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Fiat G.50


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Fiat G.50 "freccia"

 

CARATTERISTICHE

 

motore Fiat A.74 RC.38

 

potenza cv. 840 a mt. 3.800

 

apertura alare mt. 10,98

 

lunghezza totale mt. 7,80

 

altezza totale mt. 2,96

 

superficie alare mq. 18,25

 

peso a vuoto kg. 1.930

 

peso a carico max. kg. 2.330

 

velocità max. km/h. 483 a 4.500 mt.

 

Velocità minima km/h. 114

 

tempo di salita 7'30" a 6.000 mt.

 

Tangenza max. mt. 10.700

 

Autonomia km. 670

 

decollo mt. 200

 

atterraggio mt. 285

 

armamento 2 mitragliatrici da 12,7 mm. nel muso

 

progettista Giuseppe Gabrielli

 

pilota collaudatore Giovanni De Briganti

 

primo volo prototipo MM. 334 il 26 febbraio 1937

 

località Aeritalia (Torino)

 

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Fiat G.50 bis A.S. della 368a squadriglia, 151° gruppo, 53° stormo caccia terrestre operante, dal 31 dicembre 1942 al marzo 1943 a Sfax (Tunisia) durante l'ultimo ciclo operativo in Africa Settentrionale. Si noti il filtro antisabbia sulla presa d'aria del motore e l'ogiva di maggior volume, a protezione del dispositivo di calettamento dell'elica. La mimetica è quella detta a "ramarro", propria ai velivoli di produzione Fiat a partire dal 1942.

 

 

DESCRIZIONE TECNICA

 

(riferita al tipo con abitacolo aperto)

 

Velivolo da caccia, monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, monoposto a struttura interamente metallica.

 

Fusoliera con struttura semiguscio metallica a longheroni e false ordinate.

 

Ala metallica a cassone con rivestimento lavorante in duralluminio; alettoni con struttura in duralluminio e rivestimento in tela; ipersostentatori interamente metallici.

 

Carrello retrattile per rotazione verso l'interno, a scomparsa totale, del tipo Magnaghi. Ruotino di coda orientabile, non retrattile. Piani di coda a sbalzo completamente metallici, tranne le superfici mobili rivestite in tela.

 

Posto di pilotaggio ad abitacolo aperto, con pilone di protezione nella carenatura del poggiatesta.

 

Strumentazione: (pannelli frontali) traguardo di puntamento a visuale libera, anemometro, variometro, altimetro, virosbandometro, secondo anemometro, bussola, contagiri, teletermometro doppio olio, commutatore d'accensione, manometro benzina, manometro olio,'avvisatore d'incendio.

 

Due serbatoi alari di carburante, due serbatoi principali ed uno ausiliario nella fusoliera in posizione baricentrica.

 

Motore con elica tripala metallica a passo variabile in volo.

 

Due mitragliatrici BREDA-SAFAT da 12,7 mm. montate sopra la cappottatura motore, sincronizzate e sparanti attraverso il disco dell'elica.

 

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Una carrellata di foto su particolari costruttivi del velivolo.1 e 2 viste del cruscotto e della strumentazione; 3 semicarrelli anteriori[/i]

 

PRODUZIONE:

 

MM. 334 - primo prototipo (costruzione CMASA)

 

MM. 335 - secondo prototipo (costruzione CMASA)

 

MM. 479 - prototipo G.50 V (costruzione CMASA)

 

MM. - G.50 ter (modifica CMASA da G.50 bis)

 

MM. 855 - G.50 bis-A

 

MM. 3570-3614 - n. 45 (ottobre 1938-luglio 1939, CMASA)

 

MM. 4721-4756 - n. 36 (sett.-dicembre 1939, CMASA

 

MM. 4937-4966 - n. 30 (dic. 1939-marzo 1940, CMASA)

 

MM. 5361-5460 - n. 100 (marzo-agosto 1940, CMASA)

 

MM. 5461-5485 - n. 25 (CMASA)

 

MM. 6308-6489 - n. 182 (dic. 1940-Iug. 1942, CMASA)

 

MM. 6953-6962 - n. 10 (ottobre-nov. 1940, CMASA)

 

MM. 5933-6247 - n. 315 (nov. 1940-aprile 1942, FIAT)

 

MM. 8561-8595 - n. 35 (aprite-maggio 1942, FIAT)

 

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Viste dorsale e ventrale dello stesso velivolo

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LA TRANSIZIONE DAL CACCIA BIPLANO A CARRELLO FISSO AL MONOPLANO A CARRELLO RETRATTILE

 

Il Fiat G. 50 è il velivolo che caratterizza il passaggio della caccia italiana dalla tradizionale formula biplana a carrello fisso, alla formula monoplana con carrello retrattile. La progettazione, curata dall'ing. Gabrielli, si prolunga dall'aprile del 1935 all'estate del 1936, a causa delle mutate specifiche. Inizialmente lo studio è impostato sulla specifica che prevede due mitragliatrici da 12,7, un cannoncino da 20, l'installazione in fusoliera di una spezzoníera. All'inizio del 1936, la specifica ministeriale è cambiata: niente armamento di caduta, solo una o due armi da 12,7. Il prototipo del G. 50 (MM. 334) viene costruito dalla CMASA, la sussidiaria Fiat, con stabilimento a Marina di Pisa. Il primo volo avviene comunque dal campo torinese dell'Aeritalia, il 26 febbraio 1937. La messa a punto risulta immediatamente molto laboriosa, specialmente per la presenza di fenomeni di autorotazione, peraltro appannaggio di quasi tutti i monoplani coevi. I voli di collaudo si susseguono per tutto il 1937 ed il 1938 all'Aeritalia, a Guidonia, al campo CMASA di Pisa S. Giusto.

 

L’ 8 novembre 1937, si è verifica, proprio su questo aeroporto una dolorosa perdita: quella del collaudatore civile della Fiat Giovanni De Briganti. L’incidente mortale avviene durante un volo di prova, alla presenza di autorità, sul secondo prototipo del G.50 (MM. 335). Decollato regolarmente il pilota vira a sinistra ed esegue una retta in velocità. Alla quota di ottanta metri viene osservata una fumata bianca provenire dal velivolo, seguita da scuotimenti delle ali. I tentativi del pilota di controllare il velivolo risultano inani. L’apparecchio precipita in un campo in prossimità dall’aeroporto.

 

A Guidonia continua l'intenso ciclo di prove: rilevamento delle caratteristiche, assetti di volo.

 

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I fenomeni di autorotazione sono particolarmente temibili nel caso di volo in formazione. L'uscita da questa (motore spento, barra al centro) è possibile solo in quota, irrealizzabile in prossimità del suolo. Le due infauste circostanze si verificano il 27 gennaio 1939, durante un volo di collaudo. Ai comandi delle tre macchine teste di serie Bonzano, Beretta, Marasco. In un passaggio a bassa quota ad alta velocità, l'aereo di Beretta entra in autorotazione, evita di poco quello di Bonzano, si schianta sul capannone dell'Officina Modelli della DSSE provocando la morte del pilota, l'incendio del capannone ed il ferimento di cinque operai e di altre due persone.

 

Alla fine delle valutazioni militari, vengono richieste modifiche agli alettoni ed un accorciamento della deriva. Un altro incidente dimostra l'impossibilità, per un pilota che debba abbandonare il velivolo, di aprire regolarmente la cappottina e di lanciarsi. Inconveniente presente anche sul Macchi 200; così per entrambi i tipi, nonostante la penalizzazione aerodinamica, si decide un ritorno agli abitacoli aperti. Ciò è anche consigliato dalla pessima visibilità posteriore, a causa della qualità del plexiglas impiegato. La prima modifica sperimentale viene condotta sul G. 50 MM. 3574. Ma solo molto più tardi sul tipo bis, tutte le modifiche richieste verranno portate alla più completa attuazione.

 

Sulle prime dodici macchine, dalla pre-serie di 45 velivoli, viene intanto formato un gruppo sperimentale (fine febbraio 1939). Insieme al magg. Bonzano, sono Sant'Andrea, Del Prete, Trevisan, Martissa, David, Marasco, Pongiluppi, Acerbi, Tassinari, Buvoli, Meneghini.

 

 

IL I “GRUPPO SPERIMENTALE” NELLA GUERRA CIVILE SPAGNOLA

 

Per motivi di prestigio e per promuovere le vendite all'estero, si decide l'invio del gruppo in Spagna ed il suo temporaneo inquadramento nell'Aviazione Legionaria. Spedite via mare, le macchine vengono rimontate in territorio spagnolo (Reus) e a metà marzo del 1939 sono operative dall'aeroporto di Escalona, 70 km. a Sud-Ovest di Madrid: portano l'insegna del XXIII Gruppo “Asso di Bastoni”.

 

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La guerra in Spagna è comunque alla fine: a Natale del 1938, le truppe franchiste hanno sfondato il fronte sull'Ebro e dilagano verso Barcellona e la frontiera con la Francia mentre nella sacca di Madrid la resistenza repubblicana dà i primi segni di cedimento. L'ultimo grande combattimento aereo è all'inizio di febbraio tra i CR. 32 di Remondino ed una ventina di Polikarpov I. 16. In una sola occasione, i Fiat G. 50 avvistano i velivoli nemici, degli I. 16, ma i caccia repubblicani riescono ad eludere il contatto.

 

Per scopi propagandistici, l'attività dei G. 50 è comunque molto intensa. Essi si spostano continuamente da un campo all'altro. A tal proposito è interessante ricordare un curioso episodio. Un giorno si decide di portare il gruppo su un piccolissimo aeroporto, a stento operabile dagli stessi CR. 32. Tre alla volta, i G. 50 si esibiscono in un atterraggio in formazione, a pieno motore. Tutto bene, ma è la strage per i martinetti oleo-pneumatici dei loro carrelli: bisogna fermarsi ad aspettare un Caproni 133 dall'Italia, con le parti di ricambio.

 

La relazione del comandante del reparto Maggiore Bonzano enumera pregi e difetti della macchina: molto stabile in volo orizzontale e di elevata robustezza. Certamente non “acrobatica” come i coevi CR.32. Si riscontrano problemi al sistema di retrazione del carrello (si consiglia d’istallare l’agganciamento meccanico) e di visibilità facendo propende per il ritorno all’abitacolo aperto.

 

Il G.50 viene provato in differenti voli di prova dall’asso nazionalista Garcia Morato che non dimostra eccessivo entusiasmo per le caratteristiche del velivolo.

 

Al termine delle ostilità i velivoli sono ceduti alla nascente aviazione spagnola, ma la loro carriera è molto breve, una serie di incidenti li elimina rapidamente dalla linea operativa.

 

 

IL SECONDO IMPIEGO BELLICO: LA GUERRA RUSSO FINLANDESE

 

Più fortunato il ciclo di valutazioni e la carriera operativa dei G. 50 finlandesi. Per tutto il 1939 è un susseguirsi di trattative e di collaudi, che vedono i finlandesi sul campo dell'Aeritalia, della CMASA, a Guidonia e presso il poligono di tiro di Furbara. I nostri piloti conservano un ottimo ricordo dei colleghi stranieri, estremamente decisi nelle prove di volo più spericolate.

 

Il Ten. Tapanj Harmaja raggiunge nel corso di una affondata da 3500 m. la velocità stimata di 830 Km/h, giudicata al di fuori dello standard delle sollecitazioni strutturali previste dal progettista. Il velivolo subisce da tale severa prova la sola frattura di un laterale e l’incrinatura del parabrezza.

 

A partire dal gennaio 1940, 35 G. 50 vengono trasferiti in Finlandia e dal giugno del 1941 combattono contro i russi: nonostante le limitazioni operative dovute ai grandi freddi, i loro piloti riescono a collezionare un buon numero di vittorie. Inizia il 13 gennaio 1940 il Cap. Ehrnrooth abbatte un SB.2 ed il successivo 29 un DB.3.

 

I velivoli, denominati dai finnici “Fijiu” (Freccia), vengono adattati di sci necessari per decolli e atterraggi da superfici innevate o ghiacciate e dotati di un’ogiva di fabbricazione svedese atta alla protezione del sistema di calettamento dell’elica dai rigori climatici, che provocavano il congelamento del fluido lubrificante.

 

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Da registrare la presenza in questo settore operativo anche di volontari italiani tra cui il Serg. Dario Manzocchi, caduto al rientro da un’azione e da considerarsi come il primo pilota italiano morto in missione bellica sul G.50.

 

Il periodo di poco più di un anno intercorso tra la sospensione delle ostilità e la loro ripresa serve a eliminare tutta una serie di inconvenienti riscontrati nell’impiego del velivolo. Il 22 giugno 1941 essi sono di nuovo in linea con l’inizio dell’”operazione Barbarossa”.

 

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Memorabile la giornata del 25 giugno in cui sul cielo di Toroinen vengono abbattuti 13 SB.2 su una formazione di15.

 

Asso dei piloti finnici sul G.50 il Ten. Oiva Tuominen con 23 abbattimenti. Complessivamente le vittorie conseguite dai piloti dei “Fijiu” assommano al maggio 1943 a 91 velivoli.

 

I G.50 finlandesi rimangono velivoli di seconda linea sino al 1944, quando vengono destinati a compiti addestrativi e di allenamento.

 

 

LA PROSECUZIONE DELL’IMMISSIONE NEI REPARTI OPERATIVI E LE PRIME AZIONI BELLICHE

 

In Italia, si è nel frattempo passati alla piena produzione di serie. Nonostante la vittoria del Macchi C. 200 nel concorso ministeriale, la Fiat ottiene una commessa di 200 G. 50, dopo la prima serie di 45 esemplari, che abbiamo già ricordato. Togliendo dunque le macchine finlandesi, sono 165 nuovi velivoli destinati alla nostra linea-caccia.

 

Al 1° novembre 1939, ne risultano in reparto 15, al 10 giugno 1940 sono 97, divisi tra i gruppi 20° e 21° del 51° stormo (Ciampino) ed il gruppo 22° del 52° stormo (Pontedera).

 

Il primo uso bellico risale al 15 giugno 1940: 9 G. 50 del 22°, scortano gli SM. 79 in un'azione di bombardamento sul porto di Calvi (Corsica). Sempre sulla Corsica, il 17 ed il 19 giugno vengono attaccati gli aeroporti di Borgo e di Ghisonaccia. Dal 21 giugno, i G. 50 del 22° utilizzano aeroporti della Liguria e del Piemonte, per le operazioni sul territorio metropolitano francese: sono di scorta ai velivoli da bombardamento impiegati nell'assurdo tentativo di « ammorbidire » le opere fortificate dell'arco alpino.

 

 

IL CORPO AEREO ITALIANO (CAI) NELLA BATTAGLIA D’INGHILTERRA

 

Cessate le ostilità contro la Francia in data 24 giugno, il successivo impiego dei G. 50 è da parte del Corpo Aereo Italiano, sul fronte della Manica. Nell'agosto 1940, per evidenti motivi di prestigio e sempre con l'illusione di spartire una vittoria facile e vicina, il Governo concorda con i tedeschi l'invio in Belgio di reparti da caccia e da bombardamento. Il 10 settembre 1940, nasce ufficialmente il C.A.I.: esso ha in dotazione BR. 20, CZ. 1007 bis, CR. 42 e 48 G. 50. Questi ultimi appartengono al 20° gruppo, già di stanza a Ciampino. Per l'occasione, vengono inquadrati in uno stormo di nuova formazione, il 56°, ed hanno per base l'aeroporto belga di Maldegen, 15 km ad Est di Bruges. Il trasferimento del C.A.I. richiede comunque circa un mese e la sua prima azione bellica su territorio inglese (Harwich). non avviene che il 24 ottobre. Il 29, 34 G. 50 sono in scorta-caccia nel cielo di Ramsgate, l'11 novembre 24 macchine sono su Great Yarmouth. Le difficoltà operative del C.A.I. sono comunque immediate e molto gravi. Per limitarci alla caccia, negli abitacoli aperti dei CR. 42 e dei G. 50, i nostri piloti incontrano a 7.000 metri, temperature nell'ordine dei 50° sotto zero. Si verificano così numerosi casi di congelamento agli arti ed al volto. L'introduzione delle tute riscaldate elettricamente non è possibile sui nostri aerei, in quanto mette rapidamente fuori uso le batterie. In questa situazione non è mai avvenuto nessuno scontro tra i G. 50 e la caccia inglese. Essa è avvistata spesso sopra le nostre formazioni, a quote aggiranti sui 10.000 metri ed è vera fortuna che mai sia scesa sui sottostanti G. 50. Viste le condizioni operative e soddisfatte, come sopra esposto, le questioni di prestigio, dal 10 gennaio 1941 gli aerei cominciano a rientrare in Italia. Rimangono, fino al 15 aprile 1941, solo i G. 50 della 352a e 353a squadriglia, per crociere di interdizione sulle coste del Belgio e dell'Olanda, e sulla costa francese, fino a Calais.

 

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LA GUERRA DI GRECIA

 

Il terzo fronte operativo dei G. 50, è quello greco. All'inizio di questo' ciclo (28 ottobre 1940) sono presenti in Albania, a Berat, i gruppi 24° e 154°, in Puglia il 2° gruppo, con un totale di 80 G. 50.

 

Consumatasi in breve tempo l'aviazione greca, sono ora di fronte ai nostri G. 50, i Gloster Gladiator della Royal Air Force, più manovrabili ma decisamente meno veloci. A fine febbraio 1941, i primi scontri con gli Hawker Hurricane vengono a sottolineare le tradizionali carenze del G. 50: l'armamento delle due 12,7 è del tutto insufficiente, mentre la velocità tra i 5 ed i 6.000 metri si aggira sui 470 orari, del 10% inferiore a quella dell'avversario. Al trasferimento del 2° gruppo in Libia, si incrementa il numero e l'impiego dei reparti sui Macchi C. 200. Nel terribile inverno della guerra di Grecia, in condizioni meteorologiche pessime, i G. 50 vengono impiegati anche nell'appoggio tattico, volando quindi tra le montagne, da una gola all'altra.

 

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L’AFRICA SETTENTRIONALE

 

Il primo uso dei G. 50 in Libia, è comunque molto travagliato. Gli italiani volano in questo Paese dal lontano 1911, ma quando in un momento critico, nuovi velivoli debbono essere gettati nella lotta, non c'è che il G. 50, ma nessuno ha pensato di predisporlo per un eventuale uso in Africa. Le macchine, sprovviste di filtro antisabbia, non fanno in tempo ad arrivare che sono inutilizzabili. Solo in seguito vengono inviate macchine appositamente predisposte. Vediamo la successione cronologica degli arrivi: 358a squadriglia il 23 dicembre, 2° gruppo (150a – 152a) il 30 dicembre, 155° gruppo (351a-360a-378a) il 29 gennaio 1941, per un totale di 76 velivoli. Di essi, al 6 febbraio, resta molto poco. Alla perdita della Cirenaica, ha corrisposto infatti un logorante impiego dei mezzi aerei.

 

Più delle perdite dirette, in combattimento, o gli aerei distrutti al suolo, contano gli incidenti dovuti al particolare teatro operativo e la difficilissima situazione logistica alle -spalle di un fronte in continuo ripiegamento. Non c'è il tempo materiale per poter eseguire le riparazioni sui velivoli danneggiati che debbono essere abbandonati e distrutti, se non consentono un sia pur precario volo di trasferimento verso sedi aeroportuali più sicure.

 

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Riconquistata la Cirenaica, il 18 novembre 1941 comincia la seconda offensiva britannica. Per contrastarla, i G. 50 del 200 gruppo, si spostano dalla loro sede di Martuba al campo trampolino di Sidi Rezegh. Durante il rifornimento, il campo è investito da truppe corazzate nemiche penetrate per oltre 80 km. nel nostro schieramento senza essere contrastate e, quel che è peggio, neppure segnalate. Otto piloti riescono ad avviare i motori degli apparecchi, ma solo tre conducono a termine il decollo e possono attaccare le forze avversarie. Il 19 novembre vengono così perduti ben 18 G. 50.

 

Contenuta inizialmente l'offensiva nemica, verso il 7 dicembre si è costretti ad iniziare il ripiegamento nel tentativo di stabilire una linea difensiva da Bengasi ad Agedabia. La notte del 22 dicembre l'aeroporto di quest'ultima località viene attaccato da commandos inglesi infiltratisi attraverso i nuclei dell'Afrika Korps. E' un'altra ecatombe di velivoli italiani e tedeschi: tra essi, 5 G. 50 del 20° gruppo.

 

Il 25 dicembre rimangono in Libia solo i G. 50 dei 12° gruppo, a Castelbenito. Nel luglio 1942, quando le forze italo-tedesche, dopo la seconda riconquista della Cirenaica, sono quasi giunte al canale di Suez, il reparto di G. 50 ha in carico 43 velivoli; in novembre essi si riducono a 23. Dopo El Alamein, il resto delle forze dell'Asse abbandona definitivamente la Cirenaica e la Tripolitania, per attestarsi in Tunisia. All'inizio di gennaio, la 368a squadriglia è a Sfax, con 12 G. 50. Le ultime quattro macchine efficienti vengono distrutte al suolo, sullo stesso campo, in data 30 marzo 1943. La 368a squadriglia assalto è l'ultimo reparto su G. 50 in terra d'Africa.

 

La dizione « assalto » non è nuova per il velivolo; già in Libia esso è stato attrezzato con porta-bombe sub-alari. Alla fine della carriera, radiato come caccia, vede finalmente l'uso di quell'armamento di caduta, previsto in sede di progettazione.

 

 

L’IMPIEGO PRESSO LA LEGIONE AEREA CROATA (L.A.H.)

 

Nell'ottobre 1941 la Legione Aerea Croata (L.A.H.) vale a dire la nuova organizzazione aeronautica creata dallo stato croato di Pavelic, richiede, tramite il capo della missione militare italiana presso il Regno di Croazia - Gen. Brig. Oxilia - un notevole quantitativo di materiali militari italiani comprendenti fra l'altro: 10 carri M.13,10 autoblindo AB. 41, cannoni controcarro, mortai, stazioni RT., munizioni ed aerei da caccia, bombardamento e collegamento, scuola.

 

Dopo opportune valutazioni politiche e militari viene accordata, tra l’altro, la cessione di 9 G.50 ed un biposto (G.50B), consegnati nel giugno 1942.

 

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Fra il 1942 e il 1945 i Fiat dell'aviazione croata vengono intensamente impiegati in operazioni antiguerriglia in Bosnia, Erzegovina prima, in Serbia, Dalmazia e Croazia sul finire del conflitto.

 

Alla prima fornitura avuta dall'Italia nel 1942, è da aggiungere ancora una cessione fatta dalla Luftwaffe dopo il settembre 1943, per circa 20/25 esemplari di G.50 in maggior parte catturati nei Balcani dopo l'armistizio italiano dal bottino di guerra della Germania. Con tali aerei vengono costituite due squadriglie da supporto tattico (4a/5a del II Gruppo Caccia della L.A.H.) basate fra il 1943/44 sui campi di Agram, Banja Luka, Mostar, Zemonico, Bihac, Grobnico.

 

Nel 1944 i G.50 vengono sostituiti con velivoli più efficienti tipo Bf. 109/G.10 e Mc.202 e conseguentemente passati all'addestramento e assegnati alla scuola caccia di Brezice dove rimangono sino al termine del conflitto allorché vengono in maggior parte distrutti dalle truppe tedesche in ritirata verso la Carinzia. Alcuni G.50 superstiti sono recuperati dalle truppe titine sui campi della Croazia e utilizzati per qualche tempo dall'Aviazione dell'E.P.L.J. assieme ad altri velivoli di preda bellica: Bf. 109, Bu. 131, Do. 17.

 

Poi dei residui G.50 si perde ogni traccia e solo negli anni 70 è stata confermata la voce che un relitto composto dalla fusoliera e da pochi altri particolari, si trovi sull'aeroporto di Belgrado/Smerededevo in attesa di restauro e di collocazione presso l’erigendo museo aeronautico jugoslavo.

 

Resta comunque storicamente confermato che i G.50 usati dall'aviazione militare jugoslava nel dopoguerra furono gli ultimi esemplari dei velivoli Fiat a rimanere in servizio.

 

 

LA DIFESA DELLA SICILIA E DOPO L’OTTO SETTEMBRE

 

Al 9 luglio 1943, vigilia dello sbarco anglo-americano in Sicilia, troviamo ad Osoppo il 158° gruppo (236a-387a-388a) con 37 velivoli (24 efficienti); a Pistoia è il 159° gruppo (389a-390a-391a) con 30 velivoli (4 efficienti); altri 33 G. 50 (26 efficienti) sono in Albania, in Grecia, nell'Egeo, con le squadriglie da caccia. Il 17 agosto, la Sicilia è completamente evacuata dalle forze italo-tedesche: nei 38 giorni di combattimenti, vengono consumate le ultime forze della Regia Aeronautica. Tra esse sono 14 G. 50 dei gruppi di assalto, trasferiti a Reggio Calabria in data 10 luglio. Relativamente ai dieci velivoli del capitano Filippo Greco, subito inviati contro mezzi navali, a sud di Augusta, tre vengono abbattuti durante l'attacco, mentre gli altri sette sono colti in atterraggio sull'aeroporto di Reggio Calabria da una ben calcolata incursione nemica.

 

All'8 settembre rimangono 19 velivoli (8 efficienti). col 50° stormo a Lonate Pozzolo, mentre altre 28 macchine (10 efficienti) sono sulle sedi al di fuori della Penisola. Dopo l'8 settembre, solo quattro velivoli continuano l'attività di volo, come addestratori, nell'Aviazione della Repubblica Sociale Italiana.

 

 

VERSIONI DI SERIE E SPERIMENTALI

 

G.50 bis

 

Nella versione bis è adottata la deriva accorciata, si installa una corazzatura per il pilota similmente a quanto fatto in reparto presso il C.A.I., viene istallato il carrello della Ditta Magnaghi in luogo di quello Messier, si aumenta di circa 1/4 la quantità di carburante, vengono adottati serbatoi semapizzati,utilizzando il vecchio vano porta-bombe, l’autonomia arriva a 1000 km (quasi il doppio della precedente versione 645Km.). Le ultime due modifiche limitano ulteriormente le già modeste caratteristiche di salita e di velocità. Il prototipo del G. 50 bis (MM. 5933) vola il 9 settembre 1940: seguono 349 velivoli prodotti dalla Fiat, ed alcune decine prodotte dalla CMASA. Sono destinati alla Regia Aeronautica, tranne i 9 ceduti alla Croazia nel 1942.

 

 

G.50 ter

 

Nel luglio 1941, vola il G. 50 ter con il nuovo motore Fiat A. 76 RC.40 da 1000 cv. Si raggiungono così velocità superiori, nell'ordine dei 530 km/h., ma questo guadagno non è giudicato sufficiente ed inoltre il motore presenta grosse difficoltà di messa a punto: la versione ter viene dunque abbandonata.

 

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G.50 V

 

Nell'agosto del 1941, vola ai comandi di Valentino Cus, il G. 50 V (veloce), munito del motore in linea Daimler Benz 601. Per il montaggio della nuova unità, ad ingombro frontale ridotto, si ristudia l'intera fusoliera, abbandonando finalmente la massiccia quanto inutile sezione trasversale, tipica della versione di serie. Nel contempo il superiore macchi MC.202 già giungendo ai reparti ed il G.55 è allo studio, le prove effettuate su questo velivolo forniscono all’ingegner Gabrielli preziose indicazioni per quest’ultimo progetto: anche questo sviluppo viene dunque abbandonato.

 

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G. 50 bis/A

 

La soluzione adottata è piuttosto interessante e viene realizzata presso la CMASA nel 1942, modificando il velivolo MM. 855. Si tratta di inserire, alla radice di ogni semiala, una sezione strutturale contenente un'arma da 12,7 con 300 colpi e di due travetti subalari per munizionamento di caduta. La soluzione è suscettibile di essere applicata anche ai velivoli già costruiti. Le prove di volo, condotte nell'ottobre 1942 dal Cap. Valentino Cus, rivelano purtroppo un ulteriore calo delle prestazioni, dovuto all'aumento del peso a vuoto. Il velivolo sarebbe, comunque, di transizione rispetto ai più moderni Reggiane Re.2002 e, anche fatto riferimento ai costi, abbandonato.

 

 

G.50bis/A.N.

 

Dunque non rimane che parlare del G. 50 bis/A.N. (assalto navale). Previsto ad operare come caccia-bombardiere dalle portaerei « Aquila » e « Sparviero » (all'epoca in stato di allestimento). L’impiego di tale velivolo era considerata ab initio, prima dell’immissione in servizio del Re.2001 navale.

 

Vengono opportunamente modificate sette macchine monoposto e una biposto.

 

Si prevede dunque l'uso di un gancio d'arresto, posto lateralmente alla fusoliera. Le prove condotte a Guidonia, utilizzando ganci realizzati in lega leggera, danno esito negativo in quanto essi si spaccano regolarmente, ad ogni prova. Si tenta allora l'impiego di ganci realizzati in lamiera, opportunamente piegata e sagomata, e questa soluzione elimina l'inconveniente.

 

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L'armamento dell'aereo consiste in quattro armi da 12,7 disposte nella maniera che abbiamo visto per il G. 50 bis/A. L'unico prototipo pesa a vuoto 2.310 kg., ha una velocità massima di 423 km/h., un'autonomia di 1.000 km.; vola per la prima volta il 3 ottobre 1942.

 

Tornando al tipo-base, riassumiamo le impressioni raccolte da alcuni piloti. Presso i collaudatori militari, ci è sembrato di poter registrare il ricordo di una messa a punto molto laboriosa; i piloti che lo hanno usato successivamente' in fase operativa, ci sono sembrati meno severi nel giudizio aerodinamico della macchina, ma altrettanto poco soddisfatti, a causa delle caratteristiche di volo oltremodo modeste. In loro è anche il ricordo di una certa pericolosità degli atterraggi, causata dalla posizione del carrello. Se infatti il velivolo tocca il terreno con qualche imprecisione e rimbalza, invece di smorzare progressivamente questo fenomeno, lo accentua e finisce per ribaltarsi.

 

E' indubbio che il velivolo sia nato « pesante » e che, purtroppo, questa pesantezza non gli è mai servita a nulla, né per portare più armi, né per avere più autonomia: lo provano le gravi penalizzazioni delle caratteristiche, ogni qual volta l'Ufficio di Progettazione ha cercato di incrementare queste voci.

 

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Ospite galland

CMASA G.50 B

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DATI TECNICI

 

motore Fiat A.74 RC.38

 

potenza cv. 840 a mt. 3.800

 

apertura alare mt. 10,98

 

lunghezza totale mt. 7,80

 

altezza totale mt. 2,96

 

superficie alare mq. 18,25

 

peso a vuoto kg. 1.940

 

peso a carico max. kg. 2.425

 

velocità max. km/h. 456

 

velocità minima km/h. 120

 

tangenza max. mt. 9.500

 

autonomia km. 500

 

equipaggio 2

 

progettista Giuseppe Gabrielli

 

pilota collaudatore Ezio Guerra

 

primo volo prototipo MM. 3615 il 30 aprile 1940

 

località Pisa - S. Giusto

 

 

DESCRIZIONE TECNICA

 

Velivolo da scuola-caccia, monoplano ad ala bassa a sbalzo, monomotore, biposto a struttura interamente metallica.

 

Ala metallica a cassone con rivestimento lavorante in durallurrTinio; alettoni con struttura in duralluminio e rivestimento in tela; ipersostentatori interamente metallici.

 

Piani di coda a sbalzo completamente metallici, tranne le superfici mobili rivestite in tela.

 

Carrello retrattile per rotazione verso l'interno, a scomparsa totale, del tipo Magnaghi. Ruotino di coda orientabile, non retrattile. Fusoliera con struttura semiguscio metallica a longheroni e false ordinate.

 

Posti di pilotaggio in tandem ad abitacolo

 

chiuso da cappottina scorrevole all'indietro per il posto anteriore, ad abitacolo aperto quello posteriore; eventuale apparato radio rice- trasmittente.

 

Strumentazione costituita da anemometro, variometro, altimetro, virosbandometro, secondo anemometro, bussola, contagiri, teletermometro doppio olio, commutatore d'accensione, manometro benzina, manometro olio, avvisatore d'incendio; duplicazione degli strumenti essenziali nel secondo posto di pilotaggio.

 

Motore con elica tripala metallica a passo variabile in volo; carburante in due serbatoi alari e due principali ed uno secondario in fusoliera.

 

 

PRODUZIONE:

 

MM. 3615-3619 - n. 5 (giugno-luglio 1940, CMASA)

 

MM. 6308-6327 - n. 20 (autunno 1940-primavera 1941, CMASA)

 

MM. 6415-6489 - n. 75 (primavera 1941-estate 1943, CMASA)

 

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Per ridurre le difficoltà inerenti al passaggio della caccia sulle nuove macchine monoplane dal comportamento di volo ancora difficile, fin dal 1938 la CMASA studia la versione biposto bicomando del Fiat G.50 la cui grossa sezione di fusoliera si presta assai bene a questa modifica. Similmente il biplano CANSA CR.30 B è destinato all'addestramento degli allievi-piloti che debbono effettuare il passaggio sui CR.42. L'introduzione nelle Scuole di volo dei G.50 B e CR.30 B rappresenta una grossa innovazione nei confronti della prassi tradizionale di presentare a terra i nuovi velivoli e di far eseguire ai piloti un ambientamento essenzialmente autodidattico.

 

Durante il periodo bellico il G.50 è dunque l'unico monoplano da caccia della Regia Aeronautica ad avere una versione biposto bi-comando da allenamento.

 

Il G.50 B, chiamato ufficialmente «doppio comando», è costruito in un cospicuo numero di esemplari nonostante il peggioramento delle caratteristiche di volo nella configurazione biposto in tandem e gli eccessivi consumi di carburante dei motore da 840 cv.: ciò dipende dall'inderogabile esigenza di avere questo mezzo di transizione pur ponendosi fin dall'inizio del 1940 come obiettivo prioritario il reperimento di un aereo avanzato da addestramento-caccia più semplice ed economico nella manutenzione e nell'uso.

 

L'ordine per la produzione di 95 G.50 B risale al 12 dicembre 1939. Una pre-serie di 5 G.50 bi-comando (MM.3615-3619) è costruita nello stabilimento CMASA di Marina di Pisa dal gennaio al luglio del 1940. L'8 maggio 1940 il gen. Pricolo chiede alla DGCA di ordinare urgentemente altri 10 G.50 B alla CMASA in sostituzione di altrettanti monoposti.

 

Il G.50 B MM.3615 compie il primo volo il 30 aprile 1940 e dopo i collaudi sull'aeroporto di Pisa-S. Giusto passa al Centro Sperimentale di Guidonia per le prove di valutazione militare. Il 25 giugno 1940, alla costituzione della Scuola Caccia di Udine-Campoformido sono presenti i primi 4 G.50 bi-comando accanto a 8 CR,30 B, 10 CR.32, 10 CR.42, 10 G.50 monoposti. Al 20 ottobre 1940 risulta consegnata la pre-serie di 5 esemplari, 20 altri sono in allestimento e si pensa di approntarne 75 in sostituzione di altrettanti monoposti già ordinati alla CMASA. I G.50 bi-comando sono progressivamente assegnati anche alle Scuole Caccia di Gorizia, Castiglione del Lago e Rimini.

 

Ma i G.50 B giungono anche presso reparti operativi dotati di biplani Fiat CR.32 allorché essi debbono passare ai nuovi monoplani monoposti. Il 16 aprile 1941 lo Stato Maggiore della Regia Aeronautica dispone ad esempio che il G.50 B MM.6322 sia trasferito al 3° gruppo C.T. basato a Cagliari-Monserrato i cui piloti debbono lasciare i vecchi CR.32 per operare in Libia con i G.50 già del 155° gruppo. Il 9 luglio 1941 i G.50 B MM.6441 e 6445, provvisoriamente allestiti dalla CMASA con serbatoio supplementare al posto del secondo pilota, sono pronti a trasferirsi in Egeo per facilitare il passaggio sui G.50 al Personale del 161° gruppo autonomo operante con i CR.42 e CR.32.

 

La consegna dei 95 G.50 bi-comando dalla serie CMASA di 182 esemplari (MM.6308-6489) costituita da 20 G.50 B, 87 monoposti e 75 G.50 B, progredisce nel corso del 1941 ed il 7 febbraio 1942 si arriva alla consegna della MM.6477 che nell'estate è ceduta alla Croazia insieme a 9 G.50 monoposti (confrontare a tal proposito lo specifico capitolo).

 

Il G.50 B è offerto alla Regia Aeronautica anche in versione mono-comando da ricognizione con il secondo posto destinato all'osservatore che ha a disposizione una sfinestratura a pavimento per migliorare la scarsa visibilità inferiore tipica dei velivoli ad ala bassa. Questo esemplare modificato (MM.6458) giunge a Guidonia il 9 marzo 1942 ma già il 21 aprile si dà ordine di trasformarlo in normale doppio - comando per Scuole, a conferma della preferenza giustamente accordata al Reggiane Re.2003. Il G.50 bi-comando MM.6475 è invece destinato alle prove per l'impiego sulle costruende portaerei italiane: il 15 maggio 1942 questo esemplare passa dal Centro Sperimentale di Guidonia al locale Stabilimento Costruzioni Aeronautiche per la realizzazione delle modifiche necessarie al lancio con catapulta. I lavori sulla MM.6475 vengono ultimati dalla S.C.A. solo nel febbraio 1943.

 

Non ha invece seguito la proposta versione del 50 B per la caccia notturna.

 

Al 1° dicembre 1942 mancano ancora gli ultimi 7 G.50 bi-comando: 3 sono pronti nel gennaio 1943. la MM.6487 in febbraio, la MM.6488 in aprile. le MM.6426 e 6489 in maggio: questi due ultimi velivoli sono ancora presso la CMASA a fine agosto 1943.

 

Dal gennaio 1943 un G.50 bi-comando è in carico al 1° Nucleo Addestramento Intercettori di Treviso-S. Giuseppe ove sono addestrati i piloti destinati all'impiego operativo nella caccia notturna. Anche a Milano-Linate, ultima sede della peregrinante Scuola Volo senza visibilità, il cap. Guidantonio Ferrari fa approntare appositamente ed impiega in addestramento un G.50 B per l'esecuzione di volo strumentale e acrobatico in tendina, così come richiesto ad un pilota che deve essere in grado di compiere intercettazioni notturne basandosi per la condotta di volo sui soli ausili strumentali: per evitare il congelamento alle basse temperature del volo notturno, tutti gli strumenti sono forniti di speciali dispositivi. Dal maggio 1943 un G.50 bi-comando (MM.6308) proveniente dal 4° Gruppo Complementare Caccia è in carico al Reparto P di Roma-Centocelle.

 

All'inizio abbiamo visto che nelle Scuole Addestramento Caccia l'impiego dei G.50 bicomando si svolge parallelamente a quello dei biplani CR.30 B. Il problema di un adeguato addestramento bi-comando si trascina fino al termine della guerra data l'inadeguatezza e la cattiva prova fornita dall'FN.315. Si arriva all'anacronismo di dover prevedere un fabbisogno per il 1943 di ulteriori 30 CR.30 B e di altrettanti esemplari dello stesso aereo per il 1944. Il 25 giugno 1943 risulta che l'unica Ditta in grado di produrre questi 60 CR.30 bi-comando con attrezzature già in funzione è la CANSA di Cameri che verrebbe così assorbita da queste lavorazioni tanto da non poter più partecipare alla produzione ad anello dei Fiat G.55. La DGCA propone così di scartare ulteriori produzioni del CR.30 B facendo invece trasformare in biposti presso l'Agusta una adeguata aliquota di CR.42. La soluzione permetterebbe di guadagnare tempo e di offrire alle Scuole un aereo meno antiquato. Il gen. Fougier approva il piano il 30 giugno e lo Stato Maggiore comunica alla DGCA (16 luglio 1943) che l'aliquota di CR.42 da trasformare in bi-comando deve intendersi pari ai CR.30 B annullati, ovvero 60 esemplari.

 

In questa decisione interessante le Scuole Caccia almeno per il biennio 1944-45, è palese la sfiducia nutrita nei confronti dei G.50 bicomando pur a fronte di una linea operativa ormai e finalmente dotata di avanzate macchine monoplane.

 

Dopo l'armistizio alcuni G.50 bi-comando sono impiegati dalla Luftwaffe e dall'Aviazione della Repubblica Sociale Italiana.

 

Nel dopoguerra, l'ultimo G.50 biposto vola presso la Scuola-Caccia di Lecce-Galatina.

 

 

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Ospite galland

Fiat G.50

 

galleria fotografica

 

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Il propulsore del velivolo: il Fiat A.74 RC.38, in vista semifrontale e laterale

 

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I serbatoi della versione bis, chiaramente visibile la semapizzazione

 

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Il ruotino di coda

 

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Il vano di allocazione delle mitragliatrici SAFAT da 12,7.

Vista superiore.

Modificato da galland
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Ospite galland

 

Sulle vicende progettuali e di collaudo del G.50 fornisco parziale trascrizione del sesto capitolo delle memorie dell’ingegner Giuseppe Gabrielli “Una vita per l’aviazione” Bompiani, Milano, 1982.

 

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VI. GLI ANNI DELLA GUERRA

 

Fino agli inizi degli anni Trenta gli aeroplani da caccia impiegati in tutto il mondo erano biplani. Questa formula - indiscussa - traeva origine dalla persuasione che la manovrabilità del biplano, le sue qualità acrobatiche, nonché la sua robustezza fossero superiori a quelle del monoplano.

 

In Italia, le altissime qualità della lunga serie dei "CR" di Rosatelli avevano creato una solida convinzione di sicurezza per il biplano, dovuta anche ai successi conseguiti nelle manifestazioni acrobatiche dei nostri valorosi piloti militari, che li avevano resi famosi in tutto il mondo. Tuttavia la richiesta di sempre maggiori velocità aveva incominciato a far sorgere valide idee a favore del monoplano negli ambienti della strategia aerea. Questa tendenza si manifestò in modo notevole fra le autorità militari inglesi e tedesche, che predisposero un serio programma per la realizzazione di aeroplani da caccia con motori più potenti, con velocità più elevate e con maggiori capacità di armamento. Nel 1933 comparvero in Inghilterra l'Hawker Hurricane ed il Supermarine Spitfire; in Germania il Messerschmitt BF109: tre monoplani da caccia con motore raffreddato a liquido e potenze dell'ordine di 1.000 cv, con predisposizione di armi più pesanti di quelle fino allora adoperate e sistemate in fusoliera (con tiro attraverso l'elica) e nelle ali. Ciò influenzò notevolmente la tecnica aeronautica, e in tutte le nazioni più avanzate produsse un nuovo orientamento negli ambienti militari. In Italia, nel 1935, la Regia Aeronautica emise una specifica per un caccia monoplano e scelse i motori a stella raffreddati ad aria.

 

La FIAT, sulla base di tali indicazioni, su progetto di Antonio Fessia, costruì un eccellente motore a doppia stella di 840 cv in quota, denominato A.74RC con riduttore e compressore. E mentre Rosatelli proseguiva nello sviluppo dei suoi CR biplano, io fui incaricato di progettare il caccia monoplano. Va notato peraltro che il progetto per il nuovo caccia non era seguito con totale convinzione né negli ambienti dell'Aeronautica militare, né in quelli della stessa FIAT. Permaneva infatti un certo scetticismo sulla formula del monoplano; inoltre la scelta di un motore raffreddato ad aria - mentre inglesi, tedeschi e francesi si erano orientati sui motori raffreddati a liquido -dimostrava discordanza sulle vie da seguire. Le autorità aeronautiche italiane preferivano il motore ad aria, perché lo ritenevano meno vulnerabile, di quello raffreddato a liquido.

 

Mi misi quindi al lavoro su tali direttive, ma sorsero lunghe discussioni e dovetti soddisfare numerose richieste postemi davanti alla maquette al vero del velivolo, che avevo approntata nella officina sperimentale dell'Aeronautica d'Italia a Torino. Solo dopo che attraverso laboriosi compromessi per l'armamento, la visibilità, la protezione del pilota, eccetera, si giunse ad una configurazione definitiva, partimmo per lo sviluppo del G.so.

 

Disgraziatamente l'Aeronautica d'Italia era impegnata nella produzione dei G.18 e dei CR, mentre le Officine CMASA di Marina di Pisa, di proprietà FIAT, avevano bisogno di lavoro. Pertanto fu deciso di affidare la costruzione del prototipo allo stabilimento pisano. Tale scelta rese molto più difficile il mio lavoro, allora diviso fra Torino e Pisa, a 350 chilometri di distanza. Malgrado l'aiuto che il capo dell'ufficio progetti di Marina di Pisa, l'ingegner Manlio Stiavelli, mi prestava, seguendo con scrupolosa attenzione i lavori in officina, ero costretto a fare ugualmente la spola tra Torino e Marina di Pisa, con grave dispendio di energie e di tempo.

 

A mano a mano che il lavoro procedeva, mi accorsi che l'officina mancava di esperienza e di iniziativa. Per questo dovetti affrontare e superare diversi contrasti con la direzione dello stabilimento e fui anche costretto a prendere decisioni sgradevoli, come quella di richiedere l'intervento dell'ufficio tecnico militare per far apporre il "sigillo di scarto" in parti ed elementi strutturali che obiettivamente non potevo ritenere accettabili. Mi sono poi pentito amaramente di non aver assunto allora posizioni più drastiche e di essermi sobbarcato un lavoro così difficile, duro ed incompreso.

 

Comunque il prototipo fece il suo primo volo il 26 febbraio 1937, nel giorno del mio trentaquattresimo compleanno. Il pilota era De Briganti, un eccellente tecnico e un famoso idrovolantista. L'aeroplano si comportò molto bene, io già pensavo alle possibili varianti e ai miglioramenti che avrei potuto apportare al velivolo, quando una dimostrazione di volo alla presenza delle autorità pisane si concluse in tragedia: De Briganti, dopo varie evoluzioni, eseguì una picchiata a bassa quota e l'apparecchio si schiantò al suolo. La notizia giunse a Torino nelle prime ore del pomeriggio: ne rimasi fulminato. Per la prima volta, nel mio settennale lavoro di progettista, uno dei miei aeroplani era stato oggetto di un incidente mortale. La mia sicurezza era scossa, mi sentivo colpevole dell'immatura fine dell'amico De Briganti e un pensiero fisso mi torturava l'anima: dove avevo sbagliato? Meglio, molto meglio lasciare tutto e cambiar mestiere!

 

La tragedia mi aveva costernato. Le responsabilità del progettista aeronautico sono tremende; ero tanto sconvolto che non sapevo darmi pace.

 

Il senatore Agnelli, comprendendo il mio stato d'animo, volle vedermi prima che partissi per Marina di Pisa e, come sempre, seppe trovare le parole giuste. Battendomi affettuosamente una mano sulla spalla mi disse: "Sono cose che debbono succedere a chi crea e lavora. Ora l'importante è che lei riesca a comprendere le cause dell'incidente".

 

Passai giorni dolorosi con i tecnici militari nell'esame dei resti dell'apparecchio, mentre sempre più mi convincevo che la tragedia non sarebbe accaduta se avessi potuto seguire da vicino la costruzione del velivolo e le prove.

 

Scartate le varie ipotesi che riguardavano il motore, rimase come probabile causa un flutter di alettoni. Per intenderci, si dirà che si tratta di una oscillazione instabile dovuta all'interazione fra le forze aerodinamiche e quelle aeroelastiche, proprie dell'inerzia di qualsiasi parte strutturale di un aeroplano. E un fenomeno che allora era poco conosciuto. Dopo un attento studio vi rimediai provvedendo all'equilibramento dinamico degli alettoni.

 

Le prove di volo ripresero sul campo di S. Giusto. Pilota collaudatore era Guerra, già colonnello dell'aeronautica militare e le prove vennero ultimate in pochi mesi.

 

Ovviamente questo incidente aveva suscitato un'atmosfera di sospetto ancora maggiore verso il caccia monoplano. Vivevamo in tensione, quando, nel corso delle prove di uno dei prototipi, il pilota notò che subito dopo il decollo, non appena il carrello era completamente rientrato, si manifestavano sulla pedaliera alcuni scuotimenti che inspiegabilmente cessavano dopo alcuni secondi. Non sapevamo spiegarci il fenomeno che tendevamo ad attribuire al timone di direzione o alla deriva. Per quante ispezioni e verifiche facessimo non si riusciva a trovare la causa, ma durante uno dei voli di prova il pilota osservò che azionando il freno delle ruote subito dopo il decollo gli scuotimenti cessavano. Ebbi allora l'idea che il fenomeno avesse origine nello sbilanciamento delle ruote, le quali una volta rientrate, ancora in rapida rotazione nel loro abitacolo posto sotto la fusoliera, producevano notevoli sollecitazioni dinamiche. La verifica del bilanciamento delle ruote fu subito eseguita e confermò che queste erano fortemente sbilanciate. Il fenomeno non sarebbe avvenuto se fossero state eseguite le prove preventive come prescritto.

 

La produzione del G.50 proseguì regolarmente su due linee, una a Marina di Pisa, una all'Aeronautica d'Italia in varie versioni, denominate G.so bis, G.50 ter e G.5oB (biposto).

 

Ne furono costruiti 740 e vennero impiegati in Spagna, in Finlandia, in Belgio, in Africa, in Grecia, oltre che in Italia. La Finlandia acquistò 50 esemplari e nel corso delle trattative inviò a Roma un suo esperto pilota: il giovanissimo tenente Tapani Harmaja, unragazzo biondo dal viso di fanciullo, pieno di entusiasmo e di ardimento. Stava a Monte Celio, presso il campo sperimentale dell'Aeronautica militare, per poter provare l'apparecchio con comodità in tutte le condizioni di volo e di impiego. Un giorno, il 14 novembre 1939, alla fine delle prove, che erano state più che soddisfacenti, si portò in alta quota e mise l'apparecchio in picchiata, in candela; raggiunta una certa velocità avvertì forti vibrazioni provenienti dalla coda. La tela che copriva parzialmente il timone di direzione si era strappata in lunghe strisce che sventolavano come bandiere impazzite. Tapani Harmaja si rese conto di quello che era successo, mise l'apparecchio in assetto di volo orizzontale e con calma, manovrando gli alettoni atterrò perfettamente.

 

La prova era stata veramente severa, fuori dei limiti di velocità consentiti; infatti dai valori rilevati dalle registrazioni di bordo potemmo constatare che nella picchiata aveva raggiunto la velocità di 840 km orari. Questi dati, redatti dal mio ufficio e raccolti in una apposita brochure, furono consegnati al pilota finlandese ed egli, noncurante del pericolo che aveva corso, si gloriava del risultato raggiunto. In realtà noi della FIAT avevamo di che essere soddisfatti; la macchina aveva dimostrato un'eccezionale robustezza. Durante la guerra Tapani Harmaja cadde in combattimento col suo G.50. Io lo appresi, a guerra finita, dai suoi genitori che mi fecero chiedere, attraverso canali militari, una copia della relazione di calcolo sulla spettacolare picchiata di Monte Celio della quale il figlio aveva sempre parlato con fierezza.

 

Negli anni successivi lo Stato Maggiore italiano si accorse finalmente che il motore stellare raffreddato ad aria come l'A.74 non consentiva di raggiungere le velocità necessarie e si orientò su un motore raffreddato a liquido, di maggiore potenza, aderendo così alle idee che in Germania e in Inghilterra avevano portato alla produzione dei Messerschmitt, degli Hurricane e dello Spitfire. Fu chiesto alla FIAT di modificare un G.50 per montarvi il motore tedesco installato sui Messerschmitt: il Daimler-Benz coi da 1.050 CV in quota; nacque il G.50v, un aeroplano di prova che fu utile per affrontare i problemi connessi con l'installazione dell'armamento e dell'impianto di raffreddamento. Era evidentemente il preludio alla richiesta, che venne immediatamente dopo, di progettare un aeroplano da caccia dotato di quel motore e con caratteristiche di protezione molto più avanzate del G.50.

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  • 2 mesi dopo...

Bellissima e completa monografia, Grazie Galland.

 

Per quanto io possa documentarmi non riuscirò mai conoscere tutti gli aspetti di quegli anni ma grazie alle monografie tue e degli altri componenti del forum riesco a conoscere e comprendere quadri che altrimenti rimarrebbero incompleti.

 

Grazie a tutti

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  • 2 settimane dopo...
Ospite intruder
per l'articolo: ottimo come sempre ,complimenti galland :adorazione::adorazione::adorazione::adorazione:

per il mezzo:un buon aereo ma secondo me soffriva dll'insufficenza tipica fra gli aerei italiani era sottarmata.

 

Ho letto come molti piloti inglesi si lamentassero anche delle .303 dei loro Spit, non sempre all'altezza, pare. Forse più che un problema di sottoarmamento, che c'era, i caccia italiani soffrivano di carenza di idee, di volontà di migliorare i modelli esistenti, ma qui, ribadisco, bisognerebbe aprire un topic apposito. Mi piacerebbe lo facsse Galland, ha i titoli per proporre una discussione...

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Forse più che un problema di sottoarmamento, che c'era, i caccia italiani soffrivano di carenza di idee, di volontà di migliorare i modelli esistenti, ma qui, ribadisco, bisognerebbe aprire un topic apposito. Mi piacerebbe lo facsse Galland, ha i titoli per proporre una discussione...

esiste già una discussione riguradante queste faccende :D

 

in ogni caso, ottima monografia come sempre... bravo Blue!!!

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Ospite intruder
esiste già una discussione riguradante queste faccende :D

 

in ogni caso, ottima monografia come sempre... bravo Blue!!!

 

Questa, a dire il vero, è di Galland... mi sono perso qualcosa?

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  • 1 mese dopo...

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