblici riconoscimenti cui aveva diritto.

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Nel 1945, Korolev, benché ancora ufficialmente detenuto, venne mandato in Germania con altri esperti a studiare e recuperare quanta più possibile tecnologia missilistica tedesca. A Stalin non interessava lo spazio, ma si rendeva conto che una V2 poteva colpire impunemente il nemico. In altre parole, voleva la sua V2, possibilmente potenziata e migliorata, e a questo scopo, il 16 Marzo 1946, creò, alla periferia di Mosca, l’Istituto di Ricerca Scientifica 88 (Научно-Исследовательский Институт, НИИ88, in caratteri latini NII88; il numero è quello della vecchia fabbrica d’artiglieria nei cui edifici l’istituto era insediato).

 

Korolev voleva invece mandare l’uomo nello spazio, ma accettò di lavorare ai missili presso l’NII88 per portare avanti anche i suoi progetti. Così, esaminando il materiale recuperato in Germania, lo scienziato russo poté sviluppare i missili che, usati in un primo momento come armi, avrebbero poi portato in orbita carichi scientifici e umani (quanti sanno, del resto, che il vettore del programma Gemini, il Titan II, era, in origine, un ICBM?). Nacque così, nell’Agosto 1957, l’R7 Семёрка (simiòrka, un modo colloquiale per dire “sette”), per la NATO SS6 Sapwood e 8K71 per il GRAU (che non è un cognome catalano, ma l’acronimo per Главное Ракетно-Артиллерийское Управление, ГРАУ, la direzione per il coordinamento delle artiglierie e dei missili del Ministero della Difesa Sovietico, ora russo), il primo missile intercontinentale della storia. Lungo 34 metri, con un diametro 3, una massa al lancio di 280 tonnellate metriche e propulso da una miscela di cherosene e ossigeno liquido, era in grado di recapitare, dopo un volo di 9000 chilometri e con un CEP di 5, una testata termonucleare da 3 Megatons.

 

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SS6 Sapwood.

 

Il 1957 era anche l’Anno Geofisico Internazionale, e la comunità scientifica americana premeva, tramite i media, per strappare all’amministrazione Eisenhower i fondi necessari per il lancio di un satellite. In realtà, il primo satellite americano avrebbe già potuto essere lanciato all’inizio del 1954, ma Ike non capiva la necessità di destinare milioni di dollari per un progetto la cui utilità pratica gli sfuggiva completamente. Korolev, all’epoca uno dei pochi privilegiati a leggere la stampa straniera, in URSS, pensò di poter battere gli Stati Uniti sul tempo, e, facendo leva sullo spirito di competizione che animava i rapporti fra le due superpotenze, riuscì a ottenere i fondi necessari per lanciare lo Sputnik.

 

Il primo satellite artificiale della storia fu realizzato in meno di un mese: era solo una sfera di metallo lucidato, contenente una radio e un set di batterie e di strumenti di misurazione raccolti sui banchi dei laboratori dell’NII88, adattati allo scopo dove possibile, e montati in tutta fretta sotto la supervisione di Korolev, che, contemporaneamente, si occupò di adattare un missile SS6 per il lancio. Fu un azzardo terribile, l’SS6 era reduce da una serie di insuccessi preoccupante, il solo e unico lancio di successo era stato quello del mese di Agosto, ma la fortuna aiuta gli audaci, e in quell’autunno di 51 anni fa premiò l’ex зек.

 

 

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Sputnik 1

 

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Sputnik 1 e carenatura

 

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Sputnik 2 e 3

 

 

 

L’effetto del lancio fu in realtà inaspettato. Compiaciuto del successo, e, soprattutto dello smacco inflitto agli odiati americani, Kruscev chiese un nuovo satellite per commemorare il quarantennale della Rivoluzione d’Ottobre, che si sarebbe celebrato il 3 Novembre successivo. Il risultato fu lo Sputnik 2. Pesante oltre mezza tonnellata, sei volte più dello Sputnik 1, avrebbe portato nello spazio anche il primo essere vivente della storia, la cagnetta Laika. Fu un successo strepitoso, che esaurì temporaneamente le risorse sovietiche in materia; sarebbero passati sei mesi prima del lancio dello Sputnik 3. Si dice che, in realtà, lo Sputnik 3 avrebbe dovuto essere il primo satellite sovietico, ma l’urgenza di battere gli americani costrinse Korolev a mettere insieme (letteralmente con spago e sputo, come dicono gli yankees), i primi due. In effetti, Sputnik 3 assomigliava a qualcosa di scientifico, gli altri due erano solo battage, basti pensare che Sputnik 2 attraversò le fasce di Van Allen, e il semplice contatore Geiger che trasportava le rilevò, ma nessuno capì cos’erano, tutti presi dallo strepitoso effetto propagandistico.

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A questo punto, Korolev rivolse la sua attenzione alla Luna. Modificò il Sapwood aggiungendogli come terzo stadio in funzione di spinta translunare (TLI, Trans Lunar Injection) uno dei boosters col motore riprogettato per essere acceso nel vuoto e in condizione di microgravità, in quel momento una novità assoluta. I primi tre tentativi di mandare una sonda verso la Luna si risolsero, nel corso del 1958, in altrettanti fallimenti a causa della mancata accensione del motore TLI, che infine venne ridisegnato. Il risultato fu Luna 1 (chiamato in realtà dai russi Мечта, Mechta, sogno, il nome Luna, e la relativa numerazione, fu applicato retroattivamente l'anno seguente), che il 4 Gennaio 1959, due giorni dopo il lancio, passò a 5900 chilometri dal nostro satellite, diventando il primo oggetto artificiale in orbita solare (attualmente gravita fra la Terra e Marte).

 

Il successivo 13 Settembre, l'URSS ottenne un nuovo, spettacolare successo, quando la sonda Luna 2, partita 33 ore prima dalla Terra, impattò sulla Luna. E pochi giorni dopo, Luna 3 mandò a terra 17 foto di pessima qualità della superficie nascosta della Luna, un risultato comunque enorme per i tempi.

 

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Luna 1, 2 e 3

 

 

 

Dopo quei successi, il gruppo di Korolev lavorava ormai a pieno ritmo, sfornando programmi ambiziosi per sonde da lanciare verso Venere e Marte, uomini da mandare in orbita, satelliti spia, per telecomunicazioni, previsioni meteorologiche. Si cominciò a pensare anche all'atterraggio morbido di un veicolo automatico sulla superficie lunare.

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Gli astronauti perduti

 

Korolev lavorava a un satellite abitato già dal 1958. Ne venne fuori la capsula Vostok (Oriente), che in realtà, era, appunto, un satellite artificiale con equipaggio. Il 15 Maggio 1960, un primo prototipo siglato Vostok 1K, compì 64 orbite attorno alla Terra, ma si schiantò nel rientro. Secondo i fratelli Achille e Giovanbattista Judica-Cordiglia, due radioamatori di Torino, Vostok 1K avrebbe trasportato un astronauta, il colonnello Valerji Zavadowsky, perito nel disastro. Il 23 Febbraio 1962, il New York Times scrisse di essere venuto a conoscenza, da una fonte del NORAD, che Korabl Sputnik 1, lanciato dai sovietici due anni prima, si era disintegrato per il malfunzionamento sia dei retrorazzi che dello scudo termico, e che l'NSA aveva registrato le voci disperate dei due membri dell’equipaggio, identificati come il tenente colonnello Valerji Zavadowsky e il maggiore Ivan Kachur, entrambi dell’aeronautica. La TASS ammise l'incidente, ma precisò che lo Sputnik 1K, questo il nome assegnato nel 1961 al satellite, trasportava solo dei manichini e un registratore con incise voci umane per testare il sistema di radiotrasmissione. Verso la fine degli anni Sessanta, la storia ricomparve nei cosiddetti Penkovsky Papers, documenti trafugati in Occidente da un colonnello dell'Armata Rossa, Oleg Penkovsky; negli anni Novanta, il figlio di Kruscev, Serghjeji, ha ammesso di aver sentito parlare dell’incidente, ma non ci sono prove decisive, benché entrambi gli astronauti, Zavadowsky e Kachur (talvolta indicato come Kachuk) siano realmente esistiti e scomparsi misteriosamente nel periodo del supposto incidente; la storia, nel suo complesso, contribuì a creare la leggenda dei cosiddetti "Lost (oppure Phantom) astronauts", una trentina fra uomini e donne sovietici, tedeschi dell'est, cecoslovacchi, perfino cinesi, nord coreani e nord vietnamiti, che sarebbero periti nello spazio negli anni Sessanta. La cortina di segreto con la quale i sovietici nascondevano le loro attività spaziali sicuramente contribuì ad alimentare la leggenda, tuttora viva e mai completamente sfatata.

 

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Vladimir Ilyushin, forse il più famoso dei Lost astronauts”

 

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Foto come queste, palesemente ritoccate per far scomparire una persona, hanno alimentato il mito dei Lost Astronauts.

 

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Oleg Penkovsky. I fratelli Judica-Cordiglia in una foto degli anni Sessanta.

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Ufficialmente, il primo uomo a volare nello spazio (e a fare ritorno incolume a terra), fu il tenente colonnello Yuri Alexeevich Gagarin, il 12 Aprile 1961. Ritornò appeso a un paracadute, dopo essersi eiettato all’altezza di 7000 metri per un malfunzionamento dei retrorazzi (secondo altre fonti, l’eiezione era prevista nel profilo di missione, non essendo possibile garantire con sicurezza l’atterraggio morbido fidando dei soli razzi frenanti). L’annuncio del successo, comunque, fu dato dopo il recupero di Gagarin, che compì una sola orbita attorno alla terra (la sua missione durò in tutto una novantina di minuti).

 

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Vostok e relativo vettore

 

La riuscita di quel primo volo (diamo per scontato che sia trattato del primo volo, non ci sono prove, ripeto, che suffraghino l’esistenza dei “Lost astronauts”), diede impulso ai progetti di Korolev per mandare un uomo sulla Luna nel più breve tempo possibile, visto anche il discorso di John Kennedy del 25 Maggio 1961, in cui il Presidente americano sosteneva ' this nation should commit itself to achieving the goal, before this decade is out, of landing a man on the Moon and returning him safely to the Earth.'

 

Per la realizzazione di questo nuovo, ambizioso progetto, occorreva naturalmente del tempo, tempo soprattutto per mettere a punto il missile necessario alla missione, chiamato da Korolev N1 (Носитель, vettore). Ma la dirigenza sovietica, Kruscev in particolare, voleva nuovi successi “proletari” contro i capitalisti americani, che si stavano riprendendo rapidamente dal ritardo accumulato, e, avevano annunciato le nuove capsule Gemini che avrebbero portato nello spazio due uomini. Korolev tentò di resistere alle richieste insensate del Cremlino, che pretendeva un vettore in grado di mettere in orbita le 200 tonnellate della stazione spaziale armata di missili nucleari agognata da Kruscev (e nota negli USA come Battlestar Khrushchev), mentre il progetto originario di Korolev prevedeva l'immissione in orbita bassa di 50 ragionevoli tonnellate, ma alla fine dovette cedere, minacciato come fu di essere messo in secondo piano di fronte al suo rivale, Vladimir N. Celomjei, assai meglio disposto ad assecondare le idiozie propagandistiche di Kruscev, e servile (lungimirante, secondo altri) al punto da dare lavoro nel suo team progettuale al già citato figlio del Segretario Generale, Serghjeji, di professione ingegnere (pare lo giudicasse un incompetente, tuttavia utile).

 

Come risultato, Vladimir Celomjei ottenne importanti commesse dal Cremlino, ma anche altrettanto importanti successi, come l'UR500 (Универсальная Ракета, missile universale, nel senso di tuttofare), ancor oggi impiegato dall’ente spaziale russo col nome Proton, minando il primato di Korolev. I progetti di Celomjei, apparivano a prima vista più semplici ed efficaci di quelli del rivale, ma molto era dovuto all’uso di una tecnologia relativamente più rozza. Korolev, ad esempio, inciampò in disastrosi e snervanti ritardi nello sviluppo dei motori causati dal suo desiderio di impiegare carburanti criogenici in grado di sviluppare maggiore spinta e in condizioni di maggiore sicurezza degli ipergolici usati dal rivale, che, pur essendo di più facile immagazzinamento ed uso, erano anche estremamente tossici e richiedevano cautele, e addestramento, particolari nell’uso da parte del personale.

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In questo quadro, il progetto di Chelomjei per una missione umana cislunare, l'invio, cioè, di una capsula abitata per un veloce passaggio a bassa quota sulla Luna e ritorno a Terra (qualcosa di simile avrebbe fatto l'Apollo 13, nel 1970, seppure a causa di un'avaria), non poteva che incontrare i favori del Cremlino. Il progettista era convinto che la missione potesse partire nel corso del 1965, mentre Korolev prevedeva di far scendere l'uomo sulla Luna non prima del 1967. Per un Kruscev a caccia di effetti speciali, era una manna, e così Chelomjei, ottenne già nel 1962, l'autorizzazione (nel paradiso socialista non esistevano contratti di tipo capitalista) per la costruzione dell'LK1 (non è chiara l'origine della sigla, anche se si dà per scontato che significasse Лунный Корабль, navetta lunare), mentre Korolev doveva ridisegnare il suo N1 per incontrare i deliri di onnipotenza del padrone del Cremlino.

 

 

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Due progetti di Celomjei della fine anni Sessanta. In questo caso si prevedeva la discesa sulla Luna dell'intero bus spaziale, e non solo di un lander apposito. Il primo progeto rivelò una massa eccessiva per la spinta sviluppabile dal Proton, il secondo, alleggerito rispetto al precedente, avrebbe potuto portare due cosmonauti sulla Luna nel 1972. Fu abbandonato dopo Apollo 11.

 

 

 

Il programma Vostok, che pure tante soddisfazioni aveva dato ai sovietici, sia dal punto di vista scientifico per gli studi sugli effetti della microgravità del corpo umano, che da quello propagandistico (primo uomo e prima donna nello spazio, prima missione di durata superiore a un giorno, primo volo contemporaneo di due capsule, record, tuttora imbattuto, di volo singolo), e che prevedeva missioni fino alla 13 e all'Aprile 1966 per lasciare poi il passo alla Soyuz, fu cessato dopo il volo 6, che il 16 Giugno 1963 portò la prima donna nello spazio, Valentina Vladimirovna Tereshkova; al suo posto venne la navetta Voskhod (Alba), una Vostok pantografata per portare in orbita tre uomini che non avrebbero volato con i pesanti scafandri da astronauta, ma con le normali tute di volo all'interno di un abitacolo pressurizzato, ulteriore schiaffo agli odiati americani. Per ottenerla nel più breve tempo possibile necessario a battere la NASA che stava per lanciare Gemini, si dovettero accettare pesanti compromessi in materia di sicurezza degli equipaggi, che non avrebbero avuto la possibilità di eiettarsi né durante il lancio, se qualcosa andava storto, né al rientro, non essendoci modo di stipare tre ingombranti sedili a razzo nello spazio angusto della navetta. Conseguentemente, il rientro sarebbe avvenuto fidando solo sui retrorazzi, uno dei quali fu aggiunto al paracadute per garantire ulteriore spinta prima dell’impatto al suolo.

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Voskhod e la morte di Korolev

 

 

La prima missione, Voskhod 1, partì in ritardo, il 12 Ottobre 1964, dopo che fu sostituito l'equipaggio principale (il comandante, si scoprì, era ebreo, e il padre di un altro membro dell'equipaggio era stato fucilato dall'NKVD negli anni Trenta). Korolev andò su tutte le furie. Si dice stesse per telefonare a Kruscev per chiedere spiegazioni, ma fosse stato fermato dall'amico/rivale Chelomjei con la frase "sta zitto cretino che quella testa di caz*o (Kruscev, nda) ci voleva mandare tutti in Siberia quando ha scoperto che stavamo per spedire in orbita un ebreo e il figlio di un traditore".

 

La missione durò 26 ore a causa delle condizioni, veramente infime, di abitabilità della navetta e del putsch che abbatté Kruscev durante il volo, ma stabilì comunque diversi successi, mandando in orbita per la prima volta tre uomini, solo uno dei quali un astronauta vero e proprio, il comandante Vladimir Mikhaylovich Komarov, essendo gli altri due, Konstantin Petrovich Feoktistov e Boris Borisovich Yegorov, rispettivamente un ingegnere e un medico.

 

La seconda missione, partita oltre sei mesi dopo e con due soli uomini di equipaggio, stabilì un altro primato propagandistico, quello della prima EVA, o "passeggiata spaziale", come veniva allora chiamata. Solo dopo il crollo dell'URSS si è saputo che, quella che, a tutti gli effetti, fu solo una bravata voluta dal Cremlino e preparata in fretta e furia dagli scienziati di Baikonur, per poco non costò la vita all'astronauta Leonov. A causa di questo, e di altri problemi, anche questa missione durò poco più di 24 ore anziché i sei giorni previsti. Al rientro, la Voskhod finì fuori rotta e atterrò nel mezzo di una foresta siberiana dove gli astronauti dovettero attendere le squadre di recupero circondati da un branco di lupi affamati.

 

 

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Voskhod col tunnel EVA esteso

 

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Voskhod all’interno della sua carenatura

 

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Vostok vs Voskhod

 

Erano previste altre quattro missioni, che comprendevano durate in volo fino a 20 giorni, equipaggi interamente femminili, l'uso di una cintura a razzi e di uno scafandro speciale per muoversi durante l'EVA svincolati dal cavo ombelicale, ma considerazioni tecniche imposero uno stop, anche se si dice che il volo "rosa" sia stato annullato per la fortissima opposizione dei cosmonauti, Gagarin in primis, ferocemente maschilisti. Le polemiche scatenate dietro le quinte, in Occidente si è saputo solo in anni recenti, dalla Tereshkova sulla condotta della sua missione, che, per poco, non le era costata la vita ("mi hanno sparata dentro quella scatoletta di sardine per pura propaganda, altro che parità", ha detto di recente, eppure è stata una comunista convinta, e, credo, lo sia tutt'ora), fecero il resto. Per vent'anni, nessun'altra donna avrebbe volato nello spazio). Il Programma Voskhod fu così annullato dopo la seconda missione, e Korolev poté concentrarsi sul programma lunare, che faceva capo al gigantesco razzo N1, e alla splendida creatura che aveva ideato in forma grezza nei primi anni 60, uno di quei miracoli ingegneristici che possono solo che lasciare attoniti per la genialità dell’intuizione, la semplicità della progettazione, la versatilità dell'idea: la navetta Soyuz. Chi scrive nutre grande stima per il genio di Korolev, superiore nella sua modesta opinione, a quello di von Braun se non altro per il fatto di aver dovuto lavorare con una tecnologia infinitamente inferiore a quella di cui disponeva il rivale.

 

 

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Valentina Tereshkova cosmonauta, e, a destra, in una foto del 2002. Di recente ha raccontato la vera storia del suo volo orbitale.

 

 

 

Purtroppo, come ebbe a dire von Schiller, contro la stupidità nemmeno gli dei possono nulla, e quello che accadeva in URSS in quegli anni, nel settore spaziale almeno, rasentava la perfezione dell’imbecillità totale. Se gli USA avevano concentrato tutte le loro risorse in un unico programma, Apollo/Saturn V, i sovietici divisero le loro fra tre diversi OKB (Опытное Конструкторское Бюро, ufficio di progettazione sperimentale), il numero 1 di Korolev, il 51 di Chelomjei e il 586 (poi 5) di Mikhail K. Yangel (anche se gli ultimi due si occupavano, ufficialmente, di motori, solo OKB 1 era incaricato di ricerche spaziali). Ne nacque, nei fatti, una spietata competizione, dove ogni bureau tentava, tramite le conoscenze personali dei propri progettisti capo, di ottenere risorse maggiori dei rivali per portare avanti programmi che, in ultima analisi, erano sostanzialmente dei doppioni. In più, l'ascesa nelle grazie del conducator cremliniano, o la caduta in disgrazia agli occhi del medesimo, di questo o quel viceministro, amico od estimatore di questo o quell’altro OKB, facevano sì che si procedesse fra continui ripensamenti e aggiustamenti di rotta. Ne è esempio, fra i tanti, la risoluzione del Comitato Centrale del PCUS 655/268, datata 3 Agosto 1964, che invitava "le masse sovietiche a impegnarsi con entusiasmo allo scopo di portare il socialismo (sic) sulla Luna entro il 1967", in contrasto coi desiderata di Kruscev che si accontentava di un flyby, ma per il 1965... forse era un primo segnale che la sedia di Nikita Serghjejevich Kruscev cominciava a scricchiolare, fatto sta che dopo la sua deposizione, i progetti di Korolev e Chelomjei vennero unificati, creando nuovo scompiglio fra i progettisti, poiché ognuno dei bureau coinvolti tentava di far prevalere il proprio su quello del rivale. Vedremo in seguito meglio i dettagli.

 

Korolev morì in circostanze mai completamente chiarite, il 14 Gennaio 1966. Entrato in ospedale il 5 per operare un polipo intestinale (emorroidi, secondo altre fonti), non riprese mai conoscenza dopo l'anestesia e morì dopo 9 giorni. Difficile, anche se non impossibile, un omicidio politico. Korolev era, fra i progettisti sovietici, forse l'unico che aveva qualche speranza di battere gli americani nella corsa alla Luna, ed era sicuramente apprezzato molto più da Brezhnev che non da Kruscev; più probabile quindi si sia trattato di un caso, piuttosto comune nell'URSS di quei tempi, di malasanità, aggravato dalle precarie condizioni di salute risultate dopo la lunga detenzione nei campi. Due giorni dopo, un breve trafiletto e una foto sulla Pravda annunciarono la morte del "Capo progettista" del programma spaziale sovietico, senza ulteriori commenti.

 

 

Prosegue qui: http://www.aereimilitari.org/forum/index.php?showtopic=10412

 

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La tomba di Korolev, nelle mura del Cremlino

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