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FIAT BR.20M "Cicogna"


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Fiat BR.20M «Cicogna»

 

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Nel settembre 1934 la Regia Aeronautica, allineata a quanto accadeva nelle altre nazioni, emise un bando di concorso per un bombardiere medio terrestre, diurno e notturno, con velocità massima di 385 km/h a 4.500 m (poi elevati a 420 km/ h), raggio d’azione di 1.000 km, carico bellico di 1.200 kg e tre postazioni difensive per mitragliatrici (anteriore, dorsale e ventrale), carrello retrattile e coefficiente di robustezza 8.

A questa specifica risposero la Breda con il Ba.82, la Caproni con il Ca. 135, i CRDA con il Cant.Z.1011 (e, fuori concorso, il Cant.Z.1007), la FIAT con il BR.20 ed il BGA, la Piaggio con il P.32 e derivati e la Macchi con i C.91 e C.97. La SIAI-Marchetti non partecipò direttamente al concorso, ma vi si unì poi con l’S.79K trimotore e l’S.79B bimotore.

Come spesso accadeva in questi casi, la Regia Aeronautica finì per adottare in grande numero i due «outsiders» S.79K/M «Sparviero» e Cant.Z.1007 bis «Alcione» ma anche il BR.20 (battezzato «Cicogna» durante la guerra civile spagnola), che tra i progetti presentati al concorso era risultato il migliore, fu acquistato in diverse centinaia di esemplari, quantitativo notevole per una aereo della Regia Aeronautica.

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L'Evoluzione

 

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L’evoluzione del BR.20 è stata piuttosto semplice: un primo prototipo MM.274 poté volare il 10 febbraio 1936 a Torino, con il collaudatore Enrico Rolandi. Trasferito a Guidonia, l’aereo è giudicato assai favorevolmente dai piloti del Centro Sperimentale. E’ apprezzata la soluzione costruttiva che ne fa una macchina di notevole robustezza, le prestazioni ed il comportamento di volo, la completezza delle installazioni interne. Anche le prove di tiro, sul poligono di Furbara, danno risultati di notevole rilievo. Da 4.500 metri di quota, si riesce a piazzare una bomba a soli 11 metri dal bersaglio. Anche se questi tiri sono eseguiti in condizioni non belliche e con equipaggi molto selezionati, i risultati indicano l’efficienza del sistema di puntamento e la perfetta fuoriuscita e caduta del carico offensivo. Fu subito ordinata una Serie di 20 esemplari, consegnati tra l’ottobre 1936 ed il febbraio 1937, a seguito della positiva valutazione effettuata presso il 1°Centro Sperimentale di Guidonia e sul poligono di Furbara (Roma). La sperimentazione operativa fu subito affidata ai reparti, inizialmente il 7° ed il 13° Stormo, ricostituiti «ad hoc» sull’aeroporto di Lonate Pozzolo (Varese, nell’area dell’attuale Malpensa).

Mentre la produzione veniva concentrata su un cospicuo ordine da parte dell’Esercito Imperiale giapponese che ne richiese un totale di 82 unità, la prima esperienza operativa con equipaggi italiani si ebbe in Spagna, dove i «Cicogna» servirono onestamente con la 230a e la 231a Squadriglia del 35° Gruppo, 21° Stormo, dell’Aviazione Legionaria. Bisogna dire che i risultati e le valutazioni degli equipaggi giapponesi ed italiani furono contrastanti. I primi dichiararono che il BR.20 era goffo, vulnerabile al fuoco nemico (anche se, in effetti, i suoi serbatoi di carburante erano protetti e la struttura in tubi d’acciaio in genere era la più adatta ad incassare i colpi), facile all’incendio a causa del rivestimento in tela di gran parte delle superfici, il suo raggio d’azione era scarso ed il suo comportamento in decollo ed atterraggio pericoloso per la tendenza ad imbardare (il che era vero). Gli italiani, invece, hanno sempre appuntato la maggior parte delle critiche sul motore che aveva scarsa potenza, poca affidabilità di funzionamento ed un’inaccettabile produzione di vibrazioni; per contro gli specialisti giudicavano la sua manutenzione piuttosto agevole. Il secondo maggior problema era causato dall’installazione delle armi di bordo: la buona efficacia delle Breda-SAFAT da 7,7 mm era infatti frustrata dai frequenti inceppamenti delle torrette ad azionamento servoassistito e manuale, senz’altro peggiori degli analoghi tipi stranieri. Infine, le imbardate in decollo e le «scassate» in atterraggio erano, effettivamente, frequenti ma lo erano talmente anche con altri tipi di aerei che gli equipaggi finivano per considerare normali. Alcuni problemi tecnici furono causati dalle vibrazioni indotte dal motore che provocavano la schiodatura dei rivetti ad andamento rettilineo, così come nella struttura alare si presentarono fenomeni di «flutter» a causa dell’ampia superficie rivestita in tela e cedimenti di centine. A tutto ciò, ed ai problemi di brandeggio della torretta dorsale, fu posto rimedio già durante la produzione delle prime serie del BR.20 che, infatti, passarono ad una postazione dorsale con arma singola da 12,7 mm (in sostituzione delle due 7,7 mm originali), ma la FIAT si rese conto che il periodo sperimentale era troppo breve e che si sarebbe dovuti passare ad una seconda versione, parzialmente riprogettata, designata BR.20M (M per Modificato). Il passaggio dal BR.20 al BR.20M comportò una serie di modifiche, tutt’altro che sostanziali, la più appariscente delle quali era il nuovo disegno della prua, allungata di qualche decina di centrimetri, più avviata aerodinamicamente e con nuove vetrature per la visibilità del puntatore. La torretta FIAT H cedeva il posto ad una Breda R. Fu modificato anche il cono di coda in lamiera d’alluminio in modo da carenare il ruotino e raccordarlo alla fusoliera con una piccola chiglia. Nel corso della produzione, poi, furono standardizzate alcune modifiche già comparse negli «interventi straordinari» sulle serie precedenti. In particolare si lavorò sull’ala anche se di queste modifiche si parlò poco (forse per non insistere sui difetti del progetto originale): questa, infatti, aveva dimostrato una deformazione aeroelastica superiore a quella richiesta dalla Regia Aeronautica, alla quale la FIAT pose rimedio rivestendo l’estremità in alluminio: inoltre furono irrobustite le centine per evitare rotture e deformazioni e fu standardizzata la chiodatura a «Z» introdotta già sul BR.20. Nonostante ciò, la discontinuità nel rivestimento alare creata dal passaggio dalla tela alla lamiera finì per rendere ancora più sensibile il «flutter» delle estremità durante il volo in atmosfera molto turbolenta. Fu migliorato il funzionamento della torretta «a mandibola» e, nel corso delle varie serie, apparve una torretta dorsale Caproni-Lanciani «Delta» in sostituzione della FIAT M.1. una carenatura dell’antenna del radiogoniometro, coprimozzo delle eliche, ogive, ecc. Il nuovo muso ed il nuovo cono di coda furono applicati all’MM.21908 (NC.99, Serie VIII) che, così modificato, fu collaudato da Enrico Rolandi, sempre sull’aeroporto Torino-Aeritalia, nel 1939. Dal BR20M, a parte adattamenti a specifici impieghi o teatri, fu derivata solo un’ulteriore versione, il BR.20 bis, descritta più avanti. Per l’impiego africano furono montati filtri alla presa d’aria dei carburatori ed al radiatore dell’olio, mentre gli aerei destinati alla ricognizione avevano un portello in più sul lato sinistro della fusoliera ed un ulteriore finestrino su quello destro. Il BR.20M risultava più lungo di 53 cm e più pesante di circa 350 kg, presentando così un inevitabile degradamento delle prestazioni, sia pure non sensibile.

Per impieghi particolari furono allestiti diversi aerei: quattro BR.20M/VSV assegnati nel maggio 1941 alla Scuola Volo Senza Visibilità di Milano-Linate, dotati di ricevitore Bake-Lorentz per atterraggio strumentale e con sistemi antighiaccio per eliche e carburatori; BR.20 scuola, modificati nella strumentazione per addestrare i futuri equipaggi di Dornier Do. 217, assegnati al Nucleo Addestramento di Treviso; due BR.20 assegnati alla Sezione Aerofotogrammetrica di Roma-Centocelle (al posto della postazione difensiva ventrale, montavano quattro macchine fotopanoramiche Santoni); un BR.20 con muso carenato ed un BR.20M disarmato furono assegnati al Comando Servizi Aerei Speciali ed un BR.20M venne dotato di un sistema di radio-comando Salmoiraghi nel quadro della messa a punto del bombardiere teleguidato Ambrosini AR.4. Un prototipo estesamente modificato, con la designazione di BR.20C, fu realizzato dall’Agusta nel 1943; il muso fu interamente ridisegnato con l’installazione di un cannone da 37 mm e, probabilmente per ragioni di baricentro, fu installato un carrello triciclo, primo plurimotore italiano moderno a seguire questa formula, in Italia guardata a lungo con diffidenza. Le notizie su questa conversione sono quasi nulle: si sa che la stessa versione sia stata provata a terra ed in volo ma non ci sono resoconti dettagliati in merito. Abbastanza estesamente modificato fu il BR.20bis. Poiché la principale lacuna del BR.20 e BR.20M era costituita dalla scarsa potenza ed inaffidabilità del motore, nel 1942, esauritesi le commesse per il BR.20M, la FIAT progettò il BR.20bis, una versione estesamente aggiornata, ma tuttavia a «basso rischio», nella quale il suffisso bis stava ad indicare la sostituzione dei motori, che diventavano due A.82 RC.42S da 1.092 cv al decollo e 1.250 cv a 4.200 m. Secondo alcune fonti il prototipo, MM.456, era già stato costruito nel 1940-41 ed inizialmente collaudato con motori A.80. In ogni caso, la configurazione definitiva con motori A.82 volò nel 1942, forse nella primavera e probabilmente sempre con Enrico Rolandi. A parte l’installazione dei motori che comportavano nuove capottature (del tipo NACA «bugnato»), eliche di diverso tipo ed ogive, la cellula era ridisegnata, pur mantenendo inalterata la struttura di base e la costruzione mista. Il muso, più lungo, era interamente vetrato ed ospitava una mitragliatrice brandeggiabile a mano e la stiva bombe terminava in una vetratura senza più la torretta a mandibola, sostituita da due postazioni laterali di scuola tedesca; la torretta dorsale, che sul prototipo era una Lanciani «Delta» fu poi sostituita da una Breda V. Globalmente il BR.20bis era più lungo del BR.20M di 51 cm ed anche l’ala aveva apertura maggiorata di circa 23 cm, portando la superficie a 75 mq. Il ruotino di coda era retrattile a scomparsa. Sull’MM.456 la parte posteriore della fusoliera, i piani di coda e gran parte dell’ala erano ancora rivestiti in tela. L’ultima modifica della quale siamo a conoscenza, riguarda i pneumatici dei semi-carrelli principali di sezione maggiorata. Con peso a vuoto di 7.500 kg. (pieno carico kg. 11.500), la velocità massima è di 460 km/h., la salita a 4.000 metri richiede 10’ e 10”, la tangenza è a mt. 9.200. Il BR.20bis fu giudicato inferiore al suo concorrente Cant.Z. 1018 «Leone» e ne fu ordinata soltanto una serie di 15 esemplari (MM.24381- 24395) che fu completata tra il marzo ed il luglio 1943 (ci sono fonti che dicono che in realtà la prima serie non fu completata ed altre che invece sostengono che ne fosse in completamento una seconda poi «rilevata» dalla Luftwaffe o dall’ANR dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 in quanto, in una foto scattata dopo il bombardamento delle officine FIAT dell' aprile 1944, si vedono chiaramente tre BR.20bis distrutti; questa seconda serie sarebbe stata di 12 esemplari). Come abbiamo visto, oltre ai BR.20M di nuova produzione, la R.A. stabilì che, in occasione delle grandi revisioni, la FIAT e la CANSA dovessero convertire anche i precedenti BR.20 al nuovo standard. Le macchine di prima linea quindi, al momento dell’entrata in guerra dell’Italia, dovevano essere tutte della nuova versione ma, poiché è impossibile discriminarle (anche conoscendo MM ed NC) relativamente all’impiego si considerano tutti i «Cicogna» come BR.20M.

 

 

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Il Fiat BR.20 MM.274, il più riuscito tra sei prototipi bimotori da bombardamento

 

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Il BR.20A MM.21241 partecipa alla corsa Istres-Damasco come I-8 (nominativo radio I-ROBO).

La MM.21242 corre invece come I-10 (I-GAQU).

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Impiego Operativo Cap.1°

 

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Nella primavera del 1937 sono approntati due esemplari speciali (BR.20A) per affrontare voli su grandi distanze. Il muso dell’aereo è completamente ridisegnato, abolito l’armamento e la lunga gondola ventrale, mentre i serbatoi per il carburante sono portati da sei a dieci, colla possibilità di contenere 7.700 litri in luogo degli originali 3.620. La velocità massima si mantiene nell’ordine dei 435 km/h. Il 20 agosto 1937, la tratta Istres-Damasco (2.921 km.) è percorsa dal BR.20A I-ROBO, pilotato da Rolandi e Bonini, a 399 km/h. di media: si piazza così al 6° posto, mentre il 7° è appannaggio del BR.20A I-GAQU di Gaeta e Questa, con media di 382 km/h. La tratta Damasco-Parigi è interrotta da entrambi i velivoli per noie ai motori. Mentre l’I-ROBO atterra a Ronchi dei Legionari, l’I-GAQU compie un atterraggio di fortuna sulla Punta Sabbioni, dinanzi a Venezia.

Nel giugno 1937 il primo BR.20 è trasferito in Libia ed assegnato al 14° stormo, sull’aeroporto di Benina (Cirenaica): a questo ciclo di valutazione in ambiente africano, partecipano altri due esemplari, poco dopo assegnati al 13° stormo di Castel Benito (Tripolitania). Contemporaneamente ha luogo il trasferimento di alcuni BR.20 per « nota destinazione »: questa dicitura, nei documenti ufficiali dell’epoca, riguarda i velivoli della Regia Aeronautica che affluiscono in Spagna, nell’ambito di quel ciclo operativo. La prassi è la solita, trasferimento alle Baleari indi volo alla base operativa in territorio metropolitano spagnolo. Sei BR.20 giungono sull'aeroporto di Tablada (Siviglia) ove il primo di loro dà una clamorosa seppur involontaria prova di robustezza. Per una piantata di motore nella fase critica di atterraggio, l’aereo arriva corto e falcia le chiome di un aranceto ai confini dell’aeroporto. Nonostante gli ostacoli, l’aereo riesce ad entrare in campo ed a terminar la corsa regolarmente: tutto il danno si è limitato a vistose ammaccature sul bordo d’entrata alare. Il 4 settembre 1937 i BR.20 si portano sull’aeroporto di Soria, per operare nella regione del fiume Ebro, quì la squadriglia del cap. Nello Brambilla, si affianca ai Breda Ba.65 del cap. Duilio Fanali. Le due squadriglie (230a e 231a) costituiscono il 35° gruppo autonomo da bombardamento veloce, comandato dal ten. col. Sergio Lalatta. Già a Tablada, per portare da 12 a 60 le bombe di 12 kg. trasportabili dal BR.20, Lalatta e Brambilla hanno fatto realizzare speciali tramogge, contenenti ognuna 5 ordigni. Il 26 novembre, il reparto si trasferisce a Tudela da dove i BR.20 entrano in piena attività operativa: comincia un velivolo per la missione del 28 novembre, tutti e sei gli aerei per quella effettuata il 5 dicembre. Nella prima decade del gennaio 1938 i BR.20 prendono parte alle massicce azioni a sostegno dei difensori di Teruel. Dopo la caduta di questo centro, le operazioni sul settore continuano intense nonostante il perdurare di condizioni meteorologiche avverse nelle quali peraltro i velivoli dimostrano grandi doti di stabilità. Le missioni sono generalmente compiute da medie quote, ove la caccia nemica risulta meno veloce di questi bimotori e l’unico pericolo è la contraerea, solitamente ben manovrata. La prima perdita di un BR.20 è comunque dovuta ad una collisione a terra, sull’aeroporto di Tudela. Fino al maggio 1938, nei primi nove mesi d’impiego, questi aerei hanno effettuato 267 azioni con 2.052 ore di volo e lo sgancio di circa 580 tonnellate di bombe e spezzoni. Dal maggio, i BR.20 partecipano alle prime avvisaglie di quella che è chiamata « battaglia dell’Ebro ». Il 4 giugno, essi si trasferiscono a Puig Moreno, ove il 19 luglio sono raggiunti da altri 7 velivoli provenienti dall’Italia e già del 7° stormo. Si può costituire una seconda squadriglia ed il 21 luglio 10 BR.20 sono in azione su Segorbe e Vivér (Valenza). Il 25 luglio la missione è molto più a nord, sul fiume Ebro, ed ha per obiettivo i ponti di Flix. Un colpo di contraerea da 75 mm. colpisce gravemente il velivolo del cap. Lamberto Fruttini, uccidendo il serg. magg. motorista Ceruti. Fruttini ordina ad altri quattro componenti l’equipaggio di lanciarsi e tenta il rientro aiutato dal maresc. pil. Arnaldo Moro, rimasto volontariamente al suo fianco. Purtroppo il tentativo di questi due valorosi piloti finisce tragicamente. Il 6 agosto,

i BR.20 sono di nuovo alle prese con i ponti dell’Ebro: vi lanciano 60 bombe da 100 kg. per ritornarvi ancora il 7 ed il 12 agosto. Specialmente le « passerelle » sono di difficile identificazione e... di facile ripristino qualora non ne vengano esattamente colpiti gli elementi portanti, cioè i pochi piloni metallici di sostegno. Il 4 settembre, i BR.20 agiscono con molta efficacia sul sistema difensivo della Venta de los Campesinos, centrandovi un deposito di munizioni. Il comando del Gruppo è intanto assunto (20 settembre 1938) dal ten. col. Ugo Rampelli. Il 30 dicembre, i BR.20 sono chiamati ad un intervento che richiede la massima precisione. Puntando verso Barcellona, le truppe falangiste si sono trovate a ridosso di una ottima divisione rossa, la « Lister », che da quote dominanti, con armi automatiche e carri armati, ha buone possibilità per una energica controffensiva. Si tratta di effettuare tiri da 4.500 metri di quota, ponendo particolare attenzione ai due schieramenti che talora si fronteggiano a meno di 500 metri di distanza. L’attacco effettuato con 200 bombe da 50 kg., risolve questa delicata situazione operativa. Occupata Barcellona il 26 gennaio 1939, i BR.20 passano ad agire sui porto di Valencia. Durante un volo di prova a Puig Moreno, l’11 marzo va perduto un altro BR.20. Venti giorni dopo, con gli ultimi combattimenti per la conquista di Madrid, finisce questa terribile guerra civile. Durante i preparativi per la grande azione aerea a conseguimento della vittoria, si ha il già ricordato incidente di decollo all’SM.81 che porta alcuni Comandanti dell’Aviazione Legionana: vi muore il ten. col. Imperi che dal 31 gennaio 1939 è succeduto a Rampelli nel comando del 350 gruppo. Sull’aeroporto di Madrid-Barajas (12 maggio) sono schierati nove BR.20 che, poco dopo, al rientro del Personale in Italia, sono lasciati agli spagnoli. Vere e proprie esportazioni all’estero sono invece rappresentate da un unico velivolo acquistato nel 1938 dal Venezuela e dagli 85 esemplari venduti all’aviazione giapponese. In pratica quasi tutta la produzione del 1938 raggiunge il Giappone. I BR.20 sono impiegati operativamente in Cina, ove dal luglio 1937 all’agosto 1945 i nipponici affrontano una guerra estenuante, con grandiose conquiste territoriali, rese vane dall’immensità del territorio nemico che rimane ancora davanti. L’impiego da parte della Regia Aeronautica conferma la piena validità dell’aereo. Anche piloti con poche centinaia di ore di volo non vi trovano particolari difficoltà addestrative. L’aeroporto di Lonate Pozzolo ospita vecchi e nuovi reparti di BR.20 mentre si dà il via ad una intensa attività di volo notturno: partendo da Lonate, gli aerei si portano verso i punti più lontani della Penisola, rientrando quindi alla base lombarda. I maggiori inconvenienti sono dati dalle unità motrici, di buona potenza ma di funzionamento precario. Trattandosi di un bimotore la piantata negli assetti critici di decollo o di atterraggio, è anche qui estremamente pericolosa. Altro grave problema dei primi esemplari di serie è quello delle violente vibrazioni trasmesse dai motori alla cellula, col cedimento delle rivettature. L’inconveniente è risolto adottando nuovi schemi di chiodatura, non più ad andamento rettilineo.

Anche l’ala subisce delle modifiche per assorbire meglio le sollecitazioni dei motori ed ovviare ad alcuni fenomeni vibratori delle estremità riscontrati in condizioni meteorologiche fortemente avverse. Si riscontrano anche frequenti inefficienze nei meccanismi che consentono il brandeggio dell’armamento difensivo. Tutto quello che può esser fatto per migliorare la situazione trova applicazione nella versione

so « M », caratterizzata da un nuovo disegno del muso, più avviato di linee e con più estesi pannelli vetrati; questa versione è più lunga del tipo originale. Rimane irrisolto il problema delle unità motrici. Nella fase addestrativa precedente il conflitto, il 6 dicembre 1939 avviene un terribile incidente vicino Lucca. Nove BR.20 si stanno trasferendo ad alta quota da Lonate Pozzolo a Comiso (Ragusa). Nell’attraversare l’Appennino, la formazione si imbatte nel maltempo. Mentre i primi sei aerei riescono a passare, gli ultimi tre, di poco attardati, hanno gravi formazioni di ghiaccio che li fanno precipitare come sassi. Gli aerei si disintegrano su una zona vastissima di territorio tanto che è quasi vana la ricerca dei resti degli sfortunati equipaggi. All’inizio del 1939, sull’esperienza del precedente BR.20A, viene realizzato il BR.20L. Si tratta di un esemplare unico, allestito per un volo-primato da Roma a Addis Abeba. Dietro al record, vi è comunque l’intento di studiare i voli senza scalo tra l’Italia e l’Africa Orientale Italiana. Rispetto al predecessore, il BR. 20L « Santo Francesco » presenta muso allungato, carburante ridotto a 5.000 litri, peso massimo al decollo di 11.080 kg. (in luogo di kg. 12.795): la velocità massima è ora di 445 km/h. e si può dire che tutto sia calcolato per realizzare la media migliore sui 4.500 km. costituenti il percorso. Il bellissimo volo da Guidonia a Addis Abeba, è compiuto il 6 marzo 1939 da Maner Lualdi, Mazzocchi, Valenti e Pinna, ad una media di 404 km/h. Al 10 giugno 1940, i BR.20 sono in dotazione al 43° stormo (Cameri), al 7° stormo (4° gruppo a Lonate Pozzolo, 25° gruppo a Ghemme), al 13° (11° gruppo a Piacenza, 43° a Cascina Vaga), al 18° stormo (Aviano): sono 172 aerei a cui si aggiungono altri 47 dei Magazzini Territoriali o presso la Ditta costruttrice.

Al momento dell’inizio per l’Italia della seconda guerra mondiale, la Regia Aeronautica disponeva di 129 BR.20, 80 dei quali in efficienza, tutti assegnati alla 4a Divisione Aerea «Drago» della 1a Squadra Aerea, articolata sul 7° Stormo BT (40 Gruppo a Lonate Pozzolo,Varese-Malpensa) ed il 25° Gruppo a Ghemme (detto anche Campo di manovra N. 16, aeroporto diversionale di Novara), sul 13° Stormo BT (11° Gruppo a Piacenza-S. Damiano e 43° Gruppo sui Campo di manovra N. 15 a Cascina Vaga, Pavia) e sui 43° Stormo BT (98° Gruppo a Cameri, aeroporto di Novara, e 99° Gruppo sullo stesso aeroporto). Spettò proprio ad un BR.20M della 8 Sq. (25°Gr, 7° St.) iniziare l’attività aerea, con una missione di ricognizione fotografica sulla base di Tolone, abortita per le cattive condizioni meteo e riuscita invece, successivamente, ad un aereo dei 43° St. Già il 12 giugno un BR.20M della 4 Sq. (4° Gr., 7° ST.), sempre in missione fotografica, fu colpito duramente da 12 caccia francesi ma riuscì ugualmente a rientrare in Italia, rimanendo semidistrutto in un atterraggio di fortuna nel bergamasco.

 

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In questi BR.20M della 240a squadriglia (98° gruppo, 43° stormo) è

visibile la nuova configurazione della sezione anteriore.

 

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Il BR. 20L « Santo Francesco »

 

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Il BR.20 bis nella configurazione con torretta dorsale Breda V

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Impiego Operativo Cap.2°

 

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Il primo bombardamento su territorio francese è compiuto nella notte tra il 12 ed il 13 giugno sulla base navale di Tolone, ad opera di 8 BR.20. La mattina successiva il 13° stormo attacca l’aeroporto di Fayence con 9 velivoli e quello di Hyères con 10; il 7° ed il 43° stormo, con 28 BR.20, attaccano il porto di Tolone. Sono abbattuti due velivoli del 13° stormo, mentre un terzo aereo rientra alla base in pessime condizioni e con l’equipaggio gravemente ferito. Il 15 giugno è abbattuto un BR.20 inviato in missione fotografica sugli aeroporti nemici. Fanno seguito cinque giorni di maltempo per cui è solo nella notte del 21 giugno che 6 velivoli del 13° stormo possono essere impiegati per bombardare le installazioni portuali di Marsiglia. Poi, dal 21 al 23 giugno tutta l’aviazione disponibile è impiegata per bombardare e mitragliare le montagne. E’ una trovata dello Stato Maggiore Generale che, al corrente delle nostre modeste possibilità di sfondare con truppe i notevoli apprestamenti francesi a difesa della frontiera alpina, spera di conseguire qualche risultato con questo dispendioso sistema. Gli aerei volano in un tempo pessimo e solo 115 bombardieri su 285 possono raggiungere e identificare gli obiettivi. Lo sgancio di 80 tonnellate di bombe causa comunque pochi danni agli appostamenti nemici, trattandosi per la maggior parte di bunkers scavati nella roccia. E’ un pessimo inizio che rivela già la tendenza a pretendere dall’aviazione prodigi che nemmeno essa può compiere. Chiusa la campagna di Francia, i mesi di luglio ed agosto sono spesi dal Governo per formulare un’altra sorprendente decisione. La costituzione del Corpo Aereo Italiano (10 settembre 1940) destinato ad operare sull’Inghilterra, immobilizza infatti numeroso Personale ed ingenti quantitativi di materiale che avrebbero potuto vedere un ben più proficuo impiego nel teatro mediterraneo. Per quanto riguarda i BR.20, si tratta di 80 esemplari della versione « M » appena usciti di fabbrica ed inquadrati nel 13° e nel 43° stormo. Il trasferimento (27 settembre 1940) dal nord Italia al Belgio comporta l’attraversamento di tutto il territorio tedesco: tanto, per cambiare, le condizioni meteo sono pessime. Il trasferimento sugli aeroporti belgi (Melsbroeck -13° stormo- e Chièvres -43° stormo-) mise in luce quello che fu sempre uno dei maggiori problemi della R.A. i voli di trasferimento. Degli 80 bimotori decollati a Piacenza e Novara, solo 63 raggiunsero gli aeroporti di destinazione, 12 si dispersero sui campi di Jugoslavia, Austria e Germania e quattro o cinque andarono completamente distrutti atterrando in emergenza (i 12, costretti a scali intermedi, giungeranno nei giorni successivi, mentre per i rimanenti 5 non ci fu nulla da fare). Trascorre quindi un mese nella sistemazione di tutto il complesso apparato logistico e per l’ambientamento degli equipaggi, ma nebbia e maltempo rimangono quello che sono ed i tedeschi si rivelano molto riservati, addirittura non svelando il sistema delle loro basi ove è negata la possibilità di compiere atterraggi di emergenza.

La prima missione bellica è compiuta nella notte tra il 24 ed il 25 ottobre 1940 con il bombardamento del porto di Harwich da parte di 16 BR.20. Purtroppo un aereo precipita nella fase di decollo ed altri due non riescono a rientrare per guasti all’apparato radio, tanto che debbono essere abbandonati dagli equipaggi che si lanciano con il paracadute all’esaurirsi del carburante dopo un lungo volo cieco alla ricerca delle basi. Il 29 ottobre 15 BR.20 del 430 stormo effettuano senza perdite un bombardamento diurno su Ramsgate nonostante la pesante reazione contraerea. Veramente sfortunata è invece l’azione diurna su Harwich, l’11 novembre. Dei 10 BR.20 del 430 che vi prendono parte, 3 sono abbattuti dalla caccia ed altrettanti, gravemente danneggiati sono costretti ad atterraggi di fortuna prima di rientrare alla base. Si torna così alle azioni notturne che vengono condotte sui porti di Harwich e di Ipswich il 5, 17, 20, 29 novembre, il 14, 21, 22 dicembre, per poi terminare colla missione del 2 gennaio 1941. Finisce così tristemente questo velleitario e non richiesto apporto all’offensiva tedesca. Le condizioni climatiche molto avverse hanno causato seri problemi ad aerei ed equipaggi della Regia Aeronautica, chiaramente ben lungi dalla Royal Air Force e dalla Luftwaffe nella tecnica del volo strumentale e delle radio-assistenze. Entro la fine del gennaio 1941 il 43° stormo rientra a Lonate Pozzolo ed il 13° è a Vicenza. Purtroppo 1/4 degli aerei originariamente in dotazione è rimasto a punteggiare il suolo tedesco, belga ed inglese: un prezzo eccessivo per effettuare 315 ore di volo bellico e sganciare 54 tonnellate di bombe. Nell’Impiego notturno gli aerei conservano la mimetizzazione per le sole parti dorsali (ali, fusoliera, coda): tutto il resto è coperto da vernice nera. Il 28 ottobre 1940 si è intanto aperto un altro fronte con l’attacco alla Grecia. Anche qui l’apparato offensivo delle nostre divisioni schierate in Albania, non è sufficiente: rispetto al nemico esse sono inferiori come effettivi, dotazioni individuali e sostegno di artiglieria. Forse si conta di risolvere la situazione mediante l’appoggio aereo ma allora si è scelto un periodo stagionale sbagliato. Dal 1° novembre 1940 al 31 marzo 1941 si avranno ben 77 giorni con condizioni proibitive al volo: i primi cinque mesi di operazioni risultano per metà non volabili Oltre a nebbie persistenti addensate per convezione dalle linee di costa fino ai primi rilievi montani ed a formazioni nuvolose compatte sino ad oltre 6.000 metri, le piogge stagionali provocano allagamenti tali da cambiare l’aspetto morfologico della pianura, con laghi e corsi d’acqua « fantasma »: così, la difficile orografia greco-albanese, a causa del continuo entrare ed uscire dalle nuvole, si presenta in una visione frammentaria che rende molto difficile od impossibile l’identificazione degli obiettivi. In questo sconfortante quadro, consideriamo l’impiego dei BR.20. Inizialmente si tratta dei 18 velivoli del 116° gruppo (37° stormo) ai quali si aggiungono in dicembre 15 BR.20 del 33° gruppo (stesso stormo) e 16 aerei del 37° gruppo (18° stormo). Pure nei limiti meteorologici sopra ricordati, l’attività è molto intensa, spesso a sostegno diretto delle nostre truppe in serie difficoltà dinanzi alla controffensiva greca che le respinge in territorio albanese. Tra febbraio e marzo si aggiungono i BR.20 deI 38° stormo e l’8 aprile 1941 il 13° stormo (con 24 BR.20) si porta da Piacenza a Gioia del Colle. L’aliquota di questi bimotori è comunque solo una parte delle forze aeree su questo fronte che ha richiesto alla Regia Aeronautica punte di 240 bombardieri e 215 caccia. Dal 28 ottobre 1940 al 22 aprile 1941 i velivoli da bombardamento vi hanno effettuato 17.169 ore di volo sganciando 4.546 tonnellate di bombe: è interessante notare che il 71% delle missioni è in campo tattico, il 15% per ricognizioni, accertamento meteorologico, scorte a convogli aerei e navali, solo il 14% in campo strategico. Vanno perduti 32 bombardieri e ben 235 uomini (equipaggi di volo e specialisti). ln, concomitanza all’offensiva tedesca, dal 6 al 17 aprile 1941 si svolge la breve e fortunata campagna contro la Jugoslavia. Vi partecipano i BR.20 della 2a Squadra Aerea (61 velivoli con il 18° stormo, il 25° gruppo del 7° stormo, il 99° gruppo del 43° stormo) e della 4a Squadra (70 velivoli con il 13°, il 37°, il 38° stormo). In sostituzione degli SM.81 del 54° gruppo, il 10 marzo quattordici BR.20 del 98° gruppo (43° stormo) comandati dal ten. col. Ivo De Vittembeschi si portano da Lonate Pozzolo a Sciacca, indi a Bir Dufan (Tripolitania). Già il 17 marzo una coppia di BR.20 effettua un bombardamento notturno su Bengasi, da sei settimane in mano inglese. Eguali missioni sono ripetute nei giorni successivi, mentre il 31 marzo è effettuata una missione diurna di dieci velivoli su Agedabia. Violentemente attaccati da alcuni Hurricanes, i nostri aerei sono difesi energicamente da una sezione di Me.110 tedeschi, tanto da poter rientrare tutti alla base se pur con perdite negli equipaggi. Alla riconquista della Cirenaica il 98° gruppo si trasferisce al K.2 di Bengasi (5 aprile) quindi a Barre (7 maggio). In questa fase sono condotti sistematici bombardamenti notturni sulla piazzafotie di Tobruk, ancora tenuta dagli inglesi, e su territorio egiziano. Pur essendo reintegrato con 8 velivoli, alla metà di luglio si decide di interrompere il ciclo offensivo del 98° gruppo, arretrandolo a Castel Benito (Tripoli) per la protezione aerea dei convogli. Nel giugno 1941 si è infatti avuta la perdita di due piroscafi da 6.100 tonnellate, il « Montello » e la « Beatrice C. », carichi di prezioso materiale aeronautico destinato alla 5a Squadra (Aeronautica della Libia). Il nuovo compito è eccezionalmente impegnativo se si pensa che nel solo periodo 9 agosto-11 settembre, è garantita la scorta aerea a 172 navi, tra l’Italia e la Libia. A metà dicembre 1941 il 98° gruppo lascia l’Africa, portandosi prima a Sciacca, poi a Reggio Emilia. Dal luglio 1941, altri BR.20 sono comunque in Africa (43° e 11° gruppo appartenenti al 84 13° stormo). Lasciata Piacenza, il 43° gruppo giunge a Barce il 20 luglio, seguito dall’11° una settimana dopo: già la notte del 2 agosto, questi aerei sono in azione su Tobruk. Nella seconda metà di novembre, i BR.20 debbono aggiungere pericolose missioni diurne di appoggio tattico nel tentativo di arginare la violenta controffensiva inglese. Il 21 novembre due velivoli del 13° stormo sono abbattuti dal fuoco contraereo, durante l’attacco ad una importante colonna corazzata nemica. Anche le perdite a terra acquistano una certa consistenza: due BR.20 del 98° gruppo distrutti a Castel Benito, 3 BR.20 del 13° stormo danneggiati a Barce, altri quattro aerei dello stesso reparto colpiti sull’aeroporto di Derna quattro ulteriori BR.20 della Libia sono andati completamente distrutti per incidenti di natura tecnica. Nel gennaio e nel febbraio 1942, il 13° stormo progressivamente avanzato (Bir Dufan, Bengasi K.2, Barce) collabora alla vittoriosa azione italo-tedesca di riconquista della Cirenaica, ma la ridotta efficienza giornaliera (non più di 6 velivoli) nell’aprile 1942 consiglia il rientro in Italia. Altro fronte è quello sull’isola di Malta. Quando il X° C.A.T. della Luftwaffe lascia la Sicilia, la Regia Aeronautica vi deve potenziare il suo schieramento. In questo ambito, il 7 maggio 1941 avviene il trasferimento del Comando del 43° stormo e dei BR.20 del dipendente 990 gruppo da Lonate Pozzolo ad una sconosciuta landa, nella piana catanese, rispondente al nome di Gerbini. Il reparto è comandato da un valoroso pilota, il ten. col. Sergio Lalatta, che abbiamo visto aver impiegato i BR.20 in Spagna, sin dall’autunno 1937. Il Personale inviato a Gerbini non gode delle indennità speciali che hanno i colleghi di zone malariche in quanto non si è mai avuto segnalato un caso di malaria da questa località. Purtroppo gli Specialisti colmeranno immediatamente a loro spese questa lacuna statistica dovuta al semplice fatto... che la zona era precedentemente disabitata. Comunque, malaria perniciosa permettendo, i nostri uomini compiono i prodigi di sempre e già la notte del 22 maggio i BR.20 del 99° sono su Malta. Si rivela immediatamente la pericolosità di queste missioni. L’insidia maggiore è costituita dai caccia bimotori inglesi Blenheims e Beaufighters, che attaccano i nostri bombardieri durante una qualunque fase del loro volo: al momento del decollo da Catania, durante l’avvicinamento o l’azione su Malta, sulla rotta di rientro, in atterraggio, addirittura durante le manovre di parcheggio nelle piazzole decentrate. Si tratta generalmente di lunghi inseguimenti nella notte in cui i caccia inglesi, assistiti dal radar e con i micidiali cannoncini da 20 mm., hanno buon gioco dei nostri velivoli.

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Impiego Operativo Cap.3°

 

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Per limitare le perdite, i nostri piloti adottano ogni sorta di provvedimenti. Il decollo notturno da Gerbini avviene puntando su una modesta lampada a fondo campo e l’atterraggio ha come ausilio pochi carrelli di una catenaria; vietato accendere a terra le luci del velivolo durante il raggiungimento o l’uscita dai decentramenti. L’aeroporto sfugge comunque ad ogni ricerca diurna della ricognizione inglese, anche grazie ad un vicino campo-civetta che ogni settimana viene cambiato di posizione. Gerbini è poi integrato ad una difesa contraerea molto efficiente e soprattutto addestrata ad intervenire all’ultimo momento ed in casi di effettiva necessità. Altrettanto non si può dire del sistema contraereo attorno al non lontano Catania-Fontanarossa, ove talora gli stessi decolli notturni dei BR.20 hanno causato nutriti fuochi d’artificio. A partire dal 9 giugno 1941 da questo secondo aeroporto opera un altro gruppo con i BR.20, il 31° (18° stormo). Insieme, i due Gruppi di Lalatta allineano 25 BR.20 delle prime serie o della versione «M ». L’aereo conferma le caratteristiche di robustezza e di stabilità, ma le prestazioni in quota debbono ritenersi ormai inadeguate. Tra maggio e settembre sono condotte numerose azioni notturne su Malta, ma con grave attrito bellico. Tra abbattimenti ed incidenti va perduta una dozzina di BR.20: il 5 agosto 1941 si sacrifica su Malta anche il ten. col. Nello Brambilla, comandante del 99°, uno dei primi piloti abilitati a questo velivolo, veterano nel suo impiego operativo. Aggiungendosi il danneggiamento di altri aerei e le inefficienze di natura tecnica, nella prima metà di ottobre i resti del 31° e deI 99° gruppo sono arretrati a Lecce-Galatina, quindi trasferiti a Milano-Bresso. In Sicilia subentrano il 55° (Gerbini) ed il 116° gruppo (Fontanarossa) appartenenti al 37° stormo. Nelle prime tre settimane d’impiego, questo reparto perde quattro aerei ed altri due sono gravemente danneggiati. Né miglior sorte ha il breve ciclo operativo del 40° gruppo (38° stormo) che rimpiazza il 116° in rientro a Lecce: in due sole missioni (20 e 21 novembre) vengono perduti due aerei. Poi questo gruppo torna a Tirana ed anche il 55° lascia la Sicilia, arretrando a Lecce (17 dicembre 1941). Contemporaneamente gli aeroporti siciliani si riempiono di una nuova importante unità della Luftwaffe, il II° C.A.T., destinato ad effettuare pesantissime azioni su Malta. Dal 20 marzo al 28 aprile 1942 l’isola è coperta da 6.557 tonnellate di bombe e la resistenza è agli estremi, ma l’operazione di sbarco « C 3 » non sarà attuata. Per tre mesi di operazioni notturne su Malta, torna in Sicilia a Castelvetrano il 55° gruppo: perde sei aerei ed il 2 giugno 1942 rientra a Lecce, essendo sostituito dall’88° e dal 116° gruppo. L’impiego sull’isola sta per esaurirsi: dai 12 aerei giornalmente efficienti in giugno, si passa a 7 in agosto ed a 2 in ottobre. Il 116° gruppo perde 5 BR.20, ed altrettanto succede all’88°: già questi pochi elementi fanno meditare sul contributo di sangue che gli equipaggi della Regia Aeronautica hanno dato nel cielo di Malta. 8 novembre 1942, è il giorno del grande sbarco anglo-americano in Algeria. Per far fronte alle nuove esigenze, si gettano nella lotta le ultime riserve. Provenienti da Reggio Emilia, il 28 novembre sono a Milis (Sardegna) i 12 BR.20 della 221a e della 277a squadriglia (55°gruppo, 37° stormo). La prima azione notturna è condotta l’8 dicembre sul porto di Philippeville; fanno seguito altre azioni lungo la costa (Bona) o all’interno (Suk Ahras). Le missioni terminano nell’ultima settimana di dicembre e nei successivi mesi di gennaio e febbraio 1943 i BR.20 della Sardegna sono impiegati per la vigilanza su mare. L’efficienza media giornaliera si mantiene sui 6-8 aerei in condizioni di volo. In Sicilia agiscono invece dieci velivoli della 202a squadriglia (38° stormo), urgentemente trasferiti dall’Albania. Si alternano poche azioni notturne su Malta e l’ormai consueto lavoro di vigilanza marittima. Qualche altro BR.20 è presente con il 43° stormo a Lonate Pozzolo durante il travagliato addestramento sugli SM. 84 e con il 10° stormo (32° gruppo) che a Iesi- Ancona allinea anche qualche Caproni Ca.314. Ben più cospicuo (86 esemplari in carico al 9 luglio 1943) è il numero dei BR.20 inquadrati nelle squadriglie da Osservazione Aerea per il Regio Esercito od in Stormi chiamati a collaborare colle forze terrestri. Già nel giugno 1940, il generale comandante l’Osservazione Aerea, Del Lupo, si avvale di un BR.20 per effettuare alcune ricognizioni sul versante francese dell’arco alpino. Questo impiego, con Ufficiali Osservatori del Regio Esercito, diviene consueto durante la campagna di Grecia, ma è soprattutto nelle operazioni di controguerriglia nei Balcani che i BR.20 raggiungono un alto grado di utilizzazione. Le buone caratteristiche di volo in atmosfera agitata, la maggior sicurezza, la possibilità di tiri molto precisi, il maggior spazio a bordo, lo fanno nettamente preferire ai bimotori Caproni-Bergamasche, che pure sono appositamente costruiti. Inizialmente (giugno 1941) si può contare sui 28 velivoli del 38° stormo (39° e 40° gruppo), basato a Tirana ma è solo dall’inverno 1941 che i reparti italiani e tedeschi abbisognano di un continuo appoggio aereo per contrastare l’azione dei partigiani jugoslavi.

L’inizio è infelice. Il 20 gennaio 1942, 12 BR.20 del 39° gruppo si trasferiscono a Mostar ove l’impossibilità di ricovero in hangar costringe a sostare all’aperto fino al giorno 23, con molti gradi sottozero: stufe e coperture non possono evitare il congelamcnto dell’olio nelle tubazioni. Due prime richieste di intervento rimangono dunque inevase e solo il 23, tre aerei decollano per una ricognizione offensiva su Olovo e Viasenica. Due di essi sono costretti ad un ritorno immediato per il precario funzionamento dei motori, mentre il Comandante di Gruppo, non preavvertito della presenza di truppe tedesche a Viasenica, bombarda le colonne in movimento che peraltro non hanno fatto uso dei prescritti teloni per il riconoscimento. Il 21 gennaio 1942 inizia la sua attività sulla Croazia settentrionale, la 243a squadriglia (99° gruppo, 43° stormo) appena trasferitasi da Bresso a Gorizia. E’ poi la 240a (98° gruppo, 43° stormo) ad entrare in azione portandosi a Ronchi dei Legionari (12 febbraio 1942) e qui raggiunta il 24 aprile dalla 241a. In febbraio e marzo, l’obiettivo primario è quello di alleggerire la pressione nemica su molti nostri presidi, isolati nella neve e circondati dai partigiani. Solo dall’aprile, le truppe italo- tedesche passano all’offensiva, per mantenere pieno controllo della situazione fino al successivo inverno. Il numero dei velivoli si rivela eccessivo e così il 99° gruppo lascia Gorizia il 15 luglio, per rientrare a Bresso; anche il 98° gruppo, parzialmente trasferito a Lubiana, lascia la Jugoslavia il 5 novembre 1942, consegnando alcuni BR.20 ai reparti da Osservazione Aerea, che li usano fino all’armistizio. Uno dei più singolari impieghi di questo aereo in Jugoslavia è l’identificazione ed il bombardamento delle strisce di atterraggio allestite dai partigiani per gli aerei alleati impegnati nell’aerorifornimento. Il bimotore Fiat è presente anche sul fronte russo. Richiesto già all’inizio del 1942, se ne dilaziona l’invio per non creare ulteriori dispersioni di materiale e nuovi problemi logistici. Ma quando nel maggio 1942 il Corpo italiano di spedizione (C.S.I.R.) è potenziato a livello di Armata (ARM.I.R.) è inevitabile aumentare le aliquote di aviazione. Tra il nuovo aereo standard della ricognizione aerea (il Ca. 314) e l’oneroso impiego del BR.20, anche questa volta si preferisce il secondo. Essi cominciano ad affluire nell’agosto 1942 presso la 38 squadriglia del 71° gruppo O.A. e già il 6 effettuano una prima azione sul fiume Don. Ai primi tre aerei, ne seguono quattro in settembre e cinque in dicembre così che anche la 116 squadriglia (71° gruppo) può averne una aliquota. Oltre alle azioni in campo tattico, viene effettuato un importante lavoro di fotoricognizione rilevando tutto il fronte del Don, ove opera la nostra Armata. Tra dicembre e gennaio, con punte di 35° sottozero, con i carrelli ed il brandeggio delle armi bloccati dal gelo, i BR.20 sono chiamati ad agire in condizioni atmosferiche proibitive contro la violentissima offensiva nemica. In tale periodo, si deve lamentare la perdita di un aereo per incidente di volo, un altro non rientra ed un terzo deve essere abbandonato nel corso del ripiegamento. Finisce così un’altra avventura bellica non decisa dai nostri soldati, ma da essi eroicamente affrontata. All’inizio del settembre 1943 la Regia Aeronautica ha ancora 81 BR.20 presso reparti operativi: 14 in Provenza (19° stormo O.A.), 25 in Jugoslavia (21° stormo O.A., 51 e 69 squadriglia), 31 in Albania (38° stormo), 11 in Grecia. Dopo l’armistizio, qualche BR.20 rimane presso l’aviazione della Repubblica Sociale Italiana ed un unico esemplare è al sud sull’aeroporto di Lecce-Galatina, assegnato al Comando del Raggruppamento Caccia. Vediamo impieghi e versioni particolari. Un unico esemplare disarmato e con carenature di chiusura in luogo della vetratura anteriore del muso è usato dal Comando dei Servizi Aerei Speciali che inquadra aerei e piloti civili dell’Ala Littoria, della L.A.T.I., della A.L.I. dopo la loro militarizzazione. Sulla mimetizzazione, questo aereo porta le caratteristiche insegne dei velivoli S.A.S.: tricolore in coda e banda a tre colori in fusoliera e sulle semiali. I BR.20 sono largamente impiegati presso le Scuole di bombardamento (Aviano, Ghedi, Lonate Pozzolo, Jesi, Grosseto) mentre presso il N.A.I. di Treviso una piccola aliquota è destinata alla preparazione dei piloti della caccia notturna. L’aereo è anche presente presso la Scuola Volo Senza Visibilità, sull’aeroporto di Milano-Linate. Già nel maggio 1941, Guidantonio Ferrari, uno dei nostri primi piloti a praticare sistematicamente il volo strumentale, in poche settimane di lavoro riesce ad approntare un BR.20 secondo le esigenze della Scuola. Ecco dunque i sistemi di riscaldamento per impedire le formazioni di ghiaccio sulle antenne e nei carburatori, e le eliche costantemente bagnate da liquidi appositi. Il fenomeno del ghiaccio è su di esse particolarmente critico in quanto, per la forza centrifuga, esso è destinato a staccarsi con modalità irregolari. Ciò causa differenze aerodinamiche tra una pala e l’altra, con violente vibrazioni che non possono essere risolte se non escludendo il motore. Meno temibile è la formazione di ghiaccio al bordo d’attacco alare. I profili dell’epoca consentono al BR.20 di volare anche con 7-8 cm. di ghiaccio al bordo d’attacco. Il pilota ha così il tempo di scegliere un qualunque livello inferiore o superiore alla perturbazione al fine di liberarsi, col brusco cambiamento di quota, del pericoloso compagno di viaggio. Ferrari provvede ad installare anche un ricevitore Bake-Lorentz (il precursore degli ILS) dato che l’aeroporto Forlanini di Linate ne è da tempo dotato per i voli civili. Ed è proprio questo pilota a scoprire come mai il Bake-Lorentz di Linate è sempre stato di funzionamento capriccioso al punto di essere considerato inattendibile. La colpa non è tecnica, ma di una piccola colonia di topi che proprio nei giorni di maltempo, approfittando di un pertugio nel punto d’ingresso dei cavi, penetrano nel casotto del trasmettitore per installarsi in una bobina. Dopo, Ferrari può dedicarsi ad atterraggi con visibilità reale zero-zero, portando i suoi allievi provenienti dai reparti operativi « diurni » a scoprire i segreti di quel volo strumentale e radioassistito che se poi è divenuto regola, è anche per il coraggio di quanti hanno voluto esserne pionieri. L' ultimo BR.20 in carico all'Aeronautica, è stato radiato nel dopoguerra, il 7 giugno 1946.

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DESCRIZIONE TECNICA

 

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Il FIAT BR.20M «Cicogna» era una bombardiere medio, monoplano, bimotore, bideriva, diurno e notturno, per il bombardamento orizzontale in quota, con quattro-sei uomini d’equipaggio, largamente usato anche per la ricognizione.

L’impianto propulsivo era costituito da due motori radiali a 18 cilindri a doppia stella FIAT A.80 RC.41 da 1.000 -1.030 cv a 2.100-2.200 giri min. a 4.100 m, con compressore, collegati ad eliche tripala metalliche FIAT-Hamilton, a velocità costante, di 3,54 m di diametro. L’impianto combustibile era costituito da sei serbatoi blindati per complessivi 3.622 litri (due in fusoliera e quattro nelle ali, tra fusoliera e motori).

La costruzione del BR.20 era di tipo misto, con una struttura resistente in tubi d’acciaio saldati, incorporante il tronco centrale dell’ala (con struttura in tubo d’alluminio); il rivestimento, non lavorante, era in alluminio per tutto il 50% anteriore della fusoliera, per il cono di coda e per la maggioranza dell’ala (comprese le gondole dei motori); tutto il resto era in tela. L’ala a sbalzo, in posizione medio-bassa, era a pianta trapezoidale con estremità arrotondate. Caratterizzata da un profilo spesso ed allungamento di 6,28, aveva diedro positivo nelle due semiali esterne. La sua costruzione era bilongherone con centine e tutto il bordo d’entrata metallici. Le superfici mobili erano costituite da due ipersostentatori Zap ed alettoni convenzionali, con alette di correzione.

I piani di coda comprendevano un piano orizzontale in posizione medio-alta, con parte mobile di grandi dimensioni e costruzione analoga a quella dell’ala ma con rivestimento integralmente in tela. Le due derive e timoni erano anch’essi metallici con rivestimento integrale in tela; quattro controventature assicuravano la necessaria rigidità. La fusoliera aveva sezione grosso modo rettangolare, con dimensione verticale maggiore e ospitava l’equipaggio così suddiviso: un mitragliere anteriore, un bombardiere-navigatore subito dietro di esso, due piloti in cabina rialzata, un operatore radio (che fungeva anche da mitragliere) ed un ulteriore armiere. Nell’impiego normale uno o due membri dell’equipaggio assorbivano la funzione di mitragliere ed il BR.20 poteva volare così con quattro-cinque uomini che svolgevano varie funzioni. Il carrello si costituiva di due elementi principali con forcella irrigidita da un elemento ad «X» e con elemento di retrazione a «Y» rovesciata, con retrazione all’indietro nelle gondole dei motori, senza portelli, da cui fuoriusciva il pneumatico. Il ruotino di coda era fisso e carenato (a scomparsa sulla versione Bis). La dotazione di bordo era abbastanza modesta, secondo gli standards dell’epoca, e si arricchì nel corso della produzione arrivando a comprendere un generatore di corrente retrattile (a mulinello), un motocompressore Garelli RE, una stazione radio con un trasmettitore RA.350-I ed un ricevitore AR.5, un radiogoniometro P.3N, un traguardo di puntamento per bombe Jozza G.3A Universale o Borletti, una-due macchine fotopanoramiche OMl AGR-61 o AGR.90 ed una foto-camera APR.3. Cabina di pilotaggio riscaldata a posti affiancati, con seggiolino sinistro ribaltabile dietro a quello destro per l’accesso alla zona prodiera, portelli d’emergenza sul cielo della cabina: strumentazione completa per motori ed impianti, per la navigazione ed il pilotaggio, su pannelli ammortizzati: un indicatore di rotta radiogoniometrico, due anemometri da 460 km/h, due orizzonti artificiali, due giroscopi direzionali, due virosbandometri due altimetri da mt. 8.000 più uno da mt. 1.000, due variometri, bussola magnetica e orologio: i tubi di pitot sono riscaldati; dalla M.M. 21709 cruscotti attrezzati al volo senza visibilità comprendenti tra l’altro un ulteriore indicatore di rotta radiogoniometrico e virosbandometri a 8 sensibilità. Apparati ricetrasmittenti e radiogoniometrici nella postazione del marconista, con tavolo di lavoro, a destra poco avanti la porta di accesso di fusoliera: interfonico elettrico (fino alla M.M. 21715) o a tubi acustici; impianto ossigeno fisso a 9 postazioni.

Abitacolo prodiero sfinestrato con due seggiolini affiancati e porta d’accesso sganciabile sulla fiancata sinistra praticamente nel flusso dell’elica; sul pavimento, tra i fari di atterraggio, le macchine aerofotografiche; traguardo a doppio reticolo, manovella meccanica per l’apertura dei portelloni, selettore bombe pneumatico, anemometro, altimetro, giro-direzionale, manoliera comando timone di direzione, leva di sgancio centrale pneumatica.

L’armamento difensivo comprendeva una torretta prodiera Breda R con mitragliatrice Breda SAFAT MC. da 7,7 mm con 500 colpi, una torretta dorsale semiretrattile FIAT M.1 o Caproni Lanciani «Delta E» con mitragliatrice Breda-SAFAT MC. da 12,7 mm con 350 colpi, ed una postazione ventrale retrattile «a mandibola» con mitragliatrice Breda-SAFAT MC.7,7 con 500 colpi. Il carico offensivo era sistemato nella stiva bombe ventrale ed arrivava a 1.600 kg (standard 1.000 kg) con le seguenti combinazioni: due bombe da 500 o 800 kg, quattro bombe da 160 o 250 kg, 12 bombe da 15, 20, 50, o 100 kg, 60 bombe da 12 kg o 567 spezzoni da 2 kg.

(Info Tratte da Dimensione Cielo - Monografie Aeronautiche Italiane)

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CARATTERISTICHE E PRESTAZIONI

 

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Riferite al BR.20M con motori FIAT A.80 RC.41 azionanti eliche tripala FIAT-Hamilton del diametro di m 3,54 a velocità costante:

 

DIMENSIONI E SUPERFICI

 

Apertura alare m: 21,56

Lunghezza m: 16,78

Altezza massima (al suolo) m: 4,30

Superficie alare mq: 74,00

Carreggiata m: 5,20

 

PESI E CARICHI

 

Peso a vuoto Kg 6850

Peso totale e massimo al decollo Kg 10450

Carico utile Kg 3600

Carico alare Kg/mq 141,21

Rapporto peso/potenza Kg/cv 5,22

Coefficiente di robustezza n° 8,5

 

PRESTAZIONI

 

Velocità massima Km/h 410 a 4250 m - 432 a 5000 m

Velocità di crociera Km/h 335 a 4700 m

Velocità minima Km/h 120 - 126

Salita a 1.000 m in 3'55

Salita a 2.000 m in 7'19

Salita a 3.000 m in 10'38

Tangenza pratica m 6750

Tangenza massima m 9000

Raggio d’azione km 815 Circa

Autonomia normale km 2033

Autonomia massima km 2750

Corsa di decollo m 370

Corsa di atterraggio m 380

 

ARMAMENTO

Due mitragliatrici da 7,7 mm ed una da 12,7 mm con 1.350 colpi complessivi

più un carico massimo di caduta libera di 1.600 kg (standard 1.000 kg).

 

DATI STORICI 1a Vers.

 

Costo al 1938 L.It 1.521.000

Progettista Celestino Rosatelli

Pilota Collaudatore Enrico Rolandi

Primo Volo Prototipo MM274 10 Febbraio 1936

Località Aeritalia (Torino)

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Profili e Colori

 

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PRODUZIONE:

 

MM. 274 - prototipo

MM. 20305-20324 - n. 20 (ottobre 1936-febbraio 1937)

MM. 20778-20806 - n. 29 (febbraio-luglio 1937)

MM. 21241-21288 - n. 48 (maggio 1937-gennaio 1938)

MM. 21397-21402 - n. 6 (settembre 1938)

MM. 21494-21537 - n. 44 (settembre 1938-febbraio 1939)

MM. 21708-21 719- n. 12 (febbraio-aprile 1939)

MM. 21720-21 729- n. 10 (aprile-maggio 1939)

MM. 21866-21929 - n. 64 (luglio 1939-febbraio 1940)

MM. 22236-22267 - n. 32 ( M », febbraio-maggio 1940)

MM. 22605-22668 - n. 64 ( M », giugno-dicembre 1940)

MM. 22669-22706 - n. 38 ( M », dic. 1940-aprile 1941)

MM. 22707-22756 - n. 50 ( M », maggio-settembre 1941)

MM. 24102-24151 - n. 50 ( M «, settembre-dicembre 1941)

MM. 24351-24380 - n. 30 ( M », gennaio-aprile 1942)

MM. 24381-24395 - n. 15 (« bis » )

 

 

Links e Contributi Video

 

Cinepresa_Gira.gif

 

1940 Italian bombers raid Greece

Fiat BR 20 Cicogna

Storia del BR20 ammarato a S.Stefano al Mare (IM)

Fiat BR20M Cicogna (n° MM21503)

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complimenti per l'articolo completo e molto esauriente , vorrei aggiungere solo una piccola cosa il be 20 in ambito civile prese parte alla prestigiosa corsa Istres -Damasco ed fece il record tra roma ed addis abeba , complimenti ancora per l'articolo e per la pazienza con cui ti documenti .

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complimenti per l'articolo completo e molto esauriente , vorrei aggiungere solo una piccola cosa il be 20 in ambito civile prese parte alla prestigiosa corsa Istres -Damasco ed fece il record tra roma ed addis abeba , complimenti ancora per l'articolo e per la pazienza con cui ti documenti .

 

Grazie per i complimenti, ma l'aneddoto da te segnalato è stato riportato nel seguente stralcio del topic: :lol:

 

All’inizio del 1939, sull’esperienza del precedente BR.20A, viene realizzato il BR.20L. Si tratta di un esemplare unico, allestito per un volo-primato da Roma a Addis Abeba. Dietro al record, vi è comunque l’intento di studiare i voli senza scalo tra l’Italia e l’Africa Orientale Italiana. Rispetto al predecessore, il BR. 20L « Santo Francesco » presenta muso allungato, carburante ridotto a 5.000 litri, peso massimo al decollo di 11.080 kg. (in luogo di kg. 12.795): la velocità massima è ora di 445 km/h. e si può dire che tutto sia calcolato per realizzare la media migliore sui 4.500 km. costituenti il percorso. Il bellissimo volo da Guidonia a Addis Abeba, è compiuto il 6 marzo 1939 da Maner Lualdi, Mazzocchi, Valenti e Pinna, ad una media di 404 km/h.

 

27xqkah.jpg

Modificato da Blue Sky
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La cosa che mi manda in bestia e' che il maledetto Blue riesce a farti leggere d' un fiato l' articolo bellissimo su un aereo..diciamo non bellissimo :pianto::adorazione:

 

Sono ormai sicuro che Blue , come editore di Play Boy , renderebbe memorabile il numero su ROSY BINDI :drool:

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La cosa che mi manda in bestia e' che il maledetto Blue riesce a farti leggere d' un fiato l' articolo bellissimo su un aereo..diciamo non bellissimo :pianto::adorazione:

 

Sono ormai sicuro che Blue , come editore di Play Boy , renderebbe memorabile il numero su ROSY BINDI :drool:

 

Quoto in pieno!!! :okok::lol:

 

Vorrei sottolineare anche le magnifiche foto dei particolari interni!!! Grazie Blue

Modificato da Hicks
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Sono finalmente riuscito a leggerlo: bel lavoro, come al solito, uno dei motivi per cui vale la pena di frequentare questo forum ;)

 

Una domanda, Blue: non ho mai saputo che la Macchi avesse partecipato al concorso per bimotori con suoi prototipi :o hai per caso qualche informazione in più al riguardo?

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Ospite Folgore

:asd: :asd: :asd: :asd:

 

Per rimanere in tema di modellini.. :asd: :asd:

 

Peccato girino sempre le stesse immagini nel web.. quelle della cabina e del puntatore.. giusto poco fa ho trovato foto e schemi sull radar dell B5N giapponese (una cosa estremamente rara..) ma oltre quelle foto degli interni del Br20 niente..

 

Bel topic ;)

 

(però all inizio l'immagine del modello della Italeri....................................................................... appena finito metti il mio!) :asd:

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Grazie a tutti! :lol:

 

Colgo l'occasione per aggiungere una foto della livrea notturna utilizzata per il Br.20M

 

15qrhvr.jpg

 

Nell’Impiego notturno gli aerei conservano la mimetizzazione per le sole parti dorsali (ali, fusoliera, coda): tutto il resto è coperto da vernice nera

 

(però all inizio l'immagine del modello della Italeri....................................................................... appena finito metti il mio!) asd.gif

 

Si sono immagini (Artwork) bellissime quelle utilizzate per le scatole di montaggio, ad esempio quelle della ITALERI sono in gran parte fornite dal bravissimo G. Paulli. :)

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Cruscotto BR.20

 

2vj95z9.jpg

 

1. Altimetro

2. Teletermometro olio

3. Manometro benzina

4. Manometro olio

5. Interruttore illuminazione cruscotto

6. Giroscopio direzionale

7. Indicatore virata e sbandamento

8. Altimetro

9. Indicatore salita e discesa

10. Orizzonte artificiale

11. Indicatore di velocità

12. Avvisatori d’incendio

13. Manometro pressione alimentazione

14. Contagiri

15. Bussola

16. Indicatore di rotta

17. Inclinometro trasversale

 

 

mb4wvl.jpg

Modificato da Blue Sky
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