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  1. btw, lo stesso Powers probabilmente andò vicino ad essere abbattuto da un Su-9 quel 1° Maggio, prima che vi riuscissero i missili terra-aria 'Dvinà'. Documenti rilasciati dagli archivi dopo la dissoluzione dell'URSS hanno permesso di apprendere che almeno due MiG-19 del Reggimento N. 356 del P.V.O. erano stati spostati dalla base di Pern a quella di Koltsovo, in pratica la parte strettamente militare dell'aeroporto di Sverdlovsk - il reparto era il medesimo che il precedente 9 Aprile aveva tentato senza successo l'intercettazione di un altro U-2 (Missione 4155, pilota CIA Robert 'Bob' Ericsson). Quel giorno i MiG-19 non avevano potuto fare alcunchè per via di una serie di ritardi e pasticci a livelli di catena di comando (una cosa fin troppo normale, considerati il modo di operare e la mentalità spaventosamente monolitica imperante nel mondo Sovietico all'epoca), ma sul medesimo piazzale stavano anche due intercettori Sukhoi-9 di un'altra unità che stava transitando dai MiG-19 ai Su-9. I piloti di questi ultimi non erano ancora all'altezza di imprese così impegnative, e probabilmente fecero fin troppo - una volta spostati frettolosamente i missili dai MiG ai Sukhoi, il primo di questi decollò ma i controllori GCI sbagliarono alcune fasi della procedura di guida da terra, e il pilota non riuscì a realizzare nulla. Il secondo pilota, Capt. Darashenko da circa 17.500 metri di quota riuscì a vedere abbastanza bene per qualche secondo l'U-2, ma non potè terminare nel corretto modo la 'zoom climb' che gli avrebbe permesso di guadagnare almeno gli altri 3 Km. di quota necessari per un lancio di missili aria-aria. I due Su-9 tornarono a Sverdlovsk, lo stesso fecero i due MiG-19 che proprio allora arrivavano lì da Omsk - ma uno di essi si schiantò in atterraggio, uccidendo il pilota Vladimir Korchevskyi. Tutto questo, il 9 Aprile. Poi il fatidico 1° Maggio 1960 una cosa simile si ripetè, con Su-9 e MiG-19 che decollavano in mezzo a non poca confusione; due MiG vennero riforniti in fretta e furia, mentre due Su-9 erano lì a Sverdlovsk solo perchè facevano tappa da un volo di trasferimento da Novosibirsk (dove la ditta Sukhoi li costruiva) alla Bielorussia. Tali erano frenesia e paranoia da parte sovietica quella mattina, che il Gen. Yuri Vovk in persona ordinò al Capt. Igor Mentyukov di decollare con il suo Su-9 disarmato e senza indossare alcun tipo di tuta stratosferica... non ce n'era tempo - bisognava, se necessario, investire fisicamente e distruggere il maledetto U-2 che da troppi mesi menava tutti per il naso. Cosciente di fare una brutta fine se la cabina di depressurizzava a quote stratosferiche, Mentyukov partì e fu vettorato splendidamente (per una volta tanto) dal GCI di terra, che gli annunciò '...sei a soli 26 Km. dall'intruso' mentre lui superava i 19.800 metri di quota. Ma ovviamente era troppo aspettarsi che da terra apprezzassero un pò di iniziativa personale, così gli arrivò anche un altro ordine - togliere il postbruciatore, categoricamente e senza protestare. Dovette obbedire, e il Su-9 cominciò lentamente a discendere... proprio mentre superava dal basso l'U-2 (tuttavia senza vederlo direttamente). Mentyukov si sentì ancora rimproverare di aver superato l'intruso, e che ormai tutti i parametri per una riuscita intercettazione erano andati a quel paese (magari chissà, avranno pensato che uno così era un perfetto incapace e buono per un qualche gulag.. mica da stupirsi) dopodichè dovette prepararsi per atterrare. Due MiG-19 partirono a loro volta, ma uno fu poi abbattuto per errore dagli stessi missili S-75 che qualche minuto dopo abbatterono Powers - il pilota, Sergei Safronov si eiettò ma arrivò a terra deceduto.
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  2. Anche se non se ne parla in pubblicazioni che trattano saltuariamente l'impiego dell'aereo senza eccessivi dettagli, bisogna dire che nel ristretto arco temporale di qualche mese prima del fatale volo di Powers era già andata abbastanza bene a più di un pilota di U-2C, mentre si trovava in missione sull'URSS. Alcuni Su-11 e MiG-19 pilotati da gente risoluta, erano riusciti a azzeccare traiettorie balistiche con angoli di rampa e tempismi che li avevano portati a distanza di tutto rispetto dal ricognitore; la seconda arma di difesa dell'U-2 dopo la quota operativa, cioè la verniciatura scurissima, era sì efficace ma non rendeva l'aereo invisibile contro lo sfondo del cielo - rapporti di piloti del P.V.O. citano di come si poteva discernere il nemico, dal basso, in talune condizioni. Alcuni piloti CIA pensavano seriamente già nella primavera 1960, che l'invulnerabilità dell'U-2 non poteva durare più di tanto (e senza che entrasse in ballo il discorso dei missili S-75, rudimentali se vogliamo ma comunque pericolosi). Dal canto loro questi stessi piloti trovavano... 'cool' (* e vorrei vedere, cavolo...) il poter discernere bene, da qualche chilometro più in alto tramite il loro periscopio, quella macchiolina biancastra che era il casco pressurizzato del pilota Sovietico (!!!) all'interno della cabina di un caccia Sukhoi o MiG. Oppure, se l'inseguimento avveniva sullo sfondo di un terreno non innevato (o se non c'era più in basso un mare di nuvole), si vedevano bene le scie di condensa dei caccia che salivano verso l'U-2 cercando una zoomata che permettesse loro un lancio fortunato di missili - in alcuni casi si vociferava anche di intenzioni suicide del pilota sovietico, che tentasse una collisione in volo. Il pilota intercettore poteva anche rischiare di stallare a quelle quote mortali e precipitare in vite disordinata senza più speranza di riprendersi, ma possiamo figurarci l'americano come doveva sentirsi chiuso in una tuta del tipo 'Partial Pressure' MC-3 - stretta senza pietà, attillata come una muta da sub, e inzuppata di sudore freddo (alcuni voli di 10-11 ore potevano causare una perdita di peso anche di Kg. 1,5 - 1,8 sembra incredibile, ma accadeva). Con quello scomodissimo tipo di casco dotato di piastra facciale integrale sovente appannata, piena di rifrazioni per le decine di sottilissimi fili elettrici del 'lunotto termico' di sbrinamento, privo di visore scuro antiabbagliamento (e ovviamente senza possibilità alcuna di indossare occhiali da sole) e la gola che bruciava dall'ossigeno respirato puro al 100% per ore e ore, il pilota di U-2 doveva anche cercare di non ammazzarsi anzitempo - cosa che sarebbe accaduta uscendo dal cosiddetto 'angolo della bara' (wow..), quella particolare e pericolosissima condizione di volo dove la velocità-limite di robustezza strutturale andava quasi ad incontrare la velocità di stallo, nientemeno, in talune manovre nell'aria rarefatta dei 21.000 metri. I margini di stallo erano incredibilmente esigui, e la concentrazione doveva rimanere a livelli altissimi. Aggiungiamo a tutto questo la mancanza, per qualche tempo, di un vero seggiolino eiettabile - e la titubanza dei piloti a usare in emergenza quello eiettabile, una volta installato, per via di taluni brutti 'scherzi' che poteva giocare se usato in determinate condizioni di assetto e di accelerazioni subìte. Powers quel 1° Maggio 1960 scelse di uscire, semplicemente (si fa per dire) dal cockpit dell'U-2C sganciando le cinture di sicurezza del seggiolino e lanciandosi nel vuoto, senza affidarsi all'eiezione vera e propria. Roba da distribuire a ciascuno di loro un'intera manciata di medaglie al merito, per il solo fatto che si offrivano volontari in quelle condizioni operative..
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  3. Non il vero U-2 originale, ma ho visto volare dal vivo i TR-1 in numero quasi... da stufare . Nel 1988 alla base di Alconbury, England, potevo togliermi la voglia di TR-1 e fotografarli da fuori dalla base in una qualunque giornata operativa. Possiedo ancora tante diapositive fatte con la massima tranquillità, il concetto di quelle aviazioni era (perlomeno all'epoca, oggi non saprei): tutto ciò che vola e viene inevitabilmente visto da tutti ogni giorno, è anche fotografabile da tutti in qualsiasi giorno. Con un teleobiettivo da 300 mm. riuscivo a isolare la cabina di pilotaggio + una parte del muso... ricordo che in proiezione, si poteva distinguere il tipo di casco del pilota - erano i caschi standard da pilota di caccia, quelli 'alleggeriti' color grigio (ovviamente in addestramento di "touch and go" vestivano come qualunque altro pilota). E ricordo in particolare una sera di Agosto del 1988 nel campeggio vicino all'omonimo paesino di Alconbury: un TR-1 avrà fatto almeno dieci 'tocca e vai', in continuazione, mentre 7.000 metri più in alto (visibilissimo a occhio nudo) un KC-135 riforniva alcuni caccia.
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