
Chi immaginava che la cacciata degli americani dall’Indocina avrebbe portato la pace da quelle parti, fu rapidamente deluso. La nascita alle sue frontiere meridionali di un Vietnam forte e riunificato, geloso della propria indipendenza e potenzialmente in grado di ricoprire un ruolo egemone nella penisola indocinese, destava nella Cina riflessi nazionalistici e preoccupazioni di tipo strategico. Era stata proprio la "dottrina Nixon" di disimpegno dal Vietnam, enunciata nel Luglio 1969, a suscitare nei dirigenti cinesi il timore di un allargamento della sfera d'influenza sovietica nel Sud-Est asiatico.
Isolata diplomaticamente e debole militarmente, la Cina aveva scelto di avvicinarsi agli Stati Uniti, superpotenza percepita come "declinante", nel timore che l'URSS, superpotenza in ascesa, potesse risultare in breve tempo l'unica potenza "egemone". La "dottrina Brezhnev" ventilava, un mese prima, nel Giugno 1969 l'ipotesi della formazione di un sistema di sicurezza collettivo in Asia patrocinato dai Sovietici, tanto da far paventare a Pechino una minaccia militare sovietica che dalle frontiere nord e nord-occidentali (nel Marzo ed Agosto 1969 vi erano stati gli incidenti militari sull'Ussuri e alla frontiera del Sinkiang) avrebbe potuto facilmente estendersi a quelle meridionali. Il processo di apertura al campo occidentale, avviato per iniziativa di Mao Tse-tung, portava alla Cina il riconoscimento da parte degli Stati Uniti nel 1971 e la rottura dell'isolamento internazionale con l'ingresso nelle Nazioni Unite. Dopo la visita del presidente Nixon a Pechino, nel Febbraio 1972, il fossato che separava Cina ed Unione Sovietica veniva allargato in modo decisivo dal Decimo Congresso del PCC, dove Chu En-lai, nell'Agosto 1973, condannava il "social-imperialismo" sovietico e definiva l'URSS il nemico principale della pace mondiale.

La conquista nord-vietnamita di Saigon nell’Aprile 1975 non suscitava dunque entusiasmo a Pechino. L'esercito rivoluzionario, forte di uomini, entrava in possesso del ricco arsenale sud-vietnamita, disponendo in questo modo di un notevole potenziale bellico. Il sospetto che da parte sovietica si volesse fare del Vietnam l'avamposto sud-orientale del proprio dispositivo strategico veniva suffragato dall'arrivo ad Hanoi, in Maggio, di una delegazione militare sovietica. Da parte cinese veniva denunciato immediatamente il tentativo di Mosca di ottenere dai vietnamiti la disponibilità delle basi navali ed aeree di Tan Son Nut, Cam Ranh e Da Nang, abbandonate dagli americani. Se pressioni ci furono, va ugualmente sottolineato come Hanoi vi abbia resistito per quattro anni, prima di cedervi sotto l'accresciuta minaccia militare cinese.

Truppe cinesi attraversano il confine vietnamita
Sottoposto alle richieste di un maggior coinvolgimento nel sistema sovietico, il Vietnam riceveva nel contempo da Pechino sollecitazioni sempre più forti a raggiungere il campo opposto. Pur mantenendo un atteggiamento equidistante, i dirigenti vietnamiti non facevano mistero di non condividere la linea filo-statunitense intrapresa da Pechino, mentre riconoscevano all'URSS il merito di aver sostenuto la lotta del Vietnam per l'indipendenza dall'imperialismo americano. Un fattore decisivo nelle scelte politiche di Hanoi fu determinato dalla cessazione degli aiuti economici che precedentemente la Cina aveva assicurato al Vietnam in guerra. In assenza di aiuti provenienti dai Paesi occidentali o filo-americani, il Vietnam si volse necessariamente verso l'Unione Sovietica.
Le relazioni cino-vietnamite subirono dunque un processo di deterioramento sotto la spinta di fattori politici e strategici che avevano dimensioni mondiali. Contestualmente, il rapporto fra cinesi e vietnamiti poggiava su un terreno storicamente accidentato. Il costituirsi nella penisola indocinese di uno Stato vietnamita unitario e diretto da una leadership che si rafforzava all'interno rappresentava un pericolo che la Cina nel corso dei secoli aveva costantemente avvertito.

Soldati vietnamiti
Le relazioni fra i due Paesi deteriorarono rapidamente a causa dell’adesione di Hanoi al Comecon: l’Agenzia Nuova Cina accusò Hanoi di aver imboccato la strada che l’avrebbe portata a diventare la “Cuba asiatica”; nel frattempo, le tensioni sfociarono in frequenti incidenti di frontiera.